La libertà viaggia su due ruote

corso donne straniere

Diceva Susan B. Anthony, una delle pioniere del movimento per i diritti della donna, che “l’uso della bicicletta ha contribuito all’emancipazione femminile più di ogni altra cosa al mondo.”

In una società autocentrica come la nostra un’affermazione come questa può sembrare superata, eppure é proprio il circolo vizioso provocato dalla carenza di adeguati piani sulla mobilità a spingere da un lato le persone all’uso del mezzo privato, dall’altra a relegare nella marginalità la fascia di popolazione più povera.

A farne le spese sono soprattutto le donne immigrate, la cui difficoltà é aggravata dal fatto che molte di loro non sanno usare la bicicletta, mezzo che permetterebbe loro, a costo zero, di muoversi in autonomia. Da dieci anni la Fiab di Modena si fa carico di questo bisogno, istituendo corsi per insegnare alle donne straniere l’uso della bicicletta. Per fare questo usufruiamo dell’aiuto di varie associazioni come la Uisp, l’Arci e la Casa della Donna e soprattutto, colonna portante del nostro progetto, delle volontarie, che assicurano con il loro entusiasmo il buon esito dei nostri incontri. La tenacia delle allieve, che raramente concludono i nostri corsi semestrali senza imparare a stare in equilibrio sulle due ruote, fa il resto.

Nonostante tutta questa sinergia positiva, il numero di volontarie presenti non riesce a coprire il crescente numero di domande cui ci troviamo a far fronte, per questo motivo da queste pagine lanciamo un appello a tutte le donne che hanno voglia di darci una mano per il prossimo corso di ottobre o per quelli che verranno. Per chi fosse interessata può scrivere a: redazione@modenainbici.it

Il corso, sei incontri, riparte il 3 ottobre e si tiene nelle giornate di martedì e giovedì, dalle ore 18 alle 19, presso il piazzale ove ha sede l’Arci di Modena (Via IV Novembre 40).

Luana Marangoni
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Gli Urban Bike Messanger: l’uomo “bicicletta”

urban bike messenger

Gli Urban Bike Messanger (messaggeri urbani a pedali) sono come una creatura mitologica: metà uomo e metà bicicletta. Nascono Negli anni ’80 nelle metropoli americane e sfrecciano da anni in sella alle loro biciclette e cargo-bike per le strade di molte città. Si destreggiano nel traffico urbano, macinando chilometri tra ostacoli d’ogni genere, lo smog e la curiosità dei più, consegnando pacchi e buste a un crescente numero di clienti.

Sono i più veloci, sicuri ed ecologici corrieri urbani. Sono un segno del futuro, un futuro che pedala. A Modena, in Viale Monte
Kosica, è attivo il primo Scalo Merci Ciclologistico della città, realizzato da Italian Bike Messanger. Si tratta di un polo di interscambio facilmente raggiungibile dai corrieri che vi scaricano le merci, poi consegnate in centro storico e dintorni con la bici da carico. Consegna una media di 150-200 colli al mese, fa stoccaggio e movimentazione per conto di una start up digitale e smista
merci per alcuni commercianti del Mercato Albinelli.

Statistiche alla mano, i Messanger modenesi sono la dimostrazione concreta che la bicicletta è il mezzo di percorrenza più veloce nei tragitti urbani di distanza inferiore ai 5 Km (il comune di Modena ha un raggio medio di 4,8 Km). Garantiscono un trasporto sicuro in qualunque condizione meteo, evitando allegramente ZTL, targhe alterne e provvedimenti comunali anti smog. Insomma sono una soluzione “smart” a vecchi problemi grazie all’intramontabile bike.

Ciononostante vediamo ancora oggi numerosi mezzi inquinanti circolare su Via Emilia centro: affidare ai grandi veicoli non ecologici il trasporto merci di corto raggio non è più un’opzione accettabile! Questi veicoli sono il segno del passato che resiste al cambiamento e imperversa nella nostra vita. I moderni galoppatori su due ruote sono una valida e credibile alternativa al trasporto
motorizzato su gomma. Sono un brillante segno del futuro che cerca di emergere ed affermarsi, tentando di contrastare il
paradigma autocentrico,radicato nelle nostre realtà da più di un secolo. Sapremo aiutarli con nuovi approcci alla mobilità urbana?

Marina Beneventi
www.modenainbici.it

Un’alternativa al mezzo privato: la mobilità condivisa

portabici modena

E’ possibile percorrere tragitti medio-lunghi da città a città, da centro storico a periferia, da quartiere a quartiere, senza l’impiego del veicolo privato? La risposta è certamente positiva, è di moda e si chiama sharing mobility.

