30 km/h: la proposta Anci fa discutere

Zona 20 - Città Moderna

Zona 20 – Città Moderna

Le proposte dei Comuni italiani (Anci) di apportare modifiche innovative al Codice della Strada sono state al centro di un interessante incontro-dibattito a Roma fra diversi enti, fra cui l’Automobile Club d’Italia (Aci), la Rete per la Mobilità Nuova (associazioni ecologiste e movimenti di ciclisti, pedoni, pendolari), parlamentari e studiosi di mobilità.

La misura più commentata è stata quella che prevede la generalizzazione delle zone a 30 km/h nelle aree urbane. I vantaggi che presenta sono numerosi, a cominciare dalla generale riqualificazione della qualità della vita delle strade, ottenibile attraverso la riduzione del rumore e dell’inquinamento.

Un altro aspetto migliorativo delle zone a 30 km/h, evidenziato dall’ACI, riguarda la riduzione dell’incidentalità stradale, la prima tragedia del nostro Paese: moderare la velocità è uno dei primi e fondamentali atti per diminuire numero e gravità degli incidenti stradali.

Le zone a 30 km/h possono determinare un’utile misura preventiva anche per gli attraversamenti ciclo pedonali, oggi uno dei punti di maggiore pericolosità in città.

L’istituzione del limite di 30 km/h in ambito urbano favorisce la riduzione dei consumi di carburanti e conseguentemente delle emissioni inquinanti da traffico. è noto infatti che i consumi dipendono dalla velocità del motore (non da quella delle ruote) e aumentano in caso di accelerazioni elevate e ripetute.

A proposito d’inquinamento, è emerso anche il ruolo del parco veicolare del trasporto pubblico locale, costituito da 51.400 bus, di cui almeno 21.400 sono del tutto inadeguati rispetto alle normative anti inquinamento. Sono necessari investimenti pubblici per ammodernare i mezzi e migliorare l’offerta.

Giuseppe Marano
Due Ruote -Gazzetta di Modena – 1/12/2013

Qualità e difetti della ciclomobilità modenese

adulti_bambini_inbici_340x510

famiglia in bici al parco ducale

La pubblicazione di un’indagine sulla mobilità effettuata dall’associazione Ingegneria senza frontiere (ISF) ha evidenziato alcuni aspetti di forza e di criticità della situazione modenese. I dati confermano l’elevato inquinamento atmosferico generato dal traffico autoveicolare (emissioni triple rispetto ai limiti dell’Unione Europea per PM10 e Ozono).

Questa pericolosa realtà riflette lo squilibrio acuto fra le varie modalità di spostamento: le auto rappresentano circa il 79% del totale, contro il 10% delle biciclette, il 7% del trasporto pubblico e il 4% della pedonalità. Nelle città più avanzate le auto coprono una quota inferiore al 50% degli spostamenti complessivi.

Questo spread è ancora più ingiustificabile disponendo Modena di 120 km di piste ciclabili, di un patrimonio familiare di circa 200mila biciclette e di un buon servizio di trasporto pubblico locale (sia pure con limiti evidenti). Cosa non funziona dunque a Modena rispetto alle altre aree urbane simili?

Per il trasporto pubblico prevale una concezione residuale della sua funzione: orari, linee e qualità dei mezzi sono concepiti quasi esclusivamente per studenti, pensionati ed extra comunitari poveri.

Per la mobilità ciclistica sono evidenti l’incompletezza dei percorsi, l’assenza di piste su direttrici fondamentali, la pericolosità degli attraversamenti, la virulenza del fenomeno dei furti, la scarsità dei servizi logistici (depositi protetti, portabici di qualità…).

Urge un cambio di rotta nelle politiche della mobilità. Simbolo e strumento concreto di inversione di tendenza potrebbe essere l’adozione del Biciplan, un vero e proprio piano strategico alla cui realizzazione dovrebbero essere destinate adeguate risorse finanziarie, comprimendo drasticamente quelle (ingenti) assorbite dalla mobilità automobilistica.

