Via Emilia est: il progetto che non c’è

incroci

Via Emilia est: il progetto che non c’è

Negli ultimi anni, l’Amministrazione comunale ha deciso di realizzare due nuovi tratti di ciclabili in via Emilia est, alternandoli uno sul lato nord e l’altro sul lato sud, portando così a 11 il variegato arcobaleno delle piste esistenti.

La Fiab, fin dalla presentazione dei progetti ha espresso un parere critico su entrambi gli interventi per le seguenti considerazioni:

1) la riqualificazione della trafficatissima strada modenese avrebbe richiesto marciapiedi e ciclabili continui su entrambi i lati per non costringere pedoni e ciclisti a pericolosi slalom nel traffico. La dimensione della carreggiata avrebbe consentito di realizzare due comodi marciapiedi e due piste monodirezionali di 1.5 m di larghezza, sull’intero percorso;

2) sarebbe stato prioritario riordinare i tratti di ciclabili esistenti adottando un unico standard (ciclabili e pedonali separate), per renderli omogenei e continui, riorganizzando gli incroci e le fermate del trasporto urbano;

3) in una città inquinata come Modena occorrerebbe perseguire la riduzione del traffico motorizzato in aree urbane così centrali, facilitando il trasporto pubblico e la mobilità pedonale e ciclabile. A tale scopo, il traffico proveniente da est andrebbe accolto in un parcheggio scambiatore, da cui poi in bici e bus proseguire verso il centro.

Per queste ragioni la Fiab chiede ancora una volta al Comune una vera politica di riqualificazione stradale e un sensibile miglioramento ambientale, condizioni necessarie per valorizzare lo spazio pubblico e promuovere la socializzazione, il passeggio e le attività commerciali e di servizio.

Giuseppe Marano
www.modenainbici.it

Ciclabile Via Emilia Est: manca un progetto unitario

ciclabile via emilia modena – un comodo accesso

CICLABILE VIA EMILIA EST: MANCA UN PROGETTO UNITARIO

La realizzazione della ciclabile in via Emilia est, da tempo auspicata dalla Fiab, risponde ad un’esigenza largamente diffusa di protezione dei ciclisti dai rischi di incidenti in una delle strade più trafficate e pericolose della città. Nel tratto fra Largo Garibaldi e la tangenziale, la densità dei residenti, degli esercizi commerciali e di servizi di pubblico interesse rende questa strada uno dei percorsi preferiti dai ciclisti.

Occorre evidenziare che lungo via Emilia est esistono da tempo numerosi tratti ciclabili, per l’esattezza 9, realizzati in fasi successive su lati alterni e dotati di caratteristiche diverse tra loro per larghezza, pavimentazione, segnaletica.

Negli ultimi quattro anni, l’Amministrazione comunale ha deciso di realizzare due nuovi tratti di ciclabili, alternandoli uno sul lato nord e l’altro sul lato sud, ancora una volta diversi fra loro, portando così a 11 il variegato arcobaleno delle piste esistenti. Le proteste non si sono fatte attendere, sia dal mondo dei commercianti, ipersensibili ai parcheggi ‘sacrificati’ per la sicurezza dei ciclisti, che degli automobilisti ‘disturbati’ dai cantieri.

E i ciclisti? La Fiab, pur non condividendo le obiezioni di chi continua a fare resistenza passiva alle ciclabili, fin dalla presentazione dei progetti ha espresso un parere critico su entrambi gli interventi per le seguenti considerazioni:

1) la riqualificazione e la messa in sicurezza della principale strada modenese avrebbe imposto la realizzazione di marciapiedi e ciclabili continui su entrambi i lati per non costringere pedoni e ciclisti a pericolosi slalom nel traffico. L’ampia dimensione della carreggiata avrebbe consentito di realizzare due comodi marciapiedi e due piste monodirezionali di 1.5 m di larghezza, sull’intero percorso. Questo avrebbe permesso di riorganizzare la sosta e di riqualificare le aree antistanti gli esercizi commerciali, oggi assediate dalle auto che ne lambiscono gli ingressi;

2) una visione organica della mobilità ciclistica avrebbe dovuto consigliare l’Amministrazione comunale di riordinare i tratti di ciclabili esistenti adottando un unico standard (ciclabili e pedonali separate), per renderli omogenei e continui. Sarebbe stata anche l’occasione per riorganizzare gli incroci e le fermate del trasporto urbano;

3) l’inquinamento dell’aria ed il rumore, che il Comune irresponsabilmente trascura, imporrebbero la riduzione del traffico motorizzato in aree urbane così centrali, facilitando il trasporto pubblico e la mobilità pedonale e ciclabile.