La prima espressione del modello sempre più diffuso della condivisione è il car sharing, i cui servizi in Italia sono raddoppiati nell’ultimo anno rispetto al precedente. Nel 2016 si contano 700 mila utenti di Enjoy, Car2Go, DriveNow. Secondo gli esperti, ogni auto condivisa toglie dalla strada fino a 9 vetture circolanti, contribuendo a ridurre il traffico e l’inquinamento. In Italia, 200 mila sono le persone che inforcano le biciclette del bike sharing, che dispone di 13.770 bici in 200 comuni.

Alzano l’asticella della condivisione i 40 mila passeggeri che ogni weekend usano l’autostop digitale di BlaBlaCar, che propone di utilizzare una sola automobile da parte di un gruppo di persone che compiono lo stesso tragitto; allo stesso modo, l’italiana JoJob favorisce gli spostamenti casa-lavoro fra gruppi di colleghi.

La mobilità condivisa è un’alternativa al mezzo privato credibile, crescente e pratica: innesca una rivoluzione culturale che porta ad intendere la proprietà privata come un “prestito”, il cui utilizzo è volto al profitto e al benessere collettivo. Un’opportunità che tuttavia fatica a trovare un sistema intermodale strutturato (interconnessione tra car e bike sharing, car pooling e mezzi pubblici) che permetta di scegliere il mezzo più adeguato per spostarsi in città in modo economico, ecologico e salutare.

E a Modena? Ad oggi i numeri della mobilità condivisa, particolarmente automobilistica, sono limitati, a causa degli scarsissimi investimenti in questo campo: il car sharing elettrico (Share’ngo) conta su 20 vetture, mentre il car pooling non presenta statistiche rilevanti. Ma il vero campione di condivisione è C’Entro in bici: con oltre 300 bici gialle, 3.000 iscritti e 100.000 prelievi annui rappresenta un servizio (gratuito) di successo, molto gradito agli utenti.

Marina Beneventi
www.modenainbici.it

Pensando solo alle automobili si trova ciò che si vuol vedere

incroci

Se dobbiamo attraversare in bicicletta sulle strisce pedonali, siamo combattuti tra la tentazione di rimanere in bicicletta e quella di scendere per condurla a mano. Spesso la scelta che facciamo è condizionata dalla fretta o dalla stanchezza che abbiamo addosso.

Se rimaniamo in sella non manca l’automobilista “rigoroso” che ci invita a scendere e qualche volta incontriamo un vigile che, con uno sguardo tra il fermo ed il paterno, ci suggerisce caldamente di andare a piedi.

E’ infatti opinione diffusa che i ciclisti debbano scendere sempre dalla bicicletta quando devono attraversare sulle strisce pedonali e questa convinzione, peraltro ribadita nei corsi di educazione stradale dai Vigili Urbani, trae origine dall’art. 41 del Codice della Strada che recita: “In assenza di lanterne semaforiche per velocipedi, i ciclisti sulle intersezioni semaforizzate devono assumere il comportamento dei pedoni”.

Tuttavia non tutti sanno che una Circolare del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti dell’agosto 2012 ha chiarito definitivamente l’equivoco, precisando che il richiamo al comportamento dei pedoni va inteso “che sono fermi o attraversano quando c’è via libera per i pedoni, senza necessariamente scendere dalla bicicletta.

La Circolare termina saggiamente con un richiamo all’art. 182 che prescrive ai ciclisti di condurre il veicolo a mano quando, per le condizioni della circolazione, siano di intralcio o di pericolo per i pedoni. Rimane solo da chiederci due cose:

  • perché nel senso comune, quando si tratta di interpretare le norme del Codice della Strada, generalmente si scelgono le soluzioni più penalizzanti per i pedoni ed i ciclisti?
  • perché chi gestisce la mobilità non assicura comunque la continuità dei percorsi pedonali e ciclabili con la segnaletica prevista per gli attraversamenti?

Giorgio Castelli
www.modenainbici.it

Estate: voglia di vacanze… in bici

Estate: voglia di vacanze… in bici

L’estate è la stagione che più d’ogni altra suscita in noi il desiderio di evasione e di divertimento, possibilmente lontano dalla routine domestica e cittadina. Ci vuole una bella vacanza: la mente si abbandona a fantasie di spiagge esotiche, leggendarie lagune, alberghi confortevoli… Andare lontano, il più lontano possibile, per alleviare il peso dell’opprimente quotidianità. La vacanza somiglia tanto a una fuga.

