Proposta per la realizzazione rapida ed economica di Dorsali ciclabili di emergenza

FIAB ha sottoscritto questa proposta di Federico Zanfi (architetto e docente di urbanistica, Politecnico di Milano) , Luca Lombroso, (meteorologo AMPRO e divulgatore ambientale) e Matteo Agnoletto, architetto e docente di composizione architettonica, Università di Bologna

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All’attenzione del Sindaco di Modena Giancarlo Muzzarelli

e dell’Assessora all’Ambiente e alla Mobilità sostenibile Alessandra Filippi

Modena, 9 maggio 2020

 

Proposta per innovare la mobilità urbana modenese nella Fase 2 mediante la realizzazione rapida ed economica di Dorsali ciclabili di emergenza

Un patto tra Amministrazione, aziende e cittadini raccontato in 7 punti

  1. Un contesto critico da interpretare in modo Ci attende una fase di convivenza col virus Covid-19 presumibilmente lunga e di cui non è oggi possibile mettere a fuoco tutte le caratteristiche. Ciò che sappiamo è che durante questa fase, oltre alla ripresa graduale delle attività, dovremo adottare nuovi stili di mobilità e di frequentazione degli spazi esterni che consentano sia i movimenti indispensabili sia i minimi livelli di interazione sociale, ma garantendo il necessario distanziamento tra individui. Ciò avrà ricadute importanti sull’organizzazione della mobilità urbana, poiché la capacità dei sistemi di trasporto pubblico locale sarà fortemente limitata dalle disposizioni di prevenzione sanitaria. Se la domanda di mobilità individuale che ne deriverà non sarà governata e indirizzata, concorrerà rapidamente a generare livelli di congestione, incidentalità e insalubrità nelle nostre città e nei nostri territori urbanizzati maggiori di quelli precedenti all’emergenza e al lockdown.

 

  1. Rete di Mobilità di Emergenza come infrastruttura fondamentale per la “ripartenza”. Una trentina di associazioni e diversi esponenti del mondo della ricerca hanno sottoscritto una lettera indirizzata al Governo, alla Commissione Colao e ai vertici di ANCI in cui si avanzano proposte relative alla mobilità urbana per la Fase Tra queste, la più incisiva riguarda la realizzazione di “Reti di Mobilità di Emergenza” (RME) che consentano di muoversi in sicurezza nelle città italiane senza automobile, cioè camminando, pedalando o impiegando altri dispositivi di micro- mobilità quali monopattini o deambulatori. Reti che attraversino lo spazio urbano riducendo la quota di suolo pubblico oggi dedicata al transito e alla sosta delle automobili, che mettano in connessione i principali quartieri residenziali con i principali luoghi del lavoro e dei servizi, e che si realizzino mediante opere leggere, reversibili e di rapida attuazione (il manuale della RME fornisce esempi concreti di segnaletica orizzontale e verticale low-cost e stima un costo di realizzazione chilometrico di appena 8.000 € per i nuovi percorsi).

 

  1. Gli aiuti del Governo, le iniziative delle Amministrazioni locali, lo scenario In linea con questa iniziativa la Ministra delle Infrastrutture e dei Trasporti Paola de Micheli ha annunciato un ventaglio di misure che vanno nella direzione di incentivare scelte modali più sostenibili dal punto di vista sanitario e ambientale – in particolare modifiche al Codice della strada che consentano di realizzare RME in via transitoria – e diverse città si sono già mobilitate entro tale prospettiva. Milano e Bologna, tra le altre, hanno disposto importanti strategie di adattamento delle proprie reti ciclabili, sia prevedendo nuovi percorsi sia rivedendo le priorità di cantieri già pianificati. Fuori dall’Italia lo scenario è ancor più maturo. Berlino ha allargato le corsie della propria rete ciclabile per aumentarne la capacità e consentire il distanziamento individuale (e il Ministro della Salute tedesco ha raccomandato a tutti i lavoratori di muoversi il più possibile a piedi o in bicicletta). Bruxelles e Parigi hanno dato precedenza a pedoni e biciclette riducendo la velocità in estese porzioni delle loro aree urbane, trasformandole in zone lente a 10 e 20 km/h (e a Parigi Anne Hidalgo è nettamente in testa al primo turno, anche grazie alla sua politica pro-bici, che è stata uno dei temi centrali della campagna elettorale).

 

  1. A Modena: il quadro della mobilità urbana e le proposte per la Fase 2 già in campo. A Modena il quadro è molto diverso. L’automobile privata costituisce la modalità di movimento prevalente (oltre i due terzi degli spostamenti giornalieri), anche per distanze brevi (il 45% dei tragitti compiuti in auto nell’area urbana non supera i 2,5 km), con effetti noti in termini di qualità dell’aria e Meno di un terzo degli spostamenti si rivolge poi a modalità sostenibili, tra cui circa un 10% dei tragitti effettuati in bicicletta – un dato importante, che tuttavia non ha conosciuto incrementi negli ultimi anni e secondo i rilevamenti di FIAB è in calo. Una significativa domanda di mobilità proviene infine dagli abitanti dei comuni di cintura che quotidianamente gravitano sul capoluogo. Per tutti questi utenti della strada, a fronte di una drastica riduzione del trasporto pubblico – l’amministratore di aMo Andrea Burzacchini ha indicato una serie di provvedimenti che ridurranno la capacità complessiva del servizio nella Fase 2 al 30% di quella attuale –, è urgente pianificare e agevolare uno spostamento della domanda oggi rivolta all’automobile verso soluzioni di mobilità più attive e sostenibili, sul modello della RME (anche per distanze nell’ordine degli 8-10 km, contando sulla diffusione delle biciclette a pedalata assistita). In questa prospettiva, la stessa FIAB ha proposto alcuni interventi puntuali per potenziare le infrastrutture a sostegno della ciclabilità in alcuni nodi e lungo alcuni assi di particolare criticità, così da rendere meglio accessibili alcune zone residenziali e alcuni poli di attrazione di traffico oggi non serviti.