Per queste ragioni la Fiab chiede ancora una volta al Comune una vera politica di riqualificazione stradale e un sensibile miglioramento ambientale, condizioni necessarie per valorizzare lo spazio pubblico e promuovere la socializzazione, il passeggio e le attività commerciali e di servizio.

Queste argomentate indicazioni sono state ripetutamente sottoposte all’Amministrazione comunale, con atteggiamento non ideologico, esclusivamente volto alla soluzione dei problemi. In quanto al Tavolo della mobilità, il metodico rifiuto dell’Assessore alla Mobilità di ogni richiesta avanzata dall’associazione ne ha determinato la decisione di uscirne, sottraendosi ad un gioco delle parti in cui il Comune presentava scelte progettuali immodificabili e le associazioni dovevano limitarsi alla loro ratifica.

Questo gioco si è ripetuto anche nel caso delle ultime due ciclabili di via Emilia est, confermando la mancanza di un disegno politico chiaro e moderno sulla mobilità urbana da parte dell’Amministrazione, con la conseguenza di operare scelte parziali e contraddittorie che, fra l’altro, scontentano tutti.

Giorgio Castelli
Presidente Fiab Modena
19 aprile 2017

InfoBici n.45: Voglia di sicurezza

sicurezza: cosa fare?

Infobici n.45: “Voglia di Sicurezza”

infobici – Pubblicazione edita dalla FIAB-Modena
Numero 45 – Anno XIII – Aprile 2017

In questo numero:

  • Il senso del ciclista per la sicurezza
    Ermes Spadoni
  • Sicurezza stradale: no a riserve indiane, si a spazi condivisi.
    Giorgio Castelli
  • Se il piano piange
    Giuseppe Marano
  • A scuola a piedi o in bici: insieme il Comune di Novi e Fiab
    Giuseppe Marano
  • Come cambiare il Codice della Strada
    Le proposte Fiab a sostegno della mobilità ciclistica
    Giorgio Castelli
  • Decalogo salvavita per ciclisti impenitenti
    Giuseppe Marano
  • Bici da leggere
    Ilaria Sesana, La manutenzione della bicicletta e il ciclista di città.
  • Sicurezza e spazio come bene comune inalienabile
    Lorenzo Carapellese
  • L’analisi della situazione modenese
    – Come si spostano i modenesi
    – Caratteristiche della rete ciclabile
    – Gli incidenti stradali a Modena
    – La ‘top five’ delle strade pericolose
    – Come avvengono gli incidenti stradali
    – Il ‘case study’: Centro storico Zona 30 km/h
    – Segnali ciclabili: una vera giungla

scarica infobici 45

Gli spostamenti ciclistici a Modena: un pò di numeri

un piano per la mobilità a modena?

Come si spostano i modenesi

Sorpresa: non ci sono statistiche che descrivano compiutamente la situazione della mobilità modenese in ogni aspetto, ma solo per gli spostamenti casa-scuola e casa-lavoro (censimento Istat 2011). I dati casa-lavoro sono eclatanti: la componente ciclistica vale il 10.38% del totale, contro il 74.97% degli auto/motoveicoli, il 7.53% della pedonalità e il 7.12% del trasporto pubblico.

Ci si chiede allora come verrà rilevato l’andamento dei ciclo spostamenti previsto dal PMC nell’1.5% annuo? Non è molto chiaro: si parla di dispositivi di conteggio bici e auto come i 2 già esistenti, per i quali sono riportati costi non finanziati (30.000 euro).

Caratteristiche della rete ciclabile (km)
Su una rete estesa 216.7 km, in realtà sono meno di 160 i km di vere ciclabili. Il resto sono percorsi extra stradali. Una curiosità: meno della metà delle intersezioni cittadine censite per lo studio presenta attraversamenti ciclabili.

