Il progetto di via Emilia

rossella-modena-dubbioIl Comune, dopo aver approvato un pessimo progetto di pista ciclabile in via Giardini, ha presentato al “Tavolo di consultazione per la mobilità urbana” un progetto simile per via Emilia est.

Molte sono le similitudini tra i due progetti: manca il ridisegno della strada urbana, la pista ciclabile è prevista su di un solo lato a doppio senso di marcia e passa da una parte all’altra della strada, costringendo i ciclisti ad inutili attraversamenti. I marciapiedi rimangono della minima larghezza.

Entrambi i progetti non rispettano il Piano regolatore che classifica i tratti più centrali di queste strade come “strade urbane di quartiere” e prevede piste ciclabili su entrambi i lati. Il Piano indica una riqualificazione delle due strade per ridurre il traffico e le velocità e per dare spazio alla socialità e al passeggio, favorendo lo shopping negli esercizi commerciali e artigianali presenti. Forse questo vantaggio le organizzazioni di categoria, che hanno approvato questi progetti, ancora non lo percepiscono.

L’intervento sulla via Giardini è stato finanziato coi fondi regionali per il “Miglioramento della qualità dell’aria” e quello della via Emilia con i finanziamenti per la “Mobilità sostenibile e il preferenziamento dei mezzi pubblici” dell’Accordo 2007-2010. Siamo nel 2014, nei progetti questi due obiettivi sono marginali e mancano i risultati attesi sulla riduzione del traffico, delle velocità, dell’inquinamento e sul miglioramento del trasporto pubblico.

Se non si rispettano le indicazioni del proprio Consiglio Comunale, figurarsi se ci si preoccupa di motivare e supportare concretamente le proprie scelte.
Altri soldi spesi tardi e male e noi patiamo per gli incidenti e lo smog.

Giorgio Castelli
FIAB Modena

#Bastamortiinstrada

Mentre la strage degli innocenti continua (800 vittime tra ciclisti e pedoni in Italia nel 2013), Salvaciclisti lancia un nuovo appello alla mobilitazione (#bastamortiinstrada) per domenica 9 novembre, con cui sollecita le autorità ad intervenire per contenere un fenomeno dai costi umani ed economici inaccettabili.

Dopo mille convegni, libri bianchi, piani sicurezza, dichiarazioni emergono due conclusioni inoppugnabili: il fattore chiave ricorrente negli incidenti è la velocità eccessiva; la politica non modifica il modello autocentrico di mobilità perché teme di perdere consenso nel bacino elettorale degli automobilisti.

Se sul secondo punto si è generalizzata una diffusa incredulità circa le capacità della classe politica di perseguire il bene comune, sul primo punto abbondano le esperienze di altre città che segnano la rotta per ridurre numero e gravità degli incidenti.

Le misure anti-incidente puntano a diminuire la velocità degli autoveicoli e a favorire la circolazione sicura dei mezzi ecologici: promozione del trasporto pubblico, zone a 30 km/h in tutti i quartieri residenziali, rotatorie di piccole dimensioni, tariffazione della sosta, pedonalizzazione aree centrali, normative comunali sugli insediamenti residenziali e produttivi che impongano più spazi per le biciclette, segnaletica di vantaggio per ciclisti e pedoni alle intersezioni, percorsi ciclabili e pedonali nelle strade più trafficate, controlli metodici delle forze dell’ordine (anche tecnologici) nei punti più incidentati.

Giuseppe Marano
www.modenainbici.it

#bastamortiinstrda

#bastamortiinstrda

Ambiente: a Modena tante ombre

città inquinata

città inquinata

Il rapporto Ecosistema urbano di Legambiente (2014) fotografa una situazione critica per Modena: nella classifica generale, la città estense scivola dalla 12° alla 38° posizione da un anno all’altro. All’origine del crollo ci sono i fattori legati al traffico: inquinamento dell’aria (polveri sottili, biossido d’azoto), tasso di utilizzo dell’auto e numero degli incidenti stradali oltre la media, basso indice di ciclabilità (lunghezza piste/abitante), elevato tasso di motorizzazione.

