“M’illumino di più 2018”: in bici più visibili più sicuri

In bicicletta bisogna essere ben visibili, è un obbligo, soprattutto quando si viaggia di sera.

L’importanza di questo tema è ben nota alla FIAB che da anni è impegnata per “illuminare” chi deve rendersi visibile sulla strada. È così che è nata la campagna “M’illumino di più”: l’iniziativa affronta i noti aspetti del codice della strada e sottolinea con forza che, chi si rende visibile in bicicletta, fa una scelta intelligente e “illuminata”, perché crea sicurezza per sé e per gli altri utenti della strada.

Come consuetudine FIAB Modena rinnova la biciclettata annuale “M’illumino di più” 2018. Tutti i presenti all’iniziativa, verranno dispensati di pratici consigli sui dispositivi di illuminazione, da esperti del settore ciclistico, con particolare riferimento ai ciclisti urbani che percorrono quotidianamente il tragitto casa-lavoro, anche e soprattutto su strade extraurbane; completeremo il quadro conoscitivo sulla sicurezza con ulteriori informazioni sui sistemi antifurto e sull’equipaggiamento base necessario, per affrontare in qualsiasi condizione meteo il bike to work.

L’appuntamento è per venerdì 19 ottobre 2018, ritrovo alle ore 18:00 in piazza Grande; alle 18:30 partirà un breve biciclettata in notturna per il centro città, guidata da cargo-bike, tutti rigorosamente illuminati.

Alle 19:00 presso Cicli Center (Via Emilia Ovest 174) punto informativo sui dispositivi di illuminazione e segnalazione e consigli tecnici per fare bike to work.

La serata si concluderà con un ciclo-aperitivo offerto da Fiab, ore 20:00 in Largo Sant’Eufemia, presso il bar La Bicicletta; sarà momento di ulteriore confronto con la distribuzione di materiale informativo a cura di FIAB Modena: regole e modalità per spostarsi di notte in sicurezza. Durante l’iniziativa sarà possibile iscriversi o rinnovare la tessera associativa FIAB per l’anno 2019.

FIAB Modena

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Nuovi centri di attrazione del traffico crescono

Nelle scorse settimane è stato aperto un nuovo supermercato alla Crocetta, che prima della costruzione ha provocato diverse polemiche, sia perché gran parte dell’opinione pubblica pensa che siano già troppi i punti vendita a Modena, ma anche perché è stato insediato in una zona molto trafficata.

In effetti il luogo è sull’incrocio principale del quartiere, dove convergono la strada Albareto, via Nonantolana e viale Ciro Menotti, ed essendo un esercizio prevalentemente alimentare di medie dimensioni, anche nelle dichiarazioni stampa dei gestori è stato scelto proprio per servire la comunità delle strette vicinanze con zone molto popolose (Crocetta, Santa Caterina, Torrenova, Torrazzi, Montefiorino, Viale Gramsci, Parco XXII aprile) tutte nel raggio di 1000-1500 metri.

Quindi sono andato fiducioso da casa mia in bici (800 metri) per provare l’esperienza della spesa senz’auto. Risultato? Tutt’intorno al negozio è stata costruita una bella ciclabile, dalla funzione puramente ornamentale però, visto che inizia e finisce sul perimetro dell’insediamento e termina in entrambe le estremità su un marciapiede.

A cosa serve? Non ad arrivarci, quindi immagino a proteggersi dalle auto in ingresso/uscita dal parcheggio da quasi 100 posti; nemmeno, visto il confitto di precedenza alle due uscite che interrompono la pur breve ciclabile con una confusa segnaletica per l’automobilista e con inutili e pericolosi blocchi di cemento bassi e grigi che lasciano sempre il dubbio al ciclista: devo scendere dalla bici, è ancora ciclabile? Inoltre l’ultimo posto auto del parcheggio interrompe la visuale tra automobilista e ciclista nell’ incrocio, proprio nel momento più pericoloso. Era sufficiente rinunciare ad uno o due parcheggi auto per migliorare le condizioni di sicurezza reciproche.

