Accordo sul clima: e le autonomie locali?

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L’accordo sul clima sottoscritto il 22 aprile 2016 a New York da 170 Paesi (fra cui l’Italia) prevede di limitare l’aumento della temperatura a 1,5 gradi entro il 2050. L’Italia dovrà pertanto dimezzare le emissioni serra, portare le fonti energetiche rinnovabili al 35% (oggi al 17,3%), elevare la produzione di energia elettrica ecologica al 66% (oggi al 38%) e, infine, innalzare l’efficienza energetica a +40%.

I commenti seguiti all’accordo hanno evidenziato il ruolo strategico assegnato ai governi e alle imprese nel promuovere politiche di contenimento dei cambiamenti climatici. L’agenda è stringente e articolata, ma ormai nota: ricerca e sviluppo, fonti rinnovabili, consumi ecologici, green economy…

Fino ad oggi però nessuno ha sollevato un questito chiave: qual è il ruolo dei governi locali e degli organismi sociali nell’attuazione di questi obiettivi? Occorre infatti riflettere che, a fronte di 1 governo nazionale, in Italia operano 20 regioni, 8.500 comuni e almeno 350.000 associazioni di volontariato: se non vengono coinvolti questi soggetti, sarà ben difficile tenere fede agli impegni così solennemente assunti a New York.

È dunque lecito chiedersi: in quale direzione intende muoversi il Comune di Modena per contribuire a ridurre i cambiamenti climatici? darà impulso alla mobilità sostenibile? porrà termine allo spreco di suolo? abbandonerà il mito dell’edilizia e delle autostrade come fattori prioritari di sviluppo economico? riuscirà a orientare le società partecipate nella direzione auspicata dall’accordo sul clima?

Giuseppe Marano
www.modenainbici.it

articolo gazzetta di modena 15 maggio 2016

articolo gazzetta di modena 15 maggio 2016

We-city, we-bike

ciclistiurbani

In un incontro pubblico sul Piano della mobilità ciclistica (21 aprile 2016), l’assessore alla Mobilità del Comune di Modena, Gabriele Giacobazzi, ne ha richiamato i due obiettivi salienti: collegamento delle ciclabili in una rete più funzionale e realizzazione di zone a moderazione di velocità. Tutte ottime cose, certo, ma saranno sufficienti a far calare i veleni immessi dalle automobili nell’ambiente, come richiesto dalla Regione Emilia Romagna ai Comuni?

L’assenza di indicatori di risultati con cui valutare l’efficacia della ‘cura del pedale’ prevista dal Piano ne ridimensiona le iniziali ‘ambizioni’ (ridurre gli spostamenti automobilistici a favore di quelli ciclistici), proclamate dal sindaco, Giancarlo Muzzarelli, al momento della sua formulazione, oltre un anno fa.

Una politica della mobilità lungimirante non può che fondarsi su un ampio mix di misure coerenti e di medio-lungo periodo: messa in sicurezza delle strade per pedoni e ciclisti, contrasto ai furti di bici, zone a moderazione di velocità, agevolazioni per i sistemi di trasporto ecologici, disincentivi all’uso delle auto e incentivi all’uso della bicicletta.

Su quest’ultimo fattore, giungono good news dai ricercatori di UniMoRe: grazie ad un’applicazione per cellulari (We-City), è possibile calcolare la CO2 non emessa in atmosfera in relazione alla modalità di spostamento ecologica scelta dall’interessato (a piedi, in bici, col car-pooling e i mezzi pubblici).

Potendo disporre di tale informazione, la Fiab lancia al Comune di Modena, all’Ausl, ad Hera e a tutte le organizzazioni pubbliche e private disponibili una proposta concreta: impiegando We-City, potrebbero concordare incentivi (economici, di tempo libero, di servizi) da offrire ai propri dipendenti per gli spostamenti ecologici. D’altronde, già varie città e società premiano i collaboratori con denaro o giorni di congedo. A problemi concreti (l’inquinamento da traffico) si deve rispondere con soluzioni concrete e appetibili per i destinatari.

