Osservazioni preliminari di FIAB Modena al PUMS del Distretto Ceramico

Ai Comuni di Fiorano Modenese – Formigine – Maranello – Sassuolo

Prima di presentare le proprie osservazioni, la nostra Associazione sottolinea lo sforzo tecnico e politico che il Distretto ed i tecnici incaricati del progetto hanno profuso nella stesura della Proposta di Piano. Questo sforzo è particolarmente rilevante se si tiene conto che il PUMS è stato avviato in modo volontario e virtuoso da parte dei comuni interessati. Questo risulta evidente dalla efficace ricostruzione del quadro conoscitivo e dei dati di contesto e dalla serietà adottata nell’analizzare ed affrontare i temi trattati.

Tuttavia le condizioni attuali della mobilità del Distretto, impietosamente emersi dall’analisi della ripartizione modale dei mezzi utilizzati, e la complessità dei flussi di traffico quotidiani del territorio interessato, richiedono una virata della politica della mobilità da parte dei Comuni coinvolti.

L’attuale congestione della mobilità, causata dalle scelte passate che hanno previlegiato e sostenuto quasi esclusivamente i trasporti motorizzati privati su gomma, non può trovare soluzione nella prosecuzione ad oltranza delle stesse scelte. Questo è ancora più importante ed evidente in questi mesi che vedono i territori impegnati a scegliere la allocazione delle risorse disponibili per le infrastrutture.

Le proposte di miglioramento dell’assetto viario territoriale (strategia F) appaiono ancora totalmente sbilanciate sulla motorizzazione privata. Appaiono inoltre ancora preminenti se confrontate con le strategie indicate per il trasporto pubblico (tutte a medio e lungo termine e da definire), l’innovazione logistica e le misure di limitazione del traffico veicolare.

Passando alle proposte di Piano, a nostro parere deve emergere con più chiarezza l’intenzione di destinare le risorse disponibili verso modalità di spostamento sostenibili. L’efficacia del Piano sulla mobilità si può valutare infatti solo sulla base dell’allocazione delle risorse, degli attori coinvolti e dei tempi previsti.

Per sostenere la pedonalità, la mobilità ciclabile ed il trasporto pubblico, verso il riequilibrio della ripartizione modale attesa, è infatti indispensabile destinare con determinazione e continuità le risorse infrastrutturali ed organizzative sulla riqualificazione degli spazi e delle aree pubbliche. Questo non solo per migliorare l’accoglienza delle sistemazioni e delle pavimentazioni dei centri urbani, ma per realizzare una progressiva riconquista degli spazi per gli utenti “sostenibili” della strada a scapito della mobilità motorizzata. Ridare l’urbanità ai centri abitati permette infatti di migliorare la qualità urbana e di incidere concretamente sul riequilibrio modale.

Nei centri urbani la moderazione del traffico deve essere contemporanea al ridimensionamento delle carreggiate (indispensabile per abbassare le velocità) per ottenere una diversa ripartizione degli spazi che favorisca prima di tutto i pedoni. L’introduzione di sensi unici deve essere attentamente valutata per non aumentare le velocità ed i giri viziosi del traffico veicolare.

Per gli esercizi commerciali di Maranello – Spezzano – Fiorano, che sono centri di passaggio, è importante che la pista ciclabile prevista sia di forte impatto, unico modo di migliorare le attività commerciali.

Anche il trasporto pubblico che deve riguadagnare spazio e precedenza rispetto al trasporto privato, attraverso le corsie dedicate, il preferenziamento semaforico e la qualità delle fermate che devono integrarsi con le altre modalità di spostamento.

Una mancanza che abbiamo evidenziato e che riteniamo molto importante al fine di incentivare l’utilizzo del TPL è l’assenza del collegamento ciclabile per raggiungere la stazione ferroviaria di Fiorano, condizione che favorirebbe l’utilizzo del treno per i pendolari e studenti.

E’ infatti ormai assodato che, a fianco di interventi per la promozione della mobilità sostenibile, devono essere adottati provvedimenti per disincentivare il traffico automobilistico lavorando, oltre che sulle sezioni stradali, sul numero di parcheggi e sulla tariffazione della sosta.
Su questo tema appare ancora troppo timida e impopolare la proposta di ridurre solo parzialmente la sosta di piazza Martiri a Sassuolo che rischia di non accontentare nessuno.