Ma almeno avranno previsto stalli per sistemare le biciclette? Si, una ventina di semplici rastrelliere che servono a sorreggere le bici, ma non a legarle al telaio e quindi inutili per difendersi dai ladri.

Non meraviglia che sia il privato a strutturare così l’area assecondando vecchie abitudini italiche, ma stupisce che sia il l’ente pubblico a permettere l’insediamento di centri di attrazione scollegati dal resto della rete e privi dei minimi servizi per la mobilità sostenibile. E che tutto questo avvenga in pieno centro di un quartiere popolare, non in un megastore extra-alimentare sulla tangenziale. Poi non lamentatevi se “la gente” usa l’auto anche per fare la spesa sotto casa.

Ermes Spadoni
FIAB Modena

Lieve aumento dei ciclisti modenesi

Il 18 settembre 2018, i soci di FIAB Modena hanno contato i ciclisti che dalle 7,30 alle 8,45 sono passati in ingresso e in uscita nelle aree centrali cittadine. Si è così aggiunto un altro tassello al controllo semestrale che FIAB compie dal 2009 nei 15 punti urbani scelti dal Comune nel 2008. Anche se complessivamente non si sono raggiunti i picchi del 2013/2014, si è finalmente registrato un lieve aumento dei ciclisti, invertendo la tendenza al calo registrata negli ultimi 4 anni. Molti modenesi continuano in questi giorni ad usare la bicicletta con un aumento del 10% rispetto al settembre dello scorso anno.

Il confronto con i dati di aprile è meno significativo perché in primavera molti cittadini non hanno ancora “tirato fuori dal garage” la bicicletta.

Questa ripresa, sicuramente aiutata da temperature estive, può derivare dalla maggiore attenzione dei cittadini all’ambiente e dal particolare gradimento che la bicicletta gode in questo periodo. Anche la pubblicità, sempre attenta ai livelli di attenzione dei consumatori, sta usando l’immagine della bicicletta e dei ciclisti nelle situazioni più disparate, sempre in modo positivo, perfino per vendere nuovi modelli di automobili.

La crescita dei ciclisti è generalmente diffusa in tutti i punti della città, con incrementi o decrementi percentuali rilevanti solo in presenza di flussi quantitativamente modesti.

In via Giardini e via Emilia Est, dove sono state realizzate due nuove piste ciclabili, si registrano incrementi nella media.

Calano leggermente i pedoni che sono stati rilevati nei cinque principali accessi al centro città, quasi vi fosse un travaso diretto tra pedoni e ciclisti.

FIAB, che si impegnerà nel rilievo semestrale anche il prossimo anno, invita il Comune a compiere un rilievo anche degli altri utenti della strada, per basare le scelte del Piano della mobilità urbana sostenibile (PUMS) in fase di stesura, su dati di modal split attuali ed affidabili.

Solo così sarà possibile compiere scelte consapevoli ed efficaci.

Giorgio Castelli
www.modenainbici.it

 

Si torna a scuola … tutti in auto

Le scuole sono ricominciate da una settimana, con loro sono tornate le nostre care vecchie abitudini quotidiane e… il traffico in città!

Si perché naturalmente al pendolarismo lavorativo si assommerà nelle ore di punta anche il via vai ininterrotto di genitori che accompagnano i figli alle materne, alle elementari, alle medie e, da non credere, anche alle superiori. Non c’è da stupirsi in un paese che un paio di anni fa ha avuto bisogno addirittura di un decreto per permettere ai ragazzi delle medie di uscire da scuola da soli.

Ed allora anche quest’anno assisteremo al solito teatrino di decine di vigili urbani incredibilmente occupati a dover far rispettare la precedenza ai ragazzi sui passaggi pedonali, ogni mattina e mezzogiorno davanti ad ogni scuola modenese di ogni ordine e grado, ma praticamente inermi davanti alle continue trasgressioni degli stessi accompagnatori che parcheggeranno sui marciapiedi, ciclabili ed aiuole, faranno inversioni negli spazi antistanti gli ingressi, bloccheranno entrata ed uscita dei mezzi pubblici, fermeranno la macchina in mezzo alla strada con le 4 frecce a non più di 20 metri dal cancello scolastico salva-tutti, entro il quale i pargoli saranno finalmente al sicuro dall’assedio delle loro stesse auto.

