Cargobike: una rivoluzione silenziosa

CARGO-BIKE

CARGO-BIKE

Il dibattito pubblico sulla gestione della zona a traffico limitato ha fatto emergere un fatto già ampiamente noto agli osservatori: il sistema delle “deroghe” al divieto di transito in centro, concesse a una miriade di soggetti, ha trasformato la ZTL in un colabrodo, intasando le strade interne nelle ore di punta più di quelle esterne.

Nell’ affrontare la questione, il neo sindaco Muzzarelli ha indicato tre obiettivi da perseguire: maggiori controlli dei varchi del City Pass (ingresso elettronico), verifica delle autorizzazioni d’accesso alla ZTL e riesame del City Porto (trasporto merci con mezzi elettrici).

Che il trasporto merci negli esercizi commerciali del centro sia strategico è facilmente verificabile dall’ intensa circolazione di furgoni nelle vie centrali, a ogni ora del giorno. Questa è una delle sorgenti principali dell’inquinamento in un’area caratterizzata da strade strette e alta densità di uffici, esercizi commerciali e popolazione.

È dunque urgente assumere delle iniziative concrete capaci di limitare gli spostamenti delle merci su veicoli inquinanti, agevolando l’impiego dei mezzi ecologici.

A tal fine, oltre alle iniziative restrittive annunciate dal sindaco di Modena, suggeriamo un’altra risorsa di mobilità, che si sta diffondendo con ottimi risultati: il cargobike.

Questo sistema di trasporto pacchi, basato su tricicli, si segnala per tre vantaggi essenziali: è a zero emissioni, si addice alle brevi distanze, genera occupazione giovanile.

Il suo successo risiede in una constatazione pratica: i due terzi delle merci affrontano percorsi inferiori ai 10 km nell’ultimo tratto per la consegna. Il cargobike risponde bene all’esigenza di invio di pacchi leggeri in tempo reale: il servizio attivato a Roma, la più estesa città italiana, garantisce il recapito in ogni punto della città entro due ore dalla presa in carico dell’oggetto.

Si tratta quindi di avviare un’attenta azione di mobility management per coinvolgere giovani imprenditori nello sviluppo del cargobike a Modena e, al tempo stesso, di orientare imprese pubbliche, artigiani e commercianti all’utilizzo di un’opportunità moderna ed efficiente, oltre che ecologica, magari anche attraverso incentivi e agevolazioni per l’acquisto dei mezzi e la loro circolazione.

Giuseppe Marano
www.modenainbici.it

Strade urbane ridotte a parcheggio: il caso di via Emilia est e via Giardini

città assediata

città assediata

In attesa che la nuova amministrazione di Modena si insedi e precisi le linee programmatiche della sua azione nel settore della mobilità, le organizzazioni dei commercianti riunite in Rete Impresa Italia Modena lanciano un ultimatum al Comune sulla ciclabile prevista sul lato nord di via Emilia est: nel chiedere il blocco del progetto, sostengono l’esigenza non solo di conservare i posti auto, ma di incrementarli.

L’appello di Rete Impresa associa la guerra alla ciclabile scatenata dai commercianti di via Emilia est a quella di via Giardini. Come spesso accade a chi teme il futuro perché non sa adeguarsi alle esigenze emergenti, l’associazione dei commercianti si è chiusa nella difesa a oltranza della mobilità esistente e degli interessi corporativi, del tutto insensibile ai problemi più acuti della città.

Ma, come attestano le analisi sulla qualità dell’aria, l’ambiente versa in una situazione grave a causa delle emissioni del traffico, molto superiori ai limiti europei: nella sola via Giardini lo scorso anno si sono verificati ben 85 superamenti dei limiti di PM10, per non citare i dati altrettanto allarmanti di PM 2,5, di anidride carbonica e altri gas nocivi per la salute dei cittadini.

Un’amministrazione sensibile al bene comune dovrebbe quindi perseguire l’obiettivo strategico di ridurre emissioni e incidentalità, piaghe direttamente proporzionali all’uso stratosferico degli autoveicoli (oltre il 76% degli spostamenti avviene con l’automobile).

