Chi si scontra con chi?

La descrizione degli episodi di violenza stradale spesso nasconde le responsabilità

Una decina di giorni fa in Via Nuova Ponente a Carpi un ragazzo di 26 anni in bici è stato travolto da un SUV e ricoverato in gravissime condizioni al Maggiore di Bologna. Diversi giornalisti, di fronte ad un evento tragico la cui dinamica era ancora al vaglio della polizia, hanno subito parlato di un “ciclista che si è scontrato con un SUV”. Anche a Modena pochi giorni prima una ragazza travolta in bici su Via Prampolini secondo alcune testate si era “scontrata con un SUV”; qualche mese fa invece una donna che attraversava a piedi sulle strisce pedonali era “entrata in collisione” con un autobus. Si può parlare di scontro tra due mezzi alla pari, che abbiano la stessa forza d’impatto, ma non quando un automobilista su un veicolo di oltre due tonnellate travolge un cittadino su una bici da 20 kg. Per non parlare poi del soggetto dell’azione in questione: si dice “ciclista si scontra con un SUV” e non “SUV si scontra con un ciclista”, addirittura si parla di una “donna entrata in collisione con un autobus” che è assurdo. Il messaggio che passa è che la responsabilità non è mai di chi si trova alla guida di un mezzo a motore, ma di chi, causando intralcio, “entra in collisione”.

Le parole sono pietre e chi riporta in questi termini le notizie sulla violenza stradale rende un pessimo servizio al giornalismo e alla società. Non sempre chi guida un mezzo a motore ha torto, ma nemmeno il contrario: attribuire sempre e comunque la responsabilità a chi si muove a piedi o in bici è scorretto, profondamente ingiusto, irrispettoso ed eticamente inaccettabile. Chi ha maggior forza d’urto ha una responsabilità maggiore, a prescindere dalle dinamiche specifiche, perché può uccidere o ferire gravemente chi è più vulnerabile: è una responsabilità che deve essere riconosciuta, perché ad avere la peggio sono sempre i cittadini in bici o a piedi.

Le infrastrutture stradali, va notato, contribuiscono pesantemente a rendere più o meno pericolose le inevitabili distrazioni da parte di chi guida, pedala o cammina: limiti di velocità a 30km/orari in aree urbane diminuiscono il rischio di “collisioni”, e gli effetti nefasti in caso di impatto. Cominciamo a pretenderlo dai nostri amministratori: anche chi rifiuta di implementare queste misure di sicurezza ha una chiara responsabilità nei confronti delle tante, troppe vittime della violenza stradale.

Pubblicato in Attività del Direttivo.