Morti in strada: numeri inaccettabili

Prima in regione, tra le prime in Italia, la provincia di Modena nel 2021 detiene il record dei ciclisti e dei pedoni uccisi e feriti sulle strade. Giovani e anziani, donne e uomini, studenti e lavoratori, nessuno è fuori pericolo: si muore travolti sulle strisce pedonali, urtati mentre si pedala pian pianino (come il signore di 81 anni investito sulla Vignolese) da veicoli che sorpassano senza tenere le distanze, a volte senza nemmeno fermarsi a prestare soccorso. Sulle strade, senza corazza di acciaio intorno, si è sempre più fragili.

Non si può parlare di fatalità: queste collisioni si possono e quindi si devono prevenire! In Europa è dal 1997 che esiste una Visione Zero: una strategia, da allora adottata in una ventina di città, che ha portato all’azzeramento delle vittime della strada. Ingegneri, urbanisti, amministrazioni, forze di polizia, hanno insieme la responsabilità di creare e mantenere una rete di mobilità che consente all’errore umano (che potrà sempre capitare) di non avere conseguenze fatali.

A partire dalla riduzione della velocità su quasi tutte le strade cittadine e il controllo severo sul rispetto dei limiti (e delle strisce pedonali), due cose che si possono fare da subito anche a Modena. Si procede poi con una sistematica pianificazione stradale mirata a massimizzare la sicurezza di tutti, togliendo spazio alle auto e restituendolo a chi è più vulnerabile, così da avere le condizioni per una mobilità accessibile per tutti.

Chiediamolo alle famiglie delle vittime se è accettabile continuare a morire in strada a Modena nel 2021. Chiediamocelo. E poi cambiamo strada. Letteralmente.

Carpi – Riflessioni sulla mobilità

Negli ultimi due anni a Carpi sono state realizzati numerosi interventi tesi sia ad un cambiamento generale della mobilità dei carpigiani sia a rendere più sicuri gli spostamenti dei pedoni e dei ciclisti. Sugli organi di informazione non mancano le polemiche, che si tratti del “dinosauro” di via Pezzana, della programmata ciclabile di viale Muratori o dei parcheggi in centro storico; qualche riflessione ci pare opportuna.

1 – In via Pezzana nell’incrocio del “dinosauro” le bici transitano da sempre; chi in bicicletta proseguiva diritto verso via Rossetti rischiava di venire steso dalle auto che giravano a destra per imboccare il sottopasso, mentre chi svoltava a destra rischiava di venire travolto o stretto contro il marciapiede dall’automobilista che effettuava la medesima manovra; con la posa delle corsie ciclabili e la loro colorazione in rosso ciclisti ed automobilisti possono comportarsi come prima ma con più rispetto reciproco; i ciclisti devono rimanere all’interno della loro corsia, non possono ad esempio zigzagare in mezzo alla strada, gli automobilisti possono invadere, se il caso lo richiede, la corsia ciclabile ma devono dare la precedenza ai ciclisti; il colore rosso serve a richiamare l’attenzione degli automobilisti, spesso distratti dal cellulare, della possibile presenza di ciclisti cui devono dare la precedenza; perché la sicurezza dovrebbe essere diminuita? Forse le critiche nascono da una novità non ancora pienamente conosciuta dai cittadini.

