Auto o bici: chi porta più clienti?

acquisti in bici

acquisti in bici

Da recenti analisi è risultato confermato che spostarsi in bici non solo è più ecologico e salutare che in auto, ma è anche sei volte più economico. Ciononostante, la realizzazione di due ciclabili importanti nel cuore di Modena (Via Giardini e Via Emilia est) ha suscitato la netta opposizione di una categoria che si ritiene penalizzata dalla ciclabilità: i commercianti. Gli operatori ritengono infatti che ridurre le carreggiate per fare posto alle bici, riorganizzare la sosta, tariffare i parcheggi e pedonalizzare aree di città provocherebbe una riduzione della clientela nefasta per i loro affari.

La difesa a oltranza della mobilità autocentrica è contraddette dall’esperienza concreta attuata in numerose città in tutto il mondo: dove vengono promossi la mobilità ciclo pedonale e il trasporto pubblico non solo migliora l’ambiente e la vivibilità, ma aumentano anche gli affari per i commercianti.

Le ricerche smentiscono leggende metropolitane radicate: l’aumento dei parcheggi auto non produce meccanicamente più affari; le basse tariffe della sosta non attraggono più clienti; non è vero che i parcheggi gratuiti non costano, in quanto sono a carico di tutti i cittadini; non è vero che gli automobilisti spendono più di ciclisti e pedoni.

In realtà, gli esercizi commerciali più attrattivi offrono prodotti/servizi più competitivi, sono facilmente raggiungibili da tutti i cittadini (e non dai soli automobilisti), sono collocati in zone piacevoli e percorribili anche in bici e a piedi, offrono un ambiente accogliente. A tale scopo, è fondamentale che il Comune promuova la riqualificazione urbana e l’accesso dei ciclisti e pedoni alle aree commerciali: in tali condizioni, i clienti sarebbero pronti a lasciare l’auto a casa, frequentare nuovi negozi e modificare lo stile degli acquisti. Un cliente più felice e rilassato spende certamente di più.

Giuseppe Marano
www.modenainbici.it

Infortuni in itinere: passi avanti in Parlamento

incidente

incidente

La Commissione Ambiente del Senato ha recentemente approvato il testo di una norma che estende ai ciclisti l’indennizzo previsto per gli utilizzatori dei mezzi pubblici in caso d’infortuni in itinere, ossia per gli incidenti occorsi sui percorsi casa-lavoro. Ora si attende l’inserimento della proposta nel calendario parlamentare e la sua approvazione definitiva.

Attualmente, l’INAIL riconosce la copertura assicurativa per gli infortuni in bici solo se “necessitati”, ossia se non ci sono alternative alla bici (inesistenza di mezzi pubblici o incongruenza degli orari). Grazie ad un’interpretazione estensiva dell’Istituto, nel tempo l’utilizzo della bici è stato tutelato anche quando non c’è una reale necessità, ma limitatamente ai percorsi su piste ciclabili o strade protette.

In generale, però, essendo la bicicletta considerata un mezzo privato, molti lavoratori ciclisti si son visti negare il riconoscimento dell’infortunio dall’istituto assicurativo in quanto tenuti a usare il mezzo pubblico. In tal caso, l’infortunio viene degradato a semplice “malattia”, senza il riconoscimento di eventuali invalidità e delle tutele degli infortuni sul lavoro.

Sono quattro anni che la Fiab si batte per questo provvedimento con la campagna “In itinere“, cui ha aderito anche il Comune di Modena, finalizzata a superare gli attuali impedimenti normativi che svantaggiano i lavoratori-ciclisti, che pure non inquinano e praticano uno stile di vita salutare.

L’iniziativa parlamentare è stata assunta da Diego Zardini (primo firmatario), da Paolo Gandolfi e altri 24 deputati dell’Intergruppo Parlamentare Mobilità Nuova – Mobilità Ciclistica, che hanno presentato una proposta di legge per promuovere l’uso della bicicletta per recarsi al lavoro.

Giuseppe Marano
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Blocco Euro 3: meno veleni per tutti

città inquinata

città inquinata

Blocco Euro 3: meno veleni per tutti

Appena annunciato, il “piano anti smog” del Comune ha provocato un’alzata di scudi trasversale che ha unificato la politica contro le misure chiave previste dal provvedimento. In particolare, si critica l’inserimento dei veicoli Euro 3 nell’elenco di quelli esclusi dalla circolazione, portandone il numero da 12.800 a 22.200. Vale la pena di precisare che l’incremento delle auto escluse è di 9.400 unità su oltre 116.000 e che la maggioranza degli spostamenti urbani sono inferiori ai 2 km, percorribili con altri mezzi.

