Lettera a un concittadino al volante

Caro concittadino che in questo momento sei al volante, se sul tuo percorso incontri qualcuno in sella alla sua bicicletta come me non ti infastidire. Lo so che quando pedalo al bordo della strada ti costringo a stare attento e a deviare un po’ dalla tua traiettoria, ma andando in bici sto rendendo la vita un po’ più semplice anche a te. Quando pedalo, sono una macchina in meno nella lunga fila di quelle che ti precedono: ho alleggerito il traffico perché anche tu possa arrivare prima (e con meno stress) alla tua destinazione. Sono anche un “avversario” in meno nella competizione spietata per un parcheggio: io uso gli stalli appositi perché la mia bici occupa poco spazio, ma pensa che nel posto che occupa la tua auto di bici ipoteticamente ce ne starebbero da 6 a 12. Usando i muscoli per spostarmi, non emetto sostanze inquinanti e faccio la mia piccola parte per rendere l’aria meno irrespirabile per me, per te, per i tuoi figli, nipoti, compagni, cugini, nonni, e combatto la mia microscopica battaglia contro la crisi climatica.

Quello che posso fare io, pedalatore di città, è una goccia nel mare: ma pensa se fossimo in tanti, tantissimi a scegliere la bici. Ci sarebbero centinaia di auto in meno a ingorgare le strade, e posti auto vuoti, ci sarebbe meno particolato sottile e meno puzza di smog: non sarebbe più bella, così, la città in cui vivi anche tu?

Quindi vedi, non sono un nemico, e se le amministrazioni comunali decidono di fare qualcosa per rendere la vita un po’ più semplice a me, in realtà stanno aiutando anche te: nelle questioni di mobilità non ci sono schieramenti (“ciclisti contro automobilisti”), ma solo tante persone che si spostano.

Ti chiedo solo qualche attenzione in più, perché nel flusso del traffico, in mezzo a veicoli molto più grandi, più corazzati, più veloci di me, mi sento vulnerabile e fragile. Basta che qualcuno mi urti, o un brusco spostamento d’aria e rischio di finire travolto! Quindi per favore, quando mi sorpassi fallo tenendoti a distanza da me, e non a 20 cm dal mio manubrio; porta pazienza se non mi tengo sempre alla destra estrema della carreggiata ma lì ci sono tombini e spesso l’asfalto è irregolare e rischio di cadere. Non mi insultare se non uso la ciclopedonale: non è obbligatorio, e non è giusto per i pedoni che io tolga loro spazio e tranquillità. E poi sono piene di transenne e interruzioni e rischio addirittura di farmi male. Sii gentile con me: favorire chi sceglie di camminare o pedalare diventa un modo per aiutare anche chi come te va in auto.

Città 30, gente contenta

A cavallo del lancio ufficiale di Bologna Città 30, il Comune di Bologna insieme a Fondazione Innovazione Urbana aveva diffuso un questionario (piuttosto articolato – servivano una ventina di minuti per rispondere a tutte le domande) chiedendo ai cittadini il loro punto di vista su quella che è in effetti una rivoluzione urbana. Prima di Bologna anche Londra e Parigi avevano diffuso questionari simili, ottenendo rispettivamente circa 2.000 e 5.700 risposte: a Bologna le risposte sono state addirittura 20.000, e ben 10.000 persone hanno completato il questionario in modo approfondito.

La maggior parte dei partecipanti ha dichiarato di spostarsi in auto, ma un significativo 80% sarebbe disposto a veder modificato l’assetto stradale per ridurre il traffico e gli incidenti; le stessa percentuale si è detta disponibile a considerare alternative all’auto come camminare, usare la bicicletta o i mezzi pubblici se le strade fossero più sicure e le infrastrutture più estese.

L’alto grado di conoscenza del Piano Città 30 tra i partecipanti riflette l’efficacia e la capillarità della campagna informativa precedente: tra gli obiettivi più apprezzati la riduzione degli incidenti stradali, l’autonomia per bambini, anziani e persone con disabilità, e la creazione di uno spazio urbano più vivibile. La maggioranza ritiene necessario modificare fisicamente le strade con rallentatori di velocità, e con un ampliamento dei percorsi ciclabili e degli spazi pedonali e un miglioramento dell’illuminazione.