  • Ciclabile 27.562 (12,70%)
  • Ciclo-pedonale 90.723 (41,9%)
  • Contiguo 39.670 (18,30%)
  • Parchi 13.853 (6,4%)
  • Percorsi Natura 39.786 (18,4%)
  • F-bis 3.476 (1,6%)
  • Sottopassi 1.379 (0,6%)
  • Isole Attraversamento 297 (0,1%)
  • Totale 216.746 (100,0%)

Gli incidenti stradali a Modena (morti e feriti)
Nella dolorosa contabilità delle vittime degli incidenti stradali, pedoni e ciclisti pagano un prezzo salato, ben superiore alla loro quota sul totale degli altri utenti della mobilità. Purtroppo, nell’ultimo triennio è ripreso un trend di crescita delle vittime, seguito a un periodo di regressione. Gli orari di punta dei sinistri sono 8-9, 12-13 e 18-19.

  • 2004 – 98 pedoni – 214 ciclisti (2.148 tot.)
  • 2005 – 104 pedoni – 179 ciclisti (1.926 tot.)
  • 2006 – 104 pedoni – 231 ciclisti (2.095 tot.)
  • 2007 – 128 pedoni – 235 ciclisti (1.998 tot.)
  • 2008 – 129 pedoni – 233 ciclisti (1.817 tot.)
  • 2009 – 143 pedoni – 247 ciclisti (1.844 tot.)
  • 2010 – 134 pedoni – 242 ciclisti (1.932 tot.)
  • 2011 – 138 pedoni – 274 ciclisti (1.829 tot.)
  • 2012 – 96 pedoni – 227 ciclisti (1.564 tot.)
  • 2013 – 117 pedoni – 232 ciclisti (1.689 tot.)
  • 2014 – 125 pedoni – 236 ciclisti (1.599 tot.)

La ‘top five’ delle strade pericolose
Non c’è da illudersi: tutte le principali strade modenesi sono pericolose per i ciclisti e ovunque bisogna essere vigili e prudenti per prevenire incidenti e problemi. Nell’elenco delle 15 strade più pericolose, abbiamo estratto la top five che segue.

  • Menotti/Santa Caterina – 20 incidenti e 22 feriti
  • Crispi/Bruni Intersezione – 20 incidenti e 21 feriti
  • Canaletto/Attiraglio – 20 incidenti e 20 feriti
  • Divisione Acqui/Menotti – 14 incidenti e 15 feriti
  • Emilia est (S. Giovanni Bosco – Bonacini) – 13 incidenti e 13 feriti

Come avvengono gli incidenti stradali
Le intersezioni si confermano i punti più pericolosi per la mobilità, anche per i ciclisti: dei 1.460 incidenti totali nel periodo 2010-15, oltre la metà (804, con 832 feriti) si sono verificati agli incroci, mentre gli altri lungo le strade (656, con 688 feriti).
L’auto è di gran lunga il ‘lupo nero’ dei ciclisti, essendo il fattore di incidentalità più ricorrente (1.104 eventi).

Il ‘case study’: Centro storico Zona 30 km/h
Istituita zona a 30 km/h nel 2011, l’area del centro offre la possibilità di valutare l’esperienza ai fini di una riproposizione in altri quartieri della città. Confrontando i dati del quadriennio precedente (2006-10) e quello successivo (2011-15) alla modifica della velocità di circolazione, risulta che sono calati sia gli incidenti globali (243-174, -28%) che quelli dei ciclisti (107-80, -25%).
È una conferma dell’efficacia del provvedimento, specialmente nelle aree densamente abitate. Proprio per questo, non si capisce perché una misura così poco costosa e rapida nei risultati, non venga generalizzata: su 866 km di strade, solo 91 km sono zone a 30 km/h (9.93% del totale). Una curiosità: sulle carreggiate cittadine sono stati censiti ben 426 ‘dissuasori di velocità’, quei dispositivi che fanno rallentare solo i… ciclisti.

Segnali ciclabili: una vera giungla
Coniata dal drammaturgo tedesco Bertold Brecht per intitolare una delle sue opere teatrali, l’espressione ‘giungla della città’ trova conferma perfetta nella situazione… indescrivibile della segnaletica ciclistica modenese. La metafora è perfetta e calzante: un terzo dei segnali non è a norma. Un bel record!
I ciclisti devono diffidare della segnaletica che dovrebbe invece guidarli e proteggerli, e guardarsi dai pericoli che nasconde costantemente. A ogni incrocio, devono incrociare le dita: sarà quella buona o è la solita fregatura? E allora, sai che ti dico? Me ne vado in strada, almeno la situazione è più chiara. O no?

