A ciascuno il suo (nome): non incidenti ma violenza stradale

Si è appena chiusa la Settimana Europea della Mobilità, sette giorni ricchissimi di eventi e iniziative per un uso responsabile dello spazio pubblico (e le strade sono spazio pubblico per eccellenza!) e per città più a misura di persona.

Il clima di ottimismo si è però subito incrinato, perlomeno in Italia, con la pubblicazione del rapporto dell’Associazione Sostenitori e Amici della Polizia Stradale sulle vittime della strada tra i pedoni: in sintesi, “numero decessi sulle strade nel 2023 uguale al 2022 ma aumentano i feriti e gli investimenti complessivi.

Peggiorano i dati dei morti nelle grandi città. Ogni ora in Italia avvengono due investimenti di pedoni. Strisce pedonali sempre più insicure: 175 morti nello spazio che dovrebbe essere il più sicuro.” Cifre sconfortanti: eppure c’è chi li chiama ancora “incidenti”, come se fossero eventi sfortunati, che dipendono da circostanze che non possiamo controllare, inevitabili.

Invece le morti in strada hanno cause precise (l’eccesso di velocità e la distrazione alla guida in primis) e precise responsabilità! Chiamarli incidenti non fa altro che incoraggiare quello che è stato chiamato “disimpegno morale”: allontana la responsabilità da chi è al volante di un mezzo più pesante, ingombrante e potenzialmente pericoloso e che dovrebbe esercitare quindi maggiore cautela. Non esiste “asfalto scivoloso per la pioggia” o “sole abbagliante” che tenga: sta a chi conduce il veicolo adattare la guida alle condizioni della strada e dell’ambiente. Non esistono “strade killer, auto impazzite, dossi maledetti”: sono solo giustificazioni che assolvono e offrono un alibi a tutti gli automobilisti – la “colpa” è sempre di qualcun o qualcos’altro.

Non si tratta di incidenti dunque ma di violenza stradale: ogni volta che sorpassiamo con la riga continua, ogni volta che chiudiamo un occhio sui limiti di velocità, ogni volta che ci dimentichiamo di rallentare in prossimità di un attraversamento pedonale, che superiamo un ciclista a 15 cm dal manubrio (invece che mantenendo 1,5 m di distanza raccomandata). E’ violenza anche quando non ha conseguenze, perché diventa una abitudine al sopruso. E’ violenza anche se pensiamo “ma cosa vuoi che succeda!”.

In Italia la violenza stradale è la prima causa di morte al di sotto dei 40 anni e ogni anno ci costa, oltre a 3000 vite, quasi 30 miliardi di euro (2 punti di PIL). E’ la guerra più feroce a cui abbia partecipato il nostro paese nell’ultimo secolo.

Manuel e le vittime come lui: per colpa di chi? La responsabilità ultima non è dei social media

Manuel e le vittime come lui: per colpa di chi? La responsabilità ultima non è dei social media

Un mese fa, un SUV guidato da un personaggio noto ha investito in pieno un tram con 20 persone a bordo con una violenza tale da farlo uscire dai binari, e ci chiedevamo cosa sarebbe successo se al posto del tram ci fosse stata un’auto piccolina. La risposta purtroppo non ha tardato ad arrivare: qualche giorno fa un SUV guidato da un personaggio “in cerca di notorietà” (tra l’altro troppo giovane per guidarlo) ha investito in pieno una Smart uccidendo sul colpo un bimbo di 5 anni. Non ci sono parole per descrivere un dramma di questa portata, ma per evitare che possa ripetersi occorre guardare alle cause e aggiustare il tiro.

A maggio ci si è sperticati a tessere le lodi della robustezza del SUV, oggi per qualcuno il problema è stato (anche) la poca robustezza di una Smart. Moltissimi hanno puntato il dito contro questa “generazione di giovani senza valori” che per attirare visualizzazioni sui social girano filmati rischiosi: in effetti, se in auto rispetti i limiti di velocità sei un povero perdente, mentre quelli “tosti” se ne infischiano e sfrecciano. Altri ritengono che sia colpa dei social che non sono regolamentati, o degli autonoleggi con pochi scrupoli e pochi controlli.

