Piste ciclabili? Ci vuol altro!

Per rendere più attraenti i percorsi casa-lavoro in bicicletta non bastano le piste ciclabili: occorre ripensare lo spazio delle strade (*)

Alcuni anni fa ero in ufficio, collegato via Skype con una collega di Nuova Delhi; siccome dovevo rincasare per una questione famigliare, le ho chiesto di sospendere e di riprendere più tardi. Scendo, prendo la bici, vado a casa, mi ricollego a Skype e richiamo la collega. Venti minuti dopo.
– Didn’t want you to go home?
– I’m at home
– I can’t believe it

L’idea che nelle nostre città la distanza casa-lavoro sia percorribile nel giro di pochi minuti (da 10 a 30, diciamo) è qualcosa di inconcepibile per un abitante di una metropoli di un paese di nuova industrializzazione. Certo, si dirà, non c’è bisogno di essere di Delhi: anche chi vive a Roma, o chi vive a Milano e lavora in Brianza, o chi vive a Modena e lavora a Scandiano non può sorprendere (e far morire di invidia) i colleghi indiani. Vero. Ma non si può negare che la maggior parte delle nostre città, in cui spesso viviamo e lavoriamo, sono città che si attraversano in un quarto d’ora da una parte all’altra (come diceva Guccini); o poco più.

Perché, allora, continua ad essere così raro lo spostamento in bicicletta per recarsi al lavoro? I motivi sono diversi.

Innanzitutto le città italiane continuano ad essere poco invitanti per chi usa la bicicletta; negli ultimi anni la rete delle ciclabili è senz’altro aumentata, ma queste sono spesso poco collegate tra loro e, soprattutto, essendo fuori dalla sede stradale (accanto al marciapiede o, peggio, sul marciapiede), creano una sorta di ghettizzazione di chi usa la bicicletta. Sulle ciclabili di questo tipo si è spesso costretti a continui stop-and-go, si perdono i diritti di precedenza delle strade corrispondenti e l’asfalto è molte volte degradato. Ecco perché nella maggior parte dei Paesi europei le piste ciclabili sono ora in strada: la bicicletta viene resa visibile e ha la stessa dignità dell’auto.

Ma questo non basta; è necessario andare oltre le piste ciclabili, o meglio, fare altro che piste ciclabili! Si tratta infatti di ripensare lo spazio delle strade, privilegiando le modalità di trasporto sostenibili, quali piedi, biciclette e mezzi pubblici; questo lo si ottiene mediante misure infrastrutturali e regolamentari nemmeno troppo costose. Gli spazi per le auto dovrebbero essere ridotti a una sola corsia; presso i semafori le biciclette dovrebbero avere una linea d’arresto sopravanzata rispetta alle auto e le ciclabili sdoppiarsi per consentire le diverse opzioni (svolta a sinistra, eccetera); il senso unico eccetto bici dovrebbe essere realizzato ogni volta sia possibile; soprattutto si dovrebbe adottare il limite di velocità dei 30 Km/h in tutte le zone residenziali ed implementare altre misure per abbassare la velocità di punta delle auto (una fra tutte: togliere molti segnali di precedenza); la segnaletica stradale dovrebbe essere ripensata, in modo che si rivolga anche a chi usa la bicicletta e i piedi.

Tutto questo non basterebbe a raggiungere i valori di modal split delle città più innovative, ma sarebbe già un grande passo avanti. Ma io uso l’auto perché poi prima porto i figli a scuola, poi vado a fare la spesa… è la motivazione principale per giustificare l’uso dell’automobile. È infatti l’intera struttura della città che deve essere ripensata; le misure descritte più in alto (unite a ad una forte campagna di sensibilizzazione sulle regole del traffico) dovrebbero rendere possibile ad ogni bambino di 8-9 anni di andare a scuola con gli amici; e una città che privilegi i negozi di quartiere invece dei centri commerciali toglie la scusa di dover usare l’auto regolarmente per dover fare gli acquisti giornalieri.

Ma se poi la bici me la fregano? Esiste un ulteriore impulso, che deve partire dai datori di lavoro: la mobilità casa-lavoro in bicicletta deve essere incentivata dal datore di lavoro stesso, mediante innanzitutto la costruzione di parcheggi comodi, sicuri e protetti, e attraverso altre azioni che incentivino l’uso della bicicletta: dalla costruzione di docce (per permettere ai dipendenti di usare la bici e poi cambiarsi) a kit di riparazione, dall’acquisto di biciclette aziendali (oggi esiste anche il leasing), al finanziamento di check-up annuali della bicicletta per i dipendenti più virtuosi. Gli imprenditori più illuminati non fanno questo solo per essere buoni con la Terra: è provato infatti che recarsi al lavoro in bicicletta, evitare gli ingorghi, respirare, ascoltare i suoni della natura rende il lavoratore più contento; e quindi, più efficiente.