Giuseppe Marano

GAZZETTA_75_20ottobre2013_divietiantismog_s

Furti bici: le proposte della FIAB Onlus

Furto con tronchesi

Furto con tronchesi

La Fiab nazionale scende in campo contro il furto delle bici, che in italia affligge 800.000 vittime ogni anno, con un costo presunto di non meno di 80 milioni di euro (a Modena si stimano circa 5000 predazioni). Tecnologie, controlli e comportamenti intelligenti dei ciclisti potrebbero stroncare un fenomeno nocivo per la mobilità sostenibile.

Il 21 novembre 2013 si tenuto a Milano il primo convegno nazionale sul tema del furto di biciclette. Promosso dalla Fiab, è stato l’occasione per presentare i dati raccolti in tutta Italia sul fenomeno e per definire le “linee guida” dei piani di contrasto del furto da prevedere all’interno dei biciplan.

Prima nel suo genere in Italia, l’iniziativa si proponeva di sensibilizzare forze dell’ordine e amministrazioni comunali sulla gravità della piaga dei furti, sia per l’entità del danno economico a carico dei cittadini ma soprattutto per il perverso effetto sulla mobilità ecologica. Infatti, i ciclisti colpiti dalla predazione dell’amata bici tendono a impiegarla meno negli spostamenti urbani; inoltre, si orientano all’acquisto delle cosidette “bici usate”, sulla cui identificazione sussistono sempre forti dubbi.

I cittadini devono però evitare la rassegnazione, mettendo in pratica alcune regole efficaci per prevenire gran parte dei furti ai loro danni. Il decalogo proposto è semplice: parcheggiare legando ruota anteriore e telaio ad un supporto verticale ben ancorato a terra; utilizzare un antifurto di buona qualità (a Modena è in distribuzione il “BiciSicuraUP” a 35 euro); identificare la bici con la targa “BiciSicura”, la più diffusa in Italia, e registrarla al Registro Italiano Bici; non lasciare mai incustodita la bici anche per brevi commissioni; denunciare sempre i furti subiti.

Per contrastare i furti occorre anche combattere la ricettazione. È bene che i ciclisti intenzionati ad acquistare bici usate lo facciano solo presso venditori di fiducia, accertandosi della provenienza del mezzo. Acquistare da venditori non professionali e casuali espone al rischio di riciclare bici rubate che possono sempre essere intercettate dal legittimo proprietario.

ARTEBICI: ZURBARAN, Perdersi in un bicchier d’acqua

zurbaran - ferrara

zurbaran – ferrara

Mirella Tassoni

Zurbaran, chi era costui? Confesso che, prima della mostra di Ferrara, non sapevo di questo pittore spagnolo molto più di quello che don Abbondio sapeva di Carneade. Poi ti documenti un po’: il “siglo de oro”, il 600, era il suo tempo; “Caravaggio spagnolo” la definizione più usata della sua opera.

In effetti la ricerca sulla luce è una delle caratteristiche più forti dei suoi quadri, ma – più che fermarmi alle etichette – racconterò alcune impressioni sulle immagini che più mi hanno colpito. Sicuramente san Francesco, un ritratto che – pur essendo prevalentemente impastato di colori scuri ed esposto in una stanza quasi buia – in qualche modo la illumina, e basta un paio di grosse pennellate chiare a fare luce. E poi le sante vestite come principesse, con i loro broccati, i pizzi e i ricami. E ancora l’agnello sacrificale, che suscita pietà forse proprio perché è un agnello prima che un simbolo, un animale che non ha scelto la sua sorte. Mi ha poi intenerito la madonna bambina assopita, nel suo abito rosso, con il libro che forse sta per caderle dalle mani: resta nel cuore quel misto di infantile dolcezza e di luce mistica.

Ma l’immagine più nitida, quella che torno indietro a rivedere con calma, finito il tour guidato, quella in cui alla fine un po’ mi perdo, è un piccolo quadretto con una natura morta, sicuramente pieno di simboli (la purezza, la caducità…) ma anche sorprendente nella sua essenziale modernità: un piatto di metallo, una rosa, un bicchiere d’acqua che vorresti bere.

16, 24, 26, 29, 27.5… diamo i numeri!

               di Armando Gualandrini

Che cosa fa la Fiab, dà i numeri da giocare al lotto? No, sono tutte possibili misure di diametro delle varie ruote. Le misure dal 16 al 24, per esempio, caratterizzano le bici dei ragazzi (tralasciamo qui i diametri per i bambini, se no avremmo dato veramente i numeri da giocare al lotto).