Sono tutte concause su cui riflettere, ma il problema di fondo è che sono le nostre strade che permettono a chi guida di accelerare quanto gli pare, mentre dovunque nel resto d’Europa le strade sono progettate precisamente per impedire di farlo. Ci sono cuscini berlinesi, carreggiate ridotte, telecamere, autovelox, chicanes, strettoie, slalom, attraversamenti rialzati. Addirittura, in Inghilterra molte strade a doppio senso permettono il passaggio di una sola macchina per volta, consentendo alle auto di incrociarsi solo se una è ferma e aspetta che l’altra passi.

Questo elimina alla radice la prima causa di morte in strada: l’eccesso di velocità. Guidare con prudenza non deve essere una scelta culturale o morale, deve essere proprio impossibile fare diversamente. Spingere troppo sull’acceleratore significherebbe allora danneggiare l’auto e fare la figura dell’imbecille, “altro che monetizzazioni su YouTube e challenge avvincenti”, scrive Massimiliano Tonelli su Roma Today. In presenza di strade ben progettate, anche un ubriaco o un ragazzo positivo alla cannabis potrebbe al massimo farsi del male da solo, non danneggiare il prossimo. Basta un cuscino berlinese per salvare una vita: ieri, e alla prossima collisione mortale che magari non farà notizia, prevista statisticamente per oggi o al massimo domani …

#città30subito per una maggiore sicurezza stradale

La mobilitazione nazionale contro la violenza stradale continua

Domenica 26 febbraio 2023 si terrà una nuova iniziativa per la sicurezza stradale in tutta Italia: il flash mob delle strisce pedonali umane nell’ambito della campagna “Città 30 subito” promossa da Legambiente, FIAB, Asvis, Kyoto Club, Vivinstrada, ANCMA, Salvaiciclisti, Fondazione Michele Scarponi, AMODO, condivisa con associazioni locali e cittadini che sentono l’esigenza di una rivoluzione nella sicurezza stradale in ambito urbano.

In Italia viene investita e uccisa sulle strisce una persona ogni 14 ore e Modena ha la maglia nera in Regione per numero di vittime tra i cosiddetti utenti fragili della strada: già giovedì scorso 16 febbraio, in occasione della manifestazione nazionale “Mi illumino di meno”, una cinquantina di ciclisti hanno pedalato per le vie del centro cittadino chiedendo maggiore attenzione a chi in strada muore di più (chi cammina o pedala) e l’abbassamento del limite di velocità a 30 km/h su tutte le strade urbane. Domenica 26 febbraio il flash mob nazionale consisterà invece nell’organizzare strisce pedonali umane per proteggere gli attraversamenti più trafficati/pericolosi e chiedere alle amministrazioni di intraprendere quanto prima politiche attive di moderazione del traffico. Sul sito www.modenainbici.it verranno pubblicati aggiornamenti sull’iniziativa a livello locale.

Del resto, che quella del 2023 sarebbe stata una primavera calda per la mobilità a pedali era emerso già al momento della discussione della manovra finanziaria lo scorso dicembre, quando la maggioranza ha deciso di cancellare i 94 milioni di euro già previsti per la realizzazione di piste ciclabili per gli anni 2023 e 2024. In decisa controtendenza con quanto richiesto dal Parlamento Europeo, che proprio la settimana scorsa ha approvato una “Cycling Strategy”, in cui si invitano gli stati membri ad aumentare gli investimenti in infrastrutture ciclabili e a sostenere il settore attraverso stimoli al comparto produttivo (in crescita dell’11% rispetto allo scorso anno) e il taglio dell’IVA: obiettivo dichiarato è il raddoppio dell’uso della bici nell’Unione, ma non ci saranno incrementi significativi se non migliora la sicurezza per chi pedala.