2 – In via Muratori è ancora viva la polemica sulla costruenda ciclabile che dovrebbe raccordarsi con l’esistente rete di via Alghisi/via Aldo Moro interna; senza entrare nel merito delle scelte dell’amministrazione (piste ciclabili, corsie ciclabili o strada 30..) è comunque indiscutibile che gli abitanti del popoloso quartiere sud est di Carpi abbiano tutto il diritto di accedere in bicicletta al centro e alla stazione ferroviaria, con percorso sicuro e il più diretto possibile (i percorsi tortuosi portano ad abbandonare la bicicletta e ritornare all’uso dell’auto..); ricordiamo che l’accesso in bicicletta alla stazione dei treni rappresenta una esigenza non certamente ludica per chi utilizza i mezzi pubblici per raggiungere Modena, Mantova o Bologna a scopo di studio o lavoro. Anche in questo caso occorre valutare se le esigenze dei cittadini che utilizzano un mezzo per nulla inquinante come la bicicletta, e che sono i più esposti ai rischi fra gli utenti deboli della strada, possano avere almeno la stessa considerazione di qualche parcheggio in più o in meno; parcheggi che non vanno contrapposti ad una ciclabile in senso astratto ma ai suoi utilizzatori in carne ed ossa.

3 – Anche nel centro storico la mobilità è oggetto di dibattito; molti operatori richiedono più parcheggi, al fine anche, così si afferma, di ridurre l’inquinamento causato dalle auto in cerca del parcheggio mancante; ma le auto inquinano solamente quando sono cerca di parcheggio? Se si aumentano i parcheggi aumenteranno anche le auto dirette verso il centro con il relativo inquinamento; se invece è preponderante l’inquinamento delle auto in cerca di parcheggio significa che il tragitto per raggiungere il centro è davvero breve, tanto vale recarsi a piedi o in bicicletta. Si sottolinea poi che le vendite nei centri storici aumentano quando i clienti usano mezzi sostenibile per recarsi a fare shopping; il centro privo di auto crea un’atmosfera di pace, tranquillità, piacevolezza che ben predispone all’acquisto. E’ sufficiente osservare come sono fatti gli outlet posizionati lungo le autostrade, che hanno cercato di riprodurre l’atmosfera piacevole e rilassante dei nostri vecchi centri storici: i clienti si sobbarcano decine o anche centinaia di chilometri di trasferimento per poi parcheggiare l’auto all’esterno e passare tutto il pomeriggio macinando chilometri a piedi per fare acquisti; se la chiave per stimolare gli acquisti fosse stata la possibilità di parcheggiare l’auto davanti al negozio interessato si sarebbero progettati gli outlet in altro modo, con parcheggi diffusi e percorsi preferenziali per i veicoli al loro interno.

Ospiti e padroni di casa

Una “ciclopedonale” è uno spazio pedonale in cui è consentito il passaggio delle bici: il ciclista è un ospite che è costretto, giustamente, a scendere dal mezzo nel caso in cui dovesse essere di intralcio per i pedoni.

Come dice il proverbio, gli ospiti sono graditi se le loro visite non sono troppo frequenti e le loro permanenze brevi: infatti anche le ciclopedonali “possono essere realizzate esclusivamente in caso di traffico pedonale ridotto e in assenza di poli attrattori, quali attività commerciali e insediamenti abitativi ad alta densità” (art. 4 DM 30/11/1999 n°557).

In molti paesi europei la problematica coabitazione sul marciapiede tra il pedone ed il ciclista è stata risolta spostando i ciclisti in carreggiata con le “strade a priorità ciclabile” dove tutta la sezione stradale è riservata alle bici e sono le auto ad essere ospiti: con la stessa logica delle ciclopedonali, il soggetto più debole ha il diritto di occupare la strada e il più forte si accoda, senza poter effettuare pericolose manovre di sorpasso.

Si ottengono due effetti: ai pedoni si restituisce un ampio spazio riservato e sicuro e i ciclisti possono pedalare in comode carreggiate dove la velocità delle auto è al massimo quella della bici che le precede.

Le “strade urbane ciclabili” sono state introdotte in Italia dal Codice della Strada nel 2020, ma a Modena non ne abbiamo, mentre vediamo ancora realizzare ciclopedonali, in deroga a disposizioni decennali. Così, le bici continuano ad essere ospiti scomode sulle ciclopedonali e sono trattate da ospiti indesiderate pure se si spostano sulla carreggiata.