 

  1. Una prospettiva di reinfrastrutturazione estesa all’intera città: le Dorsali. Qui si propone di riflettere su una prospettiva d’azione più sistemica e ambiziosa, e di considerare la ripresa che ci attende nei prossimi mesi come l’occasione storica per anticipare mediante soluzioni leggere un sistema di mobilità alternativo all’automobile esteso all’intera città. La rotta lungo la quale compiere questo salto di qualità è peraltro già Il Consiglio Comunale ha deliberato nel febbraio 2019 un Documento di indirizzi per il nuovo Piano Urbanistico Generale nel quale si prevede una strategia di reinfrastrutturazione della città basata su una griglia di Dorsali ciclabili, che si propongono di fornire un’alternativa praticabile all’automobile nei percorsi casa-lavoro e casa-scuola. Tali Dorsali – già recepite nel Piano Urbano della Mobilità Sostenibile (PUMS 2030) adottato dalla Giunta nel marzo 2019 – collegano le aree industriali, artigianali e i grandi attrattori di mobilità (come ospedali, università, plessi scolastici e centri direzionali) con i principali quartieri residenziali e si estendono fino alle frazioni. Sono percorsi rettilinei e prioritari, pensati sul modello delle “superstrade ciclabili” che diverse città europee hanno realizzato in anni recenti: prevedono corsie dedicate e mono-direzionali, con linee di arresto avanzate per le biciclette ai semafori, e sono realizzate nella carreggiata stradale e non più sul marciapiede (liberando quindi spazio pubblico per la mobilità pedonale di prossimità e per i nuovi dehors, indispensabili per molte attività nella Fase 2).

 

  1. Attuazione prioritaria mediante collaborazioni pubblico-private. Tutti gli sforzi e le risorse relativi alle infrastrutture per la mobilità sostenibile dovrebbero nei prossimi mesi concentrarsi sulla costruzione rapida di questo sistema, nella sua L’estate può consentire di portare a termine un cantiere diffuso e dotare Modena, in tempo per la ripresa scolastica di settembre, di una infrastruttura ciclabile low-cost sicura ed efficiente. “Temporanea”, certamente, ma diffusa e articolata secondo un disegno di struttura complessivo e quindi in grado di compensare l’accresciuta domanda di mobilità individuale che, laddove l’alternativa è meno praticabile, si rivolgerà gioco forza all’automobile. Due modalità di finanziamento e di attuazione coordinate potrebbero essere decisive per il raggiungimento di tale obiettivo. Da un lato l’Amministrazione, oltre a coordinare su questo progetto gli uffici comunali come ha dimostrato di saper fare in occasione del concerto Modena Park nel luglio 2017, dovrebbe riorientare verso la realizzazione delle Dorsali ciclabili di emergenza una parte degli investimenti già stanziati per altre opere infrastrutturali – anche ciclabili – più costose e meno prioritarie. Da un altro lato, i soggetti più robusti del mondo delle imprese e della distribuzione commerciale che si trovano localizzati nelle aree servite dalla rete ciclabile in questione potrebbero “adottare” – individualmente o consorziati – la Dorsale dalla cui realizzazione sarebbero maggiormente beneficiati (riorientando nella forma di un cofinanziamento a opere di pubblica utilità il loro impegno in Responsabilità Sociale o le più consolidate azioni di marketing nello spazio urbano, come le installazioni nelle rotatorie stradali). Il tratto di via Emilia Ovest tra l’Ottavo campale e la Fiera (4 km), su cui si attestano numerose importanti aziende – aziende per cui la difficoltà nel reperire aree a parcheggio per i propri dipendenti rappresenta talvolta un limite all’espansione delle attività produttive – potrebbe essere un rilevante progetto pilota da sviluppare insieme.

 

  1. La necessità di una ripartenza nel cambiamento: un patto nuovo. Sarebbe un errore considerare la ripartenza che auspicabilmente ci attende nei prossimi mesi come un ripristino del modello di funzionamento urbano che La discontinuità provocata dalla quarantena che ci stiamo lasciando alle spalle dovrebbe ispirare una ripartenza nel segno del cambiamento, e precisamente nel segno di un patto tra amministratori, aziende e cittadini per un migliore uso dello spazio stradale. Un nuovo patto in cui si tratterà – rispettivamente – di ripensare le previsioni in termini di investimenti pubblici, le prassi di organizzazione della mobilità dei dipendenti e dei clienti, e le proprie abitudini negli spostamenti quotidiani. Un’adeguata infrastruttura deve necessariamente anticipare e stare alla base di questa innovazione. I vantaggi non sarebbero solo quelli, importanti e noti, relativi alla salubrità, all’efficienza e al benessere complessivi dell’ambiente urbano. Il ripensamento dello spazio pubblico stradale nelle forme qui suggerite accrescerebbe la capacità di tutti i cittadini – in tutte le fasi della loro vita – di muoversi col proprio corpo nella città, contribuendo alla riduzione delle disuguaglianze socio-spaziali e all’accrescimento dell’autonomia dei soggetti vulnerabili (in particolare dei più anziani, dei disabili e dei più giovani) su cui la società civile tutta – istituzioni, ma anche cittadini, imprese e terzo settore – è ingaggiata da tempo e che guadagnerà rilievo nella fase post-Covid. Precisamente quello di cui abbiamo bisogno per rendere meno fragili le nostre forme di organizzazione urbana, di fronte a un futuro in cui l’incertezza e la vulnerabilità, non solo a causa della pandemia, assumono tratti di inedita radicalità.

 

Federico Zanfi, architetto e docente di urbanistica, Politecnico di Milano

Luca Lombroso, meteorologo AMPRO e divulgatore ambientale

Matteo Agnoletto, architetto e docente di composizione architettonica, Università di Bologna

 

Con il sostegno di
FIAB Modena Ambiente e Bicicletta Medici per l’Ambiente –
ISDE Modena
Fridaysforfuture Modena
Ingegneria Senza Frontiere – Modena

Piano di azione per la realizzazione urgente di una Rete di Mobilità d’Emergenza (RME) a Carpi

Alla cortese attenzione

Sig. Sindaco di Carpi
Dott. Alberto Bellelli

Sigg.ri Assessori
Arch. Riccardo Righi
Ing. Marco Truzzi

 

OGGETTO: Piano di azione per la realizzazione urgente di una Rete di Mobilità d’Emergenza (RME) a Carpi.

La sede modenese di FIAB Onlus (Federazione Italiana Ambiente e Biciclette) ha inviato al Comune di Carpi, venerdì 24 aprile 2020, il Piano di azione per la mobilità urbana durante l’emergenza Covid 19, con suggerimenti tecnici per impostare urgentemente a Carpi una “Rete di Mobilità di Emergenza – RME”.

Suggerimenti e soluzioni che, in sintonia con le raccomandazioni della Organizzazione Mondiale della Sanità, aiutano ad affrontare la “Fase 2” della strategia di lotta contro il Covid 19.