La recente mostra Eurobike, ha evidenziato una cosa che già da tempo gli appassionati di tecnica o gli agonisti sapevano: per le MTB è stata pensata e prodotta una ruota di 27.5. Dalla ruota di 26, che ha caratterizzato le MTB dal loro inizio, si è passati pochi anni fa al diametro di 29, con pregi e difetti; ora si passa alla ruota di 27.5,

Le ruote di 26 di diametro avevano – e hanno – il pregio di rendere agile l’uso della bici, con una frequenza di pedalata e una velocità diverse rispetto alle bici da corsa del tempo. L’introduzione del diametro di 29, ha portato maggiore velocità e stabilità, con un numero di pedalate minore, perdendo però in agilità. Le bici e gli accessori hanno richiesto delle modifiche importanti.

Ora Eurobike ha evidenziato l’introduzione del diametro di 27.5. Alcuni vantaggi sono evidenti: in particolare maggior stabilità rispetto alla ruota di 26, e maggior agilità rispetto alla ruota da 29. Anche in questo caso, non si potevano modificare le bici cambiando semplicemente le ruote e quindi si sono pensati e costruiti telai e accessori appositi.

Chi ha i freni a disco può anche provare a cambiare solo le ruote, ma i risultati lasciano il tempo che trovano. Ho un retropensiero ma lo tengo per me!

No bici, di Alberto Fiorillo, Ediciclo 2012

No bici di Alberto Fiorillo

No Bici – Alberto Fiorillo

Sogno città senza bici. Senza quelle biciclette ritratte sui manifesti pubblicitari che offrono una sbarazzina e giovanile scenografia ai piazzisti di telefonini, conti correnti, polo di piqué, addirittura automobili. Senza quelle bici straboccanti di glamour dei vip che piacciono tanto a giornali e paparazzi pronti a immortalare l’atletico passatempo di ciclopresidenti, cicloattori e ciclostar che prima consegnano un bel cheese all’obiettivo e poi, svoltato l’angolo, raggiungono comodi la loro destinazione sul sedile posteriore di una berlina. Senza quelle bici promesse come premio all’automobilista fedele, che vincere una bicicletta coi bollini del carburante è un po’ come aggiudicarsi una bibbia a una gara di bestemmie. Senza quelle mountain bike caricate su pick-up puzzoingombranti per andare a scovare sentieri vuoti di traffico e smog. Senza quelle minimaliste e fighette dei ruotafissati, che sono più capi d’abbigliamento che veicoli: non ti portano, si portano.

Come mai hai scelto questo titolo così irriverente per il tuo libro?

“Anche se non è corretto a me piace definirlo titolo palindromo. Si può leggere in un modo e esattamente al contrario. No Bici è la realtà che, tranne poche eccezioni, rende le città italiane assolutamente inospitali per le biciclette e i sindaci refrattari a qualsiasi intervento che metta un freno all’invadenza delle automobili per dare spazio a modi di muoversi qualitativamente migliori: i piedi, i pedali, il trasporto pubblico. No Bici però è anche una citazione del libro di Naomi Klein e l’ambizione di imporre la bicicletta per il suo valore d’uso e non perché fa figo o s’intona bene con la t-shirt o il tailleurino. Non so se hai presente il tipo cool che possiede più mezzi e che prima di uscire di casa si pone il fatidico interrogativo: e oggi che bici mi metto? Ma No Bici è ovviamente anche Sì Bici, la convinzione che la bici mobilita l’uomo e un po’ lo nobilita anche, che chi pedala ha compreso che le strade e le piazze sono luoghi di socialità e d’incontro e non luoghi di scontro (non solo metaforico) come avviene tra i motorizzati” (da un’intervista all’autore).

