Nessuna uscita su due ruote, le restrizioni al corona virus ci impongono di stare a casa e spesso sul divano. Non possiamo pedalare, ma nessuno ci toglie il diritto di sognare e magari iniziare a pensare al prossimo viaggio in bicicletta, e allora non poniamoci dei limiti e “sogniamo in grande”, lasciamoci ispirare dai racconti scritti di chi ha pedalato in lungo in largo per il mondo; come nel libro di Francesco Gusmeri “Prendo la bici e parto in Australia”, ediciclo-editore: …cosa porta un ragazzo di trentasei anni a mollare tutto per fare un viaggio “contro”? A partire in sella alla propria bici dalla sonnolenta provincia lombarda alla volta dell’Australia, meta temuta e amata?
Il viaggio di Gusmeri rappresenta una cesura netta tra il nostro modo di vivere usuale (una casa, un lavoro, il solito tran tran) e il piantare la tenda nel bush Australiano o nelle steppe dell’Asia; consiste in una rottura con il rassicurante ambiente familiare per entrare nella solitudine del viaggiatore in dialogo con se stesso; racconta la ribellione contro l’appiattimento e l’omologazione sociale e culturale del nostro Paese.
Dopo aver lavorato e risparmiato per cinque anni, l’autore di questo viaggio ha dato sostanza e seguito a uno di quei sogni che perlopiù rimangono nei nostri cassetti senza mai realizzarsi.
Alla fine della linea tracciata sulle carte geografiche dai copertoni della mountain bike di Gusmeri forse non c’è la felicità tanto sognata, magari torna anzi la voglia di tornare a casa. Il problema è che dopo qualche tempo, quando si è fatto un viaggio del genere si avrà di nuovo voglia di scappare. “Quelli che viaggiano finiscono per diventare un po’ spiantati” scrive l’autore.