Sulla ciclabilità potrebbero essere approfonditi alcuni temi cruciali:

  1. Istituzione dell’Ufficio biciclette nei Comuni o nel Distretto per offrire un servizio mirato (e non residuale) agli utenti sulle infrastrutture viarie, i portabiciclette, l’interscambio con gli altri mezzi, la lotta ai furti, le iniziative di promozione, ecc.;
  2. Inserimento nei regolamenti edilizi dell’obbligo di dotare gli edifici residenziali, industriali, commerciali e di servizio di spazi per il deposito e il parcheggio delle biciclette per gli abitanti, gli operatori ed i visitatori;
  3. Realizzazione di infrastrutture per la pedonalità e la ciclabilità all’interno delle opere di urbanizzazione degli insediamenti industriali per favorire il “bike to work”. Evidenziata mancanza di una pista ciclabile in via Ghiarola Nuova dove ci sono molte ceramiche e quindi molti dipendenti, utile per incentivare il “bike to work”;
  4. Divieto di parcheggio auto in prossimità delle scuole, soprattutto in coincidenza con l’ingresso e l’uscita degli studenti;
  5. Ricognizione dei portabiciclette esistenti e adozione di portabiciclette efficienti e standardizzati.

Per quanto concerne alle attività di Comunicazione riteniamo utile una costante e pressante informazione sui livelli di inquinamento atmosferico del territorio, al fine di responsabilizzare la cittadinanza e motivarla a scelte di modalità più sostenibili negli spostamenti quotidiani (Strategie G3 e A11)

Da ultimo riteniamo inopportuno e fuorviante utilizzare nel PUMS vocaboli tipo “sperimentare”, “auspicabile”, “se non reca disfunzioni” che non esprimono la necessaria intenzione di realizzare le scelte indicate.

La Fiab si congratula per il lavoro iniziato e offre la sua disponibilità all’ulteriore sviluppo dei progetti previsti dal PUMS ed in particolare sul tema dei collegamenti ciclabili urbani e infra comunali del Distretto.

La Presidente FIAB
Paola Busani

Parere_Intestato_PUMS_DistrettoCeramico

Bike to Work: consigli per aziende

Affinché la campagna Bike to Work nella vostra azienda possa attuarsi con successo è consigliabile:

installare rastrelliere custodite per il parcheggio delle biciclette; meglio ancora prevedere parcheggi custoditi all’interno dell’azienda. Il lavoratore deve essere sicuro di ritrovare la bicicletta all’uscita del lavoro; questo permette anche l’utilizzo di biciclette di qualità migliore o di bici-elettriche che permettono di coprire distanze maggiori.

Allestire uno spazio adibito a spogliatoio per chi viene al lavoro in bici o a piedi anche nei giorni di pioggia e ha necessità di cambiarsi e asciugarsi.

Prevedere una piccola officina mobile per riparazione bicicletta: alcune camere d’aria, kit di riparazione, filo dei freni, una pompa, olio.

Verificare gli accessi al posto di lavoro; come sono i percorsi ciclabili in prossimità dell’azienda? Ci sono dei punti critici da risolvere? Ad esempio un attraversamento ciclo-pedonale non sicuro, un semaforo troppo lungo, divieti di parcheggio bici all’interno del cortile. Questi elementi di criticità vanno risolti o almeno mitigati, anche facendo richiesta esplicita all’amministrazione comunale.

Offrire un servizio di consulenza sull’individuazione del percorso casa-lavoro (il più semplice, diretto e sicuro), anche avvalendosi dell’utilizzo di una delle tante app oggi disponibili. Questi applicativi consentono anche di memorizzare i percorsi casa-lavoro, il conteggio dei km fatti in bici e relativo risparmio di CO2 e consumo di calorie.

Organizzare corsi di manutenzione bici o sicurezza all’interno dell’azienda.

Individuare un responsabile della mobilità all’interno dell’azienda, in caso che non sia previsto il ruolo del mobility manager.

Somministrare ai lavoratori un questionario sugli spostamenti casa-lavoro per conoscerne meglio le esigenze, le abitudini di spostamento e trovare le giuste risposte.

Acquistare biciclette o bici a pedalata assistita per i dipendenti o prevedere incentivi aziendali per l’acquisto di biciclette da parte dei singoli lavoratori o in gruppi di acquisto.

Prevedere un incentivo economico in busta paga o in ore di permessi retribuiti.

Divieto di transito eccetto biciclette

La proposta di inserire nel Codice della Strada il “senso unico eccetto bici” è stata tradotta da molti commentatori in “ciclisti in contromano”. E’ difficile credere alla loro buonafede, perché la proposta prevede che una strada a senso unico per i veicoli a motore possa essere percorsa in entrambi i sensi dalle biciclette. E’ una condizione, non espressamente vietata dal Codice e molto diffusa in tante città e paesi europei ed italiani nelle aree a 30 km/ora.