  • Segnali esistenti 2.405 – Mancanti 1.116
  • Degli esistenti:
  • A norma 1.621
  • Da eliminare (non a norma c/o attraversamenti ciclo-pedonali e ciclabili) 81
  • Da eliminare (errato – segnale doppio/inutile) 166
  • Da sostituire (errato – tipologia segnale sbagliato) 537

Sicurezza e spazio come bene comune inalienabile

passaggi in sicurezza

Sicurezza e spazio come bene comune inalienabile
Lorenzo Carapellese

Parlare, discutere, scrivere ed immaginare di sicurezza stradale è sempre opportuno. Specialmente dopo due o tre annate in cui sembrava che morti e feriti, in primo luogo ciclisti e pedoni, fossero in diminuzione.

Sappiamo che la velocità gioca un ruolo primario nella decimazione di giovani ed anziani nonché nella triste conta del dolore. Oramai conosciamo a memoria ed abbiamo digerito decine e decine di diapositive in cui si paragona la velocità al cadere giù da una finestra dal primo, secondo, terzo piano e così via, a seconda della velocità dell’auto che colpisce le persone che come unico riparo hanno la loro pelle.

Sappiamo anche che il codice della strada (sempre quello “nuovo” che poi nuovo non è) indica rimedi, detta norme e condizioni per rendere strade, ciclabili e marciapiedi sicuri. Ma poi?

Ma poi succede che per motivi prevalentemente e squisitamente politici (paura di perdere voti e lobbies particolarmente forti e danarose), i passi in avanti concreti verso la sicurezza stradale (ciclistica e pedonale in primo luogo) sono veloci come quelli del bradipo, se non a volte addirittura di verso opposto, come quelli del gambero.

È ora quindi di rovesciare il paradigma: è forse tempo di parlare di spazio come bene comune unico, indivisibile ma adattabile a diversi usi che non siano solo quelli dell’automobile? Di dire che forse a spazi comuni belli, piacevoli, sicuri, poco rumorosi hanno diritto anche pedoni e ciclisti? E pure quelli che salgono e scendono da un mezzo pubblico, sia esso taxi, bus e metropolitana?

E che forse tale diritto lo devono avere i ragazzi e le ragazze quando entrano ed escono da scuola? Anche a dispetto dei loro genitori su quattro ruote per quattro che a orari fissi, come le maree, invadono piazzali, strade antistanti le scuole, aiuole e giardinetti, parcheggiando in doppia e tripla fila?

Si, penso di si. E non è necessario inventarsi chissà mai quali tecniche, infrastrutture e tecnologie anche se possono aiutare. L’importante è partire dallo spazio urbano considerandolo come bene comune che deve essere disponibile per tutti.

monaco

Il tema è diventato nel tempo talmente ovvio che diverse città nel mondo, chi prima chi dopo, hanno agito secondo questa direzione di pensiero: certo, avvalendosi anche di norme di ingegneria stradale, ma soprattutto di esperienza e buon senso. Non vorrei fare una graduatoria delle città più virtuose o di quelle comunità urbane che sono arrivate prima (il palmares andrebbe senz’altro alle città olandesi e danesi), ma piuttosto cercare di dimostrare che la sicurezza stradale non è solo divieto, limite, cartello, corsia riservata, dosso, segnaletica, illuminazione) ma una condizione culturale. Una questione di civiltà urbana, un fatto di relazioni sociali educate e gentili, non aggressive. E quindi anche una opportunità economica che origina dalla dinamica lenta del passeggiare e pedalare, che rendono molto più al commercio che non l’arrivare veloce, parcheggiare in doppia fila e comprare a sparo giusto quello che si aveva in mente di comprare.