Vogliamo darglielo finalmente uno spazio dove sentirsi a casa a queste povere biciclette?

Per chi sono fatte le strade?

La risposta istintiva è: “per le auto!”. Siamo abituati a pensare che pedoni e ciclisti debbano avere percorsi separati, e che le strade debbano essere progettate per rendere più fluido possibile il traffico automobilistico. E’ una delle due correnti di pensiero nella pianificazione della mobilità, ed è quella dominante in Italia tra amministratori e tecnici.

A cosa ha portato questa corrente di pensiero?

A spazi e percorsi molto ridotti per chi cammina o va in bici, compressi nelle ciclopedonali. A un numero di vittime inaccettabili per un paese civile, perché chi guida, abituato che la strada è solo a sua disposizione, non si accorge degli altri. 33 vittime della strada in provincia di Modena nel 2021, di cui un terzo pedoni e ciclisti. A velocità di guida da rally sempre che non si sia imbottigliati nel traffico, auto in sosta ovunque (anche dove non consentito), stress rabbia e frustrazione quotidiani.

Altrove, dove si sono azzerate le vittime, dove persino chi guida è contento (come in Olanda), la corrente di pensiero prevalente prevede la condivisione sistematica della strada come spazio pubblico tra bici, auto, pedoni, e la moderazione rigorosa delle velocità.

Se non siamo masochisti, la direzione da prendere è chiara.

Occhio alle zebre

Quando la violenza stradale miete vittime a piedi, magari pure anziane, che attraversano sulle strisce pedonali, è una sconfitta per tutti.

Una maggiore attenzione ai pedoni sugli attraversamenti viene imposta agli automobilisti nella recentissima legge di conversione del decreto infrastrutture (legge n. 156/2021), che stabilisce: “Quando il traffico non è regolato da agenti o da semafori, i conducenti devono dare la precedenza, rallentando gradualmente e fermandosi, ai pedoni che transitano sugli attraversamenti pedonali o si trovano nelle loro immediate prossimità.” In teoria nessun automobilista può più dire “eh, ma il pedone si è lanciato sulle strisce pedonali”: le auto dovranno comunque rallentare anche quando vedono un pedone vicino alle strisce che potrebbe voler attraversare.

Nella pratica, questo è possibile solo se l’automobilista viaggia già a velocità ridotta e ha il tempo: 1. di accorgersi del pedone vicino alle strisce, perchè più si va veloci e più si restringe il campo visivo, e 2. di fermarsi. In Regno Unito, per addestrare questa attenzione, l’esame per la patente include una prova con un video che simula una guida, in cui si deve premere un pulsante ogni volta che si intravede un potenziale pericolo – come un pedone che si avvicina a un attraversamento.

Ben vengano dunque le campagne della Polizia Municipale una tantum a controllare il rispetto delle strisce pedonali, ma una soluzione strutturale di lunga durata comporta rendere gli attraversamenti più visibili e protetti e abbassare (e controllare) i limiti di velocità a 30 km/h nei centri abitati. Un rallentamento che allunga la vita.

Pedalare per il clima

Affrontare l’emergenza climatica comporta ripensare i trasporti, responsabili del 24% delle emissioni dirette di CO₂. Se ne parlerà anche alla COP26 di Glasgow il 10 novembre, Giornata dei Trasporti, ma l’unica soluzione sul tavolo dei negoziati è l’elettrificazione dei veicoli stradali. Tanto che i delegati arrivati alla COP26 pedalando non hanno trovato nessun parcheggio per le due ruote. Ma quanti anni ci vorranno perché tutte le auto e i camion a benzina, metano e diesel siano sostituiti?