Soprattutto nelle strade dei centri storici a velocità moderata, dove due auto non si possono fisicamente incrociare, si vieta il transito nei due sensi solo alle auto, che sono più ingombranti. E’ ciò che già avviene in molte strade dove, a causa delle dimensioni della carreggiata, si vieta il transito solo ai mezzi pesanti.

La FIAB già dal 2011 ha presentato al Comune la proposta che, come si può vedere dalla mappa, permetterebbe ai ciclisti di accedere al centro storico in sicurezza, senza tuttavia ottenere nessun confronto costruttivo col Comune e nessuna sperimentazione concreta.

Ma non si esprimono le stesse attenzioni e preoccupazioni nei confronti del  diffondersi dei percorsi ciclopedonali, che la normativa vigente consente solo “all’interno di parchi o di zone a traffico prevalentemente pedonale”, a condizione che abbiano una larghezza maggiore delle piste ciclabili (minimo 2,50 per un senso e 3,50 per due sensi), che il traffico pedonale sia ridotto e non vi siano attività attrattrici di pedoni come le zone commerciali o gli insediamenti ad alta densità abitativa.

Purtroppo anche a Modena sono stati di recente realizzati percorsi ciclopedonali promiscui in prossimità di centri commerciali Via Emilia Ovest, via Nonantolana o di importanti centri scolastici come in via Luosi.

Non si tiene conto che la promiscuità dei ciclisti coi pedoni è oggettivamente pericolosa, perché le velocità sono molto diverse (20 km/ora contro i 4km/ora dei pedoni), sono reciprocamente poco percepibili perché non fanno rumore, spesso vanno nello stesso senso e, in caso di incidente, si scontra un mezzo meccanico con una persona.

E’ una situazione ben diversa da ciò che avviene nei “sensi unici eccetto bici” dove i ciclisti e gli automobilisti si sentono, si vedono e si incrociano più o meno alla stessa velocità.

Viene da pensare che chi si occupa di viabilità sia molto più preoccupato di fluidificare il traffico, liberando le strade dai ciclisti e ammucchiandoli con i pedoni ai margini delle strade, piuttosto che promuovere e facilitare concretamente la mobilità sostenibile.

Giorgio Castelli

la nostra proposta

Salvaguardiamo lo spazio pubblico

Nei giorni scorsi sono stati pubblicati i dati sulle contravvenzioni stradali a Modena e non sono mancati i commenti che lamentavano un accanimento verso gli automobilisti e una scarsa attenzione ai ciclisti indisciplinati. Qualche commentatore ha aggiunto che il centro storico è pieno di ciclisti che vanno sui marciapiedi, contromano o senza le luci.

Probabilmente le contravvenzioni sono proporzionate agli utenti della strada (il 68% si muove in auto e solo il 10% in bicicletta), ma è evidente che in città è calata la cura dello spazio pubblico: sosta abituale in doppia fila o sui marciapiedi, come in via Giardini al Gallo e all’incrocio di via della Pace, parcheggio sui portabiciclette, come davanti alla facoltà di Economia, il parcheggio di taxi sul sagrato del Duomo, l’occupazione abituale e abusiva dei marciapiede da parte degli esercenti con sgabelli, trespoli e cartelloni  pubblicitari, auto sulle piste ciclabili e ciclisti sui marciapiedi.

La FIAB cerca di dare il suo contributo tenendo corsi nelle scuole, organizzando iniziative come “M’illumino di più” per diffondere l’uso delle luci in bicicletta e per il rispetto del Codice, ma non basta.

E’ necessaria una seria e decisa iniziativa culturale e amministrativa per il riordino e la cura dello spazio di tutti. Nelle aree centrali serve una svolta decisa che riservi lo spazio ai cittadini a piedi ed in bicicletta, ripristinando e allargando i marciapiedi, riducendo le autorizzazioni all’accesso, la sosta e l’occupazione privata degli spazi.

Allora ci potremmo lamentare delle auto che sbucano agli incroci perché il centro città sarà dei pedoni e dei ciclisti, come nelle città più civili d’Europa e forse non ci saranno più cittadini che si spostano in auto per fare meno di un chilometro (12%) o meno di due (32%) come avviene ora, avvelenandoci tutti.

 

Giorgio Castelli
www.modenainbici.it

 

Tutela del centro storico: meno kebabbari o meno auto?

Nei giorni scorsi la Lega Nord ha proposto un provvedimento che chiede lo stop alle aperture delle attività commerciali e di ristorazione etniche nel centro di Modena.