Tutte le ricerche confermano l’anomalia modenese e regionale in fatto di mobilità: la ricerca di Unipolsai sulle abitudini di guida degli italiani (2014) ha evidenziato che i cittadini modenesi restano al volante un numero di giorni l’anno e percorrono un chilometraggio superiori alla media nazionale.

In definitiva, le fotografie ambientali scattate da diversi organismi nel corso del tempo evidenziano da tempo che a Modena la principale sorgente di inquinamento è rappresentata dal traffico automobilistico. Pertanto, ogni politica di contenimento delle emissioni nocive, dunque, deve perseguire la riduzione dei fumi prodotti dalle auto.

Non ci sono scorciatoie: è necessario eliminare i numerosi pericoli e gli inutili ostacoli che penalizzano la circolazione dei mezzi ecologici. Essi sono il frutto tossico di un obsoleto e persistente modello di mobilità autocentrica che ha privilegiato gli automobilisti nell’occupazione dello spazio pubblico, avvelenando l’ambiente e ponendo a rischio la salute.

Giuseppe Marano
www.modenainbici.it

Cicloturismo: nuove opportunità in Emilia Romagna

colline e castelli in bici

colline e castelli in bici

In un contesto di contrazione del turismo tradizionale, spicca il trend in controtendenza  di quello a due ruote, sia in Italia che nel resto d’Europa. Sono milioni i cicloturisti che si mettono in viaggio per fruire in modo slow del patrimonio naturalistico, storico-monumentale e gastronomico racchiuso nei territori, alla cui economia apportano benefici concreti utilizzandone i servizi informativi e di accoglienza.

Uno dei fattori chiave per incrementare  questa forma di turismo è la rete delle ciclovie per i percorsi più interessanti. A tal riguardo, l’Italia è paradossalmente uno dei paesi europei più arretrati: pur in presenza di una ricchezza ambientale e storica straordinaria, offre una rete ciclabile molto primitiva e spezzettata, che non incentiva il flusso turistico nel/verso il nostro Paese.

Dopo un periodo di prolungato letargo in questo settore, finalmente la Regione Emilia Romagna sembra essersi svegliata. A luglio, la Giunta regionale ha approvato un programma di ciclovie molto impegnativo, finalizzato proprio all’incentivazione del turismo a due ruote.  Prevede la messa in rete di percorsi e piste ciclabili (esistenti e in progetto) per circa 3800 chilometri (ingloberà i percorsi previsti dal progetto della Fiab di Modena “Biciclette a fiumi”), intercettando le due dorsali nazionali: Bicitalia ed Eurovelo. Per fruire della nuova opportunità, la Regione installerà una segnaletica omogenea e predisporrà specifiche app per fornire informazioni utili ai turisti.

Giuseppe Marano
www.modenainbici.it

Libertà di uccidere i ciclisti nelle rotatorie

ciclista ferita

ciclista ferita

In un mondo di incertezze e precarietà, finalmente abbiamo una sicurezza: gli automobilisti che transitano sulle rotatorie possono tranquillamente ammazzare i ciclisti circolanti sulla ciclabile purché provengano dalla loro sinistra. Questa coraggiosa autorizzazione alla “pulizia stradale” a danno dei ciclisti è stata ratificata in sede giudiziaria grazie a un cavillo: l’automobilista che aveva eliminato un biker proveniente da sinistra alla rotatoria del Raffaello è stato assolto perché nella rotatoria vale la regola di dover dare precedenza solo a chi viene da destra.

Pertanto, a nulla vale se la ciclabile riporta la segnaletica orizzontale e verticale che ne garantisce il diritto di precedenza negli attraversamenti, in entrambe le direzioni.

Immaginiamo che questo principio di moderna giurisprudenza valga – per analogia – anche per tutti gli altri incroci non in rotatoria, ad esempio per quelli nelle zone a 30 km/h, dove vige la medesima regola della precedenza a chi viene da destra valida nelle rotatorie.