Nella lettera si rappresentava la disponibilità della rete di volontari Fiab Onlus esperti in mobilità a supportare la Amministrazione di Carpi per la creazione della Rete di Mobilità di Emergenza – RME.

Abbiamo pensato di redigere una proposta, visto l’avvio della “Fase due” e l’uscita, dopo quasi due mesi, di molti cittadini carpigiani per svolgere le attività sinora precluse: fare attività motoria, incontrare congiunti, recarsi alle attività lavorative sinora in lock down, visitare i defunti nel cimitero urbano, conferire rifiuti nelle isole ecologiche.

La gran parte degli spostamenti sono all’interno della città, e muoversi a piedi o in bici è la scelta migliore dal punto di vista ambientale.

La nostra città deve accogliere al meglio pedoni e ciclisti, che per l’obbligo di rispetto del distanziamento sociale devono spostarsi sulla strada all’incrocio con altre persone su un marciapiede o una ciclopedonale.

Abbiamo pensato di proporre dettagliate proposte per costruire a Carpi una efficace Rete di Mobilità di Emergenza RME, e la motivazione della scelta di individuare alcune direttrici ed escluderne altre.

All’interno della Proposta di RME, qui allegata, si sono identificati nove interventi prioritari che riguardano le vie Alessandro Volta, Pezzana, Remesina interna – esterna, Ugo da Carpi, Manzoni, Bortolamasi, Peruzzi, Marx e Aldo Moro interna e le sotto strade di via Cattani (interventi riportati in grassetto sottolineato).

Siamo certi del fatto che l’Amministrazione comunale di Carpi decida di dare un segnale forte di interesse per il benessere dei cittadini, adottando le misure proposte in questo nostro lavoro e raccomandando a tutti, attraverso la seguitissima diretta serale del Sindaco Bellelli, di usare l’auto solo in casi di assoluta necessità guidandola con prudenza e a bassa velocità per la sicurezza di pedoni e ciclisti che potrebbero essere costretti, per il rispetto del distanziamento sociale, ad occupare la carreggiata stradale.

Eugenio Carretti
Presidente FIAB Modena

 

Ritorno in sella per attività motoria

Nel nuovo Dpcm del 26 aprile 2020 che da il via alla così detta fase 2, si specificano le condizioni per le quali dal prossimo 4 maggio si potrà risalire in sella e pedalare (ma anche passeggiare e fare jogging) per le attività sportive e motorie; in particolare il Dpcm specifica: – è consentito svolgere individualmente, ovvero con accompagnatore per i minori o le persone non completamente autosufficienti, attività sportiva o attività motoria, purché comunque nel rispetto della distanza di sicurezza interpersonale di almeno due metri per l’attività sportiva e di almeno un metro per ogni altra attività;- ciò detto sarà consentito non più nei pressi della propria abitazione, i famosi 200 metri, ma ci si potrà allontanare da casa rimanendo all’interno della propria Regione, salve ulteriori restrizioni dei Sindaci dei Comuni, che potranno emanare ordinanze ad hoc, soprattutto per evitare assembramenti in aree verdi e parchi pubblici, nel caso potrebbero essere contingentati gli ingressi.

Sì quindi, si può andare in bicicletta se da soli e rispettando la distanza di un metro, se è attività motoria, e di due per quella sportiva. Il decreto solleva le sorti di tutti i ciclisti “amatori” e professionisti, che potranno migliorare la propria condizione psico-fisica sotto il più naturale antidepressivo che abbiamo a disposizione: il sole di maggio.

Ricordiamoci però che la bicicletta è prima di tutto un mezzo di trasporto, non solo lo strumento per fare attività motoria; e in questo tempo post-covid19 si configura come la soluzione al problema del distanziamento sociale, per riprende una vita urbana lontano dal contagio; per questo più che mai, aspettiamo con ansia disposizioni e ordinanze sulla mobilità a due ruote.

COVID-19, Fase 2: le proposte di FIAB alla Amministrazione di Modena

COMUNICATO STAMPA COVID 19 – FIAB Modena sulla fase due.

Abbiamo inviate al Sindaco e all’assessora Filippi alcune proposte riguardanti una mobilità sostenibile per la “fase 2” dopo l’emergenza Covid19
Secondo la FIAB, in linea con quanto sostenuto nei giorni scorsi anche da Andrea Burzacchini, amministratore unico di AMO, occorre rivedere concretamente le modalità di trasporto evitando il massiccio ricorso all’auto privata.

Le proposte che alleghiamo si potrebbero definire “molta resa con poca spesa”. Si tratta, infatti, di proposte di veloce ed economica fattibilità.
Riguardano, in particolare:

• il cavalcavia Mazzoni da destinare solamente ai mezzi pubblici, ciclisti e pedoni
• gli assi di via Morane, di via Buon Pastore, di via Luosi, di via Emilia Ovest su cui, senza togliere particolare spazio alla sede stradale, si può realizzare una ciclabile mono direzionale.
• il collegamento tra via Ciro Menotti e corso Canalgrande ove si prevede di regolarizzare, per i ciclisti, l’uso della corsia degli autobus.
• il centro storico per il quale si ribadisce la richiesta di permettere ai ciclisti di percorrere alcuni tratti di sensi unici per le auto, apponendo la segnaletica “divieto di accesso eccetto biciclette”.

 


Al Comune di Modena
c/a Signor Sindaco
c/a Assessora alla Mobilità Sostenibile

Proposte di FIAB Modena per la Mobilità post Covid 19

Il virus, col quale dobbiamo imparare a convivere, sta ponendo alle nostre Comunità numerosi problemi sui quali gli scienziati e gli esperti stanno lavorando alacremente. In questi giorni, si stanno studiando anche le modalità di riorganizzazione della mobilità urbana per la Fase 2, che dovranno tutelare comunque l’isolamento individuale.

Se da una parte non si possono immaginare città assaltate quotidianamente da auto con un solo passeggero o centri storici senza ZTL e parcheggi a pagamento, non è possibile riorganizzare a breve neanche il trasporto pubblico perché, per garantire i trasportati, sono necessari nuovi mezzi, nuovo personale e nuovi investimenti.

L’Amministratore unico di AMO, Andrea Burzacchini, ha illustrato in una recente intervista i provvedimenti necessari per rendere efficiente il trasporto pubblico post Covid. A livello mondiale si stanno proponendo e sperimentando nuove misure per una mobilità di emergenza, dedicando maggior spazio pubblico alle due ruote, che sono poco ingombranti e garantiscono l’isolamento dei trasportati.