Tper ha confermato che in questa fase iniziale di Bologna 30 gli autobus perdono appena 3-4 minuti da capolinea a capolinea, su tragitti mediamente superiori a un’ora, ritardi che tenderanno a ridursi man mano che le infrastrutture della città 30 saranno implementate e si verificherà quella diminuzione del traffico veicolare che si è vista in tutte le città europee (senza eccezione) che sono passate a 30 km/h.

Altri dati incoraggianti sono quelli sui flussi ciclistici. Mentre a Modena, a fronte di migliorie infrastrutturali minime, le bici sono in diminuzione, a Bologna solo nell’ultimo anno si registra un aumento dell’8%: nelle 10 postazioni “storiche”, l’aumento dei ciclisti dal 2012 sfiora l’80%: i passaggi di bici sono passati da 1.598 a 2.870. A spingere questo boom, la Tangenziale delle Biciclette sui Viali, e più di recente i nuovi percorsi ciclabili realizzati lungo le radiali della città, che cominciano a dispiegare in modo strutturale i loro effetti.

Chi vuol intendere, intenda.

 

Cosa migliora davvero la sicurezza stradale?

In occasione della Giornata mondiale in memoria delle vittime sulla strada del 19 novembre, FIAB ha inoltrato una lettera aperta ai gruppi parlamentari e alla Commissione Trasporti della Camera.

Come FIAB ci occupiamo da oltre trent’anni della sicurezza delle persone: promuoviamo una mobilità rispettosa di tutte e tutti, forniamo analisi e strumenti perché l’Italia si allinei agli standard europei da cui ancora è molto distante.

Siamo quindi molto preoccupati per le misure contenute nel Ddl “Sicurezza stradale” dal quale emerge un approccio coercitivo e sanzionatorio contrario alla visione scientifica del tema, che di fatto ignora gli strumenti necessari per salvare la vita delle persone. I provvedimenti indicati contengono errori grossolani e distorsioni pericolose: si afferma di salvaguardare chi va in bici, ma si persegue ancora una visione autocentrica e ormai insostenibile.

“In Italia, solo nel 2022, sono 3.159 le morti dovute a collisioni stradali e 223.475 i feriti. Non ci stanchiamo di ripetere che le principali cause di morte sono l’alta velocità, la guida distratta, il mancato rispetto degli attraversamenti pedonali e il mancato rispetto della distanza di sicurezza (ISTAT). Sono questi i fattori su cui bisogna intervenire. Le proposte del Ddl disincentivano l’uso della bicicletta, non promuovono l’intermodalità e soprattutto non contrastano l’uso eccessivo dell’auto privata nei centri urbani (in Europa svettiamo con 67 auto ogni 100 abitanti). Si limitano poi le ZTL, gli autovelox e non si fa riferimento all’introduzione delle città 30.

Siamo sempre più lontani dalla direzione indicata dalla comunità scientifica: i dati parlano chiaro. Oltre al numero di vittime di violenza stradale, abbiamo un serio problema di sedentarietà e di obesità, che colpiscono le generazioni più giovani. L’Italia è tra i paesi europei con i valori più elevati di eccesso ponderale nella popolazione in età scolare, con una percentuale di bambini in sovrappeso del 20,4% e di bambini obesi del 9,4%, compresi i gravemente obesi che rappresentano il 2,4%. Parliamo anche dei livelli inaccettabili di inquinamento delle nostre città e delle morti premature.

Per questo rispediamo al mittente l’accusa di sostenere posizioni ideologiche quando promuoviamo la mobilità attiva e sostenibile. Le infrastrutture ciclabili dovrebbero essere realizzate come si realizza una politica sanitaria. Come FIAB chiediamo che il Governo investa in Salute per evitare di spendere in Sanità.

In sella alla transizione ecologica

Per il 2024, FIAB ha scelto di puntare sulla centralità della bicicletta per la transizione ecologica e energetica. Mentre il dibattito pubblico è focalizzato sul complesso passaggio alla mobilità elettrica, il Paese non riesce ancora a comprendere l’enorme potenziale del pedale per i brevi spostamenti quotidiani, che anche noi di FIAB Modena cerchiamo di raccontare settimanalmente su queste pagine. Con un cambiamento di abitudini da parte dei cittadini e con il sostegno di istituzioni che incentivino questo cambiamento con infrastrutture adeguate e una comunicazione efficace, la transizione può essere avviata in tempi rapidi e con costi minimi.