Per questo ECF (European Cyclists’ Federation) ha scritto una lettera aperta (firmata anche da FIAB) ai governi presenti alla COP26 in cui si chiede di incrementare l’uso della bicicletta. La bicicletta è a emissioni zero, si legge: passando dall’auto alla bicicletta si risparmiano 150 g di CO₂ per chilometro. Le cargo-bike elettriche riducono le emissioni di carbonio del 90% rispetto ai furgoni diesel. Non usare l’auto in città per andare a piedi o in bicicletta anche solo un giorno alla settimana può ridurre l’impronta di carbonio di un individuo di circa mezza tonnellata di CO₂ in un anno.

La bicicletta produce poi impatti socioeconomici positivi di vasta portata legati all’uso dello spazio pubblico, alla salute individuale e collettiva, alla riduzione degli incidenti e all’inclusione sociale. Cosa più importante, la bici è un mezzo già ampiamente disponibile ed accessibile oggi, in tutte le sue declinazioni.

Insomma, non esiste alcuna strategia per scongiurare il peggio della crisi climatica che non passi per un aumento rapido, significativo e globale dell’uso della bici. Grandi della terra, gambe in spalla e pedalare!

FIAB Modena, più sicurezza ai pedoni

Adesso che è successo l’ennesimo caso eclatante, l’incidente in Via Giardini, sembra che il tema della mancanza di sicurezza per pedoni e ciclisti nelle intersezioni sia finalmente diventato all’ordine del giorno della cittadinanza

FIAB da anni lo denuncia; tutte le volte che abbiamo incontrato amministratori e tecnici non abbiamo mai perso l’occasione per sottolineare che la primaria infrastruttura di mobilità cittadina sono gli spazi pedonali, i marciapiedi e gli attraversamenti stradali.

Non parliamo poi dei passaggi pedonali su ampie strade senza isola centrale, segnalazioni luminose, rialzi, verniciature visibili. Insieme agli scarsi controlli, è una concausa del sistematico mancato rispetto della precedenza pedonale, uno dei comportamenti più riprovevoli sulle strade.

Per noi di FIAB, il problema vero è la mancata visibilità tra le diverse utenze. Spesso negli incroci ed intersezioni la visibilità tra pedoni, ciclisti ed automobilisti è limitata da una serie di ostacoli: prima di tutto il parcheggio irregolare ed impunito nelle aree di svolta e nelle vicinanze delle strisce ciclopedonali. Purtroppo la visibilità è compromessa anche da regolari posteggi auto, cartelloni pubblicitari, cabine tecnologiche, siepi, dehors, bidoni dell’immondizia.

Secondo FIAB, manca una chiara volontà di affrontare metodicamente il tema della sicurezza degli spazi stradali: mentre, ad esempio, a Bruxelles nel prossimo anno è in previsione l’eliminazione di 930 posteggi auto nelle vicinanze dei passaggi pedonali, a Modena il parcheggio è un tabù, intoccabile.

In FIAB ritieniamo assolutamente necessario “pulire” tutte le intersezioni da ogni ostacolo visivo, impedendo la sosta nelle vicinanze dei passaggi pedonali (scherzando, si potrebbe iniziare usando i paletti tolti dalla ciclabile di Modena Est), multare regolarmente i tanti cittadini che parcheggiano in zone pericolose, restringere e risagomare gli angoli delle strade per rallentare le velocità di svolta delle auto

Lo spazio in città non è infinito ed è ora di decidere a chi assegnarlo prioritariamente. FIAB rileva che in tutte le piccole e grandi città, soprattutto dopo la pandemia, gli spazi pubblici vengono trasformati per assegnarli alle persone, al verde, agli spazi di socialità ed attività economiche di prossimità, riequilibrando l’enorme disuguaglianza creata nel secolo scorso in cui era stato destinato quasi totalmente a traffico e parcheggi.

Modena più inclusiva, sostenibile e solidale dovrebbe partire da qui.

Corsie ciclabili: uno strumento innovativo spiegato poco e male

Come era prevedibile, l’introduzione di tre corsie ciclabili in città è diventata la causa di tutti i mali della mobilità modenese. Ovviamente non è così.