E’ così forte l’esigenza di questa riorganizzazione, che in diversi Paesi si stanno attuando interventi provvisori, non specificamente previsti dalle normative vigenti, finalizzati ad un unico obiettivo: incrementare l’uso della bicicletta tra la popolazione e ridare nuovi spazi ai pedoni e ai disabili, per garantire una mobilità efficiente e con la necessaria garanzia di sicurezza sanitaria. Una particolare attenzione viene dedicata anche ai monopattini, alle cargo bike per il trasporto ed ai pedoni riducendo, se necessario, gli spazi ora dedicati alle automobili.

Bikenomist ha pubblicato in questi giorni un interessante piano di Azione per una Rete di Mobilità di Emergenza che offre molti spunti operativi. Anche noi soci FIAB ci siamo chiesti se a Modena vi siano le opportunità concrete per una nuova ed efficiente mobilità post Covid, in grado di offrire collegamenti diretti e sicuri ai cittadini in sostituzione agli abituali spostamenti in auto e con i mezzi pubblici.

La nostra esperienza diretta di ciclisti urbani e l’analisi di dati sui flussi di ciclisti, raccolti in questi ultimi 20 anni, ci spingono ad avanzare proposte concrete sulle principali direttrici attualmente utilizzate dai cittadini che si muovono in bicicletta. Abbiamo cercato di affrontare i percorsi più interessanti ed i punti nodali principali con proposte che avessero le seguenti caratteristiche:

  1. strutture facilmente attuabili in tempo breve;
  2. soluzioni già largamente utilizzate in altre città italiane ed europee;
  3. interventi realizzabili con la sola segnaletica, senza costosi interventi strutturali;
  4. soluzioni reversibili se non risulteranno efficaci;
  5. costi complessivi decisamente ridotti.

Gli itinerari scelti sono quelli che connettono le principali zone residenziali con i poli di attrazione di traffico come: le stazioni, i parcheggi di interscambio, i centri direzionali, produttivi e scolastici del nostro centro urbano non ancora serviti:

Cavalcavia Mazzoni

E’ ormai maturo eliminare il traffico delle auto private dal cavalca ferrovia per dedicare l’intera sede stradale ai mezzi pubblici, alle bicilette ed ai pedoni; in tal modo si realizza il tanto atteso collegamento sicuro col centro città degli abitanti dei quartieri a nord della ferrovia, migliorando di qualità dell’aria e la vivibilità dell’intera area, ora attraversata da un ingente traffico parassitario in transito.

Asse di via Morane

L’ampia sezione stradale di via Morane, dalla nuova Estense a via Carlo Sigonio, consente di tracciare due corsie ciclabili monodirezionali sui entrambi i lati, con la sola esclusione dei tratti in prossimità dei due incroci semaforizzati. Si potrebbero realizzare con la sola segnaletica orizzontale, come quelle realizzate sulla via Emilia a Reggio Emilia e riportate nelle indicazioni delle “Linee guida sulla ciclabilità” della L.R. 10/2017

Assi di Via Buon Pastore e di via Luosi

Si tratta di due percorsi assai frequentati dai ciclisti per la presenza di quartieri densamente abitati e di attrezzature urbane e servizi attrattori assai frequentati. L’asse di Buon Pastore è in assoluto il più frequentato della città, con un flusso di ciclisti che, nell’ora di punta del mattino degli ultimi dieci anni, è variato tra i 250 e i 350 passaggi nella sola direzione centro. Su entrambe le strade sono presenti due ciclopedonali molto stretti, fuori norma, con un flusso di ciclisti tale da creare spesso conflitti ed incidenti tra ciclisti e pedoni. Sarebbe possibile migliorare la sicurezza dei ciclisti e dei pedoni realizzando un secondo percorso ciclabile monodirezionale sul lato opposto della strada, in modo da separare chi procede verso il centro e chi verso la periferia. Con questi interventi su entrambe le direttici si ridurrebbero solo alcuni posti auto, senza alcuna limitazione al transito automobilistico e si offrirebbero ai residenti nuove opportunità alternative all’auto.

Via Emilia Ovest nel tratto da largo Aldo Moro a via Emilio Po

L’ampia sezione stradale, tipica di una ex strada statale, consente di realizzare una ulteriore ciclabile monodirezionale anche sul lato nord, per alleggerire il transito di bici sulla pista esistente e soprattutto per servire meglio i residenti e le attività di tutta la zona di S. Cataldo. Anche in questo caso si propone di realizzare una corsia ciclabile, con sola segnaletica orizzontale, come quella già esistente sul lato sud da Via Jacopo Barozzi a Viale Italia. Ciò comporta solo modesti restringimenti della sezione stradale, ininfluenti per il transito e la sosta degli altri veicoli, e permette di
regolarizzare l’utilizzo della pista esistente che, secondo il D.M. 557/99, può essere percorsa solo in direzione del centro.

Collegamento tra via Ciro Menotti e corso Canalgrande

E’ un percorso già ampiamente utilizzato dai residenti della popolosa zona Musicisti per accedere al Centro Storico, che deve tuttavia essere regolarizzato e messo in sicurezza. La soluzione proposta prevede una corsia ciclabile monodirezionale verso il centro e la regolarizzazione dell’uso della corsia bus da parte dei ciclisti, che già usano da molti anni senza particolari problemi. In questo caso si manterrebbe inalterato l’assetto attuale della viabilità, ma si renderebbe sicuro un itinerario prezioso questa parte di città.

Centro storico

Da molti anni segnaliamo le difficoltà oggettive che i ciclisti incontrano per accedere ed attraversare il cento storico cittadino. Il disinteresse degli amministratori comunali dura ormai da un decennio ed i ciclisti rischiano quotidianamente proprio nella zona della città più attrattiva e più vocata alla bicicletta e alla pedonalità. L’attuale organizzazione della viabilità impedisce l’attraversamento del centro, soprattutto sull’asse nord-sud ed in entrambe le direzioni. La richiesta che avanziamo da tempo, e che riproponiamo nuovamente, è quella di permettere ai ciclisti di percorrere alcuni brevi tratti di strada a senso unico per le auto, apponendo la segnaletica “divieto di accesso eccetto biciclette” nei tratti sotto indicati.