Ecco allora che Monaco, Londra, New York, Barcellona, Melbourne, Bogotà, Atlanta, Copenaghen e Victoria Gasteiz, solo per citare alcune municipalità virtuose, già da tempo si sono decise ad affrontare, per poi portare ad un livello di soluzione più vicino ai tempi d’oggi, il convivere di cittadini con eguali diritti anche se “mobili” su mezzi diversi nello stesso tempo e nello stesso spazio urbano.

poyton

A Monaco semplicemente hanno tolto una carreggiata intera da alcune strade per poi trasformarle in comode piste ciclabili. Mentre a Poyton in Inghilterra, un incrocio pericolosissimo è stato trasformato in una spazio che non solo è sicuro ma che aiuta e si integra con il vissuto urbano semplicemente (ma intelligentemente) differenziando e rialzando la pavimentazione stradale, disegnando un percorso sinuoso, di fatto facendo operazione di traffic calming, rinnovo urbano, qualità visiva e di accessibilità particolarmente efficace per ciclisti, pedoni ed anche disabili senza mortificare il traffico di attraversamento.

A New York la geniale Janette Sadik Khan (ex Transport Commissioner della Grande Mela) ha addirittura pedonalizzato la mitica Time Square da un giorno all’altro, semplicemente ricorrendo a pochi cartelli stradali, vernice e… sedie a sdraio e tavolini. Per sempre

Anche la sensazione di sicurezza (che deve essere però reale e non solo percepita), entra nella qualificazione dello spazio urbano. Ecco allora che nella riqualificazione della città e soprattutto delle periferie, negli Stati Uniti il ridisegno delle carreggiate è oramai codificato in manuali di progettazione che vengono non solo rispettati, ma anche migliorati in base all’esperienza.

L’inserimento di isole di attraversamento, pavimenti leggermente rialzati, corridoi centrali per la svolta, il parcheggio d’emergenza per i mezzi pubblici così come per il sorpasso breve in caso di impedimento sono ormai entrati nella prassi di molte città americane. E non è raro, anzi è frequente, che in operazioni di rinnovo urbano i marciapiedi vengano allargati a scapito della corsia stradale.

new york

E poi le aree a Zone 30 vengono chiaramente marcate, classificandole a seconda della tipologia di strada e del tipo di quartiere.

Ma anche città come Victoria Gasteiz in Spagna sono riuscite a gareggiare con intelligenza con città storicamente ciclabili e pedonabili come Stoccolma, Amburgo o Copenaghen. Tanto che nel 2012 la città è stata nominata Capitale Verde d’Europa. Una città che in soli quattro anni ha costruito 96 chilometri di piste ciclabili, dando vita ad un sistema di mobilità urbana dove la metà degli spostamenti interni alla città, il 49%, viene effettuato a piedi. In questa città la sicurezza stradale deriva allora da questo, dal fatto che 18.000 sono i ciclisti che ogni giorno effettuano gli spostamenti casa lavoro e casa scuola e per il fatto che il 16% sceglie il mezzo pubblico.

Pare che il segreto di tale successo sia dovuto al notevole coinvolgimento della popolazione, tanto che incontri mensili e settimanali con i quartieri sono stati compiuti per raggiungere le decisioni strategiche, portando così alla luce le vere problematiche. Inoltre le autorità di controllo del trasporto pubblico sono state scelte non in virtù di una tessera di partito, quanto per l’esperienza, competenza ed indipendenza, cosa che, alle nostre latitudini, è ancora fatto raro.

E poi ritorniamo al codice (nuovo) della strada che nuovo non è ma solo di nome.
Vedremo mai questi cartelli in lingua italiana?

Decalogo salvavita per ciclisti impenitenti

Decalogo salvavita per ciclisti impenitenti
Giuseppe Marano

Automobilisti e ciclisti condividono lo stesso spazio stradale ed è comune interesse prevenire i conflitti. Quelli che seguono sono consigli che i biker possono adottare per circolare con maggior serenità e sicurezza.