Giuseppe Marano

Via Giardini, la “ciclabile-spezzatino” è servita

E così, dopo due anni di progetti, contestazioni, ripensamenti, bocciature delle Circoscrizioni, mozioni integrative in Consiglio Comunale, una spesa di oltre 650.000 euro, la ciclabile della discordia è quasi pronta, sotto gli occhi di tutti.

ciclabilegiardini

La più improbabile pista mai concepita si presenta in tutta la sua incongruità, con la larghezza a fisarmonica e le misure irregolari, le filette-bunker, le vezzose (e costose) preziosità della pavimentazione di porfido e granito, le intersezioni raccapriccianti e, soprattutto, con l’ormai famoso “spezzatino”, metà di qua, metà di là. E, per finire, dopo l’intersezione con Viale Corassori, la confluenza sulla pista preesistente, vecchia come il cucco, sopra il marciapiede, fino a Viale Amendola.

L’Amministrazione comunale ha portato a termine con impavida determinazione un’infrastruttura lungamente richiesta bocciando qualsiasi suggerimento tecnico della Fiab, delle altre associazioni ambientaliste di Modena, delle due Circoscrizioni interessate, di alcune forze presenti in Consiglio.

Il tracciato della ciclabile, un vero e proprio percorso di guerra per i ciclisti da Piazzale Risorgimento a Viale Corassori, ha scontentato tutti, compresi il pugno di commercianti scesi in trincea fin dall’inizio in nome degli interessi di bottega, mai come in questa circostanza confliggenti con le esigenze di sicurezza dei ciclisti e della riduzione dell’inquinamento in città.

I suggerimenti della Fiab restano tuttora validi e attuabili: due ciclabili di 1,5 m per entrambi i lati, separati dai pedonali, senza soluzione di continuità da Piazzale Risorgimento a Viale Corassori, attuati con materiali economici, riqualificazione del tratto esistente fino a Viale Amendola.

Il rilievo primaverile dei flussi ciclistici attuato dalla Fiab nei 17 principali punti di transito della città ha confermato il trend in calo dell’uso della bicicletta: negli ultimi 3 anni i ciclisti censiti dall’associazione sono calati del 15% circa. Gli interventi come quello della ciclabile di Via Giardini non contribuiranno certo a convincere i cittadini a usare maggiormente la bici. Ma forse questo non è un problema per l’Amministrazione comunale, più preoccupata di non disturbare i commercianti e gli automobilisti oltranzisti che di attuare politiche di contenimento dei veleni emessi tutti i santi giorni da 115.000 autoveicoli che circolano in città come se nulla fosse.

Giuseppe Marano

Con la bici in sella alla libertà, ieri come oggi

libri in bici

Saber Hosseini

A 70 anni dalla Liberazione, la bici reclama un posto di rilievo nella Storia avendo sostenuto gli sforzi di quanti si sono battuti e si battono per la libertà e la cultura.

Nel corso della Resistenza, fra il 1943 e il 1945, le staffette partigiane usavano la bici per collegare i patrioti operanti in territori diversi, comunicando notizie, indicazioni dei centri di comando, informazioni sui movimenti delle truppe nazi-fasciste. Spesso questa pericolosissima funzione era svolta dalle donne, che si affacciavano sulla scena degli eventi collettivi con un profilo dirompente rispetto alla tradizione.
Dopo decenni dalla Seconda guerra mondiale, la bici continua a rappresentare un simbolo di pace e libertà, aiutando gli uomini e le donne nella loro ribellione ai conformismi e alle violenze praticati nel mondo.

Recentemente, un gruppo di ragazze curde ha pedalato nelle strade di Amuda, nella provincia siriana di al Hasaka, per protestare contro le norme che considerano ‘indecente’ l’uso della bici per le donne. Con lo slogan ‘Comunità libera’, armate di entusiasmo e palloncini arancione, le giovani hanno gridato al mondo il loro desiderio di sentirsi libere di andare in bici senza alcuna discriminazione.

Saber Hosseini, insegnate di Bamiyan, capitale dell’omonima provincia nel centro dell’Afghanistan povero e isolato, usa la bici per consegnare libri ai bambini esclusi dal diritto di frequentare la scuola a causa della guerra. Dai 200 libri iniziali, acquistati tra mille peripezie ai confini con l’Iran, i volumi di Hosseini sono aumentati fino a 3500. Il gesto dell’educatore è al tempo stesso una forma di ribellione all’oscurantismo imposto dai Taleban nei territori occupati ed espressione di orgoglio pacifista: “I Taleban usano le biciclette per i loro attacchi. Noi vogliamo sostituire questa immagine di violenza con la cultura”.