Per questo è nato il progetto MO.SSA.
Vedremo nei prossimi anni se iniziative come Bike to work e MO.SSA, unite alla realizzazione di PUMS (Piani urbani per la mobilità sostenibile) innovativi e a maggiori finanziamenti alla mobilità ciclistica, consentiranno di raddoppiare o triplicare la percentuale di persone che usano la bicicletta per recarsi al lavoro.

(*) Andrea Burzacchini, responsabile aMo (agenzia per la mobilità a Modena)

 

Far bene i conti fa bene anche alla salute

È intuitivo che muoversi in bicicletta faccia risparmiare. Sì, ma quanto? 

Al momento di uscire da casa per andare al lavoro, soprattutto in quelle grigie mattinate padane, possiamo prendere in mano la chiave dell’auto, quella della bicicletta o l’abbonamento del bus. Secondo i dati sulla mobilità dei PUMS (Piani urbani della mobilità sostenibile) il 75% dei modenesi prendono abitualmente la chiave dell’auto.

Per nascondere la nostra pigrizia, tentiamo di consolarci pensando che in fondo si tratta di spendere qualche euro in benzina, perché in ogni caso abbiamo già comprato l’auto e pagato il bollo e l’assicurazione per tutto l’anno.

Ma i conti vanno fatti bene.

Senza elaborare complessi calcoli sui costi diretti ed indiretti dell’uso dell’automobile è sufficiente osservare i prezzi del noleggio a lungo termine, proposto da molte case automobilistiche, che comprendono anche le spese di bollo, assicurazione e manutenzione ordinaria e straordinaria.
Secondo queste “offerte”, se si percorrono meno di 20.000 km all’anno si spendono da un minimo di 4.300 €/anno per una utilitaria, ai 5/6000 € per un’auto di media cilindrata.

Quindi, con una percorrenza media di 15.0000 km/anno, il costo fisso a chilometro varia tra i 29 e i 40 centesimi di euro, ai quali vanno aggiunti circa di 15 centesimi per il carburante, Un chilometro urbano in auto ci costa quindi tra i 44 e i 55 centesimi di euro.

Questi conti approssimativi trovano conferma nelle tariffe dei servizi di car sharing della vicina Bologna, depurate dall’utile d’impresa, oppure nelle tabelle nazionali dei costi chilometrici ACI per i rimborsi di viaggio ai dipendenti che utilizzano la propria auto.

Queste tabelle, pubblicate alla fine del 2017 sulla Gazzetta Ufficiale, indicano infatti un rimborso chilometrico compreso tra i 42 centesimi per una utilitaria e i 56 centesimi per un’auto di media cilindrata.

Ne deriva che, se si percorrono 15.000 km all’anno, l’automobile ci costa tra i 6.300 e gli 8.400 €/anno, sempre se non cadiamo nella tentazione di acquistare modelli di classe superiore perché, in questo caso, i costi salirebbero in modo esponenziale.

Certamente è molto difficile condurre una vita famigliare senza un’automobile, ma è sicuramente possibile vivere senza possedere un’auto per ogni componente adulto e soprattutto senza considerare l’auto come l’unico mezzo di trasporto possibile. È infatti l’abuso quotidiano dell’auto che crea problemi di traffico e un intollerabile inquinamento atmosferico e acustico che purtroppo siamo tutti costretti a subire.

I dati dei PUMS testimoniano che a Modena il 47% degli spostamenti in auto sono al di sotto dei 2 chilometri e mezzo e circa il 20% sono addirittura inferiore ai 500 metri.

Se siamo attenti alla nostra qualità della vita e soprattutto se ci pensiamo bene, basterebbe fare a piedi o in bicicletta una buona parte di questi spostamenti, per avere una città più sana ed una salute fisica e mentale migliore perché, oltre a fare del sano movimento, ci potremmo permettere qualche vacanza in più.

Le APP per muoversi in città

Vuoi arrivare al lavoro per la via più breve o meno trafficata? Consulta la App

Sono sicuramente molte le App che è possibile avere sul proprio smartphone e che ci aiutano a gestire i nostri spostamenti quotidiani in bicicletta. Ne abbiamo scelte un paio, che hanno scopi completamente diversi.

