Poco sappiamo di cosa succederà quando sarà finalmente il momento di poter tornare a muoversi. Due certezze purtroppo le abbiamo: il TPL (trasporto pubblico locale) sarà in sofferenza per le difficoltà a garantire il distanziamento sociale, e le famiglie saranno mediamente più povere.
Per questo in tutto il mondo un numero sempre maggiore di città (Berlino, Denver, Philadelphia, Calgary, Bogotà, Vienna, Città del Messico, Sidney, Budapest, Auckland) hanno già inaugurato nuovi spazi pedonali e piste ciclabili temporanee, togliendo spazio alle carreggiate stradali. Insomma, la scomparsa del traffico automobilistico permette finalmente per la prima volta dopo decenni di ridistribuire più equamente tra tutte le utenze lo spazio stradale. Quello che chiediamo da anni, realizzato in poche settimane.
Così i lavoratori orfani del TPL possono pedalare in sicurezza e le famiglie possono camminare nelle strade pedonali (e non sugli stretti marciapiedi) mantenendo due, tre metri di distanza per andare a far la spesa, dal dottore, e così via.
Sembra la soluzione più ovvia ed immediata, tanto più che una correlazione tra inquinamento e Coronavirus sembra ormai probabile; pertanto è nell’ interesse anche sanitario incoraggiare i cittadini a usare la bicicletta, anziché l’auto.
Qui in Italia invece ancora nessun segnale. Tutti presi dal periodo drastico, i problemi veri per le nostre città si presenteranno a settembre ed il rischio è di arrivarci senza una progettazione. Perché noi diamo per scontato che la mobilità sostenibile sia la soluzione alla combinazione di maggiore povertà, maggior distanziamento, minor trasporto pubblico, ma c’è chi sta già lavorando in senso ostinato e contrario.
Come tanti elegantoni in frac alla festa di gala del Titanic, i rappresentanti dei costruttori di auto stanno già ballando su futuro delle nostre città. In un articolo su “Il Sole24Ore” affermano: “l’auto personale assicura distanziamento sociale e isolamento e sarà la soluzione più sicura, una sorta di bolla pedonale, un habitat comodo, sano e sicuro per viaggiare in città e anche fuori, evitando treni affollati e mezzi pubblici”. Nello stesso articolo gli fa eco il rappresentante dei venditori: “per i concessionari abituati vendere dei beni durevoli come l’auto saranno dolori. Ecco perché avremmo bisogno di incentivi per l’acquisto, magari estesi non solo alle auto ibride ed elettriche, ma anche a quelle vecchie inquinanti.”. E la nuova condizione di impoverimento generale non li frena: “non è davvero facile ipotizzare che l’automobile possa in tempi brevi tornare fra le priorità delle famiglie, ma sarà anche un’occasione per valutare una alternativa all’acquisto, ad esempio, dal noleggio a 24 o 36 mesi o anche di più”.
Alla fine cercano di venderci il solito sogno: «L’uso dell’auto avrà una valenza anche simbolica. Perché diventerà uno strumento per recuperare la nostra autonomia e per portarci in totale sicurezza verso la ripresa della nostra libertà sociale. Soltanto così il coronavirus non sarà passato invano, ma forse sarà servito ad aprire scenari più solidali o più virtuosi, ma sempre con al centro un’automobile». AMEN.
Papale papale, senza infingimenti, senza nascondersi: queste sono le alternative e le forze in campo. Poco conta che moltiplicare il numero delle auto in circolazione a scapito del TPL, avrà come effetto tutto il contrario della “ripresa di libertà sociale” vaneggiata, ma al contrario diventerà un incubo di traffico e smog permanente.
Abbiamo bisogno che la politica decida ORA da che parte stare: è una opzione praticabile quella di finanziare gli incentivi all’auto, e quindi ritrovarsi con aumentati problemi di costi per manutenzione ed ampliamento di strade e parcheggi, e maggiori costi sanitari da inquinamento ed inattività, e cittadini maggiormente indebitati dall’acquisto di beni durevoli? Sembra incredibile, ma questa è la strada più facile per una politica che non guarda al futuro: infatti maggior acquisti e maggiori lavori per infrastrutture hanno effetti benefici immediati sull’economia, ma poi deleteri sul lungo periodo.
Che poi sotto il danno per l’Italia c’è anche la beffa, perché come ci ricorda ACEA in Europa una produzione di 17 milioni di auto, è localizzata per il 33% in Germania, Spagna 14%, Rep.Ceca e Slovacchia 14%, Francia 10%, UK 10%, mentre l’Italia ne sforna poco più del 4%. Se consideriamo che nel ciclo di vita dell’auto solo il 19% del denaro speso rimane nella comunità locale, stiamo pensando davvero di far indebitare nuovamente stato e cittadini per risolvere i problemi finanziari a spregiudicate società che se anche sono italiane pagano le tasse in Olanda?
Di contro nel 2019, come dichiara ANCMA, per produzione ed esportazioni di biciclette siamo il primo paese in Europa, con un export aumentato del 16% a 1,58 milioni di unità. Non è che conviene sovvenzionare e sostenere la futura crescente domanda di e-bike?
La nostra proposta quindi è all’opposto: ristrutturazione ed investimenti in un servizio TPL moderno (corsie dedicate, ampiamento delle pensiline, frequenza dei mezzi, sanificazione) e poi incentivi l’acquisto di bici e monopattini (con gli stessi soldi dell’incentivo all’auto si cambia la prospettiva a 1.000 cittadini invece che 100 – non è la stessa cosa). E poi da SUBITO che si inizi a disegnare sulle strade vuote una vera rete ciclabile continua, ampia e sicura: i cittadini avranno così tutto il tempo per adattarsi, provarla, capire che è possibile, e poi sceglierla anche in futuro come mezzo economico e salutare. Metti mai che da rete ciclabile d’emergenza possa mai diventare finalmente una infrastruttura definitiva di livello delle migliori esperienze occidentali.
A tutti i decisori però ricordiamo che non è tempo di ambiguità: ogni soldo speso in mobilità automobilistica PRIVATA, è un soldo in meno per rinnovare mezzi pubblici e ciclabili. E a chi balla sul Titanic ricordiamo che l’iceberg arriva per tutti.