Il motivo di questa richiesta si fonda sulla convinzione che “il centro storico di Modena, da salotto artistico coi suoi monumenti storici e i suoi negozi di pregio quale era, oggi, grazie alla continua apertura di attività commerciali etniche che propongono oggetti di bassissima qualità sta progressivamente perdendo la sua attrattività, sia per i modenesi che per i turisti“, e tutto questo “sta seriamente mettendo a rischio sia i tentativi di rilancio turistico della città sia la tutela dei valori storico, artistico e ambientali in essa presenti”.

Non si può negare che venditori di cineserie e takeaway di kebab, non siano proprio attività tipiche modenesi, ed anche noi preferiremmo una maggiore varietà di offerta che vada dai laboratori artistici ai servizi ai cittadini e turisti.

Crediamo però che la tutela dei valori storico, artistico e ambientali del centro storico non possa che partire da un ripensamento di un nuovo modello di fruizione, che metta al centro la vivibilità degli spazi da parte di cittadini e visitatori. Là dove si è avuto il coraggio di farlo, i risultati non si sono fatti attendere: i cittadini dimostrano di apprezzare e godersi la bellezza dei nuovi spazi e nuove attività commerciali di pregio vengono aperte. Chi tornerebbe alle auto in piazza Roma?

Secondo noi, è ora di estendere questa esperienza di Piazza Roma alla maggior parte possibile di centro storico, perché ormai siamo assuefatti all’ingombro delle auto, al loro rumore, ma è evidente che il peggior danno alla tutela dei valori storico, artistico e ambientali del centro di Modena sono proprio le migliaia di auto che transitano e parcheggiano notte e giorno in ogni rua, calle o corso.

In fondo cosa vede un turista appena uscito dal parcheggio interrato del Novi Sad? Un altro grande parcheggio a cielo aperto, quello del piazzale S.Agostino, assurdo perché deturpa una delle porte di ingresso al salotto della città, assurdo perché è il cortile del palazzo dei Musei, assurdo perché è a 200 metri dallo stesso Novi Park semivuoto. Non ci stancheremo mai di ricordare la promessa della precedente amministrazione, che con l’apertura del Novi Park quel parcheggio era destinato a sparire e lo spazio restituito a tutti i cittadini.

Quando poi il nostro visitatore si addentrerà in via Emilia e nelle laterali, troverà mezzi in transito e parcheggiati ovunque, a volte anche sui due lati della strada, spesso sui marciapiedi. Siamo esagerati? Dai dati forniti dal Comune per il PUMS rileviamo che “il numero di permessi permanenti, temporanei e speciali di accessi alla ZTL dal 2008 al 2015 è quasi raddoppiato passando da 61.461 a 118.868 (+93,4%). Gli accessi contati ai 10 varchi nel 2015 sono stati 3,2 milioni: ogni giorno quasi 9.000 auto entrano in centro storico. Non male per un centro che misura, da largo S.Agostino a Largo Garibaldi … 950 metri! (controllate su Google Maps se non ci credete)

Se davvero vogliamo ridare lustro e decoro al centro città, il percorso non è quello semplicistico dello stop “veronese” ai kebabbari, ma quello più lungo, faticoso e partecipato che ha come modello la cittadina di Pontevedra, 80.000 abitanti nel nord della Spagna, con un centro medioevale di dimensioni simili a quello di Modena.

Mezza città, dal centro storico alla vecchia periferia, completamente “car-free”. E negli altri quartieri, limite fissato a 30 km orari. Così l’amministrazione di Pontevedra in 15 anni a partire dal 1999 ha attuato una delle maggiori opere di pedonalizzazione urbana in Europa. Da allora, il sindaco è stato rieletto tre volte, il piccolo commercio cittadino si è ripreso e il numero di abitanti è cresciuto.

Con un programma politico semplice, ma senza compromessi: possedere un’auto non dà diritto ad occupare uno spazio pubblico. Risultati: zero vittime della strada dal 2009 ad oggi e l’economia locale dei negozi in centro è risorta. Mentre altre città della Galizia perdono residenti, oltre 12mila persone si sono trasferite a Pontevedra negli ultimi anni.

