Albergabici + Bed&Runfast – L’unione fa la forza

Albergabici + Bed&Runfast – L’unione fa la forza

La rete di Albergabici, il portale delle strutture ricettive (alberghi, agriturismi, bed&breakfast, campeggi) attrezzate per rispondere alle esigenze dei cicloturisti, si allea con Bed&Runfast, il portale che raccoglie le strutture ricettive in Italia specializzate in servizi per i podisti. Grazie a questo accordo sarà possibile allargare l’offerta per i cicloturisti in Italia, offrendo maggiori possibilità di un’accoglienza bike-friendly anche nelle strutture iscritte alla rete di Bad&Runfast.

Intanto sono più di 300 le strutture che FIAB ha riconosciuto come Albergabici, tutte consultabili sul catalogo aggiornato Regione per Regione, attrezzate anche per raccogliere i runners. L’alleanza incentiva e sottolinea con forza la crescete volontà delle persone di pedalare e correre lungo il bel paese.

In questi ultimi giorni di agosto, in queste ultime settimane estive, prima di riprendere il lavoro, perché non concedersi anche pochi giorni di vacanza attiva. I due portali Albergabici e Bed&Runfast consentono di alloggiare in numerose destinazioni e di avere un soggiorno adatto alle necessità di chi pedale e di chi corre. Ad esempio saranno garantiti: un posto sicuro dove lasciare la bici durante la notte, attrezzi per fare manutenzione di base e una colazione abbondante per fare il pieno di energia per il giorno successivo; così come per i podisti la presenza in struttura di un esperto capace di indicare percorsi con vari chilometraggi adatti a diversi tipi di allenamento.

Il pedone sulle strisce ha sempre ragione

La Cassazione con sentenza 34406/19 del 8 maggio ha messo nero su bianco quello che per noi è un sacrosanto principio: investire un pedone sulle strisce porta automaticamente ad avere colpa, in ogni caso anche se il pedone ha attraversato la strada con imprudenza.

La ratio sta tutta nell’articolo 141 del Codice della Strada il quale prevede che “è obbligo del conducente regolare la velocità del veicolo in modo che (…) sia evitato ogni pericolo per la sicurezza delle persone”.

Speriamo che questo pronunciamento sia un deterrente efficace ad una violazione dilagante, perché bisogna sapere che quasi la metà dei pedoni morti sulle strade italiane vengono investiti sulle strisce (solo a Modena ricordiamo 2 casi negli ultimi mesi). Fenomeno tutto italiano, perché chiunque ha viaggiato in Europa sa che il passaggio pedonale è sacro.

Pubblicando la notizia sui nostri social abbiamo avuto reazioni contrastanti, e molti fanno fatica ad accettare di prendersi la colpa anche in caso di imprudenze altrui. Questo perché ormai guidare un’auto è diventata un’ attività così comune che non prestiamo più peso alle conseguenze che ha.

Insomma, avvicinandosi alle strisce pedonali gli automobilisti hanno l’obbligo di legge di rallentare a prescindere, ma soprattutto l’obbligo morale di farlo, perché un ragazzino distratto, un nonno indeciso, una mamma al cellulare può sempre capitare. Vorremmo mai che succedesse ai nostri cari? Perché non preoccuparci di quelli degli altri allora?

Maledetti ciclisti della domenica

Sono sempre tutti pronti a scagliarsi contro i ciclisti che viaggiano affiancati, invece che in fila come prevede il CdS. L’accusa è sempre quella: occupare mezza carreggiata ed intralciare la circolazione delle auto.

Come Associazione non possiamo che esortare i ciclisti a rispettare il Codice, ma non notiamo lo stesso astio verso le centinaia di migliaia di mezzi che tutti i giorni in Italia sono parcheggiati in carreggiata: 2 minuti per consegnare un pacco, 5 minuti per prendere un caffè, 1 ora per fare la spesa, ma anche tutto il giorno per andare in spiaggia o in ufficio.

Eppure ci sembra che mezza auto in strada occupi lo stesso spazio di due ciclisti, oltre a rappresentare una situazione pericolosa per la visibilità e riducendo la carreggiata quel tanto che basta perché le auto di passaggio siano costrette ad invadere l’altra corsia.

Però non sentiamo mai strombazzare od inveire gli automobilisti in transito. Anzi, di solito rallentano e viaggiano con più circospezione, come è giusto che sia quando ci sono situazioni di pericolo in carreggiata, e come dovrebbe essere anche quando si incrociano pedoni e ciclisti in fila o affiancati.

Per non parlare delle altre centinaia di migliaia di auto che ogni giorno sono parcheggiate sulle strisce pedonali, sulle aiuole, sulle corsie dei bus, sui marciapiedi, sulle ciclabili, invadendo gli spazi dedicati alla mobilità sostenibile: mai visto nessun automobilista arrabbiarsi. A meno che non siano in sosta sul passo carrabile di casa propria, ovviamente.

Città slow, il futuro è lento

Le chiamano le città del “buon vivere”, che significa disporre di soluzioni e servizi che permettano ai cittadini di fruire in modo facile, semplice e godibile della propria città. L’immagine che le rappresenta è una lumaca alla cui sommità sono distribuite le case di un centro abitato, come fossero i petali di una rosa. L’idea nasce da una iniziativa dei sindaci di Greve in Chianti, Orvieto, Positano e Bra, che hanno voluto porre le basi di un nuovo umanesimo dell’essere e dell’abitare, dove la vita non va fagocitata ma assaporata, dove il rispetto per l’ambiente pone le basi di una responsabilità condivisa.

