Le grandi manovre condotte in nome del paradigma autocentrico hanno conseguito un successo strabiliante: in un’area tra le più densamente infrastutturate d’Europa saranno realizzate nei prossimi anni altre due autostrade (Cispadana e Sassuolo-Campogalliano) e potenziate quelle esistenti (A1 e A22). Oltre alle new entry, infatti, le sempre più faraoniche autostrade storiche saranno arricchite di complanari (A1 nel tratto Cantone del Mugnano-Modena sud) e di una nuova corsia (Brennero). L’investimento (iniziale) previsto ammonta a ben 2,8 miliardi di euro, una cifra da capogiro che farà stappare molte bottiglie di champagne ai costruttori e ai politici che li sostengono a oltranza.
Nella colata di cemento e asfalto programmata, enorme e ingiustificata, spicca peraltro la più incredibile distorsione della razionalità economica e sociale mai architettata: in presenza di un collegamento autostradale esistente (Modena-Sassuolo) se ne costruirà un doppione parallelo.
Facilmente prevedibile l’impatto sul territorio e sulla vita quotidiana dei cittadini: più autostrade vuol dire più circolazione autoveicolare, più inquinamento e riduzione della speranza di vita per gli abitanti (lo attestano le ricerche dell’Unione Europea e dell’OMS).
La situazione appare ormai chiara: le strategie della mobilità sono dettate da un complesso politico-economico ben consolidato ed efficiente, capace di condizionare la gestione del bilancio pubblico con modalità amministrative acrobatiche. La mobilità sostenibile, sbandierata in periodo elettorale e richiamata in testa al Piano della Mobilità ciclistica, riguarda ormai gli studi di archeologia del consenso. Il re è nudo e danza intorno a noi.
Giuseppe Marano
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