In queste due importanti strade, peraltro, ve ne sarebbero anche le condizioni strutturali. Infatti, pur essendo strade urbane di quartiere, via Emilia est e via Giardini dispongono di carreggiate amplissime che potrebbero agevolmente ospitare non solo gli autoveicoli, ma anche ciclisti e pedoni. E invece  lo spettacolo che presentano è surreale: notevole traffico di attraversamento, sosta autoveicolare asfissiante, spazi per ciclisti e pedoni residuali, inquinamento e incidentalità alle stelle.

In realtà, il Comune si è finora benevolmente adeguato alla linea dettata dai commercianti più riottosi al cambiamento, sia astenendosi per anni da qualsiasi intervento sulle strade più trafficate che progettando interventi scriteriati come la ciclabile di via Giardini, 1,2 km di tracciato a “spezzatino” previsto per non disturbare un pugno di esercenti nella zona del Gallo.

Che fare, dunque?

Le soluzioni possibili si ispirano alle esperienze condotte dalle città meno autocentriche: restringere la carreggiata, spostare verso il centro i parcheggi, tariffare la sosta e creare spazio per ciclabili e pedonali sui due lati.

Solo questo approccio potrà riqualificare le infrastrutture e creare condizioni per la migliore accessibilità ai servizi pubblici e privati, riducendo inquinamento e incidenti.

Giuseppe Marano

Bike-to-work: come incrementarlo

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casa – lavoro

L’idea che la bici serva esclusivamente per la ciclo escursione domenicale in periodo estivo è ancora molto diffusa e induce erroneamente a ritenerla un mezzo accessorio, un’appendice dell’automobile, totem assoluto e intramontabile per cittadini e amministratori conservatori.

La realtà è molto diversa e in piena evoluzione, anche a Modena. In città si stima una dotazione di oltre 200.000 biciclette che vengono usate da un cospicuo numero di persone per tutti gli spostamenti urbani, in ogni periodo dell”anno. Favoriscono l’impiego della ciclo sia l’assenza di dislivelli stradali che una rete di oltre 220 km di ciclabili, oltre che un bike sharing storico e la presenza di depositi protetti gratuiti.

Molti studenti e lavoratori usano normalmente la bici per i loro spostamenti da/verso i luoghi di studio e lavoro: la quota degli spostamenti sulle due ruote è di circa il 10% sul totale, oltre 75.000, per una percorrenza di oltre 100.000 km quotidiani. Tradotto in termini ambientali: tanto inquinamento in meno e tanta salute in più.

Per incrementare il bike-to-work è necessario che l’Amministrazione comunale promuova un’azione di coinvolgimento delle aziende pubbliche e private per l’adozione di incentivi all’utilizzo della bici da parte dei dipendenti e collaboratori. I fattori motivazionali più interessanti per i lavoratori sono pochi e concreti: parcheggi e depositi bici presso le aziende, spogliatoio per l’eventuale cambio indumenti, incentivi orari o economici.

Naturalmente, sullo sfondo resta la sicurezza stradale, di primaria importanza. A tale scopo, sarebbe necessario incrementare gli investimenti comunali finalizzati alla riqualificazione dei percorsi ciclabili periferia/centro più importanti, nell’intento di mettere in sicurezza arterie stradali oggi molto pericolose e rassicurare chi -usando la bici- aiuta tutti noi a vivere in un ambiente più salubre.

Giuseppe Marano
www.modenainbici.it

Velocità & sicurezza: scelte ragionevoli

ciclista ferita

ciclista ferita

A Modena gli incidenti stradali continuano a provocare una silenziosa strage che i numeri nudi e crudi non riescono a evidenziare nel dibattito pubblico: ogni anno sulle strade cittadine perdono la vita una dozzina di persone, mentre i feriti sono circa 1.500. E sono aumentati n modo sproporzionato i ciclisti e i pedoni coinvolti negli eventi. I danni materiali sono ingentissimi: una stima indica in oltre 200 milioni di euro il costo complessivo degli incidenti.

