Il 1 maggio è stato l’occasione per fermarsi e riflettere sul significato del lavoro, sul diritto a svolgerlo (qualsiasi lavoro) con la giusta e riconosciuta dignità e nelle condizioni di massima sicurezza possibili. Noi di FIAB da anni ci impegniamo perché questa stessa dignità e sicurezza vengano estese e garantite a chi sceglie, al lavoro, di andarci in bici.
Uno potrebbe pensare che abbiamo tutti il diritto di andare al lavoro col mezzo che riteniamo opportuno: in effetti, nessuno ce lo vieta, ma nei fatti questo diritto è davvero garantito? Le cronache di Modena e provincia evidenziano che tra le (troppe) vittime della violenza stradale non ci sono tanto ciclisti della domenica in tutine di lycra ma soprattutto pendolari in bicicletta. Provate poi a chiedere a un residente di Nonantola se si sente tutelato nel suo diritto di usare la bicicletta per andare a lavorare a Modena.
Il diritto di andare a lavorare in bici è negato nei fatti da un sistema perverso di mobilità in cui gli unici ad avere garantita la possibilità di spostarsi verso la loro sede di lavoro senza rischiare quotidianamente la vita sono le persone alla guida di un’auto. E’ un sistema che esclude: taglia perfidamente fuori chi non ha le capacità economiche per acquistare e mantenere un’auto, o chi non vorrebbe spendere a questo scopo una buona fetta del proprio stipendio. La rivista Ecological Economics ha stimato che, con 15.000 km percorsi all’anno, una utilitaria come una Opel Corsa viene a costare tra carburante e spese di mantenimento oltre 6700 euro l’anno: si va a lavorare per mantenere l’auto per poter andare a lavorare. Sensato, no?
Non solo, ma ad essere tagliati fuori sono anche tutti coloro che non hanno le capacità fisiche di guidare un’auto. Persone con una limitata mobilità agli arti, con uno o più arti mancanti, con problemi di equilibrio, persone affette da tetraplegia, paraplegia: per ognuna di queste categorie, il sito inglese Cyclescheme suggerisce una tipologia di bici. Secondo un sondaggio del Transport for London, il 70% delle persone con condizioni invalidanti alla guida di un’auto possono in realtà andare autonomamente in bici.
Tutelare il diritto ad andare in bici al lavoro esige una revisione radicale delle infrastrutture dedicate alla mobilità. Significa tutelare l’inclusione, l’ambiente, la salute individuale e pubblica, il benessere e il diritto all’autonomia e alla felicità.