La prima è NAVIKI che trasforma lo smartphone in un navigatore satellitare per bicicletta: una APP completa per iOS e Android, che trova il percorso migliore in base all’uso. Ad esempio è possibile scegliere la modalità “quotidiano” per i ciclisti urbani che vogliono percorsi ciclabili veloci e confortevoli, oppure “tempo libero” per chi vuole divertirsi in escursioni in ambienti piacevoli, oppure “Mountain bike” per chi cerca percorsi offroad, boschi, itinerari di campagna, e superfici sterrate. E non manca neppure l’opzione “pedelec” con percorsi personalizzati per bici elettriche veloci fino a 30 km/h.

Con NAVIKI è possibile pianificare gli itinerari su PC e trasferirli con un solo clic sul dispositivo mobile per navigare con l’APP Naviki, oppure al contrario pianificare gli itinerari mediante l’APP in movimento e poi visualizzare e modificare successivamente i percorsi sul PC.

WeCity invece è la prima APP (ideata a Modena!) che premia la mobilità sostenibile: quando condividi l’auto, usi i mezzi pubblici, pedali o cammini, eviti CO2 e accumuli crediti. Un’auto nel traffico urbano emette in media un kg di CO2 ogni 7 km, mentre ad esempio, visto che con la bicicletta si annullano completamente le emissioni, se pedali riceverai 16 crediti ogni km.

E visto che non si può proprio fare sempre a meno dell’auto, in quei casi se offri un passaggio farai un viaggio in compagnia, più sostenibile e divertente, ed in più guadagnerai 4 crediti al km. Alla fine con WeCity scambi i crediti con sconti e premi sempre nuovi: bici elettriche, eco-viaggi, voucher per i maggiori provider di car-sharing e tanti altri accessori intelligenti.

Cosa aspettate ad installarle?

Si torna a scuola … tutti in auto

Le scuole sono ricominciate da una settimana, con loro sono tornate le nostre care vecchie abitudini quotidiane e… il traffico in città!

Si perché naturalmente al pendolarismo lavorativo si assommerà nelle ore di punta anche il via vai ininterrotto di genitori che accompagnano i figli alle materne, alle elementari, alle medie e, da non credere, anche alle superiori. Non c’è da stupirsi in un paese che un paio di anni fa ha avuto bisogno addirittura di un decreto per permettere ai ragazzi delle medie di uscire da scuola da soli.

Ed allora anche quest’anno assisteremo al solito teatrino di decine di vigili urbani incredibilmente occupati a dover far rispettare la precedenza ai ragazzi sui passaggi pedonali, ogni mattina e mezzogiorno davanti ad ogni scuola modenese di ogni ordine e grado, ma praticamente inermi davanti alle continue trasgressioni degli stessi accompagnatori che parcheggeranno sui marciapiedi, ciclabili ed aiuole, faranno inversioni negli spazi antistanti gli ingressi, bloccheranno entrata ed uscita dei mezzi pubblici, fermeranno la macchina in mezzo alla strada con le 4 frecce a non più di 20 metri dal cancello scolastico salva-tutti, entro il quale i pargoli saranno finalmente al sicuro dall’assedio delle loro stesse auto.

Ho visto queste cose ogni giorno da genitore dal 2002 ad oggi, ho cercato di portare il problema nei vari consigli di istituto, ho distribuito volantini della Polizia Municipale sulle regole da tenere nelle vicinanze delle scuole, ho chiesto ai vigili piantati sulle strisce di intervenire. Tutto inutile.

Una situazione paradossale ben descritta da una vignetta vista su facebook, dove un adolescente chiede ai genitori “posso andare a scuola in bici?” e loro che rispondono “no è troppo pericoloso, ti accompagniamo in auto”. Disarmante è che per molti genitori italiani sia una risposta scontata.

Interrompere questo circolo vizioso è possibile, le nostre amministrazioni devono decidersi a prendere di petto la questione che ha importanti implicazioni sul traffico, sul senso di sicurezza delle nostre città, sul percorso di crescita ed autonomia dei nostri ragazzi. Ma soprattutto dovrebbe preoccuparci, visto che i giovani imparano più dai nostri comportamenti che dalle nostre prediche, che non potranno mai essere futuri cittadini migliori di noi.