Il Codice della strada da due indicazioni ai ciclisti e agli automobilisti:
•  i veicoli sprovvisti di motore devono stare “il più vicino possibile al margine destro della strada”
• “il conducente di un autoveicolo che effettui il sorpasso di un velocipede è tenuto ad usare particolari cautele al fine di assicurare una maggiore distanza laterale di sicurezza, in considerazione della minore stabilità e della probabilità di ondeggiamenti e deviazioni da parte del velocipede stesso”.

Per facilitare questi ragionevoli comportamenti, le recenti modifiche al Codice hanno introdotto le “corsie ciclabili”, da realizzare con semplici linee tratteggiate, con la finalità di segnalare lo spazio per i ciclisti e indurre gli automobilisti ad usare nel sorpasso le cautele necessarie ad assicurare “una maggiore distanza laterale di sicurezza”.

Alla FIAB, appare pertanto del tutto fuori luogo parlare di provvedimenti temporanei o di emergenza e meno ancora di “ciclabilità spinta” o addirittura di “sindrome da ciclabile”. La vera emergenza a Modena è il livello della mobilità automobilistica privata, non sicuramente quella della presenza di spazi ciclabili. Rimane purtroppo sullo sfondo l’evidente disinteresse politico per il benessere ambientale dei modenesi, che subiscono quotidianamente il traffico parassitario di attraversamento della città, essendo ancora più conveniente passare per i viali o per il cavalcavia Mazzoni che praticare soluzioni più esterne.

A Modena, nonostante le insistenti richieste della FIAB, le corsie ciclabili sono state realizzate senza una preventiva comunicazione ai cittadini e senza azioni di accompagnamento e di controllo da parte della Polizia Locale. Si sono così diffuse perplessità derivanti dalla cattiva informazione e hanno avuto gioco facile pretestuose critiche di chi considera i pedoni e i ciclisti “utenti incongrui” della strada e gli automobilisti che si devono “immolare” sulla carreggiata opposta.

Vi sono stati anche alcune sottovalutazioni nella progettazione, perlopiù derivanti dalla mancata riorganizzazione della sosta e degli incroci.

È il caso di via Emilia Ovest, dove è stata realizzata una corsia ciclabile verso la Madonnina per regolarizzare la storica pista ciclabile che, da Codice, poteva essere percorsa solo in direzione centro. In alternativa poteva essere adeguata la ciclabile bidirezionale da un solo lato della strada alle dimensioni minime di legge 2,5mt + 0,50 di cordolo: ma sempre 3 metri di carreggiata erano necessari.

In via Tagliazucchi, dove da anni la FIAB registra centinaia di studenti e lavoratori in bici che la percorrono nelle ore di punta, le nuove corsie hanno delimitato lo spazio alla destra da sempre usato dai ciclisti ed hanno riaffermato la loro precedenza: in quel breve tratto di strada le auto devono accodarsi ed attendere di avere spazio per il sorpasso. Da codice era così anche prima, a meno che i sorpassi non fossero effettuati contravvenendo alla norma.

E’ molto simile anche il tratto più stretto di via Morane, quello tra Via Sigonio e il passaggio a livello, dove si è persa l’occasione per ridisegnare complessivamente gli spazi assegnati ai pedoni e ai ciclisti e rendere maggiormente vivibile e sicura questa arteria che ha visto, già diversi incidenti mortali, di pedoni e i ciclisti.

In alternativa, il nuovo Codice prevede sempre la possibilità di realizzare una strada urbana ad unica carreggiata a 30Km/h con priorità ciclabile.

Le situazioni sono come al solito complesse e toccano esigenze contrastanti: ma è dovere degli amministratori coinvolgere preventivamente tutti gli attori, motivare apertamente le scelte, accompagnarle con la comunicazione, avendo il coraggio anche di correggere eventuali errori.

