No all’eliminazione dei parcheggi bici davanti alla Biblioteca Delfini!

Chiediamo a tutti i cittadini che condividono la nostra posizione di scrivere una email al Sindaco Gian Carlo Muzzarelli (sindaco@comune.modena.it) e all’assessore Giacobazzi (gabriele.giacobazzi@comune.modena.it) per chiedere il ripristino dei porta bici alla Delfini, usando il testo sotto riportato e firmando.

Ripristinare i parcheggi bici davanti alla Biblioteca Delfini!
Mercoledì 5 ottobre sono stati eliminati 15 portabici dai parcheggi posti in prossimità dell’ingresso della Biblioteca Delfini. Al posto di 30 biciclette, sono ora parcheggiati tre autoveicoli, proprio all’ingresso di uno dei servizi più importanti della città, frequentato da circa 1.000 cittadini al giorno, fra utenti e lavoratori degli istituti culturali presenti nel Palazzo Santa Margherita.
La collocazione di portabici obsoleti in Via Goldoni, attuata in fretta e furia e senza alcuna evidente programmazione, è una soluzione di rimedio assolutamente inadeguata, sia perché espone più facilmente al furto le biciclette sia perché provoca una dequalificazione significativa dell’area antistante Palazzo Santa Margherita.
L’iniziativa contraddice palesemente le dichiarazioni dell’Assessore Giacobazzi che – in Commissione Seta, solo martedì 4 ottobre – nel presentare il Piano della mobilità ciclistica aveva evidenziato che si propone di aumentare la quota di spostamenti in bici dell’1,5% annuo. I mezzi usati per perseguire l’annunciato obiettivo appaiono quantomeno incongrui.
In ogni caso, si chiede il riposizionamento urgente dei portabici eliminati e anche l’installazione in zona di depositi protetti, al fine di proteggere dai furti le bici e promuovere concretamente (e coerentemente) la mobilità ciclistica.

i 3 nuovi posti auto davanti alla biblioteca delfini

i 3 nuovi posti auto davanti alla biblioteca delfini

Ancora un calo dei ciclisti a Modena

Ancora un calo dei ciclisti a Modena

tecnici progettisti ed associazioni

tecnici progettisti ed associazioni

Sorpresa negativa per la mobilità: dal secondo rilievo annuale effettuato dalla Fiab a Modena il 20 settembre scorso è emerso un significativo calo dei biker circolanti (- 4,4%). Il calo è tanto più importante se si considera che l’anno precedente era stata rilevata una prima contrazione dei ciclisti (- 1,2%), portando il bilancio complessivo nell’ultimo biennio ad un – 5,6%. Prende consistenza dunque un’allarmante inversione di tendenza della mobilità ciclistica rispetto ai positivi risultati riscontrati dall’associazione fra il 2008 e il 2014.

Il monitoraggio, che si svolge due volte l’anno (aprile e settembre), è stato effettuato da una ventina di soci Fiab martedì 20 settembre, dalle 7.30 alle 8.45, in 17 fra le principali intersezioni della città, contando i ciclisti di passaggio sia in direzione centro che periferia.

In termini assoluti, il maggior traffico di bici si è verificato come sempre in Buon Pastore/Sigonio – direzione centro (390), seguita da Canalchiaro/Ruà Frati – direzione centro (327) e da Medaglie d’oro/Muratori – direzione centro (303).

I dati evidenziano una riduzione degli spostamenti collegata a nuovi stili di mobilità e a variazioni delle esigenze personali e familiari. Ma, più di tutto, il fenomeno certifica l’assoluta ininfluenza degli interventi comunali nel settore della mobilità sostenibile. Non a caso, gli spostamenti autoveicolari restano inchiodati al 75% negli ultimi 15 anni, un vero record fra le città intermedie, comprimendo al 25% gli spostamenti effettuati con mezzi meno inquinanti (pedonalità, ciclabilità, trasporto pubblico).

Giuseppe Marano
www.modenainbici.it

Fossero così tutti i giorni della mia vita

“Fossero così tutti i giorni della mia vita”

Siamo un gruppo di studenti stranieri del Centro Provinciale di Istruzione Adulta, il CPIA; veniamo da tanti paesi diversi e siamo arrivati in Italia da pochi mesi. Abbiamo iniziato l’anno scolastico con una bellissima gita in bicicletta a Villa Sorra. Eravamo in tanti, ci siamo trovati domenica mattina alle nove e tutti insieme siamo partiti; abbiamo visto i campi con i vigneti, gli alberi di pere e di prugne, i campi arati, le ville…

Dice Nelly che viene dalla Nigeria: ”Io non ero mai andato così lontano con la bici, non avevo mai fatto una vera gita! Che bello il viale alberato che porta alla villa”

Quando siamo arrivati a villa Sorra, c’era una bravissima guida di nome Giorgio che ci ha spiegato tutta la storia della villa e dello splendido giardino.