  1. Fermati e dai la precedenza agli incroci e ai semafori quando dovuto. In ogni caso presta sempre molta attenzione prima di procedere.
  2. Percorri la strada occupando la parte destra ma mantenendo almeno un metro di distanza dal marciapiede, scegli i percorsi meno trafficati ed evita di fare lo slalom fra i veicoli in marcia.
  3. Nei sensi unici con doppia circolazione delle bici procedi comunque tenendo sempre la tua destra e accertati di essere ben visibile agli altri utenti.
  4. Utilizza il linguaggio del corpo, segnala in anticipo col braccio quando devi cambiare direzione di marcia, portandoti per tempo sulla corsia apposita o presso la linea di mezzeria. Usa il contatto visivo con gli automobilisti per essere certo che ti abbiano visto.
  5. Quando è buio renditi riconoscibile con i segnalatori luminosi sulla bici (ed eventualmente anche con giubbotto rifrangente). Più sei illuminato più probabilità ci sono che tu venga avvistato per tempo.
  6. Conduci a mano la bici sulle strisce pedonali evitando di attraversarle restando in sella, anche a salvaguardia dei pedoni. Lo stesso vale per i marciapiedi e i portici.
  7. Se sei in comitiva con altri ciclisti non occupare tutta la carreggiata, consentendo sorpassi in sicurezza, ma se sei solo e sulla carreggiata c’è un altro ciclista, aggregati, sarà più facile che le auto vi vedano e vi rispettino.
  8. Se trasporti pacchi sulla bici procedi in modo lineare, evitando di spostarti a zig-zag sulla carreggiata, ed assicurati della stabilità degli oggetti per evitare di disseminarli pericolosamente per strada.
  9. Se accompagni bambini in bici, resta in coda e segnalane bene la presenza a bordo strada per prevenire incidenti.
  10. Quando esistono, utilizza le piste ciclabili per evitare inutili rischi in strada.

Un ultimo consiglio: usa sempre cordialità con gli altri passanti, ringrazia i conducenti delle auto che ti fanno passare, anche se è un tuo diritto, basta un cenno, un sorriso per infondere serenità e avere rispetto reciproco.

Come cambiare il Codice della Strada: Le proposte Fiab a sostegno della mobilità ciclistica

Come cambiare il Codice della Strada: Le proposte Fiab a sostegno della mobilità ciclistica
Giorgio Castelli

Prima di tutto la proposta di Legge Quadro per la Mobilità Ciclistica. Presentata lunedì 17 ottobre al Parlamento dal relatore on. Paolo Gandolfi, dopo oltre due anni di lavori e revisioni è ferma alla Camera, con grande amarezza della nostra Associazione.

“La Legge Quadro è funzionale per sostenere, anche in Italia, una nuova politica nazionale che, con un rinnovato approccio, può dare seguito alle ormai note esigenze di città soffocate dal traffico e dall’inquinamento – afferma Giulietta Pagliaccio. – L’80% della popolazione italiana vive all’interno di agglomerati urbani ed è dunque urgente agire sulle necessità di mobilità quotidiana delle persone con interventi realizzabili in tempi brevi e con investimenti che possano garantire risultati immediati e ritorni economici per l’intera società”.

Il disegno di legge che modifica l’art. 148 del C. d. S. propone di inserire: “È vietato il sorpasso di un velocipede a una distanza laterale minima inferiore a un metro e mezzo”, estendendo la sanzione amministrava del divieto di sorpasso anche a chi “non rispetti la tale distanza minima”. Sarebbe un grande passo avanti per la sicurezza di chi, quotidianamente, utilizza la bicicletta per andare a lavoro o a scuola, per divertimento o per attività sportive.

La proposta di Modifiche al codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e altre disposizioni in materia di circolazione delle biciclette e di caratteristiche tecniche delle piste ciclabili riprende anche alcune delle proposte presenti nel quaderno realizzato dalla FIAB in occasione della “1° Conferenza nazionale della Bicicletta”:
Il testo della proposta nel sito della camera (PDF):
http://www.camera.it/_dati/leg16/lavori/stampati/pdf/16PDL0018550.pdf

Inoltre la FIAB chiede da tempo un provvedimento per gli “Investimenti per lo sviluppo della mobilità ciclistica in Italia” con l’indicazione di date certe e con risorse vere, continuative nel tempo e dedicate solo a quella voce. Perché mobilità sostenibile significa togliere auto dalle strade e non sostituirle con altre meno inquinanti. Chissà se la prossima Legge di Stabilità riuscirà a produrre qualcosa del genere?

