Per una manciata di secondi

La velocità è un fattore cruciale nelle collisioni stradali, perché aumenta sia le probabilità di impatto che le probabilità di ferimento grave o decesso. Se a 30 km/h lo spazio di arresto è di circa 9 metri, a 50 km/h passa a 25 metri, a 70 km/h arriva a 49 metri. Non solo, ma più si va veloce più si restringe il cono visivo di chi guida: è l’effetto tunnel, che porta l’automobilista a focalizzarsi solo sulla corsia di marcia ignorando quello che sta intorno (ciclisti ai margini della carreggiata, pedoni in procinto di attraversare la strada…).

Se poi malauguratamente si viene investiti, una piccola differenza nella velocità del veicolo fa una enorme differenza nelle chances di lasciarci le penne. Secondo l’OMS, un automobilista che investe un pedone a 30 km/h ha un 10% di probabilità di causarne la morte; a 50 km/h le probabilità di ucciderlo passano a 80%. A 70 km/h, una collisione è fatale per la quasi totalità dei pedoni. I dati per le collisioni con ciclisti seguono lo stesso andamento.

Spingendo sull’acceleratore si pensa di risparmiare chissà quanto tempo. Su un rettilineo senza ostacoli, per percorrere un chilometro occorrono 2 minuti a 30 km/h, 1 minuto 12 secondi a 50 km/h e 51 secondi a 70 km/h. Ma in città tra incroci, semafori e attraversamenti ci sono continui rallentamenti, tanto che la velocità media delle auto è intorno ai 28 km/h: si può accelerare ma poi tanto tocca frenare poco più avanti e il risparmio di tempo è quasi nullo.

Quindi quando un automobilista supera i limiti di velocità, sceglie deliberatamente di ridurre in maniera drammatica le chances di sopravvivenza delle persone in bici o a piedi che incontra sul suo percorso, per una manciata di secondi. Dovrebbe essere inaccettabile, e invece ogni volta che viene installato un autovelox ci si arrabbia col Comune che vuole “fare cassa”.

L’ultimo della serie è quello su Viale Italia, arteria a 4 corsie che dal dal 2013 a oggi ha visto ben 178 incidenti stradali, con 3 morti e 131 persone finite in ospedale. Nonostante sia ben segnalato, nel primo giorno di attivazione 224 veicoli hanno superato il limite dei 50 orari (quasi il 3% del totale transitato), con un record di 110 km/h.

Ai trasgressori farebbe bene scambiare due parole con i parenti delle vittime modenesi dell’eccesso di velocità, uccise per una manciata di secondi. E a quelli che continuano a pensare che il Comune vuole fregarli e “fare cassa”, ricordiamo che c’è un modo infallibile di “fregare” gli autovelox: guidare piano.

Autovelox in città, finalmente.

Sono bastate alcune anticipazioni delle modifiche al Codice della Strada approvate nei giorni scorsi, per scatenare la canea dei commenti social di 60 milioni di improvvisati ingegneri del traffico.

Strade a precedenza ciclabile, doppio senso ciclabile, autovelox in città sono misure presenti da decenni in Europa, ma rivoluzionarie in Italia. Invece di provare a spiegare la ragione di queste norme, i media nazionali hanno preferito (come solito) parlare alla pancia delle persone con titoli distopici come “anche gli spazzini potranno fare le multe” o “pioggia di multe in arrivo con i nuovi autovelox”.

Peccato perché questi temi in Italia pesano 3.500 morti e 250.000 feriti all’anno, e meriterebbero di essere affrontati più seriamente. Ad esempio, gli autovelox vietati in città (dove muoiono gran parte dei pedoni e ciclisti investiti) e con obbligo di essere segnalati, sono un unicum italico a livello mondiale e non se ne capisce il motivo.

E’ invece facile capire che l’autoaccusatorio “pioggia di multe in arrivo” racconta di una consuetudine abusata degli italiani di superare regolarmente il limite dei 50 km/h: solo che il 90% delle persone colpite da un’auto ai 50 km/h muore e nessuna sopravvive ad un impatto a 60 km/h.

Allora cari titolisti smettiamo di fomentare il mito delle “multe per fare cassa” ed iniziamo a raccontare di norme di civiltà troppo a lungo attese e che prima o poi proteggeranno anche voi ed i vostri cari.