Ermes Spadoni
FIAB Modena

Bici a flusso libero anche a Modena

A dicembre del 2017, il Comune di Modena procedeva alla dismissione del servizio “Mi muovo in bici” a fronte dello scarso utilizzo. Le 30 bici verdi, da prelevare o depositare in 15 colonnine, posizionate in piazza Alighieri- Stazione ferroviaria- piazza Matteotti e via Gottardi, registravano un progressivo calo nel loro utilizzo. Il servizio attivato nel 2014, grazie al contributo della regione Emilia Romagna, al dicembre del 2015, dopo sette mesi di attività, contava 47 abbonati per poi scendere fino a 41 nei primi mesi del 2016, con 1.160 prelievi di mezzi, e a 31, con 750 prelievi nell’ultimo periodo di gennaio 2017.

L’Amministrazione ci riprova con un approccio “più smart”. Da una decina di giorni, anche a Modena si sperimenta il bike-sharing a flusso libero, a pagamento. Sarà possibile registrarsi scaricando l’applicazione “Moovas Tribe” disponibile per ogni smartphone con sistema operativo Ios e Android.

Sino a fine ottobre 2018, cittadini e turisti avranno a disposizione cinquanta biciclette che si troveranno in piazza Matteotti e Stazione dei treni. La peculiarità del bike-sharing a flusso libero è la possibilità per l’utente di trovare le biciclette ovunque, perché non hanno necessità di stazioni fisse; i fruitori potranno muoversi liberamente in tutta l’area urbana di Modena, fino alla prima periferia.

Se la sperimentazione avrà esito positivo il servizio verrà progressivamente esteso. Ci auguriamo che ciò avvenga affinché si incrementino gli spostamenti sostenibili in città, perseguendo la finalità anche con le nuove tecnologie a disposizione, magari poi eguagliando il servizio di noleggio gratuito “Centro in bici”, utilizzato e apprezzato da utenti in costante crescita, per un totale di 320 biciclette.

Con un aumento notevole delle due ruote, è necessaria una pubblica amministrazione capace di gestire e regolare, che aumenti lo spazio urbano complessivo per la sosta delle biciclette, togliendolo alle auto, non ai pedoni e ai ciclisti già presenti come rischia di accadere. È questa la sfida da affrontare, e per questo il nuovo servizio a flusso libero va incoraggiato.

Marina Beneventi
www.modenainbici.it

Mobilità: il peso delle nostre scelte

In un articolo di qualche settimana fa, avevo cercato di spiegare come, oltre all’ inquinamento acustico ed ambientale, l’enorme spazio occupato da ogni singola macchina fosse il vero fattore insostenibile della mobilità basata sull’auto privata.

In quel ragionamento avevo completamente ignorato un altro effetto dell’uso indiscriminato del mezzo privato, che è evidente, ad esempio, nel fatto centrale di questi giorni, cioè il crollo del Ponte Morandi a Genova. Tralasciamo la concezione di “modernità” che nel nostro paese ha ritenuto possibile costruire un viadotto a 4 corsie sopra alle vite dei cittadini, e concentriamoci su quanto ci hanno detto gli “esperti”: il ponte sopportava il transito di 25 milioni di mezzi ogni anno, oltre 4 volte quelli previsti alla sua costruzione nel 1964. Auto e camion che nel frattempo sono cresciuti anche di dimensione e peso. Tutto questo ha accelerato notevolmente il suo degrado.

Non c’è bisogno di essere ingegneri per capire questo concetto, ed è quello che tutti i giorni proviamo sulle nostre strade quando le vediamo rovinate e piene di buche. Il paradosso è che per muoverci usiamo (spesso a sproposito) un mezzo altamente inefficiente come l’auto che pesa almeno 20 volte quello che trasporta, con il risultato che il 95% della benzina consumata serve a spostare la macchina stessa, e solo al 5% per spostare noi. E con l’effetto collaterale che tutto quel peso, passaggio dopo passaggio, degrada in fretta i ponti e le strade, e rappresenta un ulteriore aggravio indiretto sulle nostre finanze, perché ci costringe a spendere più tasse per mantenere l’infrastruttura stradale.

Quindi la prossima volta che ci lamentiamo della buca in strada, invece di tirare in ballo il sindaco, proviamo a farci un esame di coscienza e chiediamoci ogni volta prima di uscire di casa, se quel giorno non possiamo davvero andare a piedi, usare i mezzi pubblici, o tirare fuori dal garage quella meravigliosa invenzione a 2 ruote chiamata bici, che è efficiente, economica, poco ingombrante, silenziosa, non inquinante, terapeutica ed anche così leggera da non gravare sui costi di manutenzione dei beni pubblici.