I tre principali interventi posti in campo dal Comune di Modena sono la moltiplicazione delle rotatorie, l’installazione di fotored e autovelox, l’attivazione della zona a 30 km/ in centro storico. A questi interventi si sono associate iniziative di informazione/formazione nelle scuole, principalmente ad opera della Polizia Municipale e delle associazioni di volontariato.

Sul tema occorre essere chiari: il primo fattore dell’incidentalità è la velocità eccessiva, considerata in rapporto alle caratteristiche psico-fisiologiche umane e alla tipologia dello spazio stradale. Pochi sanno che l’occhio degli automobilisti nel 25% dei casi circa esclude ciclisti e pedoni dalla percezione consapevole: l’occhio vede, la mente rimuove. È poi controintuitivo, ma è accertato, che le strade rettilinee e larghe creano più incidenti e più gravi di quelle non rettilinee e strette.

Su questi aspetti il Comune di Modena va controcorrente: negli ultimi dieci anni ha realizzato una sola zona a 30 km/h (centro storico). E quando ha installato le nuove tecnologie per il controllo della velocità (è il caso di via Contrada) ha sempre ondeggiato sotto l’assalto concentrico di cittadini sanzionati, lobby e soggetti politici più attenti ai vantaggi elettorali che alla sicurezza pubblica.

Giuseppe Marano

www.modenainbici.it

Via Emilia est: una strada ridotta a parcheggio?

bozza del progetto di via emilia est

bozza del progetto di via emilia est

Mentre i temi della mobilità sono spariti dal dibattito elettorale, le organizzazioni dei commercianti riunite in Rete Impresa Italia Modena lanciano un ultimatum al Comune sul progetto di ciclabile sul lato nord di via Emilia est: nel chiedere perentoriamente il blocco del progetto, sostengono l’esigenza non solo di conservare i posti auto attuali, ma addirittura di incrementarli recuperando altri spazi pubblici. L’appello di Rete Impresa associa la guerra alla ciclabile scatenata dai commercianti di Emilia est a quella di via Giardini.

Come spesso accade a chi teme il futuro perché non sa adeguarsi alle situazioni emergenti, l’associazione dei commercianti si è chiusa nella difesa a oltranza della mobilità esistente e degli interessi corporativi che la rendono insensibile ai problema della città.

Come attestano le analisi sulla qualità dell’aria a Modena, l’ambiente urbano versa in una situazione grave a causa delle emissioni velenose del traffico, molto superiori ai limiti europei. Il Comune quindi dovrebbe perseguire l’obiettivo strategico di ridurre emissioni e incidentalità, due piaghe direttamente proporzionali all’uso stratosferico degli autoveicoli a Modena (oltre il 76% degli spostamenti è in auto).

Pur essendo una strada urbana inserita in quartieri densamente popolati, via Emilia est ha le caratteristiche fisiche di un’autostrada, presenta una sosta autoveicolare asfissiante e spazi per ciclisti e pedoni del tutto residuali. In questa condizione, nessun miglioramento sarà possibile per la qualità urbana dei residenti.

Le soluzioni sono indicate dalle esperienze delle città meno autocentriche di Modena: restringere la carreggiata a due corsie normali, spostare verso il centro i parcheggi, tariffare la sosta e creare spazio per percorsi ciclabili e pedonali su entrambi i lati della strada. Solo questo approccio è in grado di riqualificare le infrastrutture e creare le condizioni per la migliore accessibilità ai servizi pubblici e privati.

Giuseppe Marano
www.modenainbici.it

Il Coordinamento Mobilità Nuova sulla campagna elettorale a Modena

rossella_associazioni_mobilitaQuella che stiamo vivendo in queste settimane pare essere una delle campagne elettorali più strane degli ultimi anni: a breve ci recheremo alle urne eppure sui temi reali che interessano la città ed i suoi spazi ben poco si parla e si discute nei dibattiti pre-elettorali.

