Mobilità: il peso delle nostre scelte

In un articolo di qualche settimana fa, avevo cercato di spiegare come, oltre all’ inquinamento acustico ed ambientale, l’enorme spazio occupato da ogni singola macchina fosse il vero fattore insostenibile della mobilità basata sull’auto privata.

In quel ragionamento avevo completamente ignorato un altro effetto dell’uso indiscriminato del mezzo privato, che è evidente, ad esempio, nel fatto centrale di questi giorni, cioè il crollo del Ponte Morandi a Genova. Tralasciamo la concezione di “modernità” che nel nostro paese ha ritenuto possibile costruire un viadotto a 4 corsie sopra alle vite dei cittadini, e concentriamoci su quanto ci hanno detto gli “esperti”: il ponte sopportava il transito di 25 milioni di mezzi ogni anno, oltre 4 volte quelli previsti alla sua costruzione nel 1964. Auto e camion che nel frattempo sono cresciuti anche di dimensione e peso. Tutto questo ha accelerato notevolmente il suo degrado.

Non c’è bisogno di essere ingegneri per capire questo concetto, ed è quello che tutti i giorni proviamo sulle nostre strade quando le vediamo rovinate e piene di buche. Il paradosso è che per muoverci usiamo (spesso a sproposito) un mezzo altamente inefficiente come l’auto che pesa almeno 20 volte quello che trasporta, con il risultato che il 95% della benzina consumata serve a spostare la macchina stessa, e solo al 5% per spostare noi. E con l’effetto collaterale che tutto quel peso, passaggio dopo passaggio, degrada in fretta i ponti e le strade, e rappresenta un ulteriore aggravio indiretto sulle nostre finanze, perché ci costringe a spendere più tasse per mantenere l’infrastruttura stradale.

Quindi la prossima volta che ci lamentiamo della buca in strada, invece di tirare in ballo il sindaco, proviamo a farci un esame di coscienza e chiediamoci ogni volta prima di uscire di casa, se quel giorno non possiamo davvero andare a piedi, usare i mezzi pubblici, o tirare fuori dal garage quella meravigliosa invenzione a 2 ruote chiamata bici, che è efficiente, economica, poco ingombrante, silenziosa, non inquinante, terapeutica ed anche così leggera da non gravare sui costi di manutenzione dei beni pubblici.

Ed alle istituzioni chiediamo di impostare una politica di mobilità basata non sulla costruzione di nuove strade, ma sulla “dieta del traffico” (-20%) che veda un nuovo modo di spostare merci e persone, sensibilizzando i cittadini sui notevoli vantaggi che una tale politica avrebbe, non solo sulla bellezza e vivibilità delle città, ma anche sui risparmi in costi diretti ed indiretti per la collettività.

Ermes Spadoni
www.modenainbici.it

 

Il Mobility Manager Scolastico: missione impossibile

I compiti del Mobility Manager Scolastico sono i seguenti:

  • organizzare e coordinare gli spostamenti casa-scuola-casa dei docenti, del personale scolastico e degli allievi;
  • tenere costanti rapporti con le strutture comunali e le aziende di trasporto;
  • coordinarsi con i Mobility Manager degli altri istituti scolastici presenti sul territorio;
  • trovare soluzioni migliorative, per il trasporto sia su gomma che ferroviario, fungendo da supporto alle aziende titolari del servizio;
  • gestire e garantire l’intermodalità e l’interscambio, agendo dove possibile sugli orari e le attività scolastiche;
  • favorire l’utilizzo della bicicletta e dei servizi di bike sharing e car sharing utilizzando veicoli elettrici o a basso impatto ambientale;
  • segnalare all’ufficio scolastico regionale eventuali problemi legati al trasporto dei disabili e di accessibilità alla scuola;
  • favorire l’abbattimento dei livelli d’inquinamento atmosferico e acustico;
  • consentire la riduzione dei consumi energetici perseguendo scelte eco-sostenibili;
  • accrescere i livelli di sicurezza del trasporto e della circolazione stradale;
  • disincentivare e ridurre al minimo l’uso individuale dell’auto privata, favorendo formule di car pooling per il contenimento del traffico.