“Nel mio paese – dice Safiatou – non ci sono dei giardini così meravigliosi. Io ne sono rimasta incantata.”

Poi abbiamo anche mangiato l’ottimo pane prodotto con la farina del grano di villa Sorra, un pane davvero speciale!

Tutti sono stati gentilissimi con noi: i responsabili della FIAB, che ci hanno organizzato e ci hanno accompagnato lungo il percorso, la guida del Museo, il signor Fabio che ha imprestato le bici a chi non le aveva, e le ha pure riportate indietro, gli insegnanti, che ci hanno pure offerto il gelato.

E’ stato bello anche vedere i vecchi attrezzi agricoli e i vecchi trattori che per partire hanno bisogno del fuoco; abbiamo visto degli aratri antichi, che nei nostri paesi vengono ancor oggi utilizzati e trainati dai buoi o dai somari.

E’ per tutti questi motivi che il nostro compagno Giulio, che è un po’ italiano e un po’ ghanese, quando siamo tornati ha esclamato: “Fossero così tutte le giornate della mia vita!”

Grazie a tutti! Gli studenti del CPIA di Modena

studenti stranieri a villa sorra

studenti stranieri a villa sorra

E io pedalo. Donne che hanno voluto la bicicletta

e io pedalo - donne che hanno voluto la bicicletta

e io pedalo – donne che hanno voluto la bicicletta

Sabato 24 settembre a Maranello, nell’ambito delle celebrazioni legate ai 70 anni dal voto alle donne, si è tenuta lo spettacolo teatrale di Donatella Allegro: “E io pedalo. Donne che hanno voluto la bicicletta”, una storia tutta al femminile di emancipazione, amore, libertà e coraggio.

Abbiamo conosciuto Donatella Allegro nel 2012 in occasione dell’interessante progetto dell’ ERT “Il ratto d’Europa”, che ha visto lavorare insieme in un dialogo interattivo gli attori e le varie realtà territoriali modenesi tra cui la FIAB, dialogo che è proseguito con la meravigliosa esperienza di “Carissimi Padri”.

Il sodalizio che è nato tra la nostra associazione e gli attori dei due progetti ha avuto come “mezzo di trasmissione” la bicicletta e ci ha dato l’opportunità di unire la nostra passione per la bici ed il loro amore per il teatro. Pedalando insieme a loro ed alla cittadinanza abbiamo riflettuto, discusso e ci siamo interrogati sulla nostra idea di Europa e sulle origini storiche e culturali della Prima Guerra Mondiale.

Ma la nostra collaborazione con Donatella è proseguita quest’anno nel corso del suo ultimo lavoro “E io pedalo. Donne che hanno voluto la bicicletta“, della quale è regista ( interpreti: Irene Guadagnini ed Eugenia Rofi), spettacolo che ha esordito nel mese di giugno a Sant’Agata Bolognese, per poi replicare durante l’estate a Bologna ed a Modena

Questa volta l'”apporto” della nostra associazione è stato meno concreto e più esperienziale, essendo legato alla pratica, che perdura oramai da diversi anni, di insegnare l’uso della bicicletta alle donne migranti e che è sfociata in un vero e proprio progetto.

Ma veniamo al lavoro teatrale.

È un viaggio insolito, quello cui ci portano le due attrici di scena: la bici è ferma, in riparazione, eppure è come se corresse veloce come il vento, anzi come il tempo che scivola via un decennio dopo l’altro per circa un secolo, le parole si susseguono come pedalate: dure, leggere, allegre, drammatiche, storie di emancipazione al femminile, a cominciare da quella di Alfonsina Strada, che nel 1924 corse il giro d’Italia insieme agli altri uomini, storie spesso dimenticate di staffette partigiane che hanno dato la propria vita per amore della libertà, storie di eccellenza consapevole, come quella dell’atleta olimpionica Antonella Bellutti ed infine storie dei nostri giorni, esperienze moderne dove la bicicletta diventa un mezzo di emancipazione e consapevolezza, un mezzo per volare leggere come farfalle, un mezzo necessario per muoversi in autonomia