Ed alle istituzioni chiediamo di impostare una politica di mobilità basata non sulla costruzione di nuove strade, ma sulla “dieta del traffico” (-20%) che veda un nuovo modo di spostare merci e persone, sensibilizzando i cittadini sui notevoli vantaggi che una tale politica avrebbe, non solo sulla bellezza e vivibilità delle città, ma anche sui risparmi in costi diretti ed indiretti per la collettività.

Ermes Spadoni
www.modenainbici.it

 

I diversi colori della mobilità sostenibile

Corso per insegnare alle donne straniere ad andare ¡n bicicletta

 

L’uso della bicicletta è stato fondamentale per l’emancipazione della donna più di qualunque altra cosa al mondo
SUSAN B. ANTHONY, 1896

SI prendono le bici, le vecchie Grazielle, ma non solo, si tolgono i pedali, si familiarizza con il mezzo, si apprende a stare in equilibrio sulle due ruote, a fronteggiare i pericoli della strada e a conoscere i segnali stradali.

Sostenute dall’entusiasmo delle volontarie e dei volontari e dalla loro stessa tenacia, donne di diversa nazionalità, età e religione si Incontrano in un’esperienza di accoglienza e di vicinanza.

Ogni anno, ad aprile ed a settembre, la FIAB organizza corsi per Insegnare alle donne straniere, ma non solo, ad utilizzare la bicicletta, mezzo che potrà aiutarle a muoversi in città a costo zero e in autonomia.

Le date del corso di settembre sono le seguenti:  11 – 13 – 18 – 20 – 25 e 27 settembre 2018,  martedì e giovedì dalle ore 18 alle ore 19.30 – presso la sede Arci di Via IV Novembre 40/L Modena

Per iscrizioni, ulteriori informazioni e partecipare all’iniziativa come volontario:

Diana  3474506510

Luana   3384882782

 

Via Giardini: che fare?

Il collegamento con Maranello, assieme a quello per Castelvetro, è sicuramente uno dei percorsi più amati dai ciclisti, perché in meno di 20 chilometri si raggiungono le prime colline dell’Appennino. Ma prima di tutto bisogna arrivare a Maranello.

Nei giorni festivi, senza il traffico pesante, la sezione della ex statale offre una certa sicurezza, ma durante la settimana, quando le giornate lunghe lasciano un po’ di tempo dopo il lavoro, raggiungere Maranello è come giocare alla roulette russa.

Le alternative sono sostanzialmente due: la Stradella o i tratti già realizzati di pista ciclabile fino ad Ubersetto. Su strada Stradella il traffico è sicuramente minore, ma la sezione ristretta della strada e spesso la velocità o poca educazione degli automobilisti, che devono passare ad ogni costo facendoti il pelo, eliminano ogni sicurezza.

Rimane la pista ciclabile, ma bisogna provarci. Già prima di via Contrada cominciano le deviazioni e gli attraversamenti, che proseguono circumnavigando Formigine fino ad Ubersetto. Ma vi sono anche numerosissimi paletti, transenne e restringimenti, non solo in corrispondenza degli incroci, ma dei singoli passi carrai; sono ostacoli e trappole per i ciclisti non previsti e non suggeriti dal Codice della strada, messi dai progettisti per eccesso di zelo o per proteggere se stessi e le Amministrazioni da eventuali contenziosi. Da poco sono spuntate quattro nuove transenne che chiudono la pista a Ubersetto in corrispondenza dell’accesso carraio dell’azienda Fondovalle. Sono cosi grandi e ravvicinate che costringono i ciclisti meno abili a scendere. Hanno forse voluto emulare ciò che, senza senso della convivenza civile, ha già fatto il comune di Modena davanti alla Maserati?

Il risultato è un altro sopruso a spese dei pedoni e dei ciclisti. Intanto i ciclisti sono costretti a rischiare sulla Giardini e sulla Stradella perché almeno, andando assieme alle auto, hanno la precedenza agli incroci ed alle immissioni laterali. Come se non bastasse, ogni tanto incontrano qualche automobilista zelante che suona il clacson e li invita ad usare la ciclabile. Ma perché non ci provano loro?