Mentre si va alla modifica del Codice della Strada che prevede il reato di omicidio stradale nell’intento di contenere gli incidenti (circa 3.500 vittime l’anno), a Modena la cultura autocentrica ha prodotto una nuova forma di barbarie: la legge del più forte viene consolidata anche laddove la segnaletica una volta tanto è chiara e posta a protezione dei più deboli, pedoni e ciclisti. Grazie alla sentenza ammazza-ciclisti, sulle strade cittadine la sicurezza è destinata certamente ad aumentare, con beneficio dell’ambiente e della salute.

Giuseppe Marano
www.modenainbici.it

Depositi e portabici contro i ladri

catena furti bici

catena furti bici

Le segnalazioni dei furti di bici occupano uno spazio fisso nella cronaca quotidiana dei mezzi d’informazione e suscitano continui dubbi e tentazioni alla rassegnazione nei ciclisti urbani, provocando il ricorso ai mezzi non ecologici.

La questione centrale è sempre la stessa: è possibile proteggere l’amata bici o, quantomeno, ridurre significativamente il rischio dei furti cui è esposta? La risposta è inequivocabilmente affermativa.

Tuttavia, la difesa della bici è principalmente nelle mani del ciclista. Alcuni buoni comportamenti favoriscono la prevenzione: dotarsi di un buon antifurto di acciaio cementato, legare ruota e telaio al portabici, targare la bici. E quando proprio si cade nel gorgo dei furti, presentare sempre la denuncia alle forze dell’ordine e non comprare bici usate da venditori illegali.

Un ruolo importante dovrebbero giocarlo gli enti pubblici e privati, realizzando servizi per i propri dipendenti e clienti. Il Comune dovrebbe sviluppare la rete dei depositi protetti e la collocazione dei portabici “Modena” al posto delle obsolete rastrelliere. Da questo punto di vista, i programmi d’investimento sono fermi e anzi riemergono vecchie cattive abitudini: nei parcheggi del MEF, della ex-Manifattura tabacchi e perfino nella parte di Piazza Roma restituita ai cittadini sono state installate rastrelliere del tutto inadeguate e insicure.

Anche le principali aziende pubbliche e private (a cominciare da Ausl, Hera ecc.) dovrebbero provvedere a realizzare depositi e installare portabici moderni, cosa che allo stato attuale sfugge alla sensibilità dei decisori.

Giuseppe Marano
www.modenainbici.it

Furti delle biciclette, qualcosa si può fare

catena furti bici

catena furti bici

CARO Carlino,
leggo che il governo spinge sulla circolazione su due ruote, tanto da incentivare le piste ciclabili protette chiedendo anche ai Comuni di permettere, quando le dimensioni della strada lo permettono, alle due ruote di circolare contro mano. Va tutto benissimo, io stesso sono a favore dell’uso della bicicletta, che uso molto spesso anche se piove, cercando di bardarmi con impermeabile e calzoni di nylon che mi prottegono.
Nessuno però tiene mai conto di una cosa: le biciclette vengono rubate con una frequenza che forse chi sta al governo nemmeno si immagine.
Credo che Modena da questo punto di vista non sia nè particolarmente sfortunata nè privilegiata: qui parcheggiare la bici in strada è rischioso, non valgono lucchetti o catene di grandi dimensioni. E’ uno dei principali motivi che spingono le persone a non usare le due ruote. Arriveremo mai a risolvere il problema?
Ermanno Vincenzi

 

SONO rimasto stato colpito dalla lettera di Ermanno Vincenzi sui furti delle biciclette. Le sue più che giustificate lamentele sono originate da un fenomeno vasto e radicato che lo conducono a un’osservazione importante: «E’ uno dei principali motivi che spingono le persone a non usare le due ruote».

L’antidoto proposto («l’unico modo è agire alla fonte, vale a dire scovare e arrestare almeno i ladri più attivi sulla piazza») sembra la reazione più naturale ed efficace. Purtroppo, la questione è molto più complessa e andrebbe affrontata con strategie integrate di revenzione e repressione.