Dopo l’incontro promosso dal Coordinamento per la Mobilità Nuova con gli aspiranti al ruolo di sindaco, avvenuto lo scorso 28 aprile, la panoramica sulla situazione cittadina pare essere la seguente:

  • la vicenda “chioschi” nel parco delle Rimembranze è stata accantonata, bollata come responsabilità della giunta uscente: una scomoda eredità che concerne l’uso – e l’abuso – delle aree e degli spazi pubblici che in ogni caso il futuro governo cittadino dovrà affrontare;
  • i progetti di edificazione sulle zone F sono ignorati e non considerati argomento di confronto, così da poter dare a chiunque la possibilità di dichiararsi paladino del “consumo zero” di territorio;
  • la cosiddetta “cura del ferro” per la mobilità urbana ed extra, proposta in occasione delle primarie del PD, è stata respinta al mittente;
  • non si sa più niente dello studio di fattibilità sulla ferrovia Modena-Sassuolo commissionato dal Comune alla Camera di Commercio per definire il futuro di Gigetto (dove peraltro da oltre un anno la maggioranza dei passeggeri viaggia gratis perchè le obliteratrici non funzionano e ovviamente questo porta alla ovvia conclusione che il servizio non rende e va dismesso);
  • il Documento di Indirizzo sulla redazione del Piano Strategico Comunale che avrebbe dovuto essere approvato entro Febbraio scorso è svanito nel nulla;
  • i risultati del percorso partecipativo sul PSC, dove il tema della mobilità in generale era al secondo posto dell’attenzione dei modenesi, sono stati completamente dimenticati.

In sintesi, il tema della mobilità considerato a parole da tutti i candidati quale elemento determinante nel futuro sviluppo urbano, aldilà delle frasi di circostanza e della presenza formale in alcuni dei programmi elettorali, pare essere lontano dagli impegni concreti che la maggioranza dei candidati ha assunto con la cittadinanza.

Città compatta, consumo zero di territorio, valorizzazione degli spazi pubblici e delle strade come elementi di sviluppo urbano e di coesione sociale, rafforzamento del commercio al dettaglio e di vicinato, a scapito di espansioni immotivate di centri commerciali sia nella città di Modena che nei comuni limitrofi, sono tutti temi che possono – anzi dovrebbero – essere declinati sui temi della mobilità nuova.

Parigi ha classificato come zone 30 buona parte della metropoli, Anversa ha commissionato un Piano di Sviluppo Urbano dove a partire dal 2030 ci saranno forti limitazioni sull’uso dell’auto, Bolzano e tanti altri Comuni in Italia ed in Europa stanno velocemente ridisegnando le loro città secondo i ritmi ed i temi di una nuova mobilità basata sul mezzo pubblico, la ciclabilità, la pedonalità,  che a loro volta avranno un influsso notevole sulla nuova occupazione, sul lavoro, sui costi dell’urbanità (meno inquinamento, più occupazione pulita e green, più salute, meno morti e feriti da incidenti).

Insomma il cambio di paradigma che una nuova mobilità impone sull’economia, il welfare, l’occupazione, la salute e il modo di costruire, è un tema ormai ineludibile ed al centro di tutte le agende delle città più sensibili del continente europeo, mentre a Modena non si è in grado di mettere in un programma elettorale una forte estensione delle zone 30 a tutta la città, la possibilità di andare in bici nei sensi unici, dei regolamenti edilizi ed urbanistici conseguenti ad una mobilità nuova, il downsizing dei centri commerciali a favore di strutture di vicinato, la riqualificazione dello spazio stradale in funzione non solo automobilistica ma della mobilità tutta e della qualità urbana.

Da qui lo sconcerto del Coordinamento delle Associazioni per una Mobilità Nuova ed un richiamo a tutte le forze politiche per un rinnovato impegno, a inserire prima e ad attuare poi iniziative concrete e coerenti di mobilità urbana sostenibile.

A tale scopo, per stimolare una discussione che a nostro avviso è stata accantonata, lanceremo sul profilo Twitter del Coordinamento (@MobNuovaMo) una serie di domande ai candidati sul tema della mobilità.