Eccetto Bici: la proposta FIAB Modena per rendere sicuro e comodo l’accesso al centro storico in bicicletta

E’ una soluzione, già ampiamente utilizzata in altre città italiane ed europee, che regolarizza e rende sicuro un comportamento abituale dei modenesi
Anche per questa soluzione si riportano alcuni esempi già realizzati e citati nelle “Linee guida sulla ciclabilità” della Legge Regionale 10/2017:


Queste sono solo alcune proposte per adeguare la rete principale e ridurre la pericolosità, soprattutto per i pedoni, dei ciclopedonali e delle infrastrutture esistenti; ma vi sono anche altre situazioni pericolose come la pseudo ciclabile di viale Amendola, il tratto tra via Riccoboni e Calle di Luca, il mancato collegamento tra Viale Barozzi e la stazione delle autocorriere.

Appena sarà possibile, per dare un ulteriore contributo al Comune, faremo una ricognizione dei tratti e dei punti della rete esistente che sono difformi dalla normativa vigente e che presentano pericolosità evidenti per pedoni e ciclisti.

La così detta Fase 2, che ci aspetta nei prossimi mesi, può diventare l’occasione per organizzare una mobilità diversa, più compatibile con i centri urbani e per abbandonare definitivamente le ricette vecchie che ci hanno portato alla congestione delle strade e ai livelli insostenibili di inquinamento atmosferico ed acustico.

Per Modena potrebbe essere anche l’occasione per far perdere le cattive abitudini ad una buona parte di quel 45% dei cittadini che quotidianamente usano l’auto in città per percorsi inferiori ai 2 chilometri.

Modena 22.4.2020
Il Presidente di FIAB Modena
Eugenio Carretti

 

Lettera a tutti i Sindaci modenesi: adottare una Rete di Mobilità di Emergenza

Egr. Sindaco, egr. Assessori,

come FIAB – Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta di Modena a.p.s. ci rivolgiamo a Voi non solo come rappresentanti della Amministrazione Comunale ma anche come responsabili della salute e della mobilità della Vostra comunità.

La pandemia in corso ha provocato anche nella nostra Provincia vittime e danni economici rilevanti e in vista di una Fase 2 ovvero di un auspicabile e graduale ripresa delle attività produttive siamo preoccupati al pari di altre associazioni e rappresentanze sociali dei rischi impliciti ad un ritorno di una mobilità delle persone e delle merci che non potrà essere come quella pre Covid 19.

A tal fine Vi alleghiamo un “Piano di azione per la mobilità urbana post Covid” elaborata da BIKEITALIA che contiene suggerimenti tecnici utili per impostare da subito una “Rete di Mobilità di Emergenza – RME”. Tali linee guida con poche differenze le stanno iniziando a adottare altri comuni in Italia, in Europa e nel mondo intero. Suggerimenti e soluzioni che sono in sintonia con le raccomandazioni della Organizzazione Mondiale della Sanità.

Siamo a disposizione attraverso la nostra rete di volontari esperti in mobilità a supportare la Vostra Amministrazione per l’implementazione della RME. A tal fine non esitate a contattarci per qualsiasi richiesta di chiarimenti riteniate necessaria per consentire una gestione della mobilità compatibile con la salute e la ripresa produttiva.

Cordiali Saluti

Per il consiglio direttivo FIAB Modena
Eugenio Carretti
presidente FIAB Modena a.p.s.

 

Piano di Azione RME

Fiab Modena e solidarietà

FIAB Modena, che da fine febbraio ha dovuto annullare tutte le attività associative finalizzate alla promozione dell’uso della biciletta (gite, incontri e attività pubbliche), nell’emergenza legata al coronavirus si è impegnata in attività di solidarietà e sostegno sociale, mettendo in contatto i nostri soci/volontari con associazioni, enti e istituzioni che già operano sul territorio modenese.

FIAB Carpi, sezione di Modena di recente costituzione, ha prontamente risposto alla richiesta dei Servizi Sociali del Comune di Carpi: da lunedì 20 aprile coordinerà il progetto “Pronto Voce”, che vedrà impegnati diversi volontari soci e non soci, rispondere alle telefonate di persone che hanno necessità o semplicemente desiderio di compagnia. Persone anziane, che vivono sole e che lo desiderano tutte le mattine, dal lunedì al venerdì, potranno telefonare al numero 339/2956550 semplicemente per “scambiare quattro chiacchiere” in queste giornate di forzato isolamento.

Volontari di Fiab Modena sono impegnati nel confezionamento di pacchi spesa destinati a famiglie e persone in difficoltà, in collaborazione con Acli, Caritas, Croce Blu e Comune di Modena.

Sono attività di promozione sociale a cui l’associazione ha sempre riservato un impegno importante: organizzando i corsi per insegnare alle donne straniere ad andare in bicicletta, attività nelle scuole sulla mobilità sostenibile, corsi e laboratori per la manutenzione della biciletta per i migranti e per i ragazzi.

Resta sempre vivo l’interesse a collaborare con i settori mobilità delle amministrazioni locali che in questa difficile fase di ripensamento stanno studiando come gestire la mobilità dei cittadini dopo l’emergenza coronavirus. Ci auguriamo che la bicicletta possa assumere un ruolo prioritario nel risolvere le problematiche di spostamento: garantisce il distanziamento, non inquina, non intasa le nostre strade, dona ad ognuno di noi il benessere che deriva dell’attività fisica.

https://www.modenainbici.it/piu-auto-per-tutti/

https://www.change.org/p/giuseppe-conte-coronavirus-mobilit%C3%A0-di-emergenza-le-auto-non-sono-la-soluzione

https://www.bikeitalia.it/wp-content/uploads/2020/04/RME-Piano-di-azione-mobilit%C3%A0-urbana-post-covid.pdf

 

Dopo il CoronaVirus: il PUMS è da azzerare

Lettera aperta alla Amministrazione di Modena, firmata da:

FIAB Ambiente e Bicicletta Modena
Friday For Future Modena
Germogli di Salute
ISDE Modena
MOBASTACEMENTO
Officina Popolare Rimessa in Movimento
WWF Emilia Centrale
Madonnina per Modena
MVP – Modena Volta Pagina

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Non vediamo l’ora che finisca questo periodo, ma, come dice uno slogan in voga, “non vogliamo tornare alla normalità perché la normalità era il problema”.