Noi volontarie e volontari di FIAB Modena pedaliamo, valutiamo, proponiamo, ascoltiamo, facciamo eventi, collaboriamo in rete con tante altre associazioni attraverso ARIA, Associazioni in Rete per l’Inclusione e l’Ambiente. Organizziamo escursioni in bici per tutti i livelli e le abilità praticamente ogni finesettimana, oltre alle ciclovacanze estive per adulti e per famiglie in cui si può sperimentare la bellezza di fare turismo pedalando.

Promuoviamo ogni anno il Bike to Work e il Bike to School e collaboriamo con aziende e scuole, affiancando chi ha a cuore il benessere del personale dipendente e degli studenti, e di conseguenza il benessere di tutti. Da anni offriamo supporto alle donne straniere che vogliono imparare ad andare in bicicletta offrendo loro la libertà di rendersi indipendenti negli spostamenti, e cerchiamo di essere vicino a chi pedala ogni giorno per le strade della città e della provincia ascoltandone le difficoltà e proponendo strategie che ne migliorino l’esperienza.

Interloquiamo con le amministrazioni di ogni livello e facciamo pressione perché rendano le strade più sicure per chi cammina e pedala, per trasformare le nostre città in luoghi meno inquinati e a misura di persona e migliorare la qualità della vita: è nell’interesse di tutte e di tutti.

Crediamo che le strade siano uno spazio pubblico che tutti hanno il diritto di vivere in sicurezza, dall’anziano col deambulatore al bambino sulla bici a rotelle: ecco perché abbiamo scelto di portare avanti la campagna Città30Subito, con una proposta di legge nazionale, e una petizione pubblica Modena30, che è possibile firmare contattandoci. Se anche voi pensate che i nostri paesi e città meritino di essere più vivibili per i loro cittadini, considerate l’idea di iscrivervi a FIAB per il 2024: più siamo, più la nostra voce conta.

Il gorilla nella partita di basket e il pedone invisibile

Nel 1999 due ricercatori di Harvard, Christopher Chabris e Daniel Simons, misero in piedi un esperimento per testare la cosiddetta attenzione selettiva. Ai partecipanti a questo studio veniva chiesto di guardare un video in cui sei ragazzi, tre con la maglia nera e tre con la maglia bianca, si passano una palla. Veniva chiesto agli spettatori di contare in silenzio il numero di passaggi effettuati dalle persone in maglietta bianca. A circa metà del video, un gorilla cammina ed entra nell’azione, si rivolge alla telecamera, si batte il petto, poi esce, rimanendo nove secondi sullo schermo. Alla fine del video veniva chiesto ai partecipanti allo studio chi avesse visto il gorilla, e più della metà di essi non l’aveva notato: quando il video veniva proiettato nuovamente, la sorpresa dei partecipanti (che questa volta sapevano che c’era un gorilla e quindi vi prestavano attenzione e lo vedevano) era notevole.

Come è possibile che una cosa così evidente passi completamente inosservata? La psicologia di questo breve video spiega che in realtà la nostra attenzione è altamente selettiva, cioè vediamo solo quello che cerchiamo di vedere e quello che ci aspettiamo di vedere, mentre quello su cui non siamo focalizzati scompare dalla nostra percezione e ci risulta invisibile.

Per chi si trova al volante, questo ha delle implicazioni importanti: quando siamo focalizzati sulle altre auto che ci stanno intorno, tutto il resto su cui non siamo concentrati scompare, letteralmente “non lo vediamo”. Ci si spiega così in parte lo sgomento con cui tanti automobilisti, dopo una collisione con una persona in bici o a piedi, esclamano: “Non l’avevo visto!”.

Per questo, è ormai assodato che la sicurezza di chi cammina o pedala è nei numeri, perché più sono i pedoni e i ciclisti in circolazione, più chi guida si aspetterà di incontrarli, e quindi più alta sarà la concentrazione anche su questi oggetti del suo campo visivo, e più diventeranno “visibili”.

L’altro modo per rendere il gorilla facilmente visibile dal principio è rallentare il video. Quando i nostri sistemi visivi si sono evoluti, e con essi le nostre capacità di attenzione, non ci muovevamo a 70 chilometri all’ora, e nemmeno a 50, quindi i cervelli in via di sviluppo non avevano bisogno di essere in grado di notare molte cose inaspettate che si avvicinavano ad alta velocità. Abbassare il limite orario a 30 km in tutte le città aiuterebbe dunque chi guida a percepire meglio anche chi non fa parte del flusso di auto, e ad evitare collisioni.