Noi crediamo che con un modello di rigenerazione così impostato, non eviteremmo l’apertura di nuovi locali etnici, ma non avremmo nemmeno la chiusura degli esercizi “storici” e probabilmente verrebbe stimolato l’insediamento di nuovi esercizi “di qualità”. Perché i cittadini dimostrano di apprezzare i luoghi accoglienti, tranquilli, senza rumore e pericoli, i tavolini all’aperto, lo spazio restituito alla convivialità. Insomma, l’effetto Piazza Roma, o se preferite il più grande esempio di urbanismo tattico inconsapevole mai fatto in Italia, il Modena Park di Vasco Rossi. Ma quanto era bella la nostra città senz’auto? E quanto ce la siamo goduta in quei giorni!

Dubitiamo però che la Lega sarà d’accordo con noi, perché nei giorni scorsi il “governo del cambiamento”, in controtendenza con quello che succede non solo a Pontevedra ma in tutto il mondo occidentale, è riuscito a far approvare in sordina un codicillo che obbliga i primi cittadini a permettere l’accesso alle auto elettriche sia nelle ZTL che nelle aree pedonali senza alcun vincolo. Siete pronti a vedere di nuovo le auto (anche se elettriche) in Piazza Grande e Piazza Roma?

A scuola in bici: quella piacevole sensazione di avventura urbana

Nei racconti dei bambini tutto l’entusiasmo di chi vede nella bici uno strumento di libertà e di divertimento
Ermes Spadoni

L’anno scorso abbiamo indetto un concorso letterario tra gli studenti modenesi per capire cosa provano quando usano la bici verso scuola insieme agli amici. In uno dei temi vincitori una teenager ci raccontava che “… un mio grande dispiacere è non poter andare a scuola in bici perché abito lontano, ma io andrei in bici tutti i giorni. Sarebbe divertentissimo, mi sentirei meglio e forse anche più sveglia e pronta per la lezione; inoltre la bici è pratica e veloce. Spero che quando frequenterò la seconda o la terza media la mamma mi lascerà più libera di muovermi da sola e andare dove voglio.”
Invece purtroppo nella realtà quotidiana vediamo un andirivieni ininterrotto di genitori che accompagnano i figli alle materne, alle elementari, alle medie e, da non credere, anche alle superiori.

Ed ogni giorno ci tocca assistere al teatrino assurdo di decine di vigili urbani occupati a dover far rispettare il codice della strada davanti alle scuole, con auto che si fermano a 20 metri dal cancello scolastico salva-tutti, entro il quale i ragazzi sono finalmente al sicuro… dall’assedio delle auto dei loro stessi genitori!

Queste cattive abitudini hanno importanti implicazioni sul traffico, sul senso di sicurezza e di vivibilità delle nostre città, ma soprattutto sul percorso di crescita ed autonomia dei nostri figli. Dai temi del concorso, infatti i ragazzi dimostrano di aver capito che in bici spesso si arriva prima, più svegli, divertendosi e provando ogni giorno quella piacevole sensazione di avventura urbana che li fa sentire più “grandi”.

Quindi genitori non abbiate paura: preparatevi già dalle medie a lasciarli andare a scuola da soli, e scoprirete che i ragazzi non temono il freddo, il caldo, la strada, non useranno il telefono (devono tenere il manubrio e parlare con gli amici), faranno un po’ di ginnastica dolce tutti i giorni… e voi guadagnerete una mezz’ora di libertà in più, senza l’obbligo di fare da “taxisti”.

Ed infine noi cittadini esortiamo le amministrazioni a fare con decisione la loro parte per incentivare questa voglia di autonomia, sistemando i percorsi casa-scuola non sicuri e creando ampi spazi liberi dalle auto davanti alle scuole.

I diversi colori della mobilità sostenibile

Insegnare ad andare in bici a donne straniere: un’esperienza importante e carica emozione

Diana Altiero

Quanto tempo è passato dal primo corso che come Fiab abbiamo realizzato per insegnare alle donne straniere ad andare in bicicletta? Non so, ma ho ancora in mente l’urlo “Diaaanaaa!!!”: mi volto nella direzione dell’urlo e vedo lei che pedala da sola: dopo tanti tentativi era riuscita ad andare in bici da sola e, mentre io ero impegnata con altre persone, dopo tutto lo sforzo fatto con lei per insegnarle a stare in equilibrio sulle due ruote, l’urlo di gioia per dirmi “Ce l’ho fatta, guarda!”

Negli anni tanti sono stati i corsi a cui ho partecipato, prima come “prestatrice di manodopera” e in seguito nella loro organizzazione. Ma a me resta quello sguardo, quel grido di gioia di tante che ho visto, timide, prendere in mano una bicicletta mai vista e poi cimentarsi nel tentativo di stare in equilibrio affidandosi completamente a persone mai conosciute prima. Questo, a mio parere, dimostra il grande coraggio e la volontà di impadronirsi di un mezzo che serve per necessità negli spostamenti quotidiani di vita e di lavoro, e forse anche una strada verso un’autonomia impagabile in un Paese straniero.