Ma c’è una buona notizia: per i ciclisti la vacanza può essere ora, ogni giorno, tutti i giorni, ovunque. Basta poco: un’idea, l’amata bike e qualche amico con cui condividere l’esperienza. La filosofia è semplice: la vacanza me la costruisco con gli amici più esperti, con pochi soldi, nei luoghi più originali del mondo. Grazie al supporto di tutti i mezzi possibili (auto, bus, treni, nave, aereo…), nessuna meta è preclusa.

Esagerazioni? Tutto tranne che sogni ad occhi aperti. Lo testimonia il Calendario delle ciclo escursioni della Fiab, un catalogo di imperdibili meraviglie. Sono circa 40 i viaggi sulle due ruote annualmente proposti ai cittadini di ogni età.

Ogni occasione è propizia per fomentare voglie latenti e spronare pedali sempre pronti: una festa sul Secchia, una valle mirandolese, una caccia alle stelle in riva al fiume, una rete di vie d’acqua lungo le quali si sono scritte piccole e grandi storie, un sentiero sui monti… I ciclisti sono buongustai e si esaltano facilmente per i cibo: basta una pizza al tegamino o i più irrituali gnocco e tigella tra i ciliegi, oppure le feste della birra, in attesa di caldarroste e vino novello. Icone classiche e collaudate ma anche insolite avventure attendono chi vuole impegnarsi in circuiti di più giorni: dai parchi romagnoli ai castelli matildici, fino a ritrovare le ferrovie dimenticate o a godere dei presepi di Montalbano. E poi il tripudio dello Stelvio, del Garda, della Val di Fiemme, delle Apuane, delle foreste casentinesi, della gloriosa Padova e, perché no?, un assaggio di Sicilia. Chi non è stremato può giocarsela sui Balcani occidentali.

L’avventura è subito, tanto più se organizzata dagli esperti della Fiab, i ciclo razzolatori di territori ed eventi più formidabili che si conoscano. Credeteci: la vacanza non è più una fuga, ma un bel pezzo di vita.

Giuseppe Marano
www.modenainbici.it

Piazza Matteotti: sparite le bici gialle

articolo – resto del carlino

Piazza Matteotti: sparite le bici gialle

La ‘notiziola’ è questa: il cantiere appena attivato in Piazza Matteotti ha reso inutilizzabile la postazione di C’Entro in Bici, le bici gialle ben note ai modenesi che ne fanno largo uso.

Se è pienamente condivisa la sistemazione della grande piazza, non appare altrettanto accettabile la decisione di sottrarre agli utenti del centro storico quattro bici fra le più utilizzate, per almeno due mesi.

Eppure bastava così poco a prevenire il disagio arrecato agli iscritti: la postazione poteva essere spostata provvisoriamente sulla strada che lambisce la piazza, con pochissimo sforzo e generale soddisfazione, in attesa della fine dei lavori.

E allora perché non si è provveduto per tempo? La risposta è incerta: probabilmente non si è trattato di una esplicita volontà di danneggiare i ciclisti, ma di pura e semplice… insensibilità. D’altronde, che problema può creare l’annullamento di una postazione del bike sharing? Qualche bici in più o in meno non cambierà di certo la vita ai cittadini e all’ambiente.

Certo, si tratta di una ‘notiziola’, ben poca cosa rispetto ai grandi temi sociali ed economici sul tappeto. Eppure, sotto sotto, pur nella sua piccolezza, racconta qualcosa di più importante: conferma la ‘filosofia’ della mobilità praticata dall’Amministrazione comunale negli ultimi anni.

Agli annunci di voler promuovere gli spostamenti ecologici seguono le più concrete iniziative a favore degli autoveicoli: a una ciclabile ‘spezzatino’ faticosamente concessa ai ciclisti fa eco il maggior costo della concessione del Novi Park; all’incremento di 2 depositi protetti per bici fa eco l’impegno per moltiplicare le autostrade che attraversano un territorio fra i più infrastrutturati d’Europa; all’annuncio che il Piano della Mobilità ciclistica intende incrementare dell’1.5% annuo l’uso della bici fa eco l’eliminazione di 78 portabici dal centro storico, sacrificati per ricavare parcheggi per auto e moto, spazi per i ristoranti, ma anche per i contenitori portarifiuti…

Il cerchiobottismo teorizzato dall’Assessore alla Mobilità municipale in più occasioni rivela i suoi intenti reali: per lui non esiste un problema grave di inquinamento e, se esiste, non è compito suo contribuire a risolverlo.

