FIAB Modena da fine febbraio ha annullato in via precauzionale tutte le gite e le riunioni. Poi le condizioni sono peggiorate e le Autorità sono state costrette a vietare persino le passeggiate ed i giri in bicicletta.
Alcuni nostri soci non comprendono il senso di queste limitazioni, pensando che queste singole attività all’aperto siano meno rischiose che spostarsi coi mezzi pubblici o lavorare 8 ore al chiuso assieme ad altri. C’è chi sottolinea che un po’ di attività fisica può migliorare l’umore e le difese immunitarie.
Comprendiamo queste singole esigenze, ma siamo convinti che le limitazioni imposte siano fondate e vadano attentamente rispettate. Siamo una associazione di “promozione sociale” ed abbiamo il dovere di diffondere il senso civico nella comunità in cui viviamo. Se questo piccolo sacrificio può contribuire a tutelare la salute collettiva, stiamo a casa, perché l’interesse collettivo è sempre più importante dell’interesse del singolo.
E’ proprio in questi momenti difficili che appare pretestuosa la contrapposizione tra pubblico e privato ed emergono sia il primato dell’interesse pubblico che il bisogno di servizi pubblici efficienti.
Per questo ci piacerebbe che, finita questa emergenza, le Amministrazioni pubbliche ritrovassero il gusto per il bene della comunità, ripensando anche l’attuale sistema della mobilità.
Se chi ora fa jogging o va in bicicletta nei parchi può passare per individualista, come possiamo considerare una buona parte di quel 45% di modenesi che in “tempo di pace” e senza una vera necessità, si permette di usare quotidianamente l’auto per fare meno di 2,5Km?
Può sembrare un paragone azzardato, ma l’auto è un mezzo privato che sosta e viaggia su spazio pubblico e non nascondiamoci che il suo uso smodato abbia impatti enormi sul bene e la salute pubblica:
- l’inquinamento atmosferico danneggia pesantemente la salute di tutti e soprattutto dei più deboli, non a caso in questi tragici giorni alcuni ricercatori collegano anche la qualità dell’aria alla diffusione del virus;
- la maggiore incidentalità provoca danni fisici spesso irreparabili ad altri cittadini:
- il parcheggio occupa spazio pubblico sottraendolo agli altri cittadini e alle attività sociali;
- questo traffico inutile limita e rallenta lo spostamento di tutti e impedisce l’autonomia dei soggetti più deboli, come i minori e gli anziani;
- il maggior rumore peggiora la vivibilità urbana e disturba gli abitanti;
- la maggiore usura delle strade assorbe risorse pubbliche, che potrebbero finanziare altri servizi più utili alla collettività.
Chi si muove in auto senza reali necessità ha un comportamento simile a coloro che vanno al pronto soccorso senza averne realmente bisogno: stressano e sfruttano risorse comuni in maniera iniqua e insostenibile.
Chi ha la responsabilità dell’interesse collettivo non potrà più esimersi dal porre limiti all’uso dell’auto privata, riducendo i parcheggi pubblici e rivedendo le politiche tariffarie, riorganizzando gli spazi cittadini a favore dei mezzi pubblici, pedoni e ciclisti, limitando le velocità. Dovrà smettere di investire tutte le risorse pubbliche in autostrade, rotatorie, tangenziali, complanari e parcheggi multipiano, che potrà invece destinare ad un modello di mobilità che garantisca il diritto di tutte le categorie dei cittadini di potersi muovere e vivere nella loro città pienamente in sicurezza e con un ambiente più sano.
Quando torneremo alla normalità sarà tutto diverso, e ci piacerebbe ritrovare i nostri amministratori convinti che l’uso smodato dell’auto privata, sia un comportamento sociale riprovevole, almeno al pari al jogging al tempo del coronavirus. Vorrebbe dire che il bene pubblico avrà finalmente ripreso un valore superiore all’interesse del singolo.