Il cielo non ci aiuta

Bicicletta incidentata

Bicicletta incidentata

Purtroppo non passa settimana senza che qualche ciclista venga investito con gravi conseguenze e subito si sviluppa sulla stampa e nei social network il solito e sterile dibattito sulle cause e sulle colpe dell’accaduto.
Come in molti dibattiti televisivi, alcuni si schierano per i ciclisti, visti come vittime sacrificali del traffico, altri invocano un maggiore rigore nel punire i loro comportamenti troppo disinvolti e irrispettosi del Codice della Strada. Poi tutto rimane come prima.
È un dibattito che da sempre si sviluppa sul tema degli incidenti stradali, che vede le case automobilistiche costruire e vendere auto sempre più veloci e finanziare contemporaneamente corsi di educazione stradale, per spostare l’attenzione e la responsabilità degli incidenti dalle caratteristiche dei mezzi e dalla gestione del traffico, ai comportamenti dei singoli guidatori.
È ciò che accade per gli incidenti sul lavoro, quando si afferma che la causa prima degli infortuni è l’eccesiva sicurezza dei comportamenti dei lavoratori.  Invece numerosi studi internazionali hanno dimostrato che la causa principale degli incidenti stradali è l’eccessiva velocità dei mezzi, come del resto è stato dimostrato, anche nel nostro paese, con i risultati ottenuti dall’introduzione degli autovelox, dei tutor e della patente a punti.
Il controllo e la repressione degli eccessi di velocità hanno infatti prodotto subito un calo dei morti e feriti su tutte le nostre strade. L’obbligo del casco per i motociclisti ha fatto il resto.
L’ abbassamento delle velocità in ambito urbano si ottiene con la costruzione di strade “improntate alla sicurezza della circolazione di tutti gli utenti della strada, alla riduzione dell’inquinamento acustico ed atmosferico per la salvaguardia degli occupanti gli edifici adiacenti le strade ed al rispetto dell’ambiente e di immobili di notevole pregio architettonico o storico.” (art. 13 del Regolamento di attuazione del Codice della Strada).
Se si vogliono meno morti e feriti nelle aree urbane le principali aree di intervento sono:

  • costruire infrastrutture e spazi pubblici improntati alla condivisione e alla riduzione delle velocità dei veicoli,
  • una gestione del traffico che privilegi i veicoli lenti, i pedoni ed i mezzi pubblici,
  • il controllo e la repressione degli eccessi di velocità.

Il 19 settembre, con i nostri soci, abbiamo effettuato il periodico rilevamento dei flussi di biciclette nei 14 punti principali di accesso al centro urbano. Anche in questa occasione abbiamo visto ciclisti che tentano di districarsi tra semafori a chiamata, transenne, fine di pista ciclabile, assenza di attraversamenti ciclabili, semafori che spezzano in tre tempi un centinaio di metri di pista. E purtroppo abbiamo visto comportamenti troppo disinvolti di alcuni ciclisti che vanno contrastati. Ma in mezzo agli incroci puzzolenti abbiamo anche visto un automobilista su dieci al cellulare, parcheggi sulle piste, accelerazioni e velocità da autodromo.
Il giorno prima, al pomeriggio, avevamo anche visto dei vigili in bicicletta fermare i ciclisti che attraversavano viale Italia all’incrocio con la via Emilia, per farli attraversare a piedi, visto che manca l’attraversamento ciclabile a norma di Codice. Una lezione sul campo di educazione stradale ai ciclisti mentre, davanti a tutti, sfrecciavano auto e furgoni ai settanta all’ora. Un assessore aveva promesso l’intero centro urbano ai 30 Km/h, ma evidentemente le priorità nei fatti sono altre.

Pranzo di fine stagione per FIAB Amici della Bicicletta

Anche quest’anno come da tradizione abbiamo pedalato qualche km per arrivare a Ganaceto, dove, all’ agriturismo i Gelsi, i nostri soci volontari hanno preparato un ottimo pranzo con le verdure di stagione della nostra campagna.

In attesa del programma delle attività del prossimo anno, le biciclette possono riposarsi un pò!

pranzo sociale

pranzo sociale

di ritorno da ganaceto

di ritorno da ganaceto

una bella giornata

una bella giornata

la campagna modenese

la campagna modenese

miullumino_per-WEB-2

M’illumino di più

il volantino della manifestazione

Il 25 ottobre scorso, un pool di associazioni ambientaliste, fra cui la Fiab, ha promosso una singolare iniziativa, “M’illumino di più”, per sensibilizzare i ciclisti al rispetto delle norme del codice stradale nella circolazione notturna, particolarmente pericolosa se attuata con mezzi inadeguati. Iniziato in Piazza Mazzini, il raduno dei manifestanti si è poi sviluppato in un percorso nel centro storico prolungatosi fino alla Polisportiva Sacca, dove è stato accolto dal locale Comitato per la zona a 30 km/h.