Incontriamo Donatella a Modena 20 giorni dopo il debutto dello spettacolo teatrale a Sant’Agata Bolognese per farle alcune domande

1. Sappiamo che il tema dell’emancipazione femminile non ti è nuovo, pensiamo alla ricerca che hai svolto sull’esperienza storica dei Gruppi di Difesa della Donna tra Resistenza ed emancipazione, che è sfociato nello spettacolo “Pane, lavoro e pace”, oppure al lavoro sulla problematica del lavoro e dell’identità femminile di “E sei anche fortunata”; questa volta hai affrontato la tematica da un punto di vista diverso, raccontando di donne cicliste. Cosa ti ha spinto a fare questa ricerca?

Due direzioni diverse. La prima spinta è nata dal voler lavorare sullo sport femminile, avendo letto e ascoltato esperienze che mi avevano fatto rendere conto di quanto lo sport possa rivelarsi un concentrato di discriminazione di genere poco note, poco note perché spesso non le vogliamo vedere. Dico che è un “concentrato” perché lo sport, questo mondo apparentemente pieno di attrattive, ha tutti i problemi dell’emancipazione femminile: basti pensare all’enorme disparità nelle retribuzioni e il non accesso al professionismo. Quest’ultimo è un aspetto prettamente italiano, dato che in Italia il regolamento non prevede che lo sport femminile sia uno sport professionistico – e questa è anche una delle scuse per cui si pagano poco le donne … ma non è l’unica, naturalmente.

spettacolo - e io pedalo

spettacolo – e io pedalo

La seconda spinta nasce dal voler mettere in evidenza sia l’importanza che ha avuto per le donne l’accesso a sport tradizionalmente maschili, sia l’aspetto dell’iconografia dello sportivo, con tutti i suoi riflessi sessisti, o comunque stereotipati, presenti nei media, soprattutto sulle donne ma non solo.

Questi sono i temi che trovavo interessati nell’affrontare le tematiche donne e sport.

Però man mano che leggevo mi sono resa conto che lo sport agonistico era il punto di partenza ma non quello di arrivo, così il mio interesse si è focalizzato sulla bicicletta, che mi è sembrata il caso più interessante ed eclatante.

Poi naturalmente c’è un dato personale: anche per me la bici ha rappresentato una compagna molto importante della mia vita, anche se adesso la frequento meno di quello che vorrei.

Questi due aspetti sono confluiti in uno spettacolo sulla bicicletta come strumento di libertà, per tutti e in ogni parte del mondo, e come strumento di liberazione, nello specifico per le donne e nella storia di quest’ultimo secolo.

2. Alfonsina Strada, le staffette partigiane, Antonella Bellutti e poi le donne migranti, qual’é il filo conduttore del tuo spettacolo?

Potrei dare due risposte. Il primo filo è quello che lega alcuni casi esemplari in cui la bicicletta ha rappresentato uno strumento di emancipazione concreta, non solo nello sport ma anche nel potenziare un ruolo “attivo” della donna nella società.

Le storie che avete citato sono precedute da una specie di prologo molto scherzoso ma di grande importanza: accenniamo, per sketch, a pregiudizi di fine Ottocento-inizi Novecento molto diffusi in Italia, pregiudizi di cui erano oggetto le donne che andavano in bicicletta, con tutte una serie di presunte ricadute paramediche e fisiologiche. Si diceva, ad esempio, che la bicicletta danneggiasse gli organi riproduttivi, portasse malformazioni… inoltre era uno strumento considerato indecente per via della sua (sempre presunta) connotazione erotica. Noi queste cose le diciamo nello spettacolo, mostrando anche il coté ironico della letteratura dell’epoca, che dipingeva queste donne cicliste come strane ed eccentriche – come peraltro erano e come penso si debba essere a volte nella vita se si vuole ottenere qualcosa.

Questo aspetto ci interessa non solo perché racconta la difficoltà del conquistarsi questo strumento ma anche perché evidenzia come le argomentazioni adottate per criticare una qualsiasi conquista femminile siano sempre le stesse, ossia spiegazioni pseudo-scientifiche, pseudo-naturalistiche, fondamentalmente di controllo del corpo femminile, come quelle che contestavano l’accesso delle donne alla Magistratura poiché le si considerava “umorali”.