L’avevamo detto: è una ‘notiziola’, quasi irrisoria…

FIAB MODENA
12 luglio 2017

Treno-bici: una santa alleanza contro l’inquinamento

treno più bici, accoppiata felice

Spostamento casa-scuola, bike-to-work, cicloturismo: sono tante le strade che portano a valorizzare la bicicletta come mezzo di trasporto economico, salutare ed ecologico. Una risorsa molto importante, tuttora sotto utilizzata, è certamente il treno. Presente in tutte le regioni, già usato quotidianamente da studenti, lavoratori e turisti, da sempre costituisce un ausilio per gli spostamenti sia brevi che medio-lunghi.

Purtoppo, nel Belpaese l’offerta di servizi ferroviari per i ciclisti è così gravemente irregolare da limitarne la fruizione: i treni veloci consentono solo il trasporto di biciclette smontate e di quelle pieghevoli; i treni regionali e interregionali propongono soluzioni variabili in base al materiale rotabile e al diverso tipo di servizio a cui è destinato il treno (ad es. se dedicato ai pendolari).

A partire dal 2019, entreranno in servizio nuovi treni regionali Trenitalia nei quali si prevedono spazi per 8 biciclette sui convogli a media capacità e per 16 su quelli ad alta capacità.

L’impegno di Trenitalia appare significativo. Tuttavia, esso dev’essere completato da interventi che favoriscano la circolazione delle bici da e verso i treni: questi devono essere dotati di spazi per il trasporto delle biciclette complete; su quelli regionali e interregionali deve essere predisposto un minimo di 1 posto bicicletta ogni 20 posti passeggero; gli spazi dedicati alle bici dovrebbero essere multifunzionali e consentire la ricarica delle bici elettriche; le normative dovrebbero essere uniformate e armonizzate con quelle europee. Grande attenzione dovrebbe essere rivolta ai servizi fuori e dentro le stazioni (ad es. parcheggi protetti, approdo facilitato ai treni).

Nei paesi europei più evoluti, gli operatori hanno incrementato la capacità di trasporto di bici. E all’aumento dell’offerta ha sempre corrisposto un maggiore utilizzo del servizio e, spesso, un ulteriore aumento della domanda. L’Italia ha tutte le energie per farcela: deve solo convincersi che l’alleanza fra treno e bici è la strada giusta.

Giuseppe Marano
www.modenainbici.it

Modena Park: Se la città torna a respirare

Modena Park: Se la città torna a respirare

via emilia chiusa al traffico

Mentre si spengono i riflettori sul “Modena Park” e la città ritorna ai suoi ritmi normali, possiamo delineare un primo consuntivo del grande evento appena concluso, con particolare attenzione alla mobilità: come ha reagito l’ex capitale estense all’ assalto del popolo di Vasco?

Il tema degli spostamenti (insieme a quello della sicurezza) ha prevalso su qualsiasi altra problematica. Le ordinanze municipali si sono moltiplicate, sfiorando in taluni casi l’isteria sconsiderata (“Modenesi, chiudete gli uffici e abbandonate la città nel weekend del concerto”).

Le reazioni non si sono fatte attendere: «Trovo assurdo che Modena possa essere così “maltrattata” solo per permettere a Vasco Rossi un mega concerto che, a dir poco, paralizza la città». Di segno diametralmente opposto le valutazioni di baristi, ristoratori e albergatori, primi beneficiari della manifestazione.

Quantomeno disarmanti le reazioni all’ aspetto insolito della città: «situazione quasi surreale: strada (via Emilia est) vuota, traffico sempre scorrevole, nessuna fila ai semafori»; «molti hanno deciso di usare la bicicletta o di andare a piedi lasciando l’ automobile in garage»; «nessun ingorgo, niente traffico congestionato: anzi, strade mai così deserte»; «in effetti la strada è vuota il silenzio tombale. Zero macchine. Zero motorini». In realtà, fiumi di ciclisti e pedoni hanno invaso il centro saturando parcheggi presso negozi e bar, riassaporando il gusto della passeggiata e della conversazione rilassata fra amici.

A ben considerare, le reazioni di sorpresa evidenziano un nostro limite inconsapevole: abbiamo fatto l’abitudine al rumore, all’ occupazione degli spazi pubblici da parte delle auto e alla nevrosi che ci insegue anche nel tempo libero.

Diciamolo: in occasione del “Modena Park” la città ha respirato ed è stata riscoperta dai suoi abitanti. É stato divertente e benefico. E allora perché non ripartire da questa esperienza per il cambiamento di trend della mobilità, da autocentrico ad ecologico? In fondo, il diritto alla bellezza e alla salute non dovrebbe valere solo in occasione di eventi come il “Modena Park”, ma tutti i giorni.

