A Modena una mamma di 52 anni che tornava sabato notte dal turno al ristorante: travolta da un SUV. A Carpi un operaio 45enne che usciva alla sera dalla fabbrica: travolto da un camion. Ancora a Modena un anziano di 89 anni in via Giardini: investito da un’utilitaria sul pedonale. Altri 3 pedoni uccisi a Modena e provincia (Vignola, Finale) nell’ultima settimana. Un vero bollettino di guerra.
Purtroppo la “città 30” per ora a Modena è solo nei convegni, o promessa “entro il 2030”: peccato che le amministrazioni decidono e rispondono solo delle cose che fanno durante la durata del loro mandato.
Almeno smettiamo da subito con le divisioni classiste “auto=lavoro” e “bici=divertimento”, per cui le infrastrutture ciclabili e la moderazione di velocità sono soldi buttati e favoriscono i fighetti in lycra che non hanno nulla di meglio da fare che rallentare chi va al lavoro in auto. È spesso tristemente il contrario: cuoche, operai, badanti, avvocati che rischiano la vita per andare al lavoro, per colpa di chi sfreccia in auto sui 2km che li separano dalla palestra o dallo spritz.
Le persone usano il mezzo che hanno, quello che ritengono più economico ed efficiente, o semplicemente l’unico che sanno guidare. In città non c’è nessun motivo per cui chi guida un’auto debba prevaricare su chi si muove in bici. Le strade sono di tutti, tutti pagano le tasse ed hanno il diritto di muoversi in sicurezza come preferiscono.
Anzi, dovrebbero essere proprio le amministrazioni a facilitare chi non inquina, non intasa le strade, non rovina l’asfalto, non assorda, non mette a repentaglio la vita altrui e pedalando si tiene in salute. Da ora, non dal 2030.