VERSO MONET: Il Paesaggio che non c’era
di Diana Altiero
Il paesaggio dal 1600 a Monet è la storia di una progressiva conquista dell’autonomia nella sua rappresentazione. Dai primi quadri proposti, in cui vi è una minima apparizione e spesso dietro le quinte del fondale di eccelsi ritratti, arriviamo via via alla rappresentazione del paesaggio come soggetto principale. Da una rappresentazione ben definita nei Canaletto si passa a rappresentazioni di epoca romantica che anticipano le opere Informali, vedi Turner. “La casa sulla collina” di Monet evidenzia le variazioni coloristiche nelle diverse ore del giorno ed è un esempio del rendere, attraverso il visibile, la fuggevolezza. Il paesaggio è per sua natura mutevole in ogni istante, cosicché la rappresentazione della luce nelle opere impressioniste, eseguite a diretto contatto della natura, la fa da padrona.
Interessanti i Renoir dall’ovattata pennellata ma anche la “Marina” di un artista americano che nella sua astrattezza lascia un margine per ritrovare le forme di una porta aperta su un “oltre” tutto da inventare. Monet chiude le ultime sale con le sue ninfee. Interessante è anche quello che non è stato esposto di Monet, infatti, amava rappresentare la stazione ferroviaria alle prime luci dell’alba in una mistura di vapori-fumi e suoni di locomotive da lui definita una vera “fantasmagoria”.
Ai tempi di Monet forse le stazioni erano novità e simbolo di modernità ma ahimè, per noi poveri viaggiatori del 2014, il viaggio a Verona, a causa di uno sciopero della regione Veneto, è stato un parto difficile ed esasperante. L’occasione è stata utile per sperimentare l’alta velocità di frecce bianche che ci hanno salvato in extremis dalle decadenti linee regionali. Chissà come rappresenterebbe tutto questo Monet!