Di tutte le donne che sono passate nei nostri corsi, poche sono tornate, anche solo per un certo periodo, ad aiutare a loro volta, come volontarie; delle altre non sappiamo più niente. Usano la bicicletta? Il corso è stato loro utile? Hanno poi trovato il coraggio di non fermarsi e continuare per poi affrontare la strada con una certa tranquillità?

Il “dopo corso” resta un punto interrogativo, e proprio per questo mi piacerebbe che alle 6-7 lezioni si potesse aggiungere un percorso creato da una rete di altre persone che “adottassero” le nuove cicliste e le accompagnassero per un certo tempo nella fase successiva, quella di affrontare la strada con maggiore tranquillità e sicurezza.

Mi piace immaginare che la città intera si faccia carico di accogliere e promuovere l’uso della bicicletta mettendo a disposizione spazi e persone volenterose.

Sognare è sempre ammesso! Perché non farlo?

L’aria inquinata non puzza!

Il PAIR (Piano Aria Integrato Regionale) della Regione Emilia Romagna prevede entro il 2020 una riduzione sostanziale delle emissioni inquinanti. Per arrivare a questo obiettivo è fondamentale una rigorosa “dieta del traffico”

Paola Busani

 

Come sarebbe Modena senza inquinamento dell’aria?

Apparentemente la stessa, perché l’inquinamento atmosferico purtroppo non si sente, ma se il mix di sostanze inquinanti che lo compongono puzzasse – sostanze riconosciute cancerogene dall’OMS, prodotte al 70% dal traffico veicolare – allora busseremmo indignati alla porta del sindaco chiedendo immediate soluzioni, che ci permettano di continuare a vivere nel nostro bel territorio e non dover “migrare” in cerca di un luogo meno puzzolente, dove vivere senza maschere antigas per non sentire quell’insopportabile odore che, diffuso nell’aria, arriverebbe dappertutto, anche quando, chiusi ermeticamente nelle nostre automobili, giriamo per città producendo inevitabilmente altra fastidiosa puzza.

In Italia nel 2012 ci sono stati 84.000 decessi per inquinamento dell’aria da polveri sottili (PM10). Nel 2017 a Modena abbiamo superato i limiti tollerabili di questo inquinante per ben 83 giorni, 75 invece per l’ozono durante il periodo estivo (dati Arpa): 158 giorni di “puzza” oltre la normale tollerabilità. 158 giorni durante i quali senza accorgercene abbiamo offerto ai nostri polmoni una dose non tanto omeopatica di sostanze irritanti e cancerogene.

Per questo la Regione Emilia Romagna ha predisposto un Piano Aria Integrato Regionale (PAIR), per “far scendere dal 64% all’1% la popolazione esposta a più di 35 superamenti l’anno per il PM10 e assicurare il rispetto dei valori limite degli inquinanti atmosferici sull’intero territorio emiliano-romagnolo”. Il Piano prevede “entro il 2020 una riduzione sostanziale delle emissioni inquinanti, rispetto al 2010, pari al 47% per il PM10, 36% per gli ossidi di azoto, 27% per ammoniaca e composti organici volatili, 7% per l’anidride solforosa”.

Ma il 2020 è oggi, non è più il futuro.

Per l’attuazione del Piano, è fondamentale ridurre le emissioni inquinanti derivanti dal trasporto, da qui l’esigenza improrogabile di ripensare le modalità di spostamento: la dieta del traffico.

Con coraggio i nostri amministratori devono puntare ad abbassare drasticamente la percentuale delle auto private in circolazione (-20% entro il 2020 indicava la legge regionale dell’Emilia Romagna per le città con più di 30.000 abitanti), attraverso una serie di azioni che devono “ostacolare” il mezzo privato e puntare a sviluppare le modalità di MOBILITÀ ATTIVA, a piedi, in bici e con il potenziamento del trasporto pubblico.

Il raggiungimento al 2020 del 20% degli spostamenti urbani tramite mobilità ciclabile (oggi a Modena è intorno al 10%) è un obiettivo del Piano ormai inarrivabile. Abbiamo perso tempo e soldi pubblici a costruir rotonde per fluidificare il traffico, parcheggi per intasare le strade delle nostre città e poco, ma soprattutto disorganicamente e con poca fiducia, si è investito in ciclabilità, contrariamente a quanto scelto e perseguito in tante città europee e del mondo che, come la nostra, ambiscono ad essere riconosciute come città vivibili

PUMS mezzo pieno o mezzo vuoto?

