Le Zone 30: regole per un buon funzionamento

La “Città 30” è un approccio che va ben oltre l’installazione di cartelli di limitazione di velocità, ma che vede nella condivisione dello spazio urbano la chiave avere città più vivibili e sicure. Ma a Modena ad oggi siamo solo ancora nella situazione di “zone 30” diffuse a macchia di leopardo, a volte invisibili.

Ma a quali condizioni una zona 30 è funzionale e rispettata dalla più ampia maggioranza dei cittadini? In quelle meglio progettate, senza troppi segnali, gli elementi architettonici dovrebbero indurci ad un rallentamento, rendendo naturale adeguare i nostri comportamenti a quelli degli altri utenti della strada.

Ad esempio, in questi giorni abbiamo letto di un incidente a Modena in una zona 30 in vicinanza di una scuola, dove l’automobilista ha invaso un marciapiede, distrutto qualche cassonetto, fino a terminare la corsa contro un furgoncino. Oltre al segnale stradale, la strada era dritta, larga quasi 4 metri per senso di marcia, e non erano presenti altre forme di limitazione della velocità: solo il caso ha voluto che non ci siano state conseguenze più gravi.

Proprio perché una zona 30 è ancora una eccezione in città, l’automobilista deve avere subito netta la sensazione di entrare in casa altrui: è il benvenuto ma deve usare le buone maniere. Per farlo si usano elementi di traffic calming già dall’ingresso dove un “portale” fatto anche solo da fioriere o da grandi pannelli laterali ci avvisa del cambio di ambiente. E poi una diversa pavimentazione e rialzi negli incroci, dove i marciapiedi vanno allargati per rendere i pedoni più visibili e l’angolo di sterzo più marcato, e rettilinei spezzati con restringimenti, sensi unici alternati, chicane o parcheggi in linea sfalsati sui due lati della strada per creare un effetto ottico che induce a rallentare.

Poi in ogni “zona 30” che si rispetti, i marciapiedi diventano ad uso esclusivo dei pedoni, mentre biciclette e monopattini tornano ad essere mezzi che devono stare in strada dove tutti i mezzi devono rispettare la semplice regola di dare la precedenza a chiunque venga da destra.

Se andiamo a vedere le “zone 30” modenesi facciamo fatica a riconoscere tutti questi accorgimenti: passi per quelle anni ‘90 (alcune delle quali ben fatte tra l’altro), ma deludono anche quelle nuove come il Cialdini, Torrenova, o Vaciglio. Eppure, anche a Modena sono previsti, sia nel PUMS che nel programma elettorale premiato dai cittadini, i principi della “slow city”: se non avremo una “città 30” ci aspettiamo almeno che tutte le “zone 30” lo siano anche nei fatti.

Pubblicato in FIAB sui Media, Sicurezza dei ciclisti e taggato , .