La riqualificazione di Corso Duomo ha evidenziato il valore potenziale del patrimonio storico monumentale nel definire il rapporto fra i cittadini e l’ambiente di vita.
L’intervento di sistemazione viaria, unito alla chiusura al traffico della strada su cui affaccia il gioiello di Wiligelmo e dei Maestri Campionesi, ha creato uno spazio perfettamente fruibile a piedi e in bici, prima molto scadente.
È chiaro a tutti che i modenesi hanno assaporato il piacere della bellezza e l’hanno pienamente apprezzato. D’altronde, non potrebbe essere diversamente: le cose belle sono desiderate e piacciono. Il problema quindi è trasformare tutta la città da luogo di sola produzione e consumo in un luogo bello da vivere.
L’intervento ha anche suscitato il dibattito sulla chiusura permanente di Corso Duomo e sull’eliminazione delle linee del servizio pubblico. Come al solito, sono alcuni vocianti commercianti a dettare la linea al Comune nel campo della mobilità (Via Giardini, Emilia est, Piazza Roma docet). L’interruzione delle linee di bus e filovia avrebbe portato meno clienti nell’area: pertanto, occorre assumere una decisione capace di riportarli in zona.
Ci si chiede a che titolo un pugno di esercenti abbia la legittimità di decidere le politiche della mobilità che interessano tutti i cittadini.
In realtà, Corso Duomo dev’essere fruibile dai pedoni, dai ciclisti e dai cittadini che scelgono il mezzo pubblico in quanto modalità di spostamento più rispettose dell’ambiente.
Nella città dei giganti dell’arte mondiale domina la bassa politica, quella che ha inventato la “soluzione modenese”, ossia la mezza scelta, perché non sa scegliere per il bene comune. Purtroppo, i problemi dell’inquinamento e della qualità urbana non si risolvono con le mezze scelte.
Giuseppe Marano
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