Dovremmo anche aver superato il concetto di natura come una sorta di entità divina e quindi immutabile; ma in realtà ancora oggi ci vengono date spiegazioni di questo tipo: dobbiamo tenerlo presente e dobbiamo non farci mai bloccare da queste argomentazioni.

corso donne straniere

corso donne straniere

Il secondo, possibile, filo conduttore è interno, ed è ben rappresentato dall’ultima di queste storie, vale a dire quella delle donne straniere che oggi imparano ad andare in bicicletta. Io mi sono basata sull’esperienza della FIAB di Modena, non solo perché ero venuta a conoscenza di questa attività, ma anche perché volevo essere molto concreta, molto specifica, volevo dire i loro nomi, quello che fanno quotidianamente nella vita, le cose pratiche che vengono fatte e come vengono fatte, così da poter pensare di farlo noi stessi.

Le storie delle donne che ho intervistato rappresentano da sole una miniatura di tutto lo spettacolo, che a sua volta è la miniatura di uno spaccato molto più grande. Queste storie ci fanno (ri)scoprire che andare in bicicletta può essere divertente, utile, comodo, economico, relativamente facile e che rende indipendenti. Le donne mi raccontano che da quando hanno la bici possono andare in giro da sole, non devono chiedere a qualcuno di accompagnarle; cosa che vale anche per noi, se ci pensiamo: per me la bici è stato lo strumento che mi ha permesso, finalmente, di uscire, la macchina non ce l’avevo, il motorino non ce l’avevo, l’autobus c’era fino all’una di notte …

Sono gli stessi elementi che tengono insieme tutte le storie dello spettacolo: in modo diverso, sono storie di professionismo, di lotta politica e di partecipazione civile.

3. Veniamo alla nostra precipua esperienza, quella del corso per insegnare alla donne straniere ad andare in bicicletta e all’incontro con le donne migranti: raccontaci come è andata e quali sono state le tue riflessioni , umori, reazioni…

L’esperienza è stata molto intensa. Quando ho sentito parlare di questo corso non ho pensato, come quando ho letto i diversi libri, “adesso guardo e vedo se è interessante”, ho pensato “è proprio ciò di cui voglio parlare”. Ho incontrato la Fiab di Modena, che mi ha spiegato il progetto e mi ha dato alcune informazioni che mi sono servite per lo spettacolo e mi ha infine indirizzata alla Casa delle Donne Migranti, frequentata da molte delle donne straniere che seguono i loro corsi.

Qui ho trovato una grande disponibilità, Edith mi ha messo in contatto con alcune di loro e le ho intervistate. Avevano una grande voglia di raccontare e mi hanno raccontato storie molto diverse tra loro; le ho registrate, ma mi hanno chiesto di non fare ascoltare in pubblico le loro voci. Quando le ho riascoltate a casa, da sola, mi sono molto emozionata.

corso donne straniere

corso donne straniere

Cosa ho imparato? Un sacco di cose. Più domande che risposte. Innanzitutto, sono tutte storie diverse, dato che ogni paese di provenienza ha una cultura differente, ma, come da noi, è diverso anche se si viene dalla città o da un paese. Ho notato da alcune di loro la bicicletta non era stata presa in considerazione per molto tempo, a volte per paure, altre per pregiudizi o divieti espliciti.

È interessante perché se si facesse un serio discorso di coscienza femminile si vedrebbe che il crinale fra queste due cose è molto sottile, perché una proibizione, a meno che non sia sanzionata con una punizione corporale immediata, molto spesso crea in noi una auto-moderazione, una auto-repressione che fa in modo che in questa cosa non ci buttiamo. Cito un caso molto chiaro: Edith mi ha raccontato che ha imparato ad andare in bicicletta a 28 anni, dopo che si era separata dal marito. Nonostante lui stesso avesse cercato di insegnarle, lei non era riuscita a imparare: solo dopo la separazione, che corrispondeva ad una presa di coscienza, c’è riuscita.

Così anche un’altra donna che ho intervistato, di origine albanese, racconta che a lei non era proibito andare in bicicletta, ma aveva molta paura; quando si è separata, ha fatto un percorso particolare, si è liberata di una famiglia molto oppressiva e ha iniziato a concedersi delle cose come andare in giro da sola, ed è per questo che ha imparato ad andare in bici.