Città30, la città che si cura degli altri.

Venerdì 8 dicembre il limite di velocità sulla maggior parte delle strade di Amsterdam diventerà a 30 km/h e le autorità stanno adeguando la segnaletica con 4.400 segnali.

Nel comunicato l’amministrazione afferma che “naturalmente ci vuole un po’ di tempo per abituarsi, soprattutto per chi guida ogni giorno. Ma nella nostra città ci piace tener conto l’uno dell’altro. Guidando un po’ più lentamente contribuisci a garantire che tutti possano muoversi in sicurezza e senza preoccupazioni nella nostra città. Ad una velocità di 30 km/h ci aspettiamo dal 20 al 30% in meno di incidenti gravi, perché la probabilità che un pedone sopravviva a un incidente è del 95%. Inoltre, il rumore del traffico sarà dimezzato e la città diventa più tranquilla e stare in fuori strada sarà più piacevole”.

Non ci sarebbe poi bisogno di tante altre spiegazioni di perché una “città 30” è una giusta prospettiva da perseguire. Un luogo in cui ogni cittadino ha cura dell’altro, si prende la responsabilità della sicurezza di chi incrocia, e perdendo solo un po’ di tempo di viaggio garantisce che le persone possano stare in sicurezza in strada, o che sia possibile gustarsi un aperitivo senza il rumore assordante a coprire la voce.

Voi penserete che per le città del nord sia facile questo passaggio, in fondo hanno una lunga tradizione di strade tranquille come nei woonerf, i quartieri in cui i pedoni hanno sempre la precedenza, le auto devono procedere a passo d’uomo e i bambini possono giocare per strada.

Eppure questa tradizione non è poi così lunga, e ce lo ricorda Jan Gehl, uno dei più influenti architetti danesi, uno dei massimi ispiratori di queste trasformazioni: “a fine anni ‘60 in tutta Europa le vecchie città venivano modernizzate con grattacieli, strade larghe, immensi parcheggi e la vita cittadina scacciata dalle strade e dalle piazze. Per reagire a questo modo di procedere sono venuto in Italia, a Lucca, Siena, Ascoli, per studiare un approccio umano nei confronti della città. È naturale che sia così dal momento che nessun altro paese al mondo potrebbe offrire una tale ricchezza di spazi urbani e una cultura più profonda dell’uso delle strade e delle piazze”.

Insomma, in 60 anni ci siamo scambiati le consuetudini. Al nord Europa hanno imparato a vivere alla mediterranea e noi invece abbiamo perseverato nel trasformare secolari luoghi di vita in corsie di transito veloce per auto. Allora in fondo, a ben vedere, la “città 30” è solo un primo passo per riprendere le nostre tradizioni e tornare a prenderci cura degli altri.

Ancora in calo la rilevazione dei cittadini in bicicletta

Martedì 19 settembre scorso i volontari di FIAB Modena hanno effettuato la semestrale rilevazione dei ciclisti nei 15 varchi stabiliti dal Comune di Modena nel 2005. Dalle 7,30 alle 8,45 sono transitati 3570 ciclisti, con un aumento del 25% rispetto a quelli contati nell’aprile scorso ed un calo del 10% rispetto a quelli del settembre 2022.

Come sempre i ciclisti sono risultati più numerosi in autunno rispetto alla primavera, incentivati anche dal clima particolarmente favorevole di questo settembre. Permane tuttavia una tendenza in calo, con dati simili a quelli registrati nel 2020 e nel 2021, che erano fortemente influenzati della pandemia e dalla conseguente diffusione dello studio e dal lavoro svolti a casa.

Le strade più frequentate rimangono quelle di accesso al centro città: via Emilia Est ed Ovest, via Tagliazucchi, viale Medaglie d’Oro, via Sigonio e corso Canalchiaro, le più frequentate anche dai pedoni, risultati complessivamente in crescita di circa il 6% rispetto ad aprile 2022 e del 26% rispetto al settembre 2022.

Forse questa è la risposta dei cittadini che trovano sempre più pericoloso spostarsi in bicicletta, sia per il rischio di essere investiti, che per la probabilità di non trovare all’uscita il proprio mezzo parcheggiato.