Ci sarà nei nuovi Piani Regolatori una sintonia con le linee guida dei Piani Urbani della Mobilità Sostenibile? Solo valide e cogenti indicazioni in materia potranno avere efficacia sulla qualità della mobilità urbana.

Lorenzo Carapellese – urbanista esperto di mobilità sostenibile

Diversi anni fa (rispetto a come son ridotte ora le città italiane) la mobilità faceva sempre scopa con infrastrutture, strade, ponti e tangenziali, parcheggi multipiano e a raso etc. E si parlava molto di trasporto pubblico e nuovi mezzi, sempre sperando in un “Nuovo Codice della Strada” che però è stato sempre vecchio, ottuso, a volte incomprensibile e contradditorio. Tanto che ancora oggi, dopo diverse revisioni, si chiama ancora “nuovo”. A parte le grandi infrastrutture autostradali, per quelle urbane il traffico non lo si prevedeva, semplicemente lo si accompagnava, se ne agevolava lo sviluppo: “mobility creates opportunity and opportunity creates money”! Per fortuna al concetto di prevedere unito al provvedere, è subentrato il concetto di prevedere per prevenire (il traffico).

ELTIS e PUMS
ELTIS (European Local Transport Information system) nel 2013 lancia le prime linee guida per i PUMS, Piani Urbani della Mobilità sostenibile, un nuovo strumento di pianificazione della mobilità urbana che pone al centro della questione non più la modalità di trasporto, il mezzo… ma la persona. Le linee guida per la redazione del PUMS furono tradotte in italiano solo nel 2014 e nel 2016 alcuni comuni ne iniziarono la redazione. Colpevolmente il Ministero delle Infrastrutture solo nel 2017 emanò delle sue linee guida (obbligatorie) per la redazione dei piani della mobilità. Risultato? Solo per la Regione Emilia-Romagna, a parte Piacenza, Parma e Ravenna che lo hanno adottato o approvato, tutti gli altri capoluoghi, Bologna con Imola, Rimini, Reggio Emilia e Modena, Ferrara e Forlì-Cesena ne hanno ancora in corso la redazione. E visti i ritardi (dovuti anche al fatto che i PUMS vanno accompagnati dalla VAS – valutazione ambientale strategica le cui linee guida da parte della Regione sono arrivate anch’esse in ritardo) vuol dire che difficilmente ne vedremo di adottati entro l’anno. Anzi probabilmente arriverà una deroga che li procrastina a fine 2019 con buona pace di chi, come FIAB, sperava che fossero pronti inderogabilmente entro l’anno in corso. Giusto per vedere finalmente un piano della mobilità rivolto alle persone e non come sempre è stato, solo alle quattro ruote.
Come dato positivo però va notato che numerosi comuni hanno deciso di dotarsi di PUMS pur essendone esenti avendo meno di 50.000 abitanti. Quello di Carpi (70.000 abitanti) sta affrontando la VAS, Faenza e Imola stanno per arrivare, poi Cattolica e Misano (vedremo forse un PUMS del sistema balneare?) ed infine i comuni del distretto della Ceramica (Maranello, Formigine, Sassuolo e Fiorano) dove si spera di vedere un PUMS del sistema industriale del distretto ceramico più importante al mondo e non solo una somma di PUMS.
Non mancano le curiosità: nelle linee guida del PUMS di Maranello si afferma che ci sono più piste ciclabili che ciclisti, tanto per capire quanto è stato sino ad ora il raccordo fra questi comuni fra di loro indissolubilmente legati economicamente e spazialmente). Si è in ritardo? Certo che sì rispetto ad un inquinamento ambientale fuori controllo anche se la mobilità urbana non è che una delle componenti responsabili. Per fortuna da questo punto di vista (ma non solo) il Piano dell’Aria, approvato l’anno scorso dalla Regione, anticipa alcune misure che dovranno essere contenute nei PUMS, fra le quali: più piste ciclabili ed aree a Km.30, ampliamento delle zone a traffico limitato- ZTL-, allargamento delle aree pedonali ed altre ancora.