Infatti ci siamo già scordati che il nostro pianeta è nel bel mezzo di una crisi climatica senza precedenti, e che le nostre città erano luoghi inospitali, inquinati, rumorosi, caotici e pericolosi? La natura in poche settimane si è ripresa i suoi spazi e le città sono tornate pacifiche, ma questi vantaggi sono ben poca cosa rispetto alla mancanza di libertà di spostamento e di socialità che per il genere umano vale ben più della tranquillità. E quindi bisognerà pur tornare a muoversi e stare insieme. Si, ma come prima?

Ormai tutti ritengono che alla fine della fase emergenziale, le abitudini relazionali ed il sistema economico siano destinati a cambiare per sempre. Proviamo a capire cosa potrebbe succedere alla mobilità. Partiamo da due dati incontrovertibili:

  • Nel breve/medio periodo la ricchezza disponibile calerà sensibilmente e ne sarà più colpito il ceto medio basso, che avrà meno risorse e le destinerà prioritariamente a beni essenziali
  • Sempre nei prossimi anni, perdurando piccoli focolai di pandemia, il distanziamento sociale rimarrà un costante che spingerà la domanda di ampi spazi in cui poter godere di una socialità più salutare e meno affollata.

Analizziamo il problema economico dal punto di vista della famiglia media italiana: difficilmente il reddito crescerà, probabilmente il lavoro sarà meno stabile (intermittente e mutevole), e sempre di più in modalità smart (meno spostamenti – come la scuola dei figli, tra l’altro). Cosa se ne può dedurre? Che le famiglie cercheranno di limare sui costi più elevati, e dopo casa ed alimentazione sui quali è difficile incidere, ci sono proprio le auto: si perché quasi ogni famiglia italiana ha 2 o 3 auto, e se è difficile pensare che nessuno possa fare a meno di un’auto in famiglia, è altrettanto ragionevole pensare che le seconde auto verranno messe in discussione.

Sarebbe oltretutto una scelta razionale: una seconda auto normalmente viene usata per tragitto casa-lavoro e per gli acquisti (uso depotenziato da consegne a domicilio ed acquisti online) o per gli spostamenti del figlio maggiorenne. Se stimiamo 2 ore di uso al giorno, l’auto sta ferma almeno il 92% del tempo sotto casa o sotto l’ufficio e ci costa tra possesso e manutenzione circa 5.200 euro/anno (stime ACI per una utilitaria). Un primo segnale arriva dalle vendite di auto che hanno fatto segnare un meno 85% a marzo 2020: si tornerà mai ai livelli pre-COVID?

Ma esistono alternative valide? Nelle città più servite il trasporto pubblico è già molto usato (57% degli spostamenti a Milano ad esempio), ma il trend in maggiore crescita è quello dei monopattini e biciclette elettriche. Questi strumenti molto smart permettono di soddisfare una richiesta di mobilità individuale, eliminando molte resistenze come il costo di accesso, la fatica, la velocità di spostamento, e la difficoltà di parcheggio. Sono molto apprezzati ed alla portata di tutti per l’acquisto, e sempre di più disponibili anche in modalità “servizio” come flotte di sharing.

In futuro anche diversi utilizzatori abituali del trasporto pubblico potrebbero considerare questa una valida alternativa per non frequentare luoghi affollati: essendo non più una scelta individuale del singolo sensibile cittadino ambientalista, ma una necessità economica-sanitaria, è possibile che questo scenario prenda quota coinvolgendo una bella fetta di popolazione.

Quindi si pongono urgenti ed evidenti due problemi:

  • Dove facciamo circolare questi nuovi commuter giornalieri, che hanno necessità completamente diverse dagli automobilisti? Sulle attuali ciclabili?
  • Come riorganizziamo le città perché i servizi e le utilità siano a portata di monopattino e bicicletta?

Missione impossibile? A Parigi, per esempio, il sindaco Anne Hidalgo ha vinto largamente il primo turno delle elezioni proponendo di tagliare il numero di veicoli motorizzati privati, ed impostando una rete ciclabile che in poco tempo e bassi investimenti, sia fondata su questi principi:

1) universalità: la rete ciclabile deve rivolgersi alla stragrande maggioranza dei cittadini interessati a utilizzare la bicicletta ma che temono per la propria incolumità;

2) riequilibrio: lo spazio per le nuove infrastrutture ciclabili non deve essere tolto ad aree verdi e pedoni; corollario: le piste ciclabili sono parte di un processo di riequilibrio che riduce lo spazio dedicato al veicolo motorizzato individuale;

3) priorità: la rete deve essere realizzata in modo di essere efficace, creando percorsi diretti/rettilinei da punto A al punto B; corollario: senso unico eccetto bici e riduzione della velocità delle auto a 20 o 30 km/h nella maggior parte della rete viaria

4) ampiezza: la rete deve poter ospitare agevolmente il flusso previsto nei prossimi decenni; corollario: le piste devono essere ampie, permettendo di viaggiare affiancati per ogni senso di marcia, ed agevolando così i sorpassi tra utenti a diverse velocità;

5) urgenza: la rete deve essere realizzata rapidamente, in modo che, dopo qualche disagio durante la realizzazione, i cittadini possano subito prenderne possesso e apprezzarne i vantaggi.

Ma la trasformazione urbanistica va ben oltre e la Sindaca si è ricandidata con un progetto di “Città 15 minuti”, che intende promuovere una situazione di “iper-prossimità” dove tutti i servizi essenziali siano disponibili a distanze percorribili a piedi o in bicicletta. Ed entro il 2024 (… non il 2030 del nostro PUMS) propone “Parigi 100% ciclabile”, per avere una corsia ciclabile in ogni strada, e rimuovere 60.000 degli 83.500 parcheggi auto in strada (-71%) per trasformarli in piste ciclabili, aree verdi, spazi gioco.

I cinque cardini del decalogo parigino (universalità, riequilibrio, priorità, ampiezza, urgenza) appaiono proprio quelli che permetteranno alle città di adeguarsi velocemente alle nuove esigenze di socialità dopo il coronavirus, nel quale lo spazio per il permanente distanziamento sociale viene recuperato da quello sprecato da auto che occupano 25mq per spostare spesso una sola persona.

E la promessa di una “città 15 minuti” risponde alla seconda questione posta dalla crisi coronavirus, quella di avere maggiori spazi e minori spostamenti in auto. Tra l’altro avere tutti i servizi pubblici e commerciali a 15 minuti a piedi, avrebbe il grande merito di rivitalizzare non solo il centro storico, ma anche il commercio e l’artigianato di servizio di ogni singolo quartiere, e di decretare la fine del modello (già in crisi) basato sui grandi centri commerciali (dove il distanziamento sociale è impossibile) dislocati in periferia vicino alle grandi arterie di comunicazione.