Per ulteriori approfondimenti si consiglia di visitare:
http://www.fiab-areatecnica.it/pubblicazioni/manuali-e-studi/fiab/11-sicurezza-stradale.html

Modena: il piano della mobilità piange

modena, dubbi sul piano ciclabile

Se il piano piange
Giuseppe Marano

Dopo oltre due anni di iter contrastato e numerose versioni, recentemente il Consiglio comunale ha approvato il primo Piano della Mobilità. Nelle intenzioni, questo atto definisce una visione organica della mobilità ciclistica. Nel voluminoso documento (252 pagine), supportato da varie tavole tecniche, gli interventi prospettati vengono corredati da dati finanziari: 6.28 milioni di euro di investimenti previsti nel breve periodo (entro 2018) e 15.3 milioni di euro nel medio-lungo periodo (oltre il 2018).

Il PMC si propone un obiettivo coraggioso: incrementare dell’1.5% annuo la quota ciclistica sull’insieme degli spostamenti (oggi la mobilità ciclistica è il 10.38%). A sostegno dell’obiettivo, sulla carta, vengono previste misure coerenti: aumento della sicurezza stradale, eliminazione di criticità e carenze nella rete, incremento della rete ciclo-pedonale, riconnessione di percorsi frammentati, realizzazione di Zone a 30 km/h.

La traduzione concreta degli obiettivi tocca ogni aspetto della mobilità: segnaletica; nuovi tratti ciclabili; riduzione delle criticità viabili; incremento delle zone a 30 km/h, completamento delle ciclovie modenesi. Inoltre, si contano interventi di messa in sicurezza, collegamento e completamento della rete. Per non citare gli impegni assai rilevanti di lungo periodo (oltre il 2018) indicati nel PMC, francamente assai aleatori, in quanto non finanziati.

Pur dando atto che l’Amministrazione ha fatto appello a competenze tecniche e impegno professionale notevoli, PMC appare uno strumento spuntato in due elementi fondamentali: la prevedibile inefficacia degli interventi previsti e la scarsità delle risorse. Se c’è un fattore di successo in questo tipo di imprese ad alto contenuto sociale, esso consiste nella chiarezza degli indirizzi percepiti dai cittadini, frutto di determinazione del decisore politico e di disponibilità finanziarie. Che però non emergono dai fatti.

Come è possibile, ad esempio, ridurre gli incidenti agli incroci e alle rotatorie limitandosi a disseminarli del nuovo totem progettuale, i ‘segnalatori luminosi’, che si aggiungono alla segnaletica inosservata? Troppo facile. E i nuovi tratti di ciclabili? Come mai mancano ancora segmenti essenziali di alcune strade pericolose, come Vignolese ed Emilia, solo per citare le più rilevanti? Alcuni progetti appaiono giochi di prestigio: un segnalatore luminoso qui, una chicane là, un cambio di segnaletica più avanti… come se il ciclista fosse uno strano animale cui puoi chiedere tutto, mentre gli automobilisti possono sfrecciare in strada senza disturbo. Il discorso delle zone a 30 km/h suscita più perplessità che soddisfazione per la novità, dopo anni di inerzia: oltre ad essere numericamente irrisorie, sono delimitate e scollegate, rendendo lo stesso quartiere diversamente transitabile nel giro di pochi metri. Mancano iniziative per illuminare tratti ciclabili insicuri di notte.

In sostanza il piano ha semplicemente ripreso interventi già ampiamente previsti in passato, senza sostanziali novità. I 15.3 milioni della fase futura sono nel libro dei sogni. Sulla base di questi dati, i ciclisti modenesi potranno davvero avvertire una maggiore sicurezza nelle strade e spostarsi fiduciosi ed ottimisti con questo mezzo semplice, efficiente e maledettamente poetico?

Il senso del ciclista per la sicurezza

incroci

Il senso del ciclista per la sicurezza
Ermes Spadoni

La scarsa sicurezza dei percorsi è tra le principali cause del mancato utilizzo della bici negli spostamenti quotidiani. Solo un italiano su dieci si reca ogni mattina a piedi sul posto di lavoro: eppure il 41% dichiara di metterci meno di 15 minuti. Il 75% degli italiani va al lavoro in automobile e meno del 4% raggiunge l’ufficio in bicicletta. Commentando i dati Istat 2016, è possibile affermare che i tanti programmi pubblici di sostegno alla mobilità sostenibile non bastano a convincere gli italiani a lasciare l’auto in garage per raggiungere l’ufficio.

Come mai? Siamo un popolo di inguaribili automobilisti o semplicemente queste politiche di incentivo, molte delle quali vorrebbero mettere in sicurezza i tragitti, non ci hanno convinto della loro efficacia?