Tutte attività che, secondo la legge n.221 del 28 dicembre 2015, dovranno essere compiute su base volontaria, da qualcuno scelto tra il personale docente, senza riduzione del carico didattico. Chiediamoci quanti docenti si prenderanno l’onere di tali responsabilità? E soprattutto quanti docenti potranno essere in possesso di tali competenze, senza nessun percorso formativo? È evidente che non sono ruoli che si improvvisano, peggio ancora definendoli su base volontaria.

Il Mobility Manager Scolastico è una figura tecnica-professionale che deve essere messa nelle condizioni di poter dare risposte concrete sulla mobilità “scolastica” quotidiana e di conseguenza migliorare i flussi di mobilità di parti di città; ad oggi il provvedimento legislativo non da alcuna risposta, sottovalutando così il ruolo essenziale del Mobility Manager Scolastico: il ruolo culturale ed educativo per la popolazione scolastica che attraverso, l’esperienza maturata negli anni di scuola, otterrebbe consapevolezza e responsabilità sui temi della mobilità sostenibile e delle politiche ambientali.

Marina Beneventi
www.modenainbici.it

Via Giardini: che fare?

Il collegamento con Maranello, assieme a quello per Castelvetro, è sicuramente uno dei percorsi più amati dai ciclisti, perché in meno di 20 chilometri si raggiungono le prime colline dell’Appennino. Ma prima di tutto bisogna arrivare a Maranello.

Nei giorni festivi, senza il traffico pesante, la sezione della ex statale offre una certa sicurezza, ma durante la settimana, quando le giornate lunghe lasciano un po’ di tempo dopo il lavoro, raggiungere Maranello è come giocare alla roulette russa.

Le alternative sono sostanzialmente due: la Stradella o i tratti già realizzati di pista ciclabile fino ad Ubersetto. Su strada Stradella il traffico è sicuramente minore, ma la sezione ristretta della strada e spesso la velocità o poca educazione degli automobilisti, che devono passare ad ogni costo facendoti il pelo, eliminano ogni sicurezza.

Rimane la pista ciclabile, ma bisogna provarci. Già prima di via Contrada cominciano le deviazioni e gli attraversamenti, che proseguono circumnavigando Formigine fino ad Ubersetto. Ma vi sono anche numerosissimi paletti, transenne e restringimenti, non solo in corrispondenza degli incroci, ma dei singoli passi carrai; sono ostacoli e trappole per i ciclisti non previsti e non suggeriti dal Codice della strada, messi dai progettisti per eccesso di zelo o per proteggere se stessi e le Amministrazioni da eventuali contenziosi. Da poco sono spuntate quattro nuove transenne che chiudono la pista a Ubersetto in corrispondenza dell’accesso carraio dell’azienda Fondovalle. Sono cosi grandi e ravvicinate che costringono i ciclisti meno abili a scendere. Hanno forse voluto emulare ciò che, senza senso della convivenza civile, ha già fatto il comune di Modena davanti alla Maserati?

Il risultato è un altro sopruso a spese dei pedoni e dei ciclisti. Intanto i ciclisti sono costretti a rischiare sulla Giardini e sulla Stradella perché almeno, andando assieme alle auto, hanno la precedenza agli incroci ed alle immissioni laterali. Come se non bastasse, ogni tanto incontrano qualche automobilista zelante che suona il clacson e li invita ad usare la ciclabile. Ma perché non ci provano loro?