Come Fiab (federazione italiana amici della bicicletta) abbiamo tanto a cuore il problema dei furti di bici che vi abbiamo dedicato una campagna articolata fra il 2011 e il 2012, col sostegno del Comune e dei media locali. Sulla base della nostra esperienza e delle informazioni di cui disponiamo, possiamo però affermare che il contrasto al fenomeno dei furti è possibile e necessario per favorire la mobilità sostenibile, urgente in una città inquinata come Modena.

Che fare? Dobbiamo agire su più ambiti: i comportamenti dei ciclisti, il contrasto della ricettazione, la diffusione di servizi a protezione delle bici.

I ciclisti devono imparare a difendersi, attuando cinque azioni concrete: usare antifurti di qualità (acciaio cementato di livello almeno 7), legare ruota e telaio ai portabici, targare la bici, denunciare il furti quando se ne è vittima, acquistare bici usate solo da venditori di fiducia specializzati.

Ricettazione: la Fiab ha proposto nel 2012 il progetto B.U.S. (Biciclette Usato Sicuro) alle Forze dell’ordine e al Comune, senza però riuscire a sbloccarne l’inerzia. L’idea è di costituire una rete di negozi “sicuri” presso cui acquistare bici tracciate nella loro provenienza e targate e di pubblicizzarla in città per orientare la domanda di usato verso i commercianti corretti.

Infine, i servizi per i ciclisti: chiediamo da tempo al Comune di diffondere i portabici Modena (quelli a P) in tutta la città, come pure di moltiplicare i depositi protetti che hanno dato ottime prova di sicurezza tutelando la bici a centinaia di utenti.

L’ultima cosa di cui abbiamo bisogno è la rassegnazione: battere i ladri di bici è possibile.

Giuseppe Marano
FIAB Modena

Italiani in bici chiedono più sicurezza

segnali

segnali

Le statistiche sono univoche nel rilevare che gli italiani stanno riscoprendo la bici come mezzo di spostamento nelle aree urbane e per il ciclo turismo. Questa tendenza è frutto di diversi fattori convergenti: diffusione della cultura salutista, aumento dei costi di gestione delle automobili, difficoltà d’uso delle quattro ruote in città.

Ma quali sono i problemi prioritari che i ciclisti incontrano quotidianamente? Un recente sondaggio di Nextplora per conto di Linear (Unipol Assicurazioni) conferma la sensazione ben nota alla Fiab: la preoccupazione principale dei ciclisti riguarda la sicurezza della circolazione nelle città. Non è un caso: il rischio medio di mortalità per un biker è di 1,92%, più del doppio (0,77%) rispetto a chi va in auto e oltre il sestuplo (0,31%) di chi sceglie l’autobus.

Non bisogna meravigliarsi che i ciclisti chiedono più protezione e più accessibilità. Il 65% degli intervistati (70% tra gli abitanti del nord) chiede la diffusione delle piste ciclabili mentre il 43% evidenzia le difficoltà di circolazione nelle strade della propria città (il 25% ritiene che solo le strade del centro siano adatte alle due ruote).

Infine, i ciclisti percepiscono nettamente l’ostilità degli automobilisti nei loro confronti, frutto della cultura autocentrica molto diffusa nel Paese.

Restano sullo sfondo altri problemi: i furti, la carenza dei parcheggi e depositi bici adeguati, la segnaletica irrazionale sui percorsi ciclabili, una legislazione che non prevede ancora il reato di omicidio stradale… Ciononostante i ciclisti aumentano. Non è il caso di aiutarli con politiche più coraggiose nella loro impresa civica ed ecologica?

Giuseppe Marano

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Viaggiare con la bici: tante opportunità

bici in treno

bici in treno

Gli amanti delle biciclette tentano sempre di compiere i viaggi turistici con la loro due ruote al seguito. Questo legittimo desiderio deve però fare i conti con la scarsa propensione delle compagnie di trasporto ad accogliere le esigenze dei ciclisti, specialmente in Italia, dove il ciclo turismo è fatto recente e non ancora di massa. Qualche informazione generale potrà agevolare i biker negli spostamenti.

