Come in ogni materia la progettazione di infrastrutture ciclabili andrebbe affidata a tecnici preparati e che magari usano abitualmente la bicicletta in ambito urbano.
In molti casi invece, per la sottovalutazione delle competenze necessarie, la progettazione viene affidata a tecnici che non hanno avuto modo di approfondire la materia e, nel dubbio, abbondano con segnaletica e infrastrutturazione per “separare” il più possibile dal traffico motorizzato i percorsi per le biciclette.
Al fondo vi è una visione ingegneristica della mobilità che punta al confinamento degli utenti in luoghi separati e distinti: gli automobilisti padroni della strada, i ciclisti padroni delle piste, i pedoni padroni dei marciapiedi. Peccato che questa soluzione si scontri con la realtà di ogni incrocio che, soprattutto nelle aree urbane, interrompe tutte le diverse corsie separate.
Diventa così più facile fermare indistintamente i pedoni ed i ciclisti con barriere ed ostacoli con la scusa di proteggerli, piuttosto che fermare le auto per la sicurezza.
Un esempio concreto di questo atteggiamento negativo ed in contrasto con il Codice della Strada, riguarda la precedenza delle strade laterali che si immettono su una strada principale dotata di pista ciclabile. Spesso i segnali verticali e orizzontali di dare la precedenza vengono posti al limite della corsia stradale, escludendo la precedenza alla pista ciclabile e al pedonale.
Come se non bastasse sulla pista vengono posti i segnali di fine pista ciclabile e spesso manca la segnaletica orizzontale di attraversamento ciclabile o addirittura di attraversamento pedonale. Così le auto si fermano sulla pista e sul marciapiede per dare la precedenza alle auto in transito, impedendo il transito ai pedoni e ai ciclisti. Tutto ciò contrasta con l’art. 81 del Regolamento di attuazione del C.d.S. che precisa “i segnali dare precedenza (Art. 106) e fermarsi e dare precedenza (Art. 107) devono essere posti in prossimità del limite della carreggiata della strada (e non della corsia) che gode del diritto di precedenza”.
Vi sono molte esperienze in Italia ed Europa che testimoniano l’efficacia, sia in termini di fluidità del traffico che di sicurezza, di una mobilità della convivenza e della condivisione dello spazio pubblico e varrebbe la pena che amministratori e tecnici potessero dedicare un po’ di tempo per conoscerle ed approfondirle.
Giorgio Castelli
www.modenainbici.it