Quali sono le motivazioni sostenute? Il PD, FI e Cinque Stelle solidarizzano: troppi i cittadini penalizzati dal provvedimento, insufficienti e inquinanti a loro volta i mezzi del trasporto pubblico offerti come alternativa al mezzo privato.

Le contromisure proposte tendono tutte a lasciare invariato l’inquinamento: dalla «libera circolazione nell’anello interno le tangenziali» alla riduzione dell’ampiezza «delle aree interessate dalla limitazione», alla sospensione della manovra in attesa di chiarimenti dalla Regione.

Nessuno degli oppositori ha avanzato proposte alternative né ha accennato alla ciclabilità, che è la seconda modalità di spostamento (oltre il 10% sul totale). La bici è già posseduta da tutti i cittadini e ha costi di gestione bassissimi.

Nel presentare il Piano della Mobilità Ciclabile il 15 gennaio scorso, il Sindaco Giancarlo Muzzarelli dichiarò che esso si propone di «ridurre la quota di spostamenti con l’automobile privata». È evidente che ciò è possibile promuovendo il trasporto pubblico, la ciclabilità e la pedonalità. Proprio gli argomenti emersi da parte dei detrattori del “piano anti smog”, ivi compreso il suo (pentito?) presentatore, l’Assessore Guerzoni.

Giuseppe Marano
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Mobilità ciclabile: sfatare alcune leggende metropolitane

attraversamento ciclabile

attraversamento ciclabile

Nelle città intasate dalle automobili, la circolazione di veicoli dotati di velocità diverse costituisce uno dei principali fattori di incidentalità: i mezzi più veloci tendono a occupare ogni spazio disponibile e a sopraffare quelli più lenti. Questa situazione conflittuale si acutizza osservando che si sono radicate e diffuse alcune false credenze che nulla hanno a che vedere con quanto stabilito dalle norme. Tre casi chiariranno il concetto.

Aree pedonali: i ciclisti devono condurre la bici a mano. Falso.
In tali zone la circolazione è consentita – oltre ai pedoni – ai veicoli di emergenza, ai velocipedi e ai veicoli al servizio di persone con limitate o impedite capacità motorie, nonché eventuali deroghe per i veicoli ad emissioni zero aventi ingombro e velocità tali da poter essere assimilati ai velocipedi. Pertanto, occorre una segnaletica apposita per imporre ulteriori restrizioni alla circolazione su aree pedonali (art. 3, comma 2).

Attraversamento ciclabile: i ciclisti possono passare quando il flusso veicolare si arresta. Falso.
In presenza dell’apposita segnaletica orizzontale che indica la continuità del percorso ciclabile, i ciclisti in transito dall’uno all’altro lato della strada godono sempre della precedenza rispetto agli altri veicoli (art. 40, comma 11).

Ripartenza agli incroci semaforizzati: i ciclisti devono fare spazio agli autoveicoli. Falso.
Allo scattare del verde i veicoli a motore devono dare la precedenza ai ciclisti, compatibilmente con la direzione scelta (art. 41, comma 9). Ad esempio se il ciclista prosegue diritto e l’automobilista svolta a destra, il ciclista ha la precedenza.

Giuseppe Marano
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Omicidio stradale: passi avanti in Parlamento

incidente con bicicletta

incidente con bicicletta

Dopo anni di sollecitazioni , discussioni, ripensamenti, la politica ha infine dato un primo segno di vitalità sul tema dell’omicidio stradale. Il Senato ha infatti approvato un testo che modifica alcune norme vigenti e ne introduce di nuove per sanzionare comportamenti incivili e pericolosi degli utenti della strada.

In sintesi, il testo prevede che i responsabili della morte di una persona colti a guidare in stato di ebbrezza o sotto gli effetti delle droghe siano sanzionabili con una pena minima di 7 e 8 anni e massima di 12 anni, innalzati a 18 in caso di più vittime. Una pena accessoria comporta il ritiro della patente fino a 30 anni. Sono anche previsti dalle nuove norme il reato di lesioni stradali, l’arresto in flagranza di reato e pene più severe per i pirati della strada fuggiti dopo l’incidente.

Nonostante i passi in avanti per promuovere una maggiore sicurezza stradale, restano due considerazioni da fare: la gran maggioranza degli incidenti e delle vittime si verificano con guidatori non ubriachi e non drogati; non sono state modificate le norme sulla velocità.