Giorgio Castelli
www.modenainbici.it

Elogio alla Cargo-bike

 

Da qualche settimana sono (felice) possessore di una cargo-bike, quella specie di bici lunga con un grande piano di carico anteriore. Ci ho pensato molto prima di fare questo acquisto (made in Modena tra l’altro), per la paura che non fosse utile, ma l’idea era quella di estendere l’uso quotidiano della bici, anche per le piccole commesse di casa. Non una bici in più, ma proprio la bici che uso tutti i giorni, solo più versatile.

Se fossimo ad Amsterdam, a Copenaghen o Berlino passerei inosservato, ma qui a Modena la curiosità e la diffidenza per questo strano aggeggio è inevitabile. A partire da mia madre “csa el cal baruzet? te propria mat!”, per finire ai commenti su facebook “bella, ma cosa ci fai?”, o davanti ai negozi “furba, ma non è ingombrante?” o sulle ciclabili “ma come fai a manovrarla?”

Domande che in realtà andrebbero girate a chi compra un SUV 4×4 da 10 mq che non uscirà mai dalle mura cittadine, od a chi acquista un monovolume da 12 mq per riempirlo solo il giorno della partenza per le ferie.

Invece le cargo-bike sono un mezzo diffusissimo in mezza Europa, dove sono una valida alternativa all’auto per tutti quei nuclei famigliari che hanno bimbi piccoli da portare a scuola (famosissima sui social la regina danese che porta 2 figli a scuola nella cargo sotto la neve), fare le piccole spese di ogni giorno (avvantaggiando così il piccolo commercio di vicinato a scapito della grande distribuzione), per arrivare fino alle consegne per le merci non voluminose, ed ai servizi di vicinato.

Infatti le stesse ditte di spedizione stanno provando cargo apposite per consegnare merci in città, perché è chiaro a tutti che, con l’esplosione degli acquisti online, le consegne a privati sono diventate un ulteriore problema serio di traffico e parcheggio (avete presente quante migliaia di minuscoli pacchetti consegnano quotidianamente i corrieri italiani con enormi furgoni semivuoti?).

Per questo credo che prima o poi il tema vada affrontato anche a livello di politiche della mobilità; intanto le amministrazioni potrebbero pensare ad incentivare l’uso e l’acquisto di cargo-bike da parte dei privati. Almeno così a Modena sarò in buona compagnia, e non più quel tipo con quella strana bici rossa.

Ermes Spadoni
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Il caso della ciclabile di Mortizzuolo

La lettura della stampa locale a volte porta a piccole notizie che fotografano bene certi stereotipi radicati. Sto parlando di una interrogazione di un consigliere comunale con classiche contestazioni alla ciclabile, che crea disagi e ruba parcheggi alle attività commerciali. Nulla di nuovo se riguardasse Bologna, Modena o Carpi: però qui si parla di Mortizzuolo.

Ammetto che non sono mai stato a Mortizzuolo, e quindi ho fatto una visita virtuale con Google Maps, che mi conferma che la frazione di Mirandola è un borgo di case allineate su strada provinciale, nel quale non manca sicuramente lo spazio libero in rapporto a residenti e passanti.

Quindi quali problemi di parcheggio potrebbe mai portare una ciclabile in un tale paese? Io credo che il sottinteso del consigliere comunale sia che vengono a mancare quei 2-3 posti auto in fronte alle attività (una di quali è la sua…) e che i clienti saranno costretti, immagino, a parcheggiare 50 o 70 metri più in là. Come se un cliente affezionato potesse mai cambiare abitudini per qualche decina di metri in più.

In realtà le esperienze da tutto il mondo dimostrano che la sostituzione di parcheggi con corsie ciclabili non solo non porta una riduzione del fatturato, ma spesso si trasforma in un considerevole aumento, nonché alla riqualificazione di spazi invivibili assediati dalle auto.

A tal proposito sarebbe bello sapere se, ad esempio, due anni dopo la pur brutta ciclabile di via Giardini, le attività commerciali e fatturati sono diminuiti od aumentati: giusto per vedere se queste riqualificazioni funzionano anche a Modena e poter smontare le inevitabili polemiche alla prossima ciclabile.