Poi mi ha colpito molto la storia di Rima, di origine marocchina che, con un entusiasmo debordante, mi ha raccontato che adesso lei va ad aiutare al corso, e lo racconta come qualcosa che le riempie la vita. Mi ha detto mille volte “perché io salgo nella bici, giro e sono felice”, e vorrebbe che lo fossero anche le altre. In questa storia appare chiaramente il valore del passaggio di testimone tra donne, la trasmissione di un sapere, anche molto pratico, e di una presa di coscienza.

4. Dopo aver visto “E io pedalo” ti abbiamo coniato con una definizione che compendia due concetti : quella di direttrice e quella , più ludica, di ciclista, ti calza questa definizione? Quanto la senti tua? In particolare ti chiediamo se e come quest’esperienza ha cambiato il tuo approccio alla bicicletta e alla mobilità nel contesto urbano in cui vivi?

Oddio, “direttrice” mi fa un po’ paura però diciamo di sì… nel senso che si suppone che un regista diriga. Ma fino a un certo punto; diciamo che propone una direzione, poi, se funziona, qualcuno segue.

Ciclista? Come la donna del mio spettacolo sono una di quelle che in inverno non va in bicicletta, perché ho le borse, con la giacca mi suda la schiena… Insomma sono una di città, specie adesso che ho la macchina. Insomma, sono una ciclista poco attiva, ma sinceramente debitrice alla bicicletta. Tra i tanti episodi, ne cito uno. Al tempo del liceo la bici faceva da buchetta della posta: avevo un’amica che andava già all’università, mentre io frequentavo ancora il liceo, i cellulari non c’erano ancora e lei mi lasciava i bigliettini sulla bici.

spettacolo - e io pedalo

spettacolo – e io pedalo

Mi avete chiesto se lo spettacolo ha cambiato il mio approccio alla bici. In parte sì, perché mi sono resa conto che vorrei usarla di più, per sentirmi un po’ più libera. Io appartengo a quella fetta di popolazione che vive in macchina con l’auricolare del telefono nelle orecchie; tuttavia, facendo questa ricerca, leggendo tanti testi sulla bicicletta, sentendo tante esperienze, mi sono detta che un cambiamento ci vuole e che non è più procrastinabile. Il mondo non ci concede questi tempi, lo dice Antonella Bellutti in una sua intervista che cito nel testo. I ciclisti, afferma, sono personaggi scomodi perché danno un tempo che non è quello della città e del resto del mondo; si inseriscono con la loro leggerezza e con i loro ritmi diversi – che non sono necessariamente più lenti perché in città sono anzi più rapidi – in un mondo fatto modo differente. Essere scomodi però è importante, per non essere totalmente travolti da cose che non abbiamo scelto. Ma anche da quelle che abbiamo scelto.

Dunque sì, personalmente mi sento un po’ cambiata e spero che lo spettacolo faccia qualcosa in questo senso. Un’amica, che non si occupa né di teatro, né di bici, mi ha raccontato che dopo il debutto a Sant’Agata ha sentito un gruppo di signore dibattere su chi ancora andava in bici, chi non c’era mai andata, etc. I dibattiti nascono sempre dopo gli spettacoli e ho pensato “ecco era proprio quello che volevo”.

Limitazioni del traffico: è vera politica?

città inquinata

città inquinata

Dal 2 ottobre 2016 al 31 marzo 2017 scatta la limitazione del traffico, dal lunedì al venerdì, dalle 8.30 alle 18.30 e nelle domeniche ecologiche. Torna dunque la ‘manovra’ regionale per arginare il dilagante inquinamento prodotto dagli autoveicoli, come una coazione a ripetere misure rivelatesi inefficaci rispetto ai problemi connessi alla motorizzazione selvaggia. Tanto più che la politica del blocco dei mezzi più vecchi, indebolita da mille deroghe, si conferma come l’unica misura praticata in regione.

La domanda vera che ci si pone è: si tratta di vera politica?

Le misure adottate toccano un ridotta percentuale del parco veicolare, è attuata a maglie larghe per consentire comunque di spostarsi con l’auto nelle fasce orarie di interesse maggiore e non prevede la promozione delle alternative ecologiche. I risultati non possono che essere limitati, alimentando peraltro le polemiche di chi -sordo agli appelli delle autorità sanitarie sull’impatto dei gas tossici e del particolato sulla salute pubblica- si ritiene gravemente leso dalle limitazioni soft della manovra e si preoccupa esclusivamente delle proprie esigenze personali.