Il vero problema, in città e fuori, resta infatti la velocità, killer numero uno riconosciuto a livello planatario. È su questo fattore che occorre incidere per conseguire una significativa riduzione degli incidenti e delle vittime. A tal fine esistono diversi antidoti: le zone a 30 km/h nei quartieri residenziali, il controllo elettronico della velocità nei punti critici, le rotatorie “compatte”, le aree pedonali nei centri storici e presso i grandi poli attrattori (come le scuole), le ciclabili nelle strade trafficate, i percorsi pedonali.

Giuseppe Marano
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Quell’aria che logora la vita …

città inquinata

città inquinata

Dopo l’Organizzazione Mondiale della Sanità e l’Unione europea, anche il Ministero della salute italiano conferma che la miscela di polveri sottili, biossido di azoto e ozono provocano più di 30.000 vittime all’anno. I dati sono stati elaborati nel corso del progetto VIIAS che ha fotografato l’inquinamento dell’aria in Italia e il suo impatto sulla salute pubblica nelle varie aree del Paese.

Gli effetti dell’inquinamento sono particolarmente gravi nel Nord Italia, dove l’aspettativa di vita (solo per l’effetto del PM2.5) si riduce di 14 mesi, contro i 6,6 del Centro e i 5,7 del Sud e delle Isole. Situazione critica in Pianura Padana, dove si stimano 164 decessi ogni 100.000 residenti. L’Emilia-Romagna presenta un tasso di 124 decessi ogni 100.000 abitanti.

Se non interverranno iniziative di riduzione del traffico motorizzato, il progetto VIIAS prevede anche un peggioramento nel tempo: nel 2020 si stimano oltre 38.000 morti per inquinamento.

Mentre si riconosce la dimensione enorme del fenomeno, gli enti locali mettono in campo misure destinate a lasciare inalterata la situazione. Questo atteggiamento trova purtroppo conferma nel Piano della Mobilità ciclistica presentato dalla Giunta comunale di Modena: a fronte dell’obiettivo dichiarato di ridurre gli spostamenti autoveicolari a favore del trasporto pubblico, della ciclabilità e della pedonalità, l’elenco degli interventi che dovrebbero perseguire tale obiettivo risulta caotico e squilibrato (mancano ciclabili essenziali e le zone a 30 km/h sono irrilevanti), senza copertura finanziaria e indicatori di verifica dei risultati.

Giuseppe Marano
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Un buon accordo per la mobilità ciclo pedonale in Regione

FIAB firma l'accordo regionale

FIAB firma l’accordo regionale

“La mobilità ciclo pedonale non viene intesa unicamente come fruizione turistica o modalità secondaria di spostamento, ma come uno degli assi fondamentali di valore trasportistico”. È su questo assunto strategico che fa perno l’accordo 2015-17 in tema di mobilità sostenibile fra la Regione Emilia-Romagna e le principali associazioni ambientaliste (Fiab, Legambiente, WWF e UISP) e degli enti locali (UPI e ANCI).

Fra i risultati concreti del protocollo sottoscritto figurano l’attivazione di un Tavolo permanente di confronto, una legge regionale sulla mobilità ciclistica e la disponibilità di 8 milioni di euro per la promozione degli spostamenti in bici, a piedi e la moderazione del traffico.

Fra gli obiettivi di medio periodo (2020) figurano il raddoppio della quota di spostamenti ciclo pedonali (dal 10% al 20%), lo sviluppo delle “Città a 30 km/h” nelle 13 città più popolose della regione, interventi per il dimezzamento degli incidenti stradali e l’intermodalità treno-bici.

Questa iniziativa si segnala per tre elementi di valore: la collaborazione pragmatica fra la Regione e i soggetti più rappresentativi in tema di mobilità ciclo pedonale (6 organismi contro gli oltre 40 del Tavolo comunale modenese); la condivisione di un programma per lo sviluppo della mobilità ciclo pedonale; l’intreccio con la modifica del Codice della Strada, che agevolerà chi circola a piedi e in bici.

Se sostenuto anche nelle città, questo processo produrrà nel tempo la tanto attesa svolta nelle politiche della mobilità, ancora attardate sulla visione autocentrica e sullo spazio pubblico inteso come puro luogo di transito e non di socializzazione.

Giuseppe Marano
www.modenainbici.it

Proposta legge quadro mobilità ciclistica n. 2305: parte la discussione in Commissione Trasporti

rossella-codice-stradaUna proposta di legge “quadro” sulla mobilità ciclistica era stata tra le prime richieste che la FIAB aveva formulato, all’indomani delle elezioni politiche del 2013, all’intergruppo dei parlamentari per la mobilità nuova e ciclistica, ricostituito per iniziativa del precedente presidente FIAB, Antonio Dalla Venezia.