La FIAB, come al solito, è a disposizione di tutta la comunità per dare il proprio costruttivo contributo, per passare da quella che è una città a misura di auto ad una a misura di persone.

Ci vediamo Venerdì

Per un effetto combinato del nuovo codice della strada che ha introdotto le corsie ciclabili, piccoli ma utili accorgimenti per la ciclabilità e la sicurezza stradale, e del risveglio degli uffici tecnici (mai vista tanta palificazione di ciclabili e dintorni), la situazione del traffico appare peggiorata.

Complice una attenuazione del Covid e l’incremento delle vaccinazioni si è registrata una ripresa della mobilità; nuove rotonde, differenti segnaletiche orizzontali, ricalibrazione dei tempi semaforici in alcune zone della città (Via Emilia Ovest/ Bacchini, Via Emilia Ovest/Viale Italia, Via Emilia Est/Via Caduti sul Lavoro), hanno però provocato effetti opposti a quelli desiderati ovvero una fissità del traffico.

La carenza di esperti in mobilità in Piazza Grande da una parte, e dall’altra il perpetuarsi di una politica della mobilità che come 30 anni fa crede ancora che alla quantità di infrastrutture stradali corrisponda sempre e comunque meno traffico (quando è esattamente il contrario), da oltre 15 anni costringono alla sofferenza il movimento di persone e merci in città.

Purtroppo, l’unico vero obiettivo che in area urbana sarebbe stato utile porsi e che il Piano Urbano della Mobilità Sostenibile non si è posto è quello della diminuzione della auto in circolazione, che anzi sono aumentate: siamo oltre 658 auto per 1000 abitanti con la maggior parte degli spostamenti in auto per distanze inferiori ai 2,5 Km. Gli incentivi all’acquisto di auto nuove ed anche usate (che arrivano anche a 8 mila €) fanno il resto. Allora ci si vede venerdì in piazza da Greta per … bla-bla-bla.

I display con un’auto intorno

Osservando un qualsiasi gruppetto di adolescenti, ma anche diverse coppie al ristorante o gli amici al bar, viene da pensare che abbia ragione chi afferma che “il telefono è nato per avvicinare persone lontane, ma ha finito per dividere quelle vicine”.

Nella sua versione mobile e smart, è oggettivamente uno strumento di una potenza ed utilità incredibile, ma che nei suoi usi esasperati ha finito per stravolgere in pochi lustri modelli di relazioni umane consolidati da millenni. Se ci avremo perso o guadagnato lo vedremo dei prossimi anni.

Nel frattempo anche l’auto, l’altro oggetto rivoluzionario del XX secolo, nata con lo scopo di accorciare le distanze ha mostrato le stesse tendenze a distruggere le relazioni di vicinato. Infatti, occupando con mezzi sempre più veloci, grossi e pericolosi ogni spazio di strada cittadina, ha obbligato i progettisti urbani a spostare tutte le funzioni sociali in spazi appositi.

Sono così proliferati i parchi per i giochi per i bambini, i centri commerciali per i negozianti, le bocciofile per gli anziani, i poli scolastici, le zone artigianali per il lavoro, le ZTL per la movida serale, svuotando le strade cittadine di tutto quel mix di attività che avevano accolto con naturalezza per secoli, e che aveva permesso alle città italiane di diventare un esempio mondiale di spazi vitali, creativi e coesi.

Adesso questi due moloch della vita moderna stanno per fondersi: l’industria automotive ha capito che le persone considerano (giustamente) il tempo guida sprecato e non produttivo, e quindi sta iniettando nei cruscotti ampi sistemi di infotainment, tanto che ormai non si capisce più se sono auto con il display o il contrario. Se sarà evoluzione lo vedremo, il risultato per adesso è che da un lato catturano continuamente l’attenzione del guidatore e dall’altro installano i sensori per la rilevazione dei pedoni. Geniale e perverso.