Ora e sempre bicicletta!

Giuseppe Marano
www.modenainbici.it

Referendum trivelle: il valore del voto delle donne

stop trivelle

stop trivelle

Giovedì 7 aprile ho partecipato con interesse alla seduta del Consiglio comunale di Formigine dedicata alla celebrazione del 70° del voto alle donne. La serata è stata resa emozionante dai racconti delle donne che – entrando nella Resistenza – hanno contribuito alla nascita della libertà e alla rinascita di un Paese distrutto.

Quelle donne oggi difendono la memoria storica degli eventi fondativi della Repubblica. Non è stato facile ottenere quel diritto al voto, né superare la cultura maschilista dominante, così cara al fascismo patriarcale di Mussolini.

Mentre ascoltavo le testimonianze appassionate delle partigiane, ho pensato ad una donna di oggi, assurta agli onori della cronaca: chiamata nel 2014 a dirigere il ministero dello Sviluppo economico, come nelle soap opera brasiliane “per amore” ha ceduto alle pressioni del suo uomo e ha “regalato” alcune disposizioni della finanziaria 2016 alle potenti lobby del petrolio, non proprio in prima fila nella difesa dell’ambiente e della salute umana.

Con questi pensieri in testa, confesso di non essere riuscita a cantare l’inno d’Italia con la mano sul petto, come siamo stati invitati a fare durante il Consiglio comunale. Troppe rovine avevo davanti agli occhi, troppa corruzione, troppo cinismo, troppo malaffare, tanto da demotivare chiunque dall’impegno civile.

Poi ho ripensato all’esempio delle partigiane accanto a me e sono tornata sui miei passi. Non possiamo abbandonare il nostro magnifico Paese nelle mani delle sanguisughe che ne stanno prosciugando le ricchezze uniche. Per questo ho deciso di andare a votare il 17 aprile, ed eserciterò questo mio diritto consapevole del fatto che è stato conquistato a caro prezzo da donne e uomini che amavano la democrazia.

Andrò a votare perché vorrei tenere in vita il germe della democrazia e salvarne l’ispirazione di fondo: la partecipazione popolare alle scelte del bene comune. Trovo che sia già un buon motivo per andare a votare.

Paola Busani

Si parte! ‘Donne in bici’ alla V edizione

donne in bici

donne in bici

Anche quest’anno, si parte: le volontarie Fiab prendono le vecchie grazielle, tolgono i pedali e le offrono alle donne straniere. Sono di diversa nazionalità, età, religione, costituzione fisica, sposate e non, con figli e non, con il velo e non. Sono diverse ma rese uguali dall’essere donne, sostenute tutte dall’entusiasmo, dalla caparbietà, dalla resistenza.

Per ora non vanno lontano: dopo alcuni giorni le più brave riescono a fare il giro del parcheggio dove si esercitano. D’altronde, alcune di loro prendono la bicicletta per la prima volta e devono familiarizzare con il mezzo, sostenute dalle volontarie che fanno “le ruotine”. Quando se la sentono, iniziano a pedalare da sole. Quello è il momento magico per tutti.

Sono ormai cinque anni che la Fiab di Modena propone ‘Donne in bici’ alle nuove “cittadine” straniere di Modena, con il patrocino del Comune e la collaborazione di ARCI, Casa delle Donne, UISP e Centro Territoriale Permanente.

L’associazione organizza due corsi l’anno, in primavera ed in autunno, articolato in sei lezioni, in cui la teoria si fonde con la pratica, finalizzate ad evidenziare l’importanza delle luci, del giubbotto catarifrangente, del campanello, dei freni efficienti, dei cartelli stradali. L’ultimo giorno vengono guidate in un’escursione nel traffico vero sulle strade cittadine. È il battesimo delle neo-cicliste.

Ad ogni corso partecipano circa dieci “allieve” supportate da altrettante volontarie, a volte ex allieve. In effetti, condividere, partecipare e accogliere sono le parole chiave di questa originale esperienza, perché per tutte le donne, allieve e volontarie, la bici spalleggia, fiancheggia e sostiene nella quotidianità.