Il Comune di Modena, nonostante la promessa di “migliorare le condizioni della circolazione e della sicurezza stradale, (…) favorendo il passaggio dall’uso generalizzato dell’auto privata alla mobilità dolce, ciclabile e pedonale” contenuta nel proprio Piano Urbano della Mobilità Sostenibile, non ha migliorato la sicurezza stradale e non ha aumentato i portabiciclette, che spesso sono deteriorati e sempre pieni. Ne sono testimonianza le numerose biciclette legate ai pali ed alla segnaletica stradale.

I cittadini aspettano ancora le zone quiete protette attorno alle scuole, da tempo promesse e non realizzate, e molti genitori sono restii a mandare a scuola i propri figli a piedi o in bicicletta, preoccupati per la loro incolumità.

Speriamo che ancora una volta la politica, in previsione delle prossime elezioni amministrative, non si sprechi nel promettere obiettivi ed azioni per la mobilità sostenibile, salvo poi favorire, con miopia, la mobilità e la sosta generalizzata a spese di pedoni e ciclisti, come è avvenuto purtroppo negli ultimi anni.

L’elettrico che piace di più ha due ruote

Autoritratto 2022, la pubblicazione statistica dell’Aci, mostra che le auto elettriche continuano a non sfondare nel mercato italiano: le solo elettriche sino al dicembre scorso rappresentavano appena lo 0,4% del parco auto nazionale. Non solo, ma Acea (l’Associazione europea dei produttori di automobili) ha osservato che le elettriche pure immatricolate nel nostro Paese nel 2022 sono state 49.179 contro le 67.284 del 2021 con un calo del 26,9% rispetto all’anno precedente. E’ l’unico caso di flessione registrato nel mercato europeo, ma anche oltralpe non sembra che l’auto a spina abbia ottenuto il successo sperato: una ricerca di Deloitte ha evidenziato ad esempio come i cittadini tedeschi fossero più propensi ad acquistare nuove biciclette elettriche che auto a zero emissioni.

La barriera principale all’acquisto è sicuramente il prezzo elevato, che mediamente è il 30 per cento in più dello stesso modello a motore endotermico: e infatti pare che a vendere bene siano auto elettriche di gamma medio-alta, pensate per chi non ha problemi economici, mentre le utilitarie stentano. Del resto, se le auto elettriche non emettono localmente sostanze inquinanti, lasciano però irrisolti gli altri problemi: le polveri sottili dovute a freni e usura degli pneumatici, la congestione da traffico, la necessità di parcheggi, la potenziale pericolosità, la sedentarietà e lo stress di chi è al volante. Quel 30% in più di spesa evidentemente appare poco giustificabile per l’italiano medio in termini di benefici sperati.

A brillare in questo scenario invece è un’altra elettrica: la bici. Le proiezioni dicono addirittura che presto le bici elettriche in Europa venderanno più delle auto: la Confederation of the European Bicycle Industry è convinta che le e-bike in Europa, che al momento sono 5,5 milioni, possano toccare quota 7 milioni entro il 2025, mentre Bike Europe parla di un traguardo di 10 milioni di esemplari. Una tendenza presente anche in Italia: secondo ANCMA, l’associazione italiana costruttori di bici e moto, solo nel 2022 il volume delle vendite di e-bike è aumentato del 14%, con una crescita del 72% dal 2019.

Le ragioni del loro successo? Sono molto meno costose di un’utilitaria (elettrica o meno), ricaricabili con pochi euro all’anno, non hanno grandi costi di mantenimento, sono agili anche nel traffico, riducono la fatica di una bici muscolare e occupano meno spazio di parcheggio. In una città a 30 km/h non ci sarebbero davvero più barriere per l’uso di una e-bike.

La formazione alla sicurezza? Si fa in strada

Con 54 vittime per milione di abitanti, ISTAT certifica che nel 2022 le strade italiane sono tra le più pericolose in Europa (6 posizioni perse, 19° paese su 27). La migliore, la Svezia, ne conta solo 22 e la media UE è di 46 morti per milione di abitanti. Mentre altri paesi stanno migliorando le loro performance, noi continuiamo ad avere oltre 3.100 morti, 204.000 feriti di cui 19.900 gravi. Uno zoccolo duro che rimane immutato da alcuni anni, dopo che precedenti miglioramenti erano arrivati da una maggior sicurezza sulle auto, e da alcune norme come la patente a punti, le regole per neopatentati, gli alcoltest.