In realtà, una vera politica di mobilità sostenibile dovrebbe proporsi la riduzione degli spostamenti con gli autoveicoli a favore degli altri mezzi di trasporto: pedonalità, ciclabilità e trasporto pubblico. Gli incentivi per questi ultimi dovrebbero accoppiarsi a concreti disincentivi per gli automobilisti, cosa che -a Modena- è ben lungi dall’essere praticata. D’altronde, se il mio Comune mi lascia circolare in auto quasi sempre e ovunque, perché dovrei abbandonarla per altri mezzi meno ‘comodi’?

Giuseppe Marano
www.modenainbici.it

Infobici n.44: numero monografico “M’ILLUMINO DI PIÙ”

luci nel buio

luci nel buio

Infobici n.44: numero monografico “M’ILLUMINO DI PIÙ”

rendersi ben visibili di notte per circolare serenamente e in sicurezza

infobici – Pubblicazione edita dalla FIAB-Modena
Numero 44 – Anno XII – Settembre 2016

In questo numero:

  • M’illumino di più : Voglia di sicurezza
    Beppe Amorelli
  • Pedalare nelle tenebre a Modena
    Giuseppe Marano
  • Tecnologie per illuminare la nostra bicicletta
    Armando Gualandrini
  • Le norme e la bicicletta di notte
    Giorgio Castelli
  • Il ciclista illuminato
    Due libri… e non solo
  • Dai led alle cavigliere: che luce sia!
    Armando Gualandrini
  • Buone esperienze urbane nell’illuminazione delle ciclabili
    Ermes Spadoni
infobici n.44 - settembre 2016

infobici n.44 – settembre 2016

M’illumino di più : Voglia di sicurezza

rossella-luci-vangogh

luci nella notte

In bicicletta bisogna essere sempre visibili, è un obbligo, soprattutto quando si viaggia di sera. L’importanza di questo tema è ben nota alla FIAB (Federazione Italiana Amici della Bicicletta) che da anni è impegnata in primo piano per “illuminare” chi deve rendersi visibile sulla strada.

È così che è nata la campagna “ciclista illuminato” che ha assunto un posto di primo piano tra gli impegni che la FIAB, tutti gli anni, porta avanti nel campo della sicurezza in bicicletta.

Illuminare, è il termine più utilizzato perché queste iniziative si propongono non solo di affrontare i noti aspetti del rispetto del codice della strada, ma anche di sottolineare con forza che, chi si rende visibile in bicicletta, fa una scelta intelligente, “illuminata”, perché crea sicurezza per sé e per gli altri utenti della strada.

L’interesse e coinvolgimento su questo tema avviene attraverso l’organizzazione a livello nazionale di manifestazioni, dibattiti e incontri con divulgazione di dati e informazioni sul tema, ma anche attraverso l’invito a tutte le associazioni aderenti alla FIAB a fare altrettanto, ovvero dedicare annualmente almeno un giorno (una sera) ad un’iniziativa di carattere locale volta a sensibilizzare gli utenti sul tema della visibilità quando si utilizza la bicicletta di sera.

I risultati sono molto interessanti in quanto le iniziative, svolte nelle diverse province e regioni, sono affrontate nei modi più svariati: c’è chi propone banchetti in piazza dove si illustrano dati, filmati, si mostrano materiali tecnici per rendersi visibili, ma c’è anche chi organizza biciclettate (veri sciami di ciclisti e bici festosamente addobbati
con luci e materiali catarifrangenti con cui si illuminano le strade percorse), non manca poi chi, in queste occasioni, organizza punti di controllo per censire il numero di ciclisti che passano e verificare il loro grado di “illuminazione”, e chi infine organizza banchetti con premiazioni simboliche offerte ai ciclisti “illuminati” che viaggiano ben visibili ed in piena sicurezza.

I dati e gli stimoli raccolti dalle varie associazioni locali nelle singole attività svolte
sono poi analizzati dalla FIAB (nazionale) che fa sintesi, valuta i risultati ottenuti, e
dà indirizzi sulle iniziative da promuovere negli anni successivi per formare sempre
più “ciclisti illuminati”.

Beppe Amorelli

“Bike to work”, occorrono incentivi

bike2work modena

bike2work modena

Le città europee inquinate cercano un’alternativa nei mezzi di spostamento ecologici: trasporto pubblico, bicicletta, pedonalità. Penalizzati per decenni dalle politiche autocentriche di governi nazionali e locali, essi appaiono oggi come l’unica risorsa disponibile per migliorare la qualità dell’aria e dell’ambiente urbano.

