“Ciclisti irriverenti e indisciplinati” in un “quadro piuttosto allarmante”, si leggeva qualche giorno fa nell’edizione milanese di un noto quotidiano nazionale. “Pedalatori che incuranti dei rischi, per loro e per gli altri, cambiano direzione senza guardare minimamente se alle loro spalle sopraggiunge qualche veicolo, […] se ne fregano egregiamente dei colori del semaforo o imboccano contromano qualsiasi strada. Per non parlare poi dei ciclisti in gruppo che invece di procedere in fila indiana come prevede il Codice della Strada, pedalano compatti su 4 o 5 file manco fossero alla volata finale del Giro d’Italia.” Quadro allarmante? In Italia sono 2 o 3 l’anno le morti causate da ciclisti, contro le oltre 3000 causate da mezzi motorizzati. Dove sta l’allarme?
L’obbligo di procedere in fila indiana è stato recentemente anche al centro della discussa campagna di una sezione locale della Polizia Municipale. Pedalare affiancati di per sè non crea pericolo (tanto che in Spagna e Inghilterra è consigliato), ma obbliga ad un sorpasso “ponderato” come per sorpassare un’auto. Eppure, puntare il dito contro chi pedala sembra diventata una norma culturale. Perché?
I ciclisti sono una minoranza, e quindi un bersaglio facile; una minoranza che in più risulta spesso fastidiosa per chi guida un’auto, cioè la maggioranza. Fastidiosa quando non se ne sta ‘“al suo posto” sulle piste quasi esclusivamente ciclopedonali cittadine (dove peraltro per il CdS non è tenuta a stare); fastidiosa se la si incontra in un’escursione fuori porta, su una strada stretta e magari tortuosa, dove sorpassare è rischioso e accodarsi è troppo lento.
Fa pensare però che le preziose risorse in dotazione alla Polizia Municipale vengano utilizzate per stigmatizzare chi pedala quando chi guida un’auto ha un potenziale di causare danno molto più elevato e, statistiche alla mano, è spesso responsabile per le collisioni con i ciclisti. Il trattamento riservato ai “pedalatori” dai mezzi di comunicazione in realtà ha conseguenze importanti. Così viene fatto passare il messaggio, pericoloso e sbagliato, che è chi pedala che è responsabile per la propria sicurezza, mentre gli automobilisti non giocano alcun ruolo. Non solo: uno studio dell’Università di Monash ha provato che quando le campagne di informazione o comunicazione puntano il dito contro i ciclisti, chi guida si sente autorizzato ad adottare verso di loro comportamenti più aggressivi (e quindi pericolosi).