Gabriella Tritta
Fiab Modena

articolo 10 aprile 2016

articolo 10 aprile 2016

I ciclisti possono salvare il mondo stando anche più a destra

gruppo di ciclisti per strada

gruppo di ciclisti per strada

I ciclisti possono salvare il mondo stando anche più a destra” è una battuta che circola sui social media per denunciare la propensione dei ciclisti a dirsi salvatori del mondo pur senza rispettare le regole stradali.

Tralascio i commenti sulla voglia di “stirare un ciclista”; mi soffermo sulle motivazioni che inducono i ciclisti a occupare il centro della strada. Anzitutto, occorre distinguere 2 ambiti: quello cittadino e quello extra-urbano. Nel primo la scelta del ciclista di non procedere sul bordo destro della carreggiata gli consente di rendersi maggiormente visibile agli autoveicoli, evitare di prendere una sportellata in faccia dall’automobilista che ha parcheggiato, o di finire sul cofano dell’auto che sporge dall’incrocio oltre la linea dello stop o dall’uscita del cancello di casa, ed infine di scansare sbrecciature dell’asfalto, caditoie, brecciolino, foglie ed altri oggetti pericolosi a bordo strada. Al loro posto chi viaggerebbe confinandosi sulla destra?

Nel traffico extra-urbano invece quelli al centro della strada sono sempre i ciclisti della domenica. Sì, quelli affiancati per 4 … E allora via con l’aggressività a suon di clacson, gesti scurrili, insulti da stadio (3 settimane fa ci è scappato il morto in Puglia!). Ma da dove viene questo astio, questo senso di lesa maestà alla vista di pacifici ciclisti che chiacchierano mentre pedalano? Non sono forse anche loro lavoratori, macellai, impiegati, benzinai che alla domenica hanno diritto di usufruire dello spazio pubblico stradale? In fondo dove dobbiamo andare di tanto importante da non poter attendere qualche secondo in più per  sorpassare, come faremmo per un trattore? Siamo lì a correre in auto per salvare il mondo, o semplicemente stiamo andando dalla nonna a mangiare i tortellini? E non si dica che gli automobilisti rispettano sempre tutte le regole della strada! Ed allora solo un po’ più di tolleranza e tutti insieme potremo salvare il mondo dalla inciviltà.

Ermes Spadoni
www.modenainbici.it

Attraversamenti ciclo-pedonali: questi pericolosi sconosciuti

attraversamento ciclo pedonale

attraversamento ciclo pedonale

Commentando un post pubblicato sul sito web della Polizia Municipale per chiarire che gli attraversamenti ciclo-pedonali (quelli con i quadrotti bianchi) sono percorribili in sella alla bicicletta, il sig. Maurizio ha reagito in modo tranchant: “Sono contrario al fatto che i ciclisti possano passare sulle strisce pedonali. Pedalando, infatti, sono molto pericolosi in quanto la loro velocità è molto superiore a quella di un pedone e può causare confusione perché te li trovi davanti all’improvviso”.

In questa argomentazione possiamo cogliere tutti i frutti avvelenati di decenni di motorizzazione selvaggia nelle nostre città, che ha portato la stragrande maggioranza delle persone a ritenerla perfino ragionevole: possibile che un ciclista abbia il diritto di andare “veloce” in città?

Il ciclista salta sempre fuori all’ultimo secondo? Tutti incoscienti kamikaze autolesionisti che vogliono provare l’ebbrezza di una roulette russa stradale? Invece, non è per caso che in quell’ultimo secondo l’auto ha percorso uno spazio eccessivo in quanto l’automobilista non ha regolato la sua velocità per fronteggiare gli eventuali ostacoli? A proposito di ostacoli: chi è ostacolo di chi, il ciclista per l’automobilista o l’automobilista per il ciclista? Il Codice della Strada stabilisce chiaramente che i ciclisti sono equiparati agli altri veicoli circolanti, non sono certamente da considerarsi veicoli di serie B.

Considerando anche lo stato delle segnaletiche della nostra città, quanti attraversamenti ciclo-pedonali sono chiaramente visibili da 70-100 mt dal cruscotto della nostra auto a 50 all’ora? A quella velocità, come facciamo a sapere se dovremo o no dare la precedenza?
Non è ora, a prescindere dalla precedenza, di alzare il pedale dell’acceleratore e prendersi cura, da buoni cittadini, anche della sicurezza altrui?