Giuseppe Marano
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Il grande caldo e Ponzio Pilato

città inquinata

Il grande caldo e Ponzio Pilato

Per qualcuno poco informato, il ‘grande caldo’ che brucia l’Italia apparirà come un imprevisto colpo mancino della sorte. Eppure, da decenni gli scienziati lo avevano annunciato, e paventato, tentando di allertare i decisori e i cittadini affinché adottassero contromisure preventive.

Data l’acutezza della situazione, l’azione meno auspicabile è cavalcare l’onda negazionista rilanciata dal presidente statunitense Trump, in nome di un diritto allo sviluppo economico illimitato.

Purtroppo, non occorre essere dei brutali oltranzisti per favorire il cambiamento climatico, tanto più che in Europa è politicamente scorretto ed esporrebbe all’isolamento.

Nel settore della mobilità, uno dei più coinvolti nella crisi ambientale, anche la neutrale inerzia può condurre al medesimo risultato. L’obiettivo vero della politica è mantenere la posizione al centro degli schieramenti sociali pro o contro la ‘mobilità sostenibile’. E così, dopo più di 15 anni di interventi all’acqua di rosa, gli spostamenti con mezzi inquinanti a Modena si confermano in vetta al 75% del totale.

Molti sono gli indizi che questa pratica pilatesca ha trovato sotto la Ghirlandina dei magistrali epigoni: la ciclabile di Via Giardini è stata ‘spezzata’ per non disturbare gli automobilisti; 78 portabici sono stati eliminati dal centro storico per ricavarne parcheggi auto e aree per i ristoranti; lo ‘Share’ ngo’, il nuovo car sharing elettrico, è attrezzato con appena 20 veicoli, un niente rispetto alle migliaia di auto circolanti.

Più di tutte, è paradigmatica la vicenda del bike sharing regionale ‘Mi Muovo’, trenta biciclette dislocate in tre postazioni a Modena. Costato circa 2.5 milioni di euro nel 2014 e attivo in 13 città, si sta risolvendo in un flop annunciato: oggi viene considerato antieconomico, insostenibile e scarsamente usato.

Come mai la stessa stringente logica amministrativa non viene adottata per valutare la raccapricciante involuzione del Novi Park, un parcheggio sempre più costoso per le tasche dei modenesi e poco utilizzato? A ben riflettere, Ponzio Pilato era un innocuo dilettante…

Giuseppe Marano
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Sicurezza ciclisti e pedoni: riserve indiane o condivisione?

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Sicurezza ciclisti e pedoni: riserve indiane o condivisione?

La sicurezza stradale di ciclisti e pedoni è un argomento ricorrente nella comunicazione sociale, che riemerge dal fondo carsico in cui è relegato ogni qualvolta le vittime sono personaggi pubblici.

Al di là delle considerazioni fatalistiche (‘Poveretto…’) e delle valutazioni recriminatorie (‘Se la sono cercata…’), spesso la reazione dei cittadini s’incentra su un argomento paradossale: gli incidenti accadono perché… si muovono insieme alle automobili.

Benché assai diffusa, tale opinione rivela un pregiudizio antico e una tentazione autoritaria: i pedoni e ciclisti sono un corpo estraneo nel flusso del traffico e andrebbero relegati in spazi specifici, riservando la strada alle quattro ruote.

La realtà è diversa. Non la convivenza, ma la velocità eccessiva costituisce il primo fattore di incidentalità. Contrariamente a quanto si pensa, infatti, la presenza diffusa di pedoni e ciclisti in strada crea le condizioni per una più elevata sicurezza per tutti.

Un vero piano della sicurezza richiede pertanto di moderare la velocità dei veicoli più pericolosi (le auto), conseguibile con misure sperimentate: ampliamento dei marciapiedi, costruzione delle isole spartitraffico salvagente, ridimensionamento delle corsie di marcia.

Agendo sulla percezione del rischio, tanto più alta quanto più ristretti sono gli spazi e più frequentata la strada, si consegue una guida più controllata, adatta all’ambito cittadino. È contro intuitivo, ma è perfettamente dimostrabile sul campo.

Risulta quindi controproducente (oltreché costoso) moltiplicare nelle strade urbane segnali luminosi, cartelli, cordoli, semafori: in questo campo troppi messaggi inducono alla desensibilizzazione e alla rimozione. Al contrario, la semplicità essenziale delle zone a 30 km/h, dove valgono solo due regole (limitazione della velocità e dare precedenza a chi viene da destra), favorisce una sicurezza effettiva e permanente ineguagliabile con altri sistemi.

Giuseppe Marano
www.modenainbici.it