Ho visto queste cose ogni giorno da genitore dal 2002 ad oggi, ho cercato di portare il problema nei vari consigli di istituto, ho distribuito volantini della Polizia Municipale sulle regole da tenere nelle vicinanze delle scuole, ho chiesto ai vigili piantati sulle strisce di intervenire. Tutto inutile.

Una situazione paradossale ben descritta da una vignetta vista su facebook, dove un adolescente chiede ai genitori “posso andare a scuola in bici?” e loro che rispondono “no è troppo pericoloso, ti accompagniamo in auto”. Disarmante è che per molti genitori italiani sia una risposta scontata.

Interrompere questo circolo vizioso è possibile, le nostre amministrazioni devono decidersi a prendere di petto la questione che ha importanti implicazioni sul traffico, sul senso di sicurezza delle nostre città, sul percorso di crescita ed autonomia dei nostri ragazzi. Ma soprattutto dovrebbe preoccuparci, visto che i giovani imparano più dai nostri comportamenti che dalle nostre prediche, che non potranno mai essere futuri cittadini migliori di noi.

Ermes Spadoni
FIAB Modena

Le cassandre del Bike To Work

La settimana dal 16 al 22 settembre è dedicata alla mobilità sostenibile: in particolare il 21 di settembre in tutta Europa si invitano i lavoratori a raggiungere il proprio posto di lavoro in bicicletta, è la cosiddetta giornata del Bike to Work.

Il fatto che l’azione sia condivisa a livello europeo rinfranca e ci fa sentire meno “cassandre”, soprattutto dopo le vacanze estive che ci hanno permesso di visitare capitali europee – e non solo – dove l’uso della bicicletta per gli spostamenti casa lavoro,  casa-scuola o addirittura lavoro-lavoro (per esempio nell’utilizzo delle flotte aziendali) è considerata come la reale soluzione al problema del traffico e dell’inquinamento eccessivo delle città. Le politiche a favore di trasporto pubblico, ciclisti e pedoni urbani sono portate avanti in modo concreto e deciso a scapito del mezzo privato. Non c’è altra soluzione, bisogna essere franchi. Chi si oppone all’immigrazione sostiene che “non c’è posto per tutti”, noi crediamo invece che questo valga per le nostre strade: gli abitanti delle città hanno lo spazio per viverle fisicamente? Sarà così solo se ci saranno meno auto parcheggiate o in circolazione, a favore di una maggiore vivibilità e di spazi condivisi.

Ben venga l’ennesima giornata di promozione, ma soprattutto Fiab Modena auspica che parta presto il progetto del Comune di Modena sul Bike To Work, che grazie a fondi stanziati dal Comune e dallo Stato (600.000 euro in due anni) prevede anche di premiare i lavoratori che sceglieranno di raggiungere il posto di lavoro in bicicletta invece che con l’auto privata, con un incentivo di 0,15 euro per ogni chilometro percorso. Bike to work favorisce comportamenti di mobilità attiva che migliorano lo stato di salute individuale del lavoratori e contemporaneamente rendono migliore la città per tutti non inquinando e riducendo il traffico.

Bike To Work è un vantaggio anche per l’azienda che sceglie di promuoverlo fra i propri lavoratori. Oggi più che mai affrontare in termini sostenibili la mobilità aziendale è un interesse per la collettività e per l’azienda stessa che ne guadagna direttamente in termini di produttività, migliorando il benessere psico-fisico dei lavoratori, e di immagine, confermandosi come azienda responsabile e attenta a promuovere buone pratiche.

Paola Busani
www.modenainbici.it

 

 

 

 

 

Mobilità: il peso delle nostre scelte

In un articolo di qualche settimana fa, avevo cercato di spiegare come, oltre all’ inquinamento acustico ed ambientale, l’enorme spazio occupato da ogni singola macchina fosse il vero fattore insostenibile della mobilità basata sull’auto privata.

