Notizie di stampa ci confermano che l’Amministrazione ha un piano per introdurre gradualmente undici “Zone 30” in ambito cittadino ma solo entro il 2030, in attuazione di ciò che è scritto nel PUMS ma senza dare, secondo noi, la necessaria urgenza ed importanza alle politiche per incentivare pedonalità e ciclabilità.
FIAB pensa invece che “Modena città 30kmh” debba essere un obiettivo a breve termine se si vuole perseguire la messa in sicurezza della città: non passa giorno che non ci siano incidenti al seguito dei quali i cittadini lamentino sempre l’eccessiva velocità e pericolosità del traffico davanti alle loro case. Se ne deduce che il problema è sentito in ogni strada residenziale, e che la soluzione non può essere a macchia di leopardo e con tempi così dilatati.
Questo modo di procedere ingenera una sensazione di differenze tra i vari quartieri e rende più difficile l’assimilazione del principio generale che in zone ad alta frequentazione pedonale si deve guidare con prudenza sempre ed ovunque. Riteniamo quindi più efficace una chiara mappatura che identifichi le strade di transito che rimarranno a 50kmh e definisca tutte le altre strade a 30kmh. Decisione che ha assunto, ad esempio, in questi giorni la giunta di Parma e che verrà realizzata in tutta la città racchiusa tra le tangenziali entro dicembre 2024.
Ancora più spedita l’azione di Bologna, dove la giunta comunale la settimana scorsa ha deliberato di portare a 30kmh la velocità standard entro il 30 giugno 2023, ad esclusione dei principali assi viari che rimarranno a 50kmh. È una decisione chiara ed inequivocabile, che mette la cittadinanza di fronte all’urgenza di limitare i danni provocati dalla violenza automobilistica: una volontà che l’Amministrazione ha rivendicato e di cui si è assunta la piena responsabilità, e sulla quale potrà essere valutata a fine mandato.
Bologna30 è un progetto che può contare su 14 milioni di euro per la segnaletica stradale, la diffusione di interventi fisici di moderazione del traffico e della velocità, installazione di un numero significativo di autovelox, campagne di comunicazione ed educazione. Perché non basta mettere un cartello e chiedere a tutti i cittadini di rispettare le regole della strada.
FIAB ricorda che con il passaggio da 50kmh a 30khm, la possibilità di morire per un pedone investito cala dal 80% al 15%: numeri che fanno la differenza in una città dove anche in questi giorni si sono verificati diversi investimenti sulle strisce pedonali, incidenti tra auto con invasione di marciapiedi e sfondamento di cancellate, anziani travolti in carreggiata in pieno giorno. Una litania infinita sulla quale bisogna intervenire con urgenza, quando invece, per esempio, per togliere tre parcheggi pericolosi sulla via Giardini sono serviti 12 mesi, o la messa in sicurezza dei ciclisti sul ponte Mazzoni è prevista tra 8 anni.
FIAB ritiene che portare la città a 30kmh sia un percorso obbligato per far convivere pacificamente auto e persone nelle nostre città: è richiesto dall’ OMS e dal parlamento europeo, ma soprattutto ha già dimostrato di funzionare in numerose piccole e grandi città europee. Dal Belgio alla Francia, dalla Spagna all’ Austria, dove è stata realizzata ha mantenuto sostanzialmente invariati i tempi di percorrenza in auto, ridotto l’uso dell’auto abbassando l’inquinamento, dimezzato il rumore, abbattuto il numero di morti e feriti e migliorato in generale la qualità della vita con ricadute positive sul commercio locale: una operazione in cui vincono tutti.
FIAB quindi chiede che l’Amministrazione anticipi gli obiettivi della città 30kmh del PUMS, e li renda omogenei su tutta la città, assumendosi il difficile compito di spiegare ai cittadini i motivi di questa scelta, che scardina decenni di consuetudini che hanno portato a conclamati problemi di vivibilità. Siamo pronti a sostenerla perché sicuri che nei primi mesi ci saranno molte contestazioni, ma convinti che alla fine nessuno vorrà più tornare indietro. Oramai è il tempo che le decine di morti e feriti di pedoni e ciclisti sulla strada non siano solo e soltanto una responsabilità personale, che certamente rimane, ma una responsabilità collettiva di una comunità che deve scegliere tra sicurezza e velocità. Le due questioni non possono più convivere.