Il PAIR (Piano Aria Integrato Regionale) della Regione Emilia Romagna prevede entro il 2020 una riduzione sostanziale delle emissioni inquinanti. Per arrivare a questo obiettivo è fondamentale una rigorosa “dieta del traffico”
Paola Busani
Come sarebbe Modena senza inquinamento dell’aria?
Apparentemente la stessa, perché l’inquinamento atmosferico purtroppo non si sente, ma se il mix di sostanze inquinanti che lo compongono puzzasse – sostanze riconosciute cancerogene dall’OMS, prodotte al 70% dal traffico veicolare – allora busseremmo indignati alla porta del sindaco chiedendo immediate soluzioni, che ci permettano di continuare a vivere nel nostro bel territorio e non dover “migrare” in cerca di un luogo meno puzzolente, dove vivere senza maschere antigas per non sentire quell’insopportabile odore che, diffuso nell’aria, arriverebbe dappertutto, anche quando, chiusi ermeticamente nelle nostre automobili, giriamo per città producendo inevitabilmente altra fastidiosa puzza.
In Italia nel 2012 ci sono stati 84.000 decessi per inquinamento dell’aria da polveri sottili (PM10). Nel 2017 a Modena abbiamo superato i limiti tollerabili di questo inquinante per ben 83 giorni, 75 invece per l’ozono durante il periodo estivo (dati Arpa): 158 giorni di “puzza” oltre la normale tollerabilità. 158 giorni durante i quali senza accorgercene abbiamo offerto ai nostri polmoni una dose non tanto omeopatica di sostanze irritanti e cancerogene.
Per questo la Regione Emilia Romagna ha predisposto un Piano Aria Integrato Regionale (PAIR), per “far scendere dal 64% all’1% la popolazione esposta a più di 35 superamenti l’anno per il PM10 e assicurare il rispetto dei valori limite degli inquinanti atmosferici sull’intero territorio emiliano-romagnolo”. Il Piano prevede “entro il 2020 una riduzione sostanziale delle emissioni inquinanti, rispetto al 2010, pari al 47% per il PM10, 36% per gli ossidi di azoto, 27% per ammoniaca e composti organici volatili, 7% per l’anidride solforosa”.
Ma il 2020 è oggi, non è più il futuro.
Per l’attuazione del Piano, è fondamentale ridurre le emissioni inquinanti derivanti dal trasporto, da qui l’esigenza improrogabile di ripensare le modalità di spostamento: la dieta del traffico.
Con coraggio i nostri amministratori devono puntare ad abbassare drasticamente la percentuale delle auto private in circolazione (-20% entro il 2020 indicava la legge regionale dell’Emilia Romagna per le città con più di 30.000 abitanti), attraverso una serie di azioni che devono “ostacolare” il mezzo privato e puntare a sviluppare le modalità di MOBILITÀ ATTIVA, a piedi, in bici e con il potenziamento del trasporto pubblico.
Il raggiungimento al 2020 del 20% degli spostamenti urbani tramite mobilità ciclabile (oggi a Modena è intorno al 10%) è un obiettivo del Piano ormai inarrivabile. Abbiamo perso tempo e soldi pubblici a costruir rotonde per fluidificare il traffico, parcheggi per intasare le strade delle nostre città e poco, ma soprattutto disorganicamente e con poca fiducia, si è investito in ciclabilità, contrariamente a quanto scelto e perseguito in tante città europee e del mondo che, come la nostra, ambiscono ad essere riconosciute come città vivibili