La verità è che chiunque abbia provato ad usare la bici in città, può confermare che un tragitto qualsiasi, da un punto A ad un punto B, non è mai continuo, scorrevole, prioritario, segnalato, protetto ed illuminato.

Se i piani della mobilità si prefiggono di riconnettere qualche ciclabile qua e là, impiantare zone 30 a macchia di leopardo in quartieri periferici già a bassa intensità di traffico, mettere qualche centinaio di lampeggianti in più e ritinteggiare i passaggi pedonali, è del tutto evidente che la sensazione di sicurezza percepita dai ciclisti e dai pedoni non aumenterà.

E fino a quando l’onere della sicurezza sarà principalmente imputato al senso di autotutela del ciclista, è evidente che non cambierà nulla.

Due esempi? Primo: sulle piste ciclabili – incredibilmente spesso anche in corrispondenza di passi carrabili privati – troviamo ingombranti panettoni, infidi paletti, strettissime chicane che obbligano il ciclista a pericolose manovre: proviamo ad invertire gli ostacoli e metterli a rallentare l’uscita delle auto? Secondo: passaggi pedonali su strade cittadine grandi e dritte, semplicemente attrezzati con un lampeggiante e un disegno sbiadito sulla strada. Vogliamo provare a restringere le carreggiate, e mettere un’isola salvagente centrale?

Scommettiamo che pedoni e ciclisti si sentiranno più sicuri?

Sicurezza stradale: no a riserve indiane, si a spazi condivisi.

spazio condiviso

Sicurezza stradale: no a riserve indiane, si a spazi condivisi.
Giorgio Castelli

La sicurezza dei ciclisti è spesso invocata chiedendo a gran voce provvedimenti nei confronti delle biciclette (freni inefficaci, luci non funzionanti), delle infrastrutture (piste ciclabili ovunque, anche in città), e del ciclista (educazione stradale, casco obbligatorio, abbigliamento ad alta visibilità).
Questi Commissari Tecnici del Traffico si scordano sempre dei provvedimenti da applicare al traffico motorizzato, e guardano alla bicicletta come corpo estraneo del traffico, da relegare solo al tempo libero. Tanto che nei loro commenti da bar o bacheche virtuali, per i pedoni ed i ciclisti auspicano un futuro da riserva indiana su ciclabili protette, non nascondendo il sogno di separare completamente la mobilità pedonale e ciclistica dalla mobilità generale.

Purtroppo per loro, i freddi numeri sugli incidenti stradali presentano il vero problema: la velocità dei mezzi motorizzati è la prima causa degli incidenti e dei morti, seguita dalla distrazione alla guida. Il 40% degli automobilisti dichiara di non rispettare, quasi sempre, i limiti di velocità nel centro urbano.

Bisogna allora intervenire sull’intera superficie stradale, ridisegnando gli spazi per abbassare le velocità e garantire una coesistenza in sicurezza a tutti, tramite ampliamento dei marciapiedi, costruzione delle isole spartitraffico salvagente, riduzione delle dimensioni delle corsie di marcia. Basta sostanzialmente riproporre i caratteri tipici dei nostri centri storici, dove la velocità contenuta e la presenza diffusa di pedoni e ciclisti fa aumentare la sicurezza.

Perché così facendo si diffonde tra chi guida, tutti i mezzi, la percezione diffusa del rischio, e così la guida viene automaticamente adeguata al pericolo reale. Diversamente si continuerà a pensare agli incidenti stradali nella loro radice etimologica, cioè come eventi inevitabili che devono accadere. Invece notiamo una inutile e negativa tendenza alla diffusione nelle città di cartelli luminosi, di segnali di grandi dimensioni, di cordoli giganti, magari colorati di giallo, tipici della viabilità autostradale, che inducono gli automobilisti a pensare di essere davvero su una strada ad alto scorrimento.

Pensare di ottenere sicurezza progettando lo spazio pubblico e le strade come si è fatto negli ultimi 60 anni, oppure relegando il trasporto pubblico, i pedoni ed i ciclisti ai margini, fa venire in mente una frase celebre di Albert Einstein “Non possiamo risolvere i problemi con lo stesso tipo di pensiero che abbiamo usato quando li abbiamo creati”.