In quel ragionamento avevo completamente ignorato un altro effetto dell’uso indiscriminato del mezzo privato, che è evidente, ad esempio, nel fatto centrale di questi giorni, cioè il crollo del Ponte Morandi a Genova. Tralasciamo la concezione di “modernità” che nel nostro paese ha ritenuto possibile costruire un viadotto a 4 corsie sopra alle vite dei cittadini, e concentriamoci su quanto ci hanno detto gli “esperti”: il ponte sopportava il transito di 25 milioni di mezzi ogni anno, oltre 4 volte quelli previsti alla sua costruzione nel 1964. Auto e camion che nel frattempo sono cresciuti anche di dimensione e peso. Tutto questo ha accelerato notevolmente il suo degrado.

Non c’è bisogno di essere ingegneri per capire questo concetto, ed è quello che tutti i giorni proviamo sulle nostre strade quando le vediamo rovinate e piene di buche. Il paradosso è che per muoverci usiamo (spesso a sproposito) un mezzo altamente inefficiente come l’auto che pesa almeno 20 volte quello che trasporta, con il risultato che il 95% della benzina consumata serve a spostare la macchina stessa, e solo al 5% per spostare noi. E con l’effetto collaterale che tutto quel peso, passaggio dopo passaggio, degrada in fretta i ponti e le strade, e rappresenta un ulteriore aggravio indiretto sulle nostre finanze, perché ci costringe a spendere più tasse per mantenere l’infrastruttura stradale.

Quindi la prossima volta che ci lamentiamo della buca in strada, invece di tirare in ballo il sindaco, proviamo a farci un esame di coscienza e chiediamoci ogni volta prima di uscire di casa, se quel giorno non possiamo davvero andare a piedi, usare i mezzi pubblici, o tirare fuori dal garage quella meravigliosa invenzione a 2 ruote chiamata bici, che è efficiente, economica, poco ingombrante, silenziosa, non inquinante, terapeutica ed anche così leggera da non gravare sui costi di manutenzione dei beni pubblici.

Ed alle istituzioni chiediamo di impostare una politica di mobilità basata non sulla costruzione di nuove strade, ma sulla “dieta del traffico” (-20%) che veda un nuovo modo di spostare merci e persone, sensibilizzando i cittadini sui notevoli vantaggi che una tale politica avrebbe, non solo sulla bellezza e vivibilità delle città, ma anche sui risparmi in costi diretti ed indiretti per la collettività.

Ermes Spadoni
www.modenainbici.it

 

Il Mobility Manager Scolastico: missione impossibile

I compiti del Mobility Manager Scolastico sono i seguenti:

  • organizzare e coordinare gli spostamenti casa-scuola-casa dei docenti, del personale scolastico e degli allievi;
  • tenere costanti rapporti con le strutture comunali e le aziende di trasporto;
  • coordinarsi con i Mobility Manager degli altri istituti scolastici presenti sul territorio;
  • trovare soluzioni migliorative, per il trasporto sia su gomma che ferroviario, fungendo da supporto alle aziende titolari del servizio;
  • gestire e garantire l’intermodalità e l’interscambio, agendo dove possibile sugli orari e le attività scolastiche;
  • favorire l’utilizzo della bicicletta e dei servizi di bike sharing e car sharing utilizzando veicoli elettrici o a basso impatto ambientale;
  • segnalare all’ufficio scolastico regionale eventuali problemi legati al trasporto dei disabili e di accessibilità alla scuola;
  • favorire l’abbattimento dei livelli d’inquinamento atmosferico e acustico;
  • consentire la riduzione dei consumi energetici perseguendo scelte eco-sostenibili;
  • accrescere i livelli di sicurezza del trasporto e della circolazione stradale;
  • disincentivare e ridurre al minimo l’uso individuale dell’auto privata, favorendo formule di car pooling per il contenimento del traffico.