Il lungo periodo di mobilitazione delle associazioni della mobilità e delle associazioni sportive culminerà in una manifestazione nazionale per la sicurezza stradale a Roma il prossimo 3 giugno, giornata mondiale della bicicletta. Non si può rischiare di morire in strada ogni volta che si esce a piedi o si inforca una bicicletta.

Cavalcavia Cialdini: quale scelte per la sicurezza stradale?

incidente sul cavalcavia cialdini

incidente sul cavalcavia cialdini

I ripetuti incidenti verificatisi in Viale Italia e Viale Cialdini hanno suscitato la reazione dell’Amministrazione comunale di Modena che -attraverso l’Assessore alla Mobilità, Gabriele Giacobazzi – ha per la prima volta riconosciuto che la velocità è l’elemento discriminante quando non la causa dei sinistri e che quindi è ora di ridurla con varie modalità.

Più che essere salutate come un deciso cambio dell’orientamento autocentrico finora perseguito, le dichiarazioni dell’Assessore hanno suscitato numerosi interrogativi: se il tratto Viale Italia-Zucchi-Cialdini-La Marmora costituisce una pericolosissima tangenziale interna all’area urbana perché intervenire solo sul cavalcavia Cialdini? La riduzione a 3 corsie sul Cialdini verrà attuata ricavando una ciclabile: da quando in qua le ciclabili servono a ridurre le dimensioni delle carreggiate invece di collegare (come qualsiasi altra infrastruttura) zone diverse della città per garantire la mobilità ciclistica sicura? Perché citare l’esigenza delle zone a 30 km/h come antidoto alle eccessive velocità del traffico e poi non prevederne alcun serio ampliarnento nei quartieri residenziali?

Questa storia di roboanti dichiarazioni pubbliche contro la velocità killer e di pressoché zero attuazioni pratiche appare subito come la montagna destinata a partorire il topolino. La vera preoccupazione dell’Amministrazione è quella sfuggita all’Assessore Giacobazzi a proposito della riduzione a 3 corsie sul cavalcavia Cialdini: in prossimità della rotatoria di Via delle Suore le 4 corsie verranno prontamente ripristinate per «evitare disagi al traffico veicolare». È l’ennesima dimostrazione che la mobilità sostenibile e sicura è estranea alla politica dell’Amministrazione comunale.

Giuseppe Marano
www.modenainbici.it

Troppa velocità sulle strade italiane

rossella-auto-biciSi è tenuta fra giovedì 16 e venerdì 17 aprile in tutta Europa la Speed Marathon,  un’iniziativa di sensibilizzazione contro l’eccesso di velocità sulle strade cui hanno partecipato gli agenti delle polizie continentali. I risultati sono stati rilevanti: solo in Italia sono state rilevate 8.000 infrazioni e ritirate 166 patenti per eccesso di velocità.

La velocità è il grande killer nelle strade, insieme al mancato rispetto delle regole di precedenza e delle distrazioni alla guida, causando circa 3.500 vittime solo nel nostro Paese, per non citare i feriti, i mutilati e i costi finanziari. Due terzi degli incidenti si verificano nelle aree urbane, che si dimostrano le più rischiose. Qui dunque occorre attuare lo sforzo maggiore per ridurre gli incidenti e le vittime.

Per conseguire risultati concreti, è necessario riconvertire le politiche di governo locale del traffico, generalmente orientate a favore dell’automobile, promuovendo la mobilità sostenibile: incentivare l’uso dei mezzi ecologici in alternativa all’auto, costosa ed inquinante.

Le misure coerenti con questo obiettivo sono ben note e praticate nelle città più moderne: sviluppare il trasporto pubblico e favorire l’uso della bicicletta, diffondere le zone a 30 km/h nei quartieri residenziali, estendere la tariffazione della sosta e l’impiego delle moderne tecnologie per rilevare e sanzionare le infrazioni. A livello nazionale, occorre che il nuovo Codice della Strada preveda due reati chiave: l’omicidio stradale e l’ergastolo della patente contro chi uccide in strada.