Ermes Spadoni
(Fiab Modena)

Aggiusta la bici e pedala felice

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corso manutenzione bici

Le limpide giornate di primavera suscitano in voi un naturale desiderio di strappare le ragnatele che avvolgono la bici relegata in cantina, inforcarla e lanciarvi in escursioni salutari fra i campi in fiore. Mentre procedete spensierati e felici, un fruscio inconsueto attira la vostra attenzione: vi fermate e scoprite con raccapriccio che una gomma si è sgonfiata. Disarmati, impreparati, senza il ‘necessaire’ e le competenze per porre rimedio all’incidente, venite assediati dalla sensazione che la jella vi perseguita. Presi dall’ira, decidete su due piedi un irrevocabile ‘mai più in bici!’

La Fiab di Modena ha pensato proprio a voi quando ha programmato un corso per la manutenzione della bici e l’organizzazione delle escursioni. Previsto nel calendario 2016 delle attività (3 incontri in tutto), si è svolto a febbraio con un successo così ampio (20 partecipanti) da indurre l’associazione a riproporlo anche a marzo, per rispondere alle insistenti richieste dei numerosi ciclisti (altri 20) ansiosi di apprendere i piccoli segreti per liberarsi dai guai meccanici e pedalare felici.

Il corso di ‘sopravvivenza ciclistica’ della Fiab fornisce elementi per organizzare un viaggio e imparare a risolvere i più comuni guasti meccanici. Chi partecipa non diventa meccanico, ma potrà tornare a casa in autonomia, evitando le amarezze di chi si pianta masticando fiele. Gli ‘allievi’ si esercitano sulla propria bicicletta e imparano a scegliere le attrezzature, regolare la bici e prepararsi al viaggio. Non solo: apprendono a effettuare una riparazione delle gomme, a sostituire un filo del freno o un raggio delle ruote. Infine, apprendono come organizzare l’escursione, scegliendo abbigliamento, attrezzature e alimentazione.

Giuseppe Marano
www.modenainbici.it

L’Europa pedala, Modena costruisce … autostrade

autostrada ciclabile germania

autostrada ciclabile germania

Si moltiplicano i segnali europei di un salutare ripensamento del modello finora dominante di mobilità autocentrica (la quattroruote fulcro degli spostamenti urbani), che ha avvelenato le città, facendo sperare in un cambiamento benefico per tutti i cittadini del continente.

In Germania è stato appena inaugurato un tratto della Radschnellweg, l’autostrada ciclistica lunga 100 km destinata a collegare 10 città, fra cui Mülheim an der Ruhr, Duisburg, Bochum e Hamm. In Danimarca spicca per ambizione la Cycle Super Highway, una ciclabile di 22 chilometri che collega il centro di Copenhagen con la città di Albertslund e che, in futuro, si prolungherà fino a 300 chilometri nel resto del paese. L’Olanda ha da tempo realizzato un’autostrada per le biciclette lunga 7 chilometri fra Breda e Etten-Leur. A Londra è in programma la costruzione della East-West Cycle Superhighway, 30 chilometri di ciclabili che collegheranno i quartieri occidentali di Acton a quelli orientali Barking. La fredda Norvegia investirà quasi un miliardo di euro per realizzare una rete di ciclabili per collegare i centri di nove città con l’hinterland.

E a Modena? L’emulazione positiva per l’operato degli amministratori del centro-nord Europa ha suscitato un inedito, straripante entusiasmo in città. Per abbattere le polveri sottili, gli ecologisti che animano la lobby politico-economica già scaldano le betoniere per realizzare la versione estense delle nordiche Cycle Superhighway: con un colpo di scena assoluto, hanno infatti comunicato che riserveranno alle bici le progettate autostrade Campogalliano-Sassuolo, Cispadana, complanare A1 fra Cantone del Mugnano e Modena sud.

Nel frattempo, animata da spavaldo entusiasmo, la citata lobby ha voluto strafare, mettendo in cantiere interventi sempre più faraonici: un ponticello ciclabile sul Panaro, la ciclabilina fra Via Araldi e Via Martiri delle Foibe 

Giuseppe Marano
www.modenainbici.it

2 ruote - 13 marzo 2016

2 ruote – 13 marzo 2016