La formula “bici più treno” è eccellente: mette d’accordo i due mezzi più ecologici oggi circolanti. Ma attenti alla giungla delle norme locali e nazionali. Trenitalia e Italo consentono il trasporto della bici al seguito su ogni treno gratuitamente solo se impacchettata come qualsiasi bagaglio e avvolta in un telo, riducendone l’ingombro alle dimensioni minime (cm 80X110X40). Italo mette a disposizione una convenzione per l’invio della bici integra con un corriere in tutte le regioni italiane (salvo Sicilia e Sardegna) con una cifra contenuta (25 euro), prenotando il giorno precedente il viaggio. Più complessa la situazione sui treni regionali: le bici sono ammesse integre sui convogli pagando un biglietto giornaliero (3.5 euro per andata e ritorno). Per i viaggi oltre confine conviene informarsi nelle stazioni o sui siti web in quanto vi sono molte norme specifiche per ogni tratta.

Il trasporto in aereo può avvenire solo con la bici smontata e impacchettata. Alitalia dà il passaggio gratuito per un peso fino a 23 kg (oltre si paga un supplemento). Tutte le altre compagnie fanno pagare il passaggio (30 euro per i voli nazionali e 50 quelli internazionali con Meridiana; 55 euro con Rynair; 45.90 con Easyjet; 5 euro per kg con Blu Express).

Più economici i viaggi in mare: la bici al seguito paga in base alle tratte: dai 3 euro con Moby Line ai 9 euro di Tirrenia sui collegamenti con la Sardegna. Toremar fa pagare dai 7.28 agli 8.27 euro nelle tratte verso le isole dell’arcipelago toscano. Grimaldi Lines offre il trasporto gratuito su tutte le tratte.

Giuseppe Marano
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Senso unico eccetto bici: una norma “europea”

senso unico eccetto bici

senso unico eccetto bici

La bocciatura in Commissione trasporti della Camera della norma che intendeva introdurre nel Codice della strada il doppio senso di circolazione per le bici nei sensi unici per gli autoveicoli ha suscitato un coro di commenti, facendo emergere nel dibattito pubblico un’opportunità tanto apprezzata dai ciclisti quanto contrastata da molti difensori delle quattro ruote.

La ragione esplicitata dagli avversari del “senso unico eccetto bici” sono note: la possibilità di trovarsi di fronte un ciclista in una strada a senso unico destabilizza le sicurezze degli automobilisti e costituisce una fonte certa di pericolo mortale, soprattutto per le due ruote.

La motivazione implicita della nuova norma è invece quella di sempre: le strade sono un luogo di circolazione quasi esclusiva per le quattro ruote e ogni altro mezzo che vi si inserisce (bici, bus, pedoni, disabili…) rappresenta un ostacolo alla libertà delle auto.

Le motivazioni a favore del “senso unico eccetto bici”sono essenzialmente due: rendendo promiscuo il traffico, aumenta la sicurezza degli utenti della strada e promuove l’uso della bici, particolarmente nei centri storici, bisognosi di cure anti-smog da cavallo.

Pur apparendo contro-intuitivo, il “senso unico eccetto bici” (da non confondersi col “contromano”) è una misura molto efficace per la sicurezza stradale generale, a condizione di essere praticato nelle zone a 30 km/h, rispettando la circolazione alla propria mano, previa installazione di segnaletica e opportuna campagna di comunicazione preventiva.

Questa norma approda in Italia dopo un decennio di sperimentazione nei paesi più bike frendly d’Europa (Germania, Francia, Belgio, Svizzera, Spagna, Ungheria e nei paesi del Nord Europa). Pochi dei contestatori nostrani sono al corrente che è già oggi possibile applicarla sulla base di prescrizioni dettate dal Ministero dei Trasporti, tant’è che Reggio Emilia l’ha adottata in tutto il centro storico, senza alcuna protesta. La norma è stata sostenuta ufficialmente anche dall’Anci (Comuni italiani). Fra le città più avanzate ciclisticamente, Modena “resiste” all’innovazione, confermandosi auto centrica come poche altre. La nuova amministrazione comunale continuerà a puntare sulle quattro ruote come mezzo privilegiato di spostamento in città o si schiererà per la promozione delle bici e della mobilità sostenibile?

Giuseppe Marano
www.modenainbici.it