È tempo di bilanci

FIAB e Modena

FIAB e Modena

È tempo di bilanci
di Giorgio Castelli

Alla fine di Maggio si svolgeranno le elezioni per la scelta di numerosi sindaci e, come abbiamo fatto prima delle ultime elezioni, abbiamo invitato tutti i candidati a illustrare i propri programmi sulla mobilità ed ambiente. Sarà un’occasione pubblica per conoscere la loro sensibilità su questi temi e per un confronto sui contenuti del decalogo, che abbiamo stilato assieme alle altre associazioni del Coordinamento della Mobilità Nuova.

Questo è anche il tempo dei consuntivi di una legislatura, che era iniziata con impegni e speranze, che poi sono state in gran parte tradite.

Numerose sono state le richieste avanzate dalla FIAB al Comune di Modena nel corso di questi 5 anni:

  • la realizzazione dei tratti mancanti sulle principali strade di accesso al centro città (Via Emilia Est, Vignolese, Giardini e Cialdini),
  • il miglioramento dei percorsi di accesso in bicicletta al centro storico,
  • la rimozione delle numerose barriere che ostacolano il transito delle biciclette nelle piste esistenti,
  • il posizionamento dei segnali di precedenza prima delle piste, affinché anche i ciclisti vengano rispettati,
  • la modifica di alcuni semafori per renderli meno penalizzanti per pedoni e ciclisti,
  • la riduzione della velocità nelle zone residenziali,
  • una politica sistematica di contrasto ai furti di biciclette, promossa con una impegnativa azione dalla FIAB, al livello locale e nazionale, e concordata con tutte le Forze dell’ordine.

Non sono richieste da ciclisti intransigenti, che pretendono il primato della bicicletta, ma sono proposte per favorire una migliore integrazione ed un maggiore equilibrio tra i diversi mezzi di trasporto. Sono in gran parte provvedimenti che non richiedono ingenti investimenti, anzi molti sono a costo zero.

Nell’insieme si è chiesto alle amministrazioni pubbliche di destinare alla mobilità pedonale e ciclabile attenzione e risorse almeno proporzionali agli spostamenti che si compiono giornalmente con queste modalità. E l’esperienza di numerose città italiane ed europee dimostra che decisioni politiche coerenti possono affermare modi di trasporto rispettosi delle persone e dell’ambiente, aumentando il consenso dei cittadini.

Ma dal Comune abbiamo ricevuto risposte scarse e negative: non una di queste richieste ha trovato soluzione e spesso è stato difficile farci ascoltare.

Gli assessori competenti hanno fatto fatica a riceverci, spesso non hanno dato risposte, neanche negative. L’assessore Sitta si è distinto per insensibilità ed arroganza promettendoci, nel caso del cavalcavia Cialdini, soluzioni fantasiose ed irrealizzabili, per poi lasciare tutto come prima.

Nel frattempo prosciugava il bilancio per realizzare costose passerelle, che collegano il niente col nulla, inutili piste ed un parcheggio per il centro storico in gran parte inutilizzato.

Gli assessori che gli sono succeduti, Arletti e Giacobazzi, hanno disfatto il settore traffico e si sono barcamenati fino alla fine della legislatura.

Poi, a pochi mesi dagli esami, hanno cercato di recuperare con proposte di ciclabili in via Giardini e in via Emilia Est, scontentando tutti.

Purtroppo anche Modena conferma quanto è scritto nel Manuale della Commissione Europea “Città in bicicletta” indirizzato ai politici delle città medie: “I politici e i tecnici sono più cauti di qualsiasi altro gruppo di persone interrogate, compresi gli automobilisti, forse perché confondono le proprie esigenze di mobilità con quelle della media dei cittadini. Il pubblico è in realtà maturo per un cambiamento di atteggiamento da parte delle autorità, sono questi ultimi ad essere in ritardo rispetto all’opinione pubblica”.