Molti pensano che sia la mancanza di cultura a marcare la differenza tra noi italiani e gli altri paesi europei, ed infatti nelle nuove norme proposte dal Ministro Salvini ci sono anche bonus per i ragazzi che decidono (volontariamente) di frequentare corsi di sicurezza stradale.

Non neghiamo che la formazione nella età giovanile sia una cosa importante, ed anche noi come tante altre istituzioni siamo impegnati da anni con incontri nelle scuole, già a partire dalle elementari. Ma sono sempre poche ore nella vita di uno studente, ed i messaggi che proviamo a far passare poi si scontrano quotidianamente in strada con i comportamenti dei loro genitori.

Per non parlare della martellante industria automotive che tutti i giorni ci racconta come sia divertente, adrenalinico e passionale guidare le loro auto. Una fonte di piacere e realizzazione personale, con guidatori nel pieno controllo dei loro mezzi su strade vuote e prive di pericoli, con incredibili mezzi tecnologici di assistenza.

Come se guidare un’auto nel 99% dei casi non fosse un mero, noioso, frustrante spostamento da casa al lavoro, o in palestra od a fare la spesa, ma che con l’auto giusta si possa trasformare in una rigenerante avventura cittadina.

Dovete ammettere che in un diciottenne è difficile contrastare con qualche ora di formazione scolastica questo bombardamento di segnali controversi che arrivano dai genitori e dai media. A questi messaggi si sommano le voci di chi afferma che i velox servono a far cassa, e chiedere strade cittadine ridisegnate per rendere difficile superare i 30kmh sia eco-terrorismo che vuole fermare il progresso, quando invece sono le strategie di sicurezza di maggior successo in Europa.

Si, ne abbiamo tanta di strada da fare nella formazione di una nuova cultura della sicurezza. Non solo a scuola però.

Mezz’ora al giorno: lasciateci scegliere

Mettiamo che ognuno di noi abbia mezz’ora al giorno che è costretto a trascorrere, a scelta, in due modi diversi.

Nella prima opzione, ci si trova rinchiusi in un box di metallo, immobilizzati da una cintura ad una speciale poltroncina; ci si trova in mezzo al un flusso di altri box, che si muovono grazie ad appositi comandi che si possono attivare dall’interno e ci si trova sottoposti a una serie di input esterni che ci costringono a tenere altissima l’attenzione e che innescano in continuazione il circuito neuronale della minaccia-fuga-attacco. Purtroppo fuggire non si può, quindi si attiva nel nostro cervello la risposta dell’attacco, scatenando nervosismo e aggressività. L’unico sollievo che possiamo ricevere è quello di poter ascoltare un po’ di musica o le notizie del giorno (che però rischiano di farci diventare ancora più ansiosi). Per poter uscire poi dobbiamo trovare un posto, tra quelli appositamente dedicati alla sosta dei box di metallo, ma è difficile perchè i box in movimento sono tanti e tutti hanno fretta di uscire. Per poter scegliere questa opzione, infine, dobbiamo pagare circa 1500 euro l’anno a testa; inoltre, l’economia pubblica ci rimette circa 90 centesimi per ogni chilometro che percorriamo (infrastrutture, manutenzione, incidenti, salute, smog).

Nella seconda opzione, ci si trova all’aperto seduti su un attrezzo ginnico che, a differenza di quelli che stanno nelle palestre, si muove grazie allo sforzo delle nostre gambe; è possibile scegliere un modello base a propulsione esclusivamente muscolare, e uno con un assist elettrico che alleggerisce lo sforzo per chi non può o non vuole faticare troppo. A seconda della stagione e delle intemperie, bisogna scegliere un abbigliamento adatto ma si può approfittare dell’effetto tonificante dell’aria aperta, oltre che di mezz’ora di attività ginnica. Anche in questa opzione occorre tenere altissima l’attenzione soprattutto quando si incrocia il flusso dei box in movimento; è più facile però trovare una sosta per l’attrezzo ginnico perché occupa poco posto. Questa opzione costa dai 40 ai 200 euro l’anno, e porta alla società 29 centesimi di benefici per chilometro.

C’è chi non rinuncerebbe mai all’auto, e rispettiamo il suo punto di vista: ma per chi volesse scegliere la seconda opzione, perché i percorsi sono così accidentati, insicuri, pieni di ostacoli e barriere? La libertà di scegliere dove sta? Chiediamolo ai nostri amministratori.