Tra l’altro il COVID-19 ci ha fatto capire che fare solo 2 ore di ginnastica alla settimana, andare e tornare dal lavoro in auto e stare fermi 8 ore in ufficio, stare chiusi tutto il giorno in casa non è benessere, ma debolezza che ci espone di più alle infezioni. E la mobilità attiva può essere una soluzione efficace: muoversi di più a piedi e in bici non solo ci aiuta a mantenere una certa distanza fisica, ma contribuisce anche a mantenerci in forma e ridurre le malattie.

In tutto il mondo questa emergenza improvvisa ha portato in secondo piano molti progetti. A Modena avevamo in varo il PUMS (Piano della Mobilità Sostenibile), in colpevole ritardo e soprattutto inadeguato a rispondere alle nuove domande di mobilità dei cittadini.

Con questa nuova prospettiva, ad esempio, l’idea che l’attuale rete ciclabile sia solo da riconnettere è diventata chiaramente obsoleta: i percorsi sono quasi tutti promiscui con i pedoni, quasi tutti bidirezionali, spesso di larghezza inadeguata a far passare due ciclisti, sempre insicuri e dalla incerta segnaletica nelle intersezioni, dal fondo sconnesso e raramente illuminati. Possono rispondere a criteri di universalità, riequilibrio, priorità, ampiezza, urgenza?

Chiediamo quindi alle nostre amministrazioni di pensare sin da ora a una mobilità delle persone che:

  • permetta ai cittadini di scegliere modalità di trasporto più economiche, risparmiando sulle spese legate all’auto.
  • permetta di fare attività fisica quotidiana, dopo mesi di sedentarietà, semplicemente andando al lavoro o facendo la spesa
  • valorizzi e favorisca la frequentazione dei piccoli negozi di quartiere, fortemente colpiti dalle chiusure ma che i cittadini stanno riscoprendo ora, spinti dal cercare intorno a casa quello che prima cercavano a chilometri di distanza nei centri commerciali
  • favorisca le consegne a domicilio della spesa tramite bici o cargo-bike, dando priorità e valorizzando il commercio di prossimità
  • soprattutto in un primo momento, garantisca indipendenza negli spostamenti e la distanza fisica ma promuova la relazione sociale: molte città stanno già sperimentando piste ciclabili di emergenza nelle strade svuotate dalle auto
  • permetta di ridurre gli incidenti stradali e di conseguenza alleggerire il sistema sanitario, già oggi messo a dura prova.
  • faccia risparmiare sulla manutenzione stradale e sull’uso dello spazio pubblico. Basta spese per nuove strade, autostrade e rotonde. I fondi pubblici per la mobilità devono essere spesi per la ciclabilità che già da subito può diventare una valida alternativa per le esigenze di spostamento in città.

Alla luce del coronavirus forse questo ritardo del PUMS può venire utile. Siamo ancora in tempo a ripensare da zero il piano, assegnando risorse certe, cospicue e tempi immediati (non il 2030) per un ridisegno complessivo dello spazio urbano, che tolga all’insostenibile peso dell’auto privata per restituire leggerezza ai cittadini.

Più auto per tutti?

Poco sappiamo di cosa succederà quando sarà finalmente il momento di poter tornare a muoversi. Due certezze purtroppo le abbiamo: il TPL (trasporto pubblico locale) sarà in sofferenza per le difficoltà a garantire il distanziamento sociale, e le famiglie saranno mediamente più povere.

Per questo in tutto il mondo un numero sempre maggiore di città (Berlino, Denver, Philadelphia, Calgary, Bogotà, Vienna, Città del Messico, Sidney, Budapest, Auckland) hanno già inaugurato nuovi spazi pedonali e piste ciclabili temporanee, togliendo spazio alle carreggiate stradali. Insomma, la scomparsa del traffico automobilistico permette finalmente per la prima volta dopo decenni di ridistribuire più equamente tra tutte le utenze lo spazio stradale. Quello che chiediamo da anni, realizzato in poche settimane.

Così i lavoratori orfani del TPL possono pedalare in sicurezza e le famiglie possono camminare nelle strade pedonali (e non sugli stretti marciapiedi) mantenendo due, tre metri di distanza per andare a far la spesa, dal dottore, e così via.

Sembra la soluzione più ovvia ed immediata, tanto più che una correlazione tra inquinamento e Coronavirus sembra ormai probabile; pertanto è nell’ interesse anche sanitario incoraggiare i cittadini a usare la bicicletta, anziché l’auto.

Qui in Italia invece ancora nessun segnale. Tutti presi dal periodo drastico, i problemi veri per le nostre città si presenteranno a settembre ed il rischio è di arrivarci senza una progettazione. Perché noi diamo per scontato che la mobilità sostenibile sia la soluzione alla combinazione di maggiore povertà, maggior distanziamento, minor trasporto pubblico, ma c’è chi sta già lavorando in senso ostinato e contrario.

Come tanti elegantoni in frac alla festa di gala del Titanic, i rappresentanti dei costruttori di auto stanno già ballando su futuro delle nostre città. In un articolo su “Il Sole24Ore” affermano: “l’auto personale assicura distanziamento sociale e isolamento e sarà la soluzione più sicura, una sorta di bolla pedonale, un habitat comodo, sano e sicuro per viaggiare in città e anche fuori, evitando treni affollati e mezzi pubblici”. Nello stesso articolo gli fa eco il rappresentante dei venditori: “per i concessionari abituati vendere dei beni durevoli come l’auto saranno dolori. Ecco perché avremmo bisogno di incentivi per l’acquisto, magari estesi non solo alle auto ibride ed elettriche, ma anche a quelle vecchie inquinanti.”. E la nuova condizione di impoverimento generale non li frena: “non è davvero facile ipotizzare che l’automobile possa in tempi brevi tornare fra le priorità delle famiglie, ma sarà anche un’occasione per valutare una alternativa all’acquisto, ad esempio, dal noleggio a 24 o 36 mesi o anche di più”.

Alla fine cercano di venderci il solito sogno: «L’uso dell’auto avrà una valenza anche simbolica. Perché diventerà uno strumento per recuperare la nostra autonomia e per portarci in totale sicurezza verso la ripresa della nostra libertà sociale. Soltanto così il coronavirus non sarà passato invano, ma forse sarà servito ad aprire scenari più solidali o più virtuosi, ma sempre con al centro un’automobile». AMEN.

