Dopo due anni di iter contrastato e numerose versioni, il Consiglio comunale ha approvato il primo Piano della Mobilità Ciclabile (PMC). Dall’analisi del documento (252 pagine), emerge che il PMC si propone l’obiettivo di incrementare dell’1.5% annuo la quota ciclistica sull’insieme degli spostamenti (oggi la mobilità ciclistica è il 10.38%). A tale scopo, vengono previste molteplici misure per aumento la sicurezza stradale, eliminare criticità e carenze nella rete, incrementare la rete ciclo-pedonale, riconnettere i percorsi frammentati, realizzare Zone a 30 km/h.
Purtroppo, rispetto agli obiettivi prefissati, il PMC appare uno strumento spuntato in due elementi chiave: la prevedibile inefficacia degli interventi previsti e la scarsità delle risorse.
Come è possibile, ad esempio, ridurre gli incidenti agli incroci e alle rotatorie limitandosi a disseminarli di ‘segnalatori luminosi’? Come mai mancano ancora le ciclabili in alcune strade pericolose, come Vignolese ed Emilia? Alcuni progetti appaiono giochi di prestigio: un segnalatore luminoso qui, una chicane là, un cambio di segnaletica più avanti… come se il ciclista fosse uno strano animale cui puoi chiedere tutto. Il discorso delle zone a 30 km/h suscita più perplessità che soddisfazione: oltre ad essere poche, sono scollegate. Assenti interventi per illuminare tratti ciclabili insicuri di notte.
Quasi tutti gli interventi previsti nella fase 2016-18 del PMC sono già in corso o progettati (salvo una quota di valore pari a 0.77 mil, non coperta da risorse). I 15.3 mil della fase futura sono iscritti nel libro dei sogni.
I ciclisti modenesi potranno davvero avvertire una maggiore sicurezza nelle strade e spostarsi fiduciosi ed ottimisti con questo mezzo semplice, efficiente e maledettamente poetico?