La pdl recante “Disposizioni per lo sviluppo della mobilità in bicicletta e la realizzazione della rete nazionale di percorribilità ciclistica”, è stata poi presentata alla Camera dei Deputati il 16 aprile con il n. 2305 e assegnata alla Commissione Trasporti il successivo 11 giugno.

Ora è partito l’iter parlamentare con la discussione in Commissione Trasporti della Camera.

Per conoscere la nostra proposta di legge consulta questa pagina del sito nazionale.

Cavalcavia Cialdini: quale scelte per la sicurezza stradale?

incidente sul cavalcavia cialdini

incidente sul cavalcavia cialdini

I ripetuti incidenti verificatisi in Viale Italia e Viale Cialdini hanno suscitato la reazione dell’Amministrazione comunale di Modena che -attraverso l’Assessore alla Mobilità, Gabriele Giacobazzi – ha per la prima volta riconosciuto che la velocità è l’elemento discriminante quando non la causa dei sinistri e che quindi è ora di ridurla con varie modalità.

Più che essere salutate come un deciso cambio dell’orientamento autocentrico finora perseguito, le dichiarazioni dell’Assessore hanno suscitato numerosi interrogativi: se il tratto Viale Italia-Zucchi-Cialdini-La Marmora costituisce una pericolosissima tangenziale interna all’area urbana perché intervenire solo sul cavalcavia Cialdini? La riduzione a 3 corsie sul Cialdini verrà attuata ricavando una ciclabile: da quando in qua le ciclabili servono a ridurre le dimensioni delle carreggiate invece di collegare (come qualsiasi altra infrastruttura) zone diverse della città per garantire la mobilità ciclistica sicura? Perché citare l’esigenza delle zone a 30 km/h come antidoto alle eccessive velocità del traffico e poi non prevederne alcun serio ampliarnento nei quartieri residenziali?

Questa storia di roboanti dichiarazioni pubbliche contro la velocità killer e di pressoché zero attuazioni pratiche appare subito come la montagna destinata a partorire il topolino. La vera preoccupazione dell’Amministrazione è quella sfuggita all’Assessore Giacobazzi a proposito della riduzione a 3 corsie sul cavalcavia Cialdini: in prossimità della rotatoria di Via delle Suore le 4 corsie verranno prontamente ripristinate per «evitare disagi al traffico veicolare». È l’ennesima dimostrazione che la mobilità sostenibile e sicura è estranea alla politica dell’Amministrazione comunale.

Giuseppe Marano
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Il GRAB: la capitale si muove (in bici)

GRAB Roma

GRAB Roma

Dopo Mestre, Reggio Emilia e Bologna, anche la capitale comincia a pedalare verso la mobilità ciclistica con un primo nucleo di programma organico. È stato infatti lanciato il progetto GRAB (Grande Raccordo Anulare delle Biciclette), un intervento destinato a mettere a sistema ciclabili esistenti o in progetto per i collegamenti est-ovest e nord-sud della città, per un totale di 44,2 km di percorsi.

Naturalmente, nessuno si illude che questo progetto possa risolvere istantaneamente i problemi della mobilità nella metropoli romana, che pure vede una percentuale di uso delle automobili nettamente inferiore a quella di Modena, grazie soprattutto al trasporto pubblico urbano.

Quello che colpisce favorevolmente è la scelta strategica di individuare direttrici di collegamento in alcuni quadranti della città, evitando la costruzione di tratti indipendenti al di fuori di una logica di trasporto urbano efficiente.

Questo approccio strategico è finora mancato a Modena. Dopo anni di sollecitazioni, nel gennaio scorso l’Amministrazione comunale ha presentato un Piano della Mobilità Ciclistica che doveva costituire -nelle intenzioni dichiarate dal Sindaco- un punto di svolta per la promozione della mobilità ciclistica e la tendenziale riduzione di quella automobilistica. Purtroppo, in una città con oltre 200 km di ciclabili il Piano -che nel frattempo è evaporato dalla discussione pubblicaevita clamorosamente di affrontare i nodi della mancanza o carenza di ciclabili nelle direttrici chiave della città: Emilia Ovest (dalla Bruciata alla Madonnina), Corassori (nell’ultimo tratto verso Giardini), Morane, Vignolese, il tratto centrale di Nonantolana, Gramsci, Canaletto, Amendola-Don Minzoni-Gobetti (completamento).

E dunque ci si chiede: a che serve un Piano del genere?

Giuseppe Marano