Bene quindi ha fatto l’assessore di Mirandola a rispondere che il traffico in quel tratto di provinciale era molto pericoloso per i residenti, e che per l’amministrazione la sicurezza delle persone è una priorità. Concludendo però con un più rassicurante “e i parcheggi mancanti, anzi di più, sono stati ricavati dove prima non si poteva parcheggiare”, che dimostra come certe comodità automobilistiche siano difficili da sradicare anche nella tranquilla Mortizzuolo.

Spadoni Ermes
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Pedalate serali

Per chi rimane in città, in questo mese di luglio, per volontà propria o per impossibilità di raggiungere mare o montagna, non disperate, FIAB Modena non vi abbandona: l’importante è essere muniti di bicicletta.

Sono in programma, nei prossimi fine settimana, ciclo-escursioni giornaliere di bassa e media difficoltà, adatte a tutti, anche per i più piccoli; alcune di queste ciclo-escursioni si svolgeranno al calar del sole. Si è pensato di iniziare a pedalare nel tardo pomeriggio per lasciarsi alle spalle la settimana lavorativa e uscire fuori dalla città, nelle ore di tramonto, all’insegna della rilassatezza.

Sabato 14 luglio, percorreremo all’incirca 45 km sulla ciclabile Modena-Vignola, destinazione Spilamberto, con sosta rinfrescante in un piccolo chiosco di angurie. Venerdì 20 luglio sarà la volta di Bomporto, per l’appuntamento annuale, con la curiosa “pizza al tegamino”, è certo che venga preparata con levitazione naturale, rendendola particolarmente digeribile.

Il rientro in città sarà al buio, è quindi indispensabile essere ben illuminati con luci anteriori e posteriori e giubbino ad alta visibilità. Pedalare di notte è un’esperienza da non sottovalutare, regala l’occasione di conoscere i suoni della città e del territorio in quelle ore il più delle volte inascoltate.

Partecipate numerosi, coloreremo di luci queste notti estive, FIAB è pronta per guidarvi ed accompagnavi. Per maggiori informazioni e prenotazioni, troverete tutti i dettagli sul sito Modena in bici.

Marina Beneventi
www.modenainbici.it

Sotto il sole al lavoro in bicicletta

L’estate modenese è arrivata e sorprendentemente le temperature sono ancora gradevoli e sopportabili, ed è la bici l’alleata ideale, nelle frequenti uscite serali per raggiungere gli eventi cittadini nei parchi e nelle piazze, rinfrescandosi durante il tragitto (ricordatevi sempre di illuminarvi per la visibilità notturna). Ma durante il giorno?

Amici della bicicletta, quando le temperature si alzeranno oltre i 30 gradi, e l’afa inizierà la sua spietata morsa, non dobbiamo desistere dall’inforcare la bici per muoverci in città, soprattutto per raggiungere il posto di lavoro: non temete e ripetiamo insieme il mantra: “Non esiste un buon o cattivo tempo. Esiste un buon o cattivo equipaggiamento”.

Innanzitutto, se possibile, non spostatevi nelle ore più calde sotto il sol leone; godetevi le prime ore del mattino, scegliete un percorso più alberato e con maggiori zone d’ombra, anche se allungate il tragitto riuscirete a raggiungere il posto di lavoro senza sudare molto.

Lo zaino, naturalmente è bandito; evitiamo di arrivare in ufficio con quel tatuaggio di sudore nella schiena a forma di zainetto, prediligete le borse a tracolla o meglio ancora quelle “da viaggio” da agganciare al porta pacchi della vostra bici. Le vostre spalle alleggerite e la vostra schiena vi ringrazieranno, soprattutto quando eviteranno di incontrare il loro peggior nemico: il devastante sbalzo di temperatura dell’aria condizionata dell’ufficio.