Tutte attività che, secondo la legge n.221 del 28 dicembre 2015, dovranno essere compiute su base volontaria, da qualcuno scelto tra il personale docente, senza riduzione del carico didattico. Chiediamoci quanti docenti si prenderanno l’onere di tali responsabilità? E soprattutto quanti docenti potranno essere in possesso di tali competenze, senza nessun percorso formativo? È evidente che non sono ruoli che si improvvisano, peggio ancora definendoli su base volontaria.

Il Mobility Manager Scolastico è una figura tecnica-professionale che deve essere messa nelle condizioni di poter dare risposte concrete sulla mobilità “scolastica” quotidiana e di conseguenza migliorare i flussi di mobilità di parti di città; ad oggi il provvedimento legislativo non da alcuna risposta, sottovalutando così il ruolo essenziale del Mobility Manager Scolastico: il ruolo culturale ed educativo per la popolazione scolastica che attraverso, l’esperienza maturata negli anni di scuola, otterrebbe consapevolezza e responsabilità sui temi della mobilità sostenibile e delle politiche ambientali.

Marina Beneventi
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Via Giardini: che fare?

Il collegamento con Maranello, assieme a quello per Castelvetro, è sicuramente uno dei percorsi più amati dai ciclisti, perché in meno di 20 chilometri si raggiungono le prime colline dell’Appennino. Ma prima di tutto bisogna arrivare a Maranello.

Nei giorni festivi, senza il traffico pesante, la sezione della ex statale offre una certa sicurezza, ma durante la settimana, quando le giornate lunghe lasciano un po’ di tempo dopo il lavoro, raggiungere Maranello è come giocare alla roulette russa.

Le alternative sono sostanzialmente due: la Stradella o i tratti già realizzati di pista ciclabile fino ad Ubersetto. Su strada Stradella il traffico è sicuramente minore, ma la sezione ristretta della strada e spesso la velocità o poca educazione degli automobilisti, che devono passare ad ogni costo facendoti il pelo, eliminano ogni sicurezza.

Rimane la pista ciclabile, ma bisogna provarci. Già prima di via Contrada cominciano le deviazioni e gli attraversamenti, che proseguono circumnavigando Formigine fino ad Ubersetto. Ma vi sono anche numerosissimi paletti, transenne e restringimenti, non solo in corrispondenza degli incroci, ma dei singoli passi carrai; sono ostacoli e trappole per i ciclisti non previsti e non suggeriti dal Codice della strada, messi dai progettisti per eccesso di zelo o per proteggere se stessi e le Amministrazioni da eventuali contenziosi. Da poco sono spuntate quattro nuove transenne che chiudono la pista a Ubersetto in corrispondenza dell’accesso carraio dell’azienda Fondovalle. Sono cosi grandi e ravvicinate che costringono i ciclisti meno abili a scendere. Hanno forse voluto emulare ciò che, senza senso della convivenza civile, ha già fatto il comune di Modena davanti alla Maserati?

Il risultato è un altro sopruso a spese dei pedoni e dei ciclisti. Intanto i ciclisti sono costretti a rischiare sulla Giardini e sulla Stradella perché almeno, andando assieme alle auto, hanno la precedenza agli incroci ed alle immissioni laterali. Come se non bastasse, ogni tanto incontrano qualche automobilista zelante che suona il clacson e li invita ad usare la ciclabile. Ma perché non ci provano loro?

Giorgio Castelli
www.modenainbici.it

Elogio alla Cargo-bike

 

Da qualche settimana sono (felice) possessore di una cargo-bike, quella specie di bici lunga con un grande piano di carico anteriore. Ci ho pensato molto prima di fare questo acquisto (made in Modena tra l’altro), per la paura che non fosse utile, ma l’idea era quella di estendere l’uso quotidiano della bici, anche per le piccole commesse di casa. Non una bici in più, ma proprio la bici che uso tutti i giorni, solo più versatile.