Giuseppe Marano
www.modenainbici.it

In morte di Matteo T., 15 anni

incidente con bicicletta

incidente con bicicletta

Da padre mi ha colpito molto la morte di un quindicenne sulle strisce pedonali, travolto da un motociclista. A prescindere di chi sia la responsabilità dell’incidente, mi sembra che si possa già affermare con certezza di chi sia quella sugli effetti mortali, da suddividere in parti uguali tra velocità e l’infrastruttura che doveva proteggere il pedone/ciclista.

Rispettare i limiti implica avere molte più probabilità di evitare l’impatto o di ridurne di molto gli effetti. Ed invece una superstrada a 4 corsie dritta e larga per 2 km induce tutti noi automobilisti a superare regolarmente ed abbondantemente i limiti di velocità. Anche perché l’impianto semaforico a chiamata non è uno scudo spaziale che evita qualsiasi danno, e non ripara agli errori di un ragazzino distratto o di un anziano traballante. In quel punto, quel passaggio pedonale semaforizzato è una classica trappola dove l’utente debole si sente al sicuro, mentre invece è in balia degli eventi.

D’altronde non c’è incrocio di Viale Italia, Cavalcavia Cialdini o Via Montecuccoli che non abbia il suo morto. Allora cosa aspettiamo a mettere davvero in sicurezza gli attraversamenti e restringere le carreggiate di queste autostrade cittadine? In alternativa, togliamo pure quei passaggi pedonali.

Ermes Spadoni
www.modenainbici.it

Riprendiamoci gli spazi della socialità

città assediata

città assediata

Riprendiamoci gli spazi della socialità
(*) Giorgio Castelli

Le nostre città appaiono segnate da due problemi: la microcriminalità che mina la sicurezza urbana e lo stillicidio degli incidenti stradali. Le ricette sono sempre le stesse: più agenti nelle strade e maggiori controlli, magari con l’ausilio di gruppi di volontari, ma il senso di insicurezza permane. Intanto i cittadini dormono in quartieri deserti durante il giorno, mangiano vicino al luogo di lavoro, comprano nei centri commerciali e si svagano in auto o nei “divertimentifici”.

La nostra vita si svolge all’interno della brown cloud, la nuvola di smog sulla Pianura Padana che, secondo gli esperti è generata per più del 70% dall’inquinamento da traffico. Per respirare meglio alcuni ristrutturano case in campagna o in collina in cerca di natura, così intasano due volte al giorno le strade di accesso alle città e sprecano ogni giorno due ore della propria vita in auto.

Le Amministrazioni investono le scarse risorse disponibili nella costruzione di nuove strade e autostrade, motivandole con previsioni di traffico vecchie e gonfiate. Anzi, non avendo risorse disponibili, utilizzano concessioni e convenzioni coi costruttori, impegnando anche i soldi dei nostri figli. I cittadini, privi di speranze, chiedono nuove strade veloci, ma lontane dalle proprie abitazioni. Il traffico è odiato e temuto da tutti, ma viene considerato un effetto collaterale e inevitabile della vita in città.

In campagna elettorale tutti promettono città smart, con tanto di nuvola informatica per internet (cloud), ma intanto respiriamo tutti i giorni la “brown cloud” di smog.

Sembra che non vi sia la capacità di immaginare una mobilità più equilibrata e meno autocentrica, mentre altre città italiane ed europee, grandi e medie, investono idee e risorse per spostare quote di mobilità dalle automobili private ai mezzi pubblici, alle biciclette e alla pedonalità.

Queste città moderne (cioè “attuali” nel significato originale del termine) agiscono su cinque filoni di intervento: incremento delle strade pedonali nei centri urbani e nelle zone residenziali, allargamento dei marciapiedi, diffusione delle zone a 30 km/h nei quartieri residenziali, dotazione di servizi per i ciclisti (depositi, parcheggi, trasporto delle biciclette sui mezzi pubblici extraurbani), miglioramento dell’efficienza del trasporto pubblico con aumento del confort dei mezzi e delle fermate, riduzione degli spazi pubblici occupati dalle auto in transito e in sosta.

