Siamo abituati a pensare allo spazio pubblico delle nostre città come a un contenitore inerte, uno sfondo tutto sommato neutro per alcune delle funzioni e delle vicende urbane: la piazza dove si svolge il mercato, le strade dove ci si sposta, i parcheggi dove si lascia l’auto, i parchi per il gioco dei bambini.
In realtà, non c’è nulla di neutro: il modo in cui questo spazio pubblico è organizzato e vissuto, quanto ce n’è, dove e per chi, chi è avvantaggiato e chi svantaggiato nel fruirlo, tutto questo dipende dalla visione sociale e culturale di città di chi quello spazio l’ha progettato.
Non solo, ma senza che ce ne accorgiamo il modo in cui lo spazio pubblico è organizzato ci restituisce dei messaggi importanti su come si vive in quella determinata città e come ci si deve comportare, su chi e cosa conta, e così assume un valore “educativo” fondamentale specie nei confronti delle nuove generazioni, ancora più potente perché agisce senza che ne abbiamo piena consapevolezza.
Qualche esempio per capirci meglio: marciapiedi così stretti da non essere facilmente transitabili per carrozzine a rotelle e passeggini ci inviano il messaggio che genitori e disabili non sono i benvenuti. Se questi marciapiedi stretti si trovano su punti di collegamento cruciali per la città, come sul cavalcavia Mazzoni, e non c’è alcuno spazio dedicato nemmeno al passaggio delle bici, il messaggio è che il diritto di transitare in sicurezza ce l’hanno solo le automobili mentre gli altri restano senza tutele.
Se chi cammina o pedala deve condividere gli stessi passaggi, le piste ciclopedonali, non abbastanza ampie da assicurare una convivenza serena, mentre chi guida ha a disposizione corsie larghe più di quanto necessario, allora le persone a piedi o in bici ricevono il messaggio di essere utenti residuali e tutto sommato indesiderati.
Non solo, ma la prevalenza di ciclopedonali in giro per Modena, quando invece per il codice della strada dovrebbero essere delle eccezioni limitate a tratti brevi, comunica chiaramente che la normativa può venire forzata senza problemi a scapito degli utenti più vulnerabili della strada.
E quindi che chi danneggia l’ambiente ma è più grosso, più robusto e più pericoloso gode di più tutele e di più diritti: è questo il messaggio che vogliamo che i nostri bambini recepiscano e facciano proprio? L’educazione civica passa prima di tutto dalle nostre strade: è qui che si gioca in primis la partita tra la città dei bulli e la città di tutti, specialmente chi è più fragile.