Noi, col nostro inguaribile ottimismo, insisteremo anche con i prossimi amministratori, continuando a collaborare alle iniziative rivolte ai cittadini e alle scuole, sperando di essere percepiti per ciò che siamo: una risorsa.

I piaceri (segreti) dei ciclisti modenesi

cavalcavia via cialdini a modena

cavalcavia via cialdini a modena

Chi pedala sulle strade modenesi è abituato ad affrontare con solitaria rassegnazione le difficoltà negli spostamenti, non trovando nel Comune un interlocutore sensibile pronto ad accogliere le richieste di miglioramento delle infrastrutture e dei servizi per agevolare i mezzi ecologici e ridurre l’inquinamento da traffico.

L’ultimo esempio di questo approccio autoreferenziale municipale è il progetto di ciclabile sulla via Giardini, con l’irresponsabile soluzione dello “spezzatino” che costringerebbe i ciclisti a spostarsi da un lato all’altro della pericolosa strada all’altezza dell’incrocio con via Pace: lo spezzatino si farà.

Purtroppo, la circolazione in bici sulle strade cittadine fornisce una lista imbarazzante di casi che dimostrano quanto poco le esigenze dei ciclisti siano note e incidano nelle scelte operate dal Municipio estense nel campo della mobilità. Nel caso dei sovrappassi ferroviari, sono state adottate tre soluzioni diverse: in viale Menotti esiste una ciclabile affiancata al pedonale; in via Mazzoni non è stato attuato alcun intervento; in via Cialdini è stato realizzato un percorso alternativo sul piano di campagna con ben due tunnel in un colpo solo, con rampe di scale piacevolissime in uno di essi, nonostante una carreggiata larghissima.

Essendo la situazione di via Cialdini diventata pericolosa, la Fiab ha invitato il Comune ad ampliare i pedonali esistenti (strettissimi) e a realizzare almeno una ciclabile per favorire gli spostamenti da/verso il nuovo polo del cinema Victoria e la Moschea, restringendo l’ampia carreggiata. Quale esito hanno avuto le richieste della Fiab? Indovinatelo…

Giuseppe Marano
www.modenainbici.it

La responsabilità tecnica nella progettazione stradale

tecnici progettisti ed associazioni

tecnici progettisti ed associazioni

La politica è la prima responsabile della gestione della viabilità e degli spazi pubblici, perché ha il compito di elaborare gli indirizzi e definire gli obiettivi da assegnare alla struttura tecnica.

Ma esiste anche una responsabilità dei dirigenti e dei tecnici nell’organizzare il lavoro degli uffici e nel redigere i progetti che devono tradurre le scelte politiche in provvedimenti e opere concrete.

Spesso, nel lamentare la scarsa attenzione dei Comuni alla mobilità pedonale e ciclabile, si dimentica il ruolo centrale che la struttura tecnica svolge nello sfruttare tutte le occasioni che possono agevolare i pedoni e i ciclisti nel traffico.

Si pensi, ad esempio, a tutte le occasioni offerte dagli interventi di manutenzione ordinaria delle strade, della segnaletica, dei semafori e della illuminazione pubblica, che possono accrescere la sicurezza dei pedoni e dei ciclisti migliorando:

  • la qualità delle pavimentazioni, che riduce i rischi di caduta o di brusca deviazione, permettendo al ciclista di concentrarsi sul traffico;
  • la visibilità dei pedoni e dei ciclisti agli incroci che riduce i conflitti;
  • la modifica della sincronizzazione dei semafori per dare più continuità ai percorsi e ridurre le infrazioni;
  • la realizzazione di corsie riservate ai ciclisti o di attestazioni protette ai semafori.