Sul piano urbanistico le stesse città accompagnano la riqualificazione dello spazio pubblico con la realizzazione di fabbricati con piani terra ricchi di attività commerciali di qualità, abbandonando la cultura dei centri commerciali ormai obsoleti.

Le strade e gli spazi pubblici ritornano così ad essere il luogo sicuro dell’incontro, della socialità e della bellezza che tutto il mondo ci ha sempre invidiato, perché il “compito della politica pare essere soprattutto il creare amicizia tra i cittadini, cioè legame sociale” (Aristotele).

Libertà di uccidere i ciclisti nelle rotatorie

ciclista ferita

ciclista ferita

In un mondo di incertezze e precarietà, finalmente abbiamo una sicurezza: gli automobilisti che transitano sulle rotatorie possono tranquillamente ammazzare i ciclisti circolanti sulla ciclabile purché provengano dalla loro sinistra. Questa coraggiosa autorizzazione alla “pulizia stradale” a danno dei ciclisti è stata ratificata in sede giudiziaria grazie a un cavillo: l’automobilista che aveva eliminato un biker proveniente da sinistra alla rotatoria del Raffaello è stato assolto perché nella rotatoria vale la regola di dover dare precedenza solo a chi viene da destra.

Pertanto, a nulla vale se la ciclabile riporta la segnaletica orizzontale e verticale che ne garantisce il diritto di precedenza negli attraversamenti, in entrambe le direzioni.

Immaginiamo che questo principio di moderna giurisprudenza valga – per analogia – anche per tutti gli altri incroci non in rotatoria, ad esempio per quelli nelle zone a 30 km/h, dove vige la medesima regola della precedenza a chi viene da destra valida nelle rotatorie.

Mentre si va alla modifica del Codice della Strada che prevede il reato di omicidio stradale nell’intento di contenere gli incidenti (circa 3.500 vittime l’anno), a Modena la cultura autocentrica ha prodotto una nuova forma di barbarie: la legge del più forte viene consolidata anche laddove la segnaletica una volta tanto è chiara e posta a protezione dei più deboli, pedoni e ciclisti. Grazie alla sentenza ammazza-ciclisti, sulle strade cittadine la sicurezza è destinata certamente ad aumentare, con beneficio dell’ambiente e della salute.

Giuseppe Marano
www.modenainbici.it

Velocità & sicurezza: scelte ragionevoli

ciclista ferita

ciclista ferita

A Modena gli incidenti stradali continuano a provocare una silenziosa strage che i numeri nudi e crudi non riescono a evidenziare nel dibattito pubblico: ogni anno sulle strade cittadine perdono la vita una dozzina di persone, mentre i feriti sono circa 1.500. E sono aumentati n modo sproporzionato i ciclisti e i pedoni coinvolti negli eventi. I danni materiali sono ingentissimi: una stima indica in oltre 200 milioni di euro il costo complessivo degli incidenti.

I tre principali interventi posti in campo dal Comune di Modena sono la moltiplicazione delle rotatorie, l’installazione di fotored e autovelox, l’attivazione della zona a 30 km/ in centro storico. A questi interventi si sono associate iniziative di informazione/formazione nelle scuole, principalmente ad opera della Polizia Municipale e delle associazioni di volontariato.

Sul tema occorre essere chiari: il primo fattore dell’incidentalità è la velocità eccessiva, considerata in rapporto alle caratteristiche psico-fisiologiche umane e alla tipologia dello spazio stradale. Pochi sanno che l’occhio degli automobilisti nel 25% dei casi circa esclude ciclisti e pedoni dalla percezione consapevole: l’occhio vede, la mente rimuove. È poi controintuitivo, ma è accertato, che le strade rettilinee e larghe creano più incidenti e più gravi di quelle non rettilinee e strette.