Non è stato un caso. L’iniziativa intendeva anche sostenere la richiesta dei cittadini di realizzare una zona a 30 km/h nel quartiere, coerente con gli obiettivi della mobilità sostenibile e della sicurezza perseguiti dagli ambientalisti. I vantaggi sono evidenti: limitando la velocità degli autoveicoli, ordinando la sosta e valorizzando lo spazio pubblico, consente a tutti di potersi muovere serenamente e riduce rumore e inquinamento dell’aria.

La battaglia dei cittadini della Sacca non è riuscita finora a scalfire la granitica indifferenza, se non l’ostilità, del Comune di Modena sull’argomento. Ciononostante, essa rappresenta solo l’ultima (in ordine di tempo) dimostrazione della diffusa e crescente insofferenza verso il modello di mobilità autocentrica praticata negli ultimi anni dall’Amministrazione municipale con determinazione meritevole di miglior causa.

Le zone a 30 km/h stanno invece risvegliando l’interesse in tutta Italia (all’estero sono diffuse da trent’anni) e sono considerate ormai l’architrave per la mobilità sostenibile. Le città di Milano, Torino e Roma stanno pianificando zone a 30 in ampie aree urbane; Reggio Emilia le sta concretamente diffondendo in tutta la città. La città di Terni a metà settembre ha sperimentato una zona a 30 km/h in forma “partecipata”, coinvolgendo i residenti di una strada nella pianificazione con gli esperti e suscitando grande interesse e consensi.

Come mai il Comune di Modena, che pure fra il 1999 e il 2001 era stato fra i primi in Italia ad attuare le zone a 30 km/h, ha completamente abbandonato questi interventi e non ne prevede in futuro?

il punto informativo

il punto informativo

in diretta con Caterpillar - Radio2

in diretta con Caterpillar – Radio2

il raduno

il raduno

cavalcavia mazzoni

cavalcavia mazzoni

Biciclette elettriche: continua il successo modenese

I veicoli elettrici sono sempre più preferiti dai cittadini attenti alla mobilità ecologica. Il Comune di Modena è all’avanguardia in Italia per gli incentivi offerti al loro acquisto e uso.

I contributi per l’acquisto di veicoli elettrici sono una storia di successo del Comune di Modena: dal 2011 al luglio 2013 risultano erogati 4.249 contributi municipali (bici, auto, tri-quadricicli), di cui circa il 98% destinati all’acquisto di biciclette, per una spesa complessiva di 1milione e 26mila euro.

Le bici elettriche godono di un contributo comunale del 14% sul costo totale, per un massimo di 145 euro. Accede agli incentivi anche la sostituzione degli accumulatori. Per conseguire il contributo, occorre essere cittadini modenesi e acquistare solo presso la rete dei venditori convenzionati col Comune.

Il mercato offre numerosi tipi di biciclette, da 350 a 3000 euro. Il consiglio è di acquistare bici sulla fascia di prezzo mediano (800-1200 euro), in quanto hanno dimostrato di avere il miglior rapporto prezzo/qualità. Ricordarsi di munire le preziose bici di un ottimo antifurto e della targa adesiva per l’identificazione del mezzo in caso di ritrovamento dopo un furto. Recentemente sopo apparse sul mercato anche bici elettriche ripiegabili, facili da usare (prezzo intorno ai 1.200 euro).

L’incentivo comunale era stato lanciato a seguito di un progetto europeo (SpeedBike), realizzato a Modena fra il 1997 e il 2000, che aveva evidenziato una domanda crescente di veicoli elettrici per la mobilità. Poiché la diffusione dei veicoli elettrici era ancora agli albori e i loro costi erano elevati, l’Amministrazione comunale decise di varare forme di incentivazione al loro acquisto ed uso. L’intento era di promuovere la mobilità sostenibile e la riduzione dell’inquinamento da traffico.

Si stima che oggi la quota di mobilità elettrica sul totale si aggiri fra il 3% e il 5%, che fa di Modena la città più “elettrica” d’Italia, una fetta notevole che aiuta certamente a ridurre le emissioni inquinanti da traffico in un’area urbana assediata dalle polveri sottili.

Giuseppe Marano
Gazzetta di Modena 19/11/2013