Scegliete capi di abbigliamento leggeri, pratici, traspiranti e tecnici; non partite con giacca e cravatta o gonna elegante, ma pretendete di potervi cambiare sul posto di lavoro.

Ultimo consiglio: cercate di evitare il cotechino in pausa pranzo! Mangiate molta frutta e verdura, aiuta a non sentire troppa fatica quando si pedala con il caldo e previene quell’eccessiva sudorazione che evita di bagnare la camicia o la maglietta con due colpi di pedale.

Marina Beneventi
www.modenainbici.it

 

 

I tre problemi della mobilità

Tre sono i gli evidenti problemi direttamente creati da uno sviluppo urbanistico che ha trasformato le città in favore dell’auto privata: l’inquinamento atmosferico, quello acustico e l’occupazione selvaggia dello spazio pubblico.

Nel valutare la rilevanza di questi tre problemi, i cittadini puntano il dito sull’ultimo aspetto: almeno quando io sento chiacchere da bar o tra amici, i problemi veri sono il TRAFFICO (cioè l’occupazione dello spazio pubblico in movimento) ed il PARCHEGGIO (cioè l’occupazione dello spazio pubblico delle auto ferme).

Gli amministratori pubblici (e le case automobilistiche) sono orientati invece a dare una soluzione ai primi due (inquinamento atmosferico ed acustico) proponendo piani di investimento sull’auto elettrica, ma difficilmente proponendo piani di “dieta” delle auto in circolazione o di “eliminazione” di parcheggi (fosse mai!) per restituire spazio alle persone o agli altri mezzi di spostamento.

Ed i motivi “politici” sono evidenti: cambiare un’auto diesel con un’auto elettrica mette a posto la coscienza ecologista di amministratori ed amministrati, senza imporre (od imporsi) impopolari e faticose ricette di limitazione dell’(ab)uso dell’auto privata.

Peccato che sostituire un’auto tradizionale con una elettrica, non risolva nessuno dei problemi veri degli automobilisti (traffico e parcheggio) ed anche la politica di aumento dello spazio dedicato alle auto private (più strade e parcheggi per tutti!) sempre promessa dalla politica come semplicistica panacea, in 120 anni di presenza dell’auto su questo pianeta NON ha mai risolto.

In Germania (dati ECF 2016) per avere 25.500 auto elettriche in circolazione è servito l’aiutino di circa 2,3 miliardi di euro complessivi per incentivi, detassazioni, sconti, colonnine di ricarica. Nello stesso periodo giravano per strada già 2.500.000 biciclette elettriche a costo e sussidi praticamente ZERO: non è che una delle soluzioni più facili ai problemi di inquinamento atmosferico, acustico e soprattutto di traffico e parcheggio, ha due ruote e spesso sta arrugginendo nelle nostre cantine?

Per FIAB le vere battaglie dei prossimi anni saranno quelle sul diritto allo spazio pubblico cittadino, vivibile e sicuro, che solo la promozione di veri mezzi sostenibili come la bicicletta possono garantire.

Ermes Spadoni
www.modenainbici.it

Il limite MASSIMO in città è 50Km/h … e sono pure troppi!

In risposta ad un post su facebook di Luca Lombroso, tutti i commenti che ho letto erano di condanna e mancata comprensione per un ragazzino distratto di 13 anni che aveva attraversato le strisce pedonali in bici, rimanendo seriamente ferito e senza risarcimento. I commentatori si sono dimostrati tutti ferrati nella conoscenza nei doveri dei ciclisti: devono scendere sulle strisce, non possono viaggiare affiancati, devono usare le ciclabili, devono stare più a destra possibile, etc. Inosservanze, che devo ammettere, in cui spesso i ciclisti eccedono, non meno naturalmente delle decine di infrazioni al codice della strada che commette chiunque fa un tragitto in auto, a partire dal sottoscritto.