Su questi aspetti il Comune di Modena va controcorrente: negli ultimi dieci anni ha realizzato una sola zona a 30 km/h (centro storico). E quando ha installato le nuove tecnologie per il controllo della velocità (è il caso di via Contrada) ha sempre ondeggiato sotto l’assalto concentrico di cittadini sanzionati, lobby e soggetti politici più attenti ai vantaggi elettorali che alla sicurezza pubblica.

Giuseppe Marano

www.modenainbici.it

La responsabilità tecnica nella progettazione stradale

tecnici progettisti ed associazioni

tecnici progettisti ed associazioni

La politica è la prima responsabile della gestione della viabilità e degli spazi pubblici, perché ha il compito di elaborare gli indirizzi e definire gli obiettivi da assegnare alla struttura tecnica.

Ma esiste anche una responsabilità dei dirigenti e dei tecnici nell’organizzare il lavoro degli uffici e nel redigere i progetti che devono tradurre le scelte politiche in provvedimenti e opere concrete.

Spesso, nel lamentare la scarsa attenzione dei Comuni alla mobilità pedonale e ciclabile, si dimentica il ruolo centrale che la struttura tecnica svolge nello sfruttare tutte le occasioni che possono agevolare i pedoni e i ciclisti nel traffico.

Si pensi, ad esempio, a tutte le occasioni offerte dagli interventi di manutenzione ordinaria delle strade, della segnaletica, dei semafori e della illuminazione pubblica, che possono accrescere la sicurezza dei pedoni e dei ciclisti migliorando:

  • la qualità delle pavimentazioni, che riduce i rischi di caduta o di brusca deviazione, permettendo al ciclista di concentrarsi sul traffico;
  • la visibilità dei pedoni e dei ciclisti agli incroci che riduce i conflitti;
  • la modifica della sincronizzazione dei semafori per dare più continuità ai percorsi e ridurre le infrazioni;
  • la realizzazione di corsie riservate ai ciclisti o di attestazioni protette ai semafori.

Molti altri piccoli provvedimenti possono rendere i percorsi ciclabili diretti, gradevoli e sicuri, come la moderazione della velocità delle auto o la riduzione delle corsie stradali troppo ampie, che aumentano le velocità, consentono il sorpasso a destra e istigano alla sosta in doppia fila.
Per contro le piste ciclabili mal progettate danno una falsa sensazione di sicurezza, sia all’automobilista, che al ciclista e aumentano il rischio di incidenti, perché entrambi si dimenticano dell’esistenza dell’altro fino all’incrocio, dove il reinserimento dei ciclisti nel traffico è inevitabile. I progetti per essere efficaci richiedono una attenta preparazione tecnica e l’abitudine a leggere attentamente e con pazienza le diverse situazioni, a misurare il traffico, ad analizzare i comportamenti specifici dei cittadini nelle diverse condizioni.
Pensare, come spesso avviene, che il traffico segua una legge fisica, significa dimenticare che sulla strada si sommano i comportamenti consci o inconsci di tutti i suoi protagonisti e i comportamenti quasi sempre si adattano alle condizioni dell’ambiente attraversato. È per questo che la considerazione dell’esperienza dei ciclisti quotidiani, la creatività e l’attenta analisi dei progettisti sono la migliore garanzia di soluzioni intelligenti, adatte alla situazione specifica.
Scrive il Manuale della Commissione Europea “Città in bicicletta”: “La consultazione delle associazioni dei ciclisti urbani può essere di grande aiuto. La loro conoscenza della città, la loro esperienza, le loro difficoltà, i loro desiderata, la loro valutazione delle misure prese a loro favore costituiscono altrettante informazioni preziose relativamente facili da raccogliere. Il contributo inoltre delle associazioni di ciclisti può consentire risparmi (a livello di realizzazione di inchieste, conteggi, elaborazione di progetti, pareri, verifica sul terreno, conoscenza dei quartieri, documentazione, informazioni ecc.).