Molti altri piccoli provvedimenti possono rendere i percorsi ciclabili diretti, gradevoli e sicuri, come la moderazione della velocità delle auto o la riduzione delle corsie stradali troppo ampie, che aumentano le velocità, consentono il sorpasso a destra e istigano alla sosta in doppia fila.
Per contro le piste ciclabili mal progettate danno una falsa sensazione di sicurezza, sia all’automobilista, che al ciclista e aumentano il rischio di incidenti, perché entrambi si dimenticano dell’esistenza dell’altro fino all’incrocio, dove il reinserimento dei ciclisti nel traffico è inevitabile. I progetti per essere efficaci richiedono una attenta preparazione tecnica e l’abitudine a leggere attentamente e con pazienza le diverse situazioni, a misurare il traffico, ad analizzare i comportamenti specifici dei cittadini nelle diverse condizioni.
Pensare, come spesso avviene, che il traffico segua una legge fisica, significa dimenticare che sulla strada si sommano i comportamenti consci o inconsci di tutti i suoi protagonisti e i comportamenti quasi sempre si adattano alle condizioni dell’ambiente attraversato. È per questo che la considerazione dell’esperienza dei ciclisti quotidiani, la creatività e l’attenta analisi dei progettisti sono la migliore garanzia di soluzioni intelligenti, adatte alla situazione specifica.
Scrive il Manuale della Commissione Europea “Città in bicicletta”: “La consultazione delle associazioni dei ciclisti urbani può essere di grande aiuto. La loro conoscenza della città, la loro esperienza, le loro difficoltà, i loro desiderata, la loro valutazione delle misure prese a loro favore costituiscono altrettante informazioni preziose relativamente facili da raccogliere. Il contributo inoltre delle associazioni di ciclisti può consentire risparmi (a livello di realizzazione di inchieste, conteggi, elaborazione di progetti, pareri, verifica sul terreno, conoscenza dei quartieri, documentazione, informazioni ecc.).

Le nuove ciclabili: ecco come scontentare tutti

Via Emilia Est

Via Emilia Est

I progetti di ciclabili in Via Giardini ed Emilia est presentati dall’Amministrazione comunale, pur rispondendo ad attese di lungo periodo dei ciclisti, appaiono inadeguati e improvvisati, estranei ad una visione unitaria di tutti i fattori della mobilità. Col risultato di scontentare tutti.

Con una inattesa accelerazione, il Comune ha presentato, proprio a fine legislatura, il progetto della pista ciclabile della via Giardini e ben due progetti di piste ciclabili che dovrebbero essere realizzate sulla via Emilia Est, scontentando tutti. In un caso, il progetto ha mandato i ciclisti sul marciapiede, ricevendo la bocciatura delle Circoscrizioni; nell’altro, ha ridotto drasticamente la sosta davanti ai negozi, raccogliendo le proteste univoche del Coordinamento delle associazioni per la Mobilità Nuova e dei commercianti.

Le strade interessate dai due progetti sono due ex statali che, fin dagli anni Sessanta, sono state inglobate nel centro urbano, subendo continue modifiche per assorbire il crescente flusso veicolare, a scapito delle funzioni tipiche dei margini laterali della strada, quale il transito delle biciclette e dei pedoni e la sosta, nelle strade statali affidate alle banchine laterali.

Tutti e tre i progetti non hanno previsto la riorganizzazione della carreggiata stradale, di larghezza superiore ai dieci metri, dimenticando che l’eccessiva larghezza delle corsie stradali diminuisce la capacità della strada a smaltire i flussi di veicoli, per effetto degli spostamenti laterali e della sosta in doppia fila, possibile proprio per la eccessiva larghezza delle corsie. Non hanno inoltre previsto il riordino degli incroci e delle fasi semaforiche che pure riducono le capacità di una strada urbana e, assieme alle fasce laterali, danno una caratterizzazione urbana allo spazio pubblico.

E pensare che l’articolo numero 1 del Codice della Strada indica i seguenti obiettivi prioritari: “la riduzione dei costi economici, sociali ed ambientali derivanti dal traffico veicolare; il miglioramento del livello della qualità della vita dei cittadini, anche attraverso una razionale utilizzazione del territorio; il miglioramento della fluidità della circolazione”.

Ma queste scelte richiedono un cambio di visione culturale, che, stando a quanto sta succedendo, sembra ancora molto lontano dal trovare una concreta realizzazione.

Giorgio Castelli
(presidente Fiab di Modena)