Ma al di fuori delle sterili polemiche di “partito” (auto vs bici), vorrei proporre a tutti un altro punto di vista: in città il limite di velocità MASSIMO sono i 50 km/h … ma non è che dobbiamo andare SEMPRE ai 50 km/h (per essere indulgente, visto che spesso la velocità cittadina degli automobilisti va ben oltre).

Il Codice prevede che la velocità del veicolo sia adeguata alle condizioni della strada, a quelle di visibilità, ai possibili ostacoli che potrebbero capitare improvvisamente. E’ evidente che su una strada cittadina dove ogni 50 metri mediamente c’è un passaggio pedonale, un incrocio, un restringimento, un parcheggio in corsia, la velocità dovrebbe essere già adesso essere quasi sempre ben al di sotto di questo limite.

Perché un nonno incerto, un ragazzino distratto, una mamma runner con gli auricolari, un papà al cellulare, possono sempre sbucare sulle strisce pedonali, magari nascosti fino a 2 secondi prima da un cartellone pubblicitario, un bidone della spazzatura, o da una siepe.

Ed allora se a quel punto ci si arriva a 30 km/h e non ai 50, anche la distrazione altrui non diventa un problema, e potremo fermarci in tempo o procureremo danni fisici MOLTO più limitati. Ecco perché chiediamo con forza da anni che le città siano a 30Km/h, obiettivo da realizzarsi con interventi normativi e strutturali, riportando al centro della mobilità, e delle strade, le persone e non le auto.

Anche perché purtroppo prima o poi quel pedone/ciclista sarà un nostro amico, un nostro figlio o un nostro anziano, e solo in quel momento, fuori dai commenti da tastiera, comprenderemo davvero cosa vuol dire una piccola distrazione di fronte un guidatore rispettoso del limite dei 50km/h.

Ermes Spadoni
FIAB Modena

 

Quel dedalo di ciclabili “spezzate” dalle strade

Cosa sarebbero le strade senza le intersezioni? Grazie ad esse, possiamo scegliere ‘scorciatoie’ fra un punto e l’altro della città e risparmiare tempo. Nel suo inimitabile linguaggio tecnico, il Codice della Strada ne dà una definizione neutra, adatta a un cartone animato per ragazzi: esse sono l’«area comune a più strade, organizzata in modo da consentire lo smistamento delle correnti di traffico dall’una all’altra di esse».

Tuttavia, come ogni umana realizzazione, presenta controindicazioni, alcune delle quali piuttosto serie. Verificandosi numerosi incidenti, è stato poi necessario presidiare gli incroci con semafori e altre tecnologie per favorire comportamenti meno pericolosi. Ciononostante, restano luoghi ad alto rischio: le cartine degli incidenti documentano questo fatto con addensamenti degli eventi proprio negli incroci più trafficati.

Se osserviamo le intersezioni adottando l’ottica del ciclista, le cose si complicano. Quando corre in strada con gli altri conducenti, il biker è assoggettato alle medesime norme, stessi diritti e doveri. Quando invece si materializza una ciclabile, è tenuto a utilizzarla, separandosi dalla «corrente di traffico» generale.

L’ineffabile legislatore l’ha definita «parte longitudinale della strada, opportunamente delimitata, riservata alla circolazione dei velocipedi». Perché sono state realizzate le ciclabili è intuibile: per proteggere gli «utenti deboli», ossia «tutti coloro i quali meritino una tutela particolare dai pericoli derivanti dalla circolazione sulle strade».

Il Codice pontifica seccamente che – all’incrocio di una ciclabile con una strada – i biker hanno l’obbligo «di arrestarsi e dare la precedenza a chi circola sulla strada». All’opposto, hanno diritto di precedenza in due distinte situazioni: quando l’attraversamento è ciclabile e quando i semafori col simbolo delle bici scattano sul verde. Se il semaforo è senza simbolo della bici, i ciclisti seguono le medesime regole degli altri utenti della mobilità.

Giuseppe Marano
www.modenainbici.it