Chiediamo ad un passante qualunque in che rapporto stanno, nel quotidiano, Lavoro e Libertà. Agli antipodi, sarà la risposta. Sennò perchè chiameremmo tempo libero quello che avanza dal lavoro? Invece, che libertà si associ a bicicletta non potrà negarlo: le due ruote evocano autonomia, facilità di spostamento, gambe attive e testa nell’aria.
Anche guidare l’auto è liberatorio, dice senza sosta la pubblicità in tv. Chiediamoci però come mai gli spot mostrano sempre macchine che sfrecciano solitarie in paesaggi sconfinati, mai in coda ai semafori nell’ora di punta. Inscatolati nell’ingorgo mattutino che rigurgita gas di scarico prima di essere inghiottiti dai luoghi di lavoro e di studio: che salutare inizio di giornata! Un’alternativa, almeno per molti, c’è: usare la bicicletta.
Un dono per il fisico e per l’umore. Il corpo, mortificato al chiuso per ore ogni giorno, ringrazierà, perché il bisogno di muoversi nello spazio è fisiologico, ed attivando i muscoli si ossigena anche il cervello. Ossigenare, nelle nostre città!? Sembra una beffa. Giusto, il dramma inquinamento: sacrosanto, anzi vitale far pressione perché chi ci amministra lo affronti davvero, drasticamente e in fretta. Ma fare la propria piccola parte per diminuirlo si può; tanto, non è vero che chiusi un macchina ci si difenda meglio dallo smog! È vero che ciclisti e pedoni respirano più smog di chi sta in auto, ma le ricerche mediche dimostrano che questo svantaggio è ampiamente compensato dai benefici del movimento.
Quindi ne vale la pena, da molti punti di vista. Sorrideremo di più ed emanando più benessere diventeremo, si spera, contagiosi: altri lasceranno la macchina in garage e respireremo tutti un po’ meglio. Fantasia? Allora mettiamola su un altro piano. È nota la sindrome dello “stress da vacanza”. Non è un paradosso: tutto quel tempo per se in un colpo solo dopo mesi di costrizione provoca un effetto overdose. La pedalata casa-lavoro: la nostra dose omeopatica quotidiana di libertà.
Chiara Marchiò