Nell’ intento di promuovere l’uso della bicicletta, la Fiab aderisce da anni alla European Mobility Week (16-22 settembre), la più grande manifestazione continentale nata con l’obiettivo di suscitare l’interesse generale sulla mobilità sostenibile. Spostarsi per il lavoro, lo shopping e il tempo libero con la bike è possibile, salutare e piacevole.

Quest’anno, la Fiab nazionale ha sottoscritto un accordo con la rete “Città sane” per collaborare -fra l’altro- alla realizzazione di alcuni eventi, tra cui la giornata dedicata al Bike to work (16 settembre).

Alla manifestazione hanno aderito molte città italiane, tra cui Modena: oltre al Comune, si sono mobilitate anche l’Ausl, il Policlinico, Bper Banca, Tetra Pak, Aliante cooperativa sociale, Mediamo, Mediagroup98, NordiConad.

Tuttavia, alle “giornate” tematiche, come spesso accade, non fanno poi seguito impegni pratici che inducano a ridurre l’uso dei veicoli inquinanti.

Gli incentivi più efficaci sono noti: depositi protetti presso la sede di lavoro, spazi per cambiarsi gli indumenti sudati, accordi con laboratori di ciclo riparatori. Altre importanti iniziative sono: riconoscere un monte minuti di ferie a fronte dei chilometri percorsi con la due ruote da casa al lavoro; possibilità di accesso ai mezzi pubblici per attuare l’intermodalità, specialmente sui percorsi lunghi.

Giuseppe Marano
www.modenainbici.it

16 settembre: bike2work day a Modena

bike2work modena

bike2work modena

Si tratta di una iniziativa semplice ma con un importante valore simbolico di promozione della sostenibilità e dei sani stili di vita, con una attenzione verso un target di persone spesso trascurato dalle campagne di prevenzione: quello della popolazione adulta in età lavorativa.

Cosa dicono le ricerche condotte dall’organizzazione mondiale della sanità? Che andare in bicicletta ogni giorno combatte le malattie cardiovascolari, il diabete, alcune forme di cancro come quelle alla mammella e al colon, l’ipertensione e altre patologie che sono correlate con l’invecchiamento e con il benessere psicologico.

Inoltre chi va in bici contribuisce, evitando l’utilizzo dell’auto, a diminuire l’inquinamento, ed è inoltre esposto meno agli inquinanti rispetto a chi si sposta all’interno dell’abitacolo di un autoveicolo.

Diverse aziende del territorio hanno invitato i dipendenti a raggiungere il proprio luogo di lavoro in bicicletta!
• Comune di Modena
• AOU Policlinico di Modena
• AUSL di Modena
• BPER Banca
• Tetra Pak Packaging Solutions S.p.A
• Aliante Cooperativa Sociale
• MediaMo srl
• … e altre aziende del territorio …

Si ringrazia DECATHLON Modena per la collaborazione

Per informazioni sulla campagna:
www.settimanaeuropeafiab.it

Per informazioni sulla iniziativa a Modena:
www.comune.modena.it/musa musa@comune.modena.it

bike2work

bike2work

Un altro modo di muoversi e’ possibile

dibattito festa di modena

dibattito festa di modena

La Presidente nazionale della Fiab Giulietta Pagliaccio ha partecipato nei giorni scorsi ad un dibattito nella nostra città, sulla evoluzione della mobilità cittadina. A parole siamo tutti d’accordo con le conclusioni dei protagonisti, sarebbe ora di passare ai fatti anche a Modena. Ecco una sintesi degli interventi.


 

I due terzi degli spostamenti dei cittadini emiliano-romagnoli avvengono con l’auto privata, per compiere nella maggior parte dei casi tragitti inferiori ai 10 chilometri. Questo ha ripercussioni sull’ambiente, per l’alta emissione di inquinanti che ne deriva; per la vivibilità delle città, che si “rimpiccioliscono” per far spazio alle auto e che si sviluppano attorno alle esigenze degli automobilisti, che diventano sempre più rumorose e pericolose per le categorie deboli.