Papale papale, senza infingimenti, senza nascondersi: queste sono le alternative e le forze in campo. Poco conta che moltiplicare il numero delle auto in circolazione a scapito del TPL, avrà come effetto tutto il contrario della “ripresa di libertà sociale” vaneggiata, ma al contrario diventerà un incubo di traffico e smog permanente.

Abbiamo bisogno che la politica decida ORA da che parte stare: è una opzione praticabile quella di finanziare gli incentivi all’auto, e quindi ritrovarsi con aumentati problemi di costi per manutenzione ed ampliamento di strade e parcheggi, e maggiori costi sanitari da inquinamento ed inattività, e cittadini maggiormente indebitati dall’acquisto di beni durevoli? Sembra incredibile, ma questa è la strada più facile per una politica che non guarda al futuro: infatti maggior acquisti e maggiori lavori per infrastrutture hanno effetti benefici immediati sull’economia, ma poi deleteri sul lungo periodo.

Che poi sotto il danno per l’Italia c’è anche la beffa, perché come ci ricorda ACEA in Europa una produzione di 17 milioni di auto, è localizzata per il 33% in Germania, Spagna 14%, Rep.Ceca e Slovacchia 14%, Francia 10%, UK 10%, mentre l’Italia ne sforna poco più del 4%. Se consideriamo che nel ciclo di vita dell’auto solo il 19% del denaro speso rimane nella comunità locale, stiamo pensando davvero di far indebitare nuovamente stato e cittadini per risolvere i problemi finanziari a spregiudicate società che se anche sono italiane pagano le tasse in Olanda?

Di contro nel 2019, come dichiara ANCMA, per produzione ed esportazioni di biciclette siamo il primo paese in Europa, con un export aumentato del 16% a 1,58 milioni di unità. Non è che conviene sovvenzionare e sostenere la futura crescente domanda di e-bike?

La nostra proposta quindi è all’opposto: ristrutturazione ed investimenti in un servizio TPL moderno (corsie dedicate, ampiamento delle pensiline, frequenza dei mezzi, sanificazione) e poi incentivi l’acquisto di bici e monopattini (con gli stessi soldi dell’incentivo all’auto si cambia la prospettiva a 1.000 cittadini invece che 100 – non è la stessa cosa). E poi da SUBITO che si inizi a disegnare sulle strade vuote una vera rete ciclabile continua, ampia e sicura: i cittadini avranno così tutto il tempo per adattarsi, provarla, capire che è possibile, e poi sceglierla anche in futuro come mezzo economico e salutare. Metti mai che da rete ciclabile d’emergenza possa mai diventare finalmente una infrastruttura definitiva di livello delle migliori esperienze occidentali.

A tutti i decisori però ricordiamo che non è tempo di ambiguità: ogni soldo speso in mobilità automobilistica PRIVATA, è un soldo in meno per rinnovare mezzi pubblici e ciclabili. E a chi balla sul Titanic ricordiamo che l’iceberg arriva per tutti.

Le strade del distanziamento

In molte città del mondo in quarantena da coronavirus, si sta sfruttando l’assenza di auto sulle strade per far posto alle persone che desiderano fare un po’ di sano movimento all’aria aperta. A Berlino, come a Bogotà, a Filadelfia come a Vancouver arterie importanti della rete viaria, una volta destinata principalmente al traffico automobilistico, vengono chiuse e riservate a ciclisti e pedoni che possono così passeggiare rispettando le regole del distanziamento sociale.

A Budapest, la paura per la pandemia, fa calare del 90% gli spostamenti su mezzo pubblico e del 50% il traffico auto sulle strade, che vengono così ripianificate come rete ciclabile, per gli spostamenti in bici. Ora le chiamano “piste ciclabili temporanee d’emergenza”, ma una volta sperimentate, chi ci dice che non sopravviveranno alle restrizioni da coronavirus, cambiando definitivamente la mobilità all’interno della città?

Proprio in questi giorni i nostri amministratori stanno studiando come potremo tornare ad uscire, a lavorare, a studiare, a vivere anche fuori dalle nostre case in sufficiente sicurezza: la cosiddetta fase due.

Meno strada per le auto ci permetterebbe di guadagnare spazio per andare in bici, fare jogging, passeggiare e far la spesa rispettando le regole del distanziamento sociale, l’unica difesa effettiva al contagio. Meno auto per le strade ci regalano un’aria più sana per i nostri polmoni, lo tocchiamo “con naso”.

Ora le strade sono libere nostro malgrado, cerchiamo di cogliere l’opportunità per incassare questo doppio vantaggio.

Pedalare … dal divano di casa

Nessuna uscita su due ruote, le restrizioni al corona virus ci impongono di stare a casa e spesso sul divano. Non possiamo pedalare, ma nessuno ci toglie il diritto di sognare e magari iniziare a pensare al prossimo viaggio in bicicletta, e allora non poniamoci dei limiti e  “sogniamo in grande”, lasciamoci ispirare dai racconti scritti di chi ha pedalato in lungo in largo per il mondo; come nel libro di Francesco Gusmeri “Prendo la bici e parto in Australia”, ediciclo-editore: …cosa porta un ragazzo di trentasei anni a mollare tutto per fare un viaggio “contro”? A partire in sella alla propria bici dalla sonnolenta provincia lombarda alla volta dell’Australia, meta temuta e amata?

Il viaggio di Gusmeri rappresenta una cesura netta tra il nostro modo di vivere usuale (una casa, un lavoro, il solito tran tran) e il piantare la tenda nel bush Australiano o nelle steppe dell’Asia; consiste in una rottura con il rassicurante ambiente familiare per entrare nella solitudine del viaggiatore in dialogo con se stesso; racconta la ribellione contro l’appiattimento e l’omologazione sociale e culturale del nostro Paese.

Dopo aver lavorato e risparmiato per cinque anni, l’autore di questo viaggio ha dato sostanza e seguito a uno di quei sogni che perlopiù rimangono nei nostri cassetti senza mai realizzarsi.

Alla fine della linea tracciata sulle carte geografiche dai copertoni della mountain bike di Gusmeri forse non c’è la felicità tanto sognata, magari torna anzi la voglia di tornare a casa. Il problema è che dopo qualche tempo, quando si è fatto un viaggio del genere si avrà di nuovo voglia di scappare. “Quelli che viaggiano finiscono per diventare un po’ spiantati” scrive l’autore.