PUG e PUMS
Speriamo che questo nuovo strumento di pianificazione entri in equilibrio dialogante con la pianificazione urbanistica (PUG, Piano Urbanistico Generale), a maggior ragione in un’area in cui l’inquinamento atmosferico è fra i più elevati del mondo. Ci chiediamo:ci sarà ancora spazio per iper e supermercati raggiungibili solo in auto? Ci saranno prescrizioni relative alla dotazione di stalli per le biciclette in tutte le aree urbane anche quelle di completamento e già costruite con una contestuale riduzione programmata dei parcheggi a lato strada per le auto? Si obbligherà un sostanzioso aumento della larghezza dei marciapiedi considerandoli le vere infrastrutture primarie della mobilità? Si aboliranno gli standard di minimi di parcheggio a favore di standard massimi? E le zone a Km 30 saranno estese almeno a tutte le aree residenziali e non come stabilito dalle linee guida del PUMS di Modena relegate quasi tutte in aree marginali e nelle frazioni tanto per non dare fastidio ad automobilisti frettolosi?
Ci sarà nei nuovi Piani Regolatori una sintonia con le linee guida dei PUMS? Valide e cogenti indicazioni sui percorsi casa -scuola, che in quelli sino ad ora da noi esaminati sono totalmente assenti!? Una dimenticanza grave a nostro parere che andrebbe colmata dalla Regione con indicazioni prescrittive tecniche e programmatiche decise ed univoche, semmai seguite da fondi specifici finalizzati in primis a mettere in sicurezza i percorsi casa scuola al fine di attuare il vero primo passo verso una diminuzione drastica della quantità di spostamenti non necessari in automobile di ragazze e ragazze che potranno così raggiungere le scuole in totale serenità e sicurezza a piedi ed in bici!
Il bicchiere a mio parere è ancora mezzo vuoto e si ha l’impressione che ci sia scarsa consapevolezza della politica rispetto alla complessità che il tema della mobilità presuppone. E quindi un gap culturale se riferito alla maggioranza delle comunità urbane, ancora troppo tolleranti verso SUV da 3 tonnellate che scorrazzano liberamente nei centri storici che un pass non lo si nega a nessuno! Ed infine la consapevolezza che in molte città non ci siano competenze sulla mobilità. Con tutto il rispetto siamo ancora all’ingegnere delle opere pubbliche, dei lavori stradali, con poche ed ancora acerbe competenze sui temi della mobilità pedonale, ciclistica e del trasporto pubblico. A maggior ragione quando oggi un km di trasporto pubblico in autobus costa non meno di 2 € a fronte di 60 centesimi di entrata e che anche se si duplicassero gli autobus nelle strade la congestione ancora ne limiterebbe l’efficacia. In attesa del PUMS pieno, … mobilità sostenibile per tutti!

Una metropolitana… a piedi

Una soluzione creativa per muoversi, risparmiare, stare in salute

Mirella Tassoni

 

Se dico metropolitana, la prima cosa che viene in mente è un tunnel sotterraneo in cui sfreccia un bolide ad alta velocità: luce artificiale, persone per lo più distratte o indaffarate con i loro smartphone, qualcuno che ciondola sulle panchine…

E invece no.

La metropolitana di cui parliamo prevede: aria in faccia, gambe in movimento, socialità. Che cos’è dunque una “metropolitana pedonale”? È un gruppo di esseri umani che, percorrendo un itinerario prefissato con diverse “stazioni”, cammina veloce per la città facendo “salire” lungo il percorso i compagni di viaggio che si trovano alle varie stazioni.

È stato questo uno degli spunti più interessanti nell’intervento di Alessandro Bettio, del Servizio Urbanistica del comune di Soliera, dedicato alla mobilità dolce e ai percorsi ciclo-pedonali: la presentazione appunto del progetto di metropolitana pedonale MuoviSOLIERA.

Un progetto in tutto simile c’è anche per i cittadini modenesi, il MuoviMo, e l’idea si sta diffondendo in numerosi comuni.

Sulla pagina Facebook di MuoviMo tutte le info sul gruppo, i post e le foto di chi partecipa alle camminate, le regole del gruppo. Per giocare, scegli un treno, leggi il giorno e l’ora in cui passa dalla tua stazione, vieni in stazione all’ora esatta, sali sul treno e, se non passa, parti e fai tu il capotreno.

Il capotreno passa in orario da tutte le stazioni, ha il compito di mantenere la velocità costante e dichiarata lungo tutto il binario. Non deve controllare il gruppo, non deve aspettare chi ritarda né trattenere chi vuole andare più veloce.

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, la salute è “uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non la semplice assenza dello stato di malattia o di infermità”. Il progetto della metropolitana urbana avvia le persone a camminare per la salute e per conoscersi, in tutte le ore di tutti i giorni dell’anno, a km 0 (sotto casa), a costo 0 (in autogestione) e a impatto 0 (nessun gas inquinante).

Non resta che salire sul prossimo treno.