Eppure un modo diverso di spostarsi è possibile e richiede interventi su diversi fronti: culturali, infrastrutturali, normativi da una parte, e di disincentivo all’utilizzo dell’auto dall’altra. Questo il cuore del dibattito che si è svolto il 1 settembre alla Festa di Ponte Alto, cui ha partecipato l’Amministratore Unico di aMo Andrea Burzacchini, il Ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti; l’Assessore Regionale Raffaele Donini; i parlamentari Stefano Vaccari e Chiara Braga, l’Assessore all’Ambiente di Modena Giulio Guerzoni e la Presidente nazionale della Fiab Giulietta Pagliaccio.

Modena è una città a “misura di bici”, ha sottolineato l’Amministratore di aMo Burzacchini, che si attraversa in un quarto d’ora. E’ ora di superare la divisione in categorie rigide tra automobilisti, ciclisti, pedoni; ogni cittadino deve muoversi nella maniera più opportuna per lo spostamento che deve compiere, partendo dal presupposto che non è indifferente – nei suoi effetti – il mezzo con cui ci si sposta. Non si può più pensare – ha spiegato Burzacchini – che ognuno possa muoversi come vuole, perché dal momento che “la libertà di ognuno finisce dove iniziano quelle degli altri”, si deve prendere atto che l’auto privata impatta negativamente su molti aspetti della vita comune, sottraendo, appunto, libertà collettive: qualità dell’aria; salute dei cittadini; silenzio; suolo; stabilità climatica e infine denaro. E’ ora quindi che i Comuni compiano un atto di coraggio, disincentivando l’utilizzo dell’auto privata: riducendo l’ampiezza delle carreggiate; limitando la velocità di marcia; creando corsie preferenziali per i bus e tenendo le auto fuori dai centri storici. Tutto questo controllando rigidamente il rispetto delle norme da parte dei cittadini. Anziani, bambini, e in generale coloro che non utilizzano l’auto, devono poter essere autonomi negli spostamenti all’interno dei quartieri e della città. E’ l’obiettivo stesso dei PUMS (Piani urbani per la mobilità sostenibile) creare una città a misura d’uomo, e non di auto.

Anche l’Assessore Guerzoni ha fatto riferimento ai PUMS come obiettivo nella pianificazione cittadina, e come riferimento per superare la concezione prettamente “viabilistica” della struttura urbana, per approdare a quella che coniughi i temi dell’ambiente, del risparmio energetico e della tutela delle categorie deboli. L’obiettivo per confrontarsi con le altre città a livello europeo è quello di ridurre il traffico veicolare privato e le emissioni, aumentando la ciclabilità e la pedonabilità, ha detto Guerzoni. Per questo è importante coinvolgere quartieri e cittadini, anche per cambiare le abitudini ormai radicate, che di fatto danno la priorità all’auto.

L’Assessore Donini ha insistito sulla necessità di aumentare la mobilità ciclistica in Regione – portandola al 20% – soprattutto finanziando la realizzazione di percorsi ciclopedonali che permettano di compiere quegli spostamenti brevi casa-lavoro che oggi si effettuano con l’auto. D’altra parte ha evidenziato la volontà di investire anche sul trasporto pubblico, con l’obiettivo di aumentare i passeggeri dei bus e dei treni in Regione per rispettare gli accordi di Parigi. Gli investimenti saranno concentrati soprattutto sul rinnovo del materiale rotabile e dei mezzi pubblici su gomma, oltre che sull’elettrificazione delle linee ferroviarie e sulla velocizzazione dei treni regionali.

Il Senatore Vaccari e la deputata Braga hanno parlato dell’importanza del Collegato ambientale alla Legge di Stabilità per la creazione di un Piano nazionale per la mobilità sostenibile.

La presidente della Fiab Pagliaccio ha chiesto con forza interventi urbanistici che mettano al centro la persona e non l’auto, per non far sentire costretti i cittadini ad utilizzare la propria macchina. In gioco non c’è solo la questione ambientale – ha ribadito la Pagliaccio – ma anche la vivibilità delle città e la qualità della vita. Si deve prendere atto a livello culturale – ha concluso la presidente Fiab – che l’auto, al giorno d’oggi, non è il mezzo più veloce e comodo per gli spostamenti in città: ci si muove molto meglio in bicicletta.

Infine, il Ministro Galletti ha ricordato l’importanza della riduzione delle emissioni di CO2, causate in percentuale non trascurabile dagli spostamenti in auto. Un obiettivo da raggiungere sul lungo periodo, come previsto dal Collegato ambientale, intervenendo prima di tutto sulle infrastrutture. Galletti ha concluso annunciando 35 milioni di euro per finanziare interventi utili alla mobilità sostenibile.