Se fossimo ad Amsterdam, a Copenaghen o Berlino passerei inosservato, ma qui a Modena la curiosità e la diffidenza per questo strano aggeggio è inevitabile. A partire da mia madre “csa el cal baruzet? te propria mat!”, per finire ai commenti su facebook “bella, ma cosa ci fai?”, o davanti ai negozi “furba, ma non è ingombrante?” o sulle ciclabili “ma come fai a manovrarla?”

Domande che in realtà andrebbero girate a chi compra un SUV 4×4 da 10 mq che non uscirà mai dalle mura cittadine, od a chi acquista un monovolume da 12 mq per riempirlo solo il giorno della partenza per le ferie.

Invece le cargo-bike sono un mezzo diffusissimo in mezza Europa, dove sono una valida alternativa all’auto per tutti quei nuclei famigliari che hanno bimbi piccoli da portare a scuola (famosissima sui social la regina danese che porta 2 figli a scuola nella cargo sotto la neve), fare le piccole spese di ogni giorno (avvantaggiando così il piccolo commercio di vicinato a scapito della grande distribuzione), per arrivare fino alle consegne per le merci non voluminose, ed ai servizi di vicinato.

Infatti le stesse ditte di spedizione stanno provando cargo apposite per consegnare merci in città, perché è chiaro a tutti che, con l’esplosione degli acquisti online, le consegne a privati sono diventate un ulteriore problema serio di traffico e parcheggio (avete presente quante migliaia di minuscoli pacchetti consegnano quotidianamente i corrieri italiani con enormi furgoni semivuoti?).

Per questo credo che prima o poi il tema vada affrontato anche a livello di politiche della mobilità; intanto le amministrazioni potrebbero pensare ad incentivare l’uso e l’acquisto di cargo-bike da parte dei privati. Almeno così a Modena sarò in buona compagnia, e non più quel tipo con quella strana bici rossa.

Ermes Spadoni
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Il caso della ciclabile di Mortizzuolo

La lettura della stampa locale a volte porta a piccole notizie che fotografano bene certi stereotipi radicati. Sto parlando di una interrogazione di un consigliere comunale con classiche contestazioni alla ciclabile, che crea disagi e ruba parcheggi alle attività commerciali. Nulla di nuovo se riguardasse Bologna, Modena o Carpi: però qui si parla di Mortizzuolo.

Ammetto che non sono mai stato a Mortizzuolo, e quindi ho fatto una visita virtuale con Google Maps, che mi conferma che la frazione di Mirandola è un borgo di case allineate su strada provinciale, nel quale non manca sicuramente lo spazio libero in rapporto a residenti e passanti.

Quindi quali problemi di parcheggio potrebbe mai portare una ciclabile in un tale paese? Io credo che il sottinteso del consigliere comunale sia che vengono a mancare quei 2-3 posti auto in fronte alle attività (una di quali è la sua…) e che i clienti saranno costretti, immagino, a parcheggiare 50 o 70 metri più in là. Come se un cliente affezionato potesse mai cambiare abitudini per qualche decina di metri in più.

In realtà le esperienze da tutto il mondo dimostrano che la sostituzione di parcheggi con corsie ciclabili non solo non porta una riduzione del fatturato, ma spesso si trasforma in un considerevole aumento, nonché alla riqualificazione di spazi invivibili assediati dalle auto.

A tal proposito sarebbe bello sapere se, ad esempio, due anni dopo la pur brutta ciclabile di via Giardini, le attività commerciali e fatturati sono diminuiti od aumentati: giusto per vedere se queste riqualificazioni funzionano anche a Modena e poter smontare le inevitabili polemiche alla prossima ciclabile.

Bene quindi ha fatto l’assessore di Mirandola a rispondere che il traffico in quel tratto di provinciale era molto pericoloso per i residenti, e che per l’amministrazione la sicurezza delle persone è una priorità. Concludendo però con un più rassicurante “e i parcheggi mancanti, anzi di più, sono stati ricavati dove prima non si poteva parcheggiare”, che dimostra come certe comodità automobilistiche siano difficili da sradicare anche nella tranquilla Mortizzuolo.

Spadoni Ermes
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