Giorgio Castelli
www.modenainbici.it

Elogio alla Cargo-bike

 

Da qualche settimana sono (felice) possessore di una cargo-bike, quella specie di bici lunga con un grande piano di carico anteriore. Ci ho pensato molto prima di fare questo acquisto (made in Modena tra l’altro), per la paura che non fosse utile, ma l’idea era quella di estendere l’uso quotidiano della bici, anche per le piccole commesse di casa. Non una bici in più, ma proprio la bici che uso tutti i giorni, solo più versatile.

Se fossimo ad Amsterdam, a Copenaghen o Berlino passerei inosservato, ma qui a Modena la curiosità e la diffidenza per questo strano aggeggio è inevitabile. A partire da mia madre “csa el cal baruzet? te propria mat!”, per finire ai commenti su facebook “bella, ma cosa ci fai?”, o davanti ai negozi “furba, ma non è ingombrante?” o sulle ciclabili “ma come fai a manovrarla?”

Domande che in realtà andrebbero girate a chi compra un SUV 4×4 da 10 mq che non uscirà mai dalle mura cittadine, od a chi acquista un monovolume da 12 mq per riempirlo solo il giorno della partenza per le ferie.

Invece le cargo-bike sono un mezzo diffusissimo in mezza Europa, dove sono una valida alternativa all’auto per tutti quei nuclei famigliari che hanno bimbi piccoli da portare a scuola (famosissima sui social la regina danese che porta 2 figli a scuola nella cargo sotto la neve), fare le piccole spese di ogni giorno (avvantaggiando così il piccolo commercio di vicinato a scapito della grande distribuzione), per arrivare fino alle consegne per le merci non voluminose, ed ai servizi di vicinato.

Infatti le stesse ditte di spedizione stanno provando cargo apposite per consegnare merci in città, perché è chiaro a tutti che, con l’esplosione degli acquisti online, le consegne a privati sono diventate un ulteriore problema serio di traffico e parcheggio (avete presente quante migliaia di minuscoli pacchetti consegnano quotidianamente i corrieri italiani con enormi furgoni semivuoti?).

Per questo credo che prima o poi il tema vada affrontato anche a livello di politiche della mobilità; intanto le amministrazioni potrebbero pensare ad incentivare l’uso e l’acquisto di cargo-bike da parte dei privati. Almeno così a Modena sarò in buona compagnia, e non più quel tipo con quella strana bici rossa.

Ermes Spadoni
www.modenainbici.it

Il caso della ciclabile di Mortizzuolo

La lettura della stampa locale a volte porta a piccole notizie che fotografano bene certi stereotipi radicati. Sto parlando di una interrogazione di un consigliere comunale con classiche contestazioni alla ciclabile, che crea disagi e ruba parcheggi alle attività commerciali. Nulla di nuovo se riguardasse Bologna, Modena o Carpi: però qui si parla di Mortizzuolo.

Ammetto che non sono mai stato a Mortizzuolo, e quindi ho fatto una visita virtuale con Google Maps, che mi conferma che la frazione di Mirandola è un borgo di case allineate su strada provinciale, nel quale non manca sicuramente lo spazio libero in rapporto a residenti e passanti.

Quindi quali problemi di parcheggio potrebbe mai portare una ciclabile in un tale paese? Io credo che il sottinteso del consigliere comunale sia che vengono a mancare quei 2-3 posti auto in fronte alle attività (una di quali è la sua…) e che i clienti saranno costretti, immagino, a parcheggiare 50 o 70 metri più in là. Come se un cliente affezionato potesse mai cambiare abitudini per qualche decina di metri in più.

In realtà le esperienze da tutto il mondo dimostrano che la sostituzione di parcheggi con corsie ciclabili non solo non porta una riduzione del fatturato, ma spesso si trasforma in un considerevole aumento, nonché alla riqualificazione di spazi invivibili assediati dalle auto.

A tal proposito sarebbe bello sapere se, ad esempio, due anni dopo la pur brutta ciclabile di via Giardini, le attività commerciali e fatturati sono diminuiti od aumentati: giusto per vedere se queste riqualificazioni funzionano anche a Modena e poter smontare le inevitabili polemiche alla prossima ciclabile.

Bene quindi ha fatto l’assessore di Mirandola a rispondere che il traffico in quel tratto di provinciale era molto pericoloso per i residenti, e che per l’amministrazione la sicurezza delle persone è una priorità. Concludendo però con un più rassicurante “e i parcheggi mancanti, anzi di più, sono stati ricavati dove prima non si poteva parcheggiare”, che dimostra come certe comodità automobilistiche siano difficili da sradicare anche nella tranquilla Mortizzuolo.

Spadoni Ermes
www.modenainbici.it