L’insieme dei requisiti indispensabili per diventare Città Slow si inseriscono all’interno di alcune macro-categorie che riguardano le Politiche Energetiche Ambientali, le Politiche Infrastrutturali, le Politiche per la Qualità Urbana e Politiche Agricole Turistiche Artigianali. Dal 1999 ad oggi tanti piccoli e grandi comuni si sono uniti a questa idea di futuro. Attualmente sono 252 e sono sparsi in 30 paesi nel mondo. Progettano nuovi stili di vita, impegnandosi in un futuro resiliente, applicando la lentezza positiva, non ultima quella legata alla mobilità.

Così il concetto di città slow si sposa con quello della riduzione della velocità. Le zone con il limite dei 30 km/h, ma anche quelle cosiddette “di incontro” a bassissima velocità (20 km/h), portano con sé come naturale conseguenza un aumento del verde e degli spazi pubblici, diventano più belle, più sane e, aumentando il valore degli immobili ed il reddito dei commercianti, più ricche.

Micro-mobilità elettrica

Lo scorso 25 luglio, il Consiglio Comunale di Modena ha approvato il documento, che fa riferimento al decreto del Ministero dei Trasporti emanato il 4 giugno 2019, che introduce la possibilità di sperimentare la circolazione su strada dei veicoli di micromobilità elettrica.

Il DM stabilisce che monopattini elettrici, hoverboard, segway e monowheel potranno circolare in ambito urbano, previa delibera comunale, su aree pedonali, percorsi pedonali e ciclabili, piste ciclabili in sede propria e su corsia riservata e zone a 30 Km/h.

Il documento chiede quindi che la Giunta comunale adotti la delibera, dando il via alla sperimentazione, naturalmente con le dovute regolamentazioni di utilizzo di sosta e sicurezza, chiedendo inoltre al Governo un contributo economico per sostenere le spese, ad esempio di un ipotetico servizio di noleggio.

Bene, il decreto si sposa e si aggiunge alle azioni di Mobility Management che il PUMS (Piano della Mobilità Sostenibile) di Modena, ha già programmato nella primavera passata, nel testo troviamo poi gli spostamenti casa lavoro, il progetto Bike to Work,  Walk to school e bike sharing; tutti strumenti comunicativi e supporti tecnologici utili ed efficaci anche sul piano culturale, ma solo in una città strutturata per disincentivare l’abuso dell’automobile, ridisegnata nell’organizzazione strutturale degli spazi urbani e che faciliti l’uso quotidiano del trasporto pubblico, della bicicletta e perché no anche dei monopattini elettrici.

Modena è pronta?

 

Prima la velocità

La sicurezza dei ciclisti è spesso invocata chiedendo a gran voce provvedimenti nei confronti delle biciclette (freni inefficaci, luci non funzionanti), delle infrastrutture (piste ciclabili ovunque, anche in città), e del ciclista (educazione stradale, casco obbligatorio, abbigliamento ad alta visibilità).

Questi Commissari Tecnici del Traffico si scordano sempre dei provvedimenti da applicare al traffico motorizzato, e guardano alla bicicletta come corpo estraneo del traffico, da relegare solo al tempo libero. Tanto che nei loro commenti da bar o bacheche virtuali, per i pedoni ed i ciclisti auspicano un futuro da riserva indiana su ciclabili protette, non nascondendo il sogno di separare completamente la mobilità pedonale e ciclistica dalla mobilità generale.

Purtroppo per loro, i freddi numeri sugli incidenti stradali presentano il vero problema: la velocità dei mezzi motorizzati è la prima causa degli incidenti e dei morti, seguita dalla distrazione alla guida. Il 40% degli automobilisti dichiara di non rispettare, quasi sempre, i limiti di velocità nel centro urbano.

Bisogna allora intervenire sull’intera superficie stradale, ridisegnando gli spazi per abbassare le velocità e garantire una coesistenza in sicurezza a tutti, tramite ampliamento dei marciapiedi, costruzione delle isole spartitraffico salvagente, riduzione delle dimensioni delle corsie di marcia.

Basta sostanzialmente riproporre i caratteri tipici dei nostri centri storici, dove la velocità contenuta e la presenza diffusa di pedoni e ciclisti fa aumentare la sicurezza. Perché così facendo si diffonde tra chi guida, tutti i mezzi, la percezione diffusa del rischio, e così la guida viene automaticamente adeguata al pericolo reale.

Solo 7 chilometri

Sette chilometri, oltre undici milioni di veicoli l’anno, tempi di percorrenza di 45 minuti- 1 ora nei momenti di punta: è la Nonantolana. Una striscia di asfalto monopolio dell’auto privata non perché sia il mezzo più efficace ma perché altre opzioni di trasporto (più ecologiche, economiche, salutari, e divertenti come la bicicletta) sono state rese impossibili dalle passate decisioni di pianificazione.

Queste scelte vanno riviste: lo chiede con forza il neonato Comitato per la Pista Ciclabile Modena- Nonantola, costituito da Legambiente Nonantola, Legambiente Modena e FIAB Modena. In una settimana il comitato ha raccolto oltre 1500 firme, segno che l’esigenza è sentita e ampiamente condivisa (https://www.change.org/p/per-una-pista-ciclabile-modena-nonantola).

In bici, sarebbero percorribili in una ventina di minuti i sette chilometri dai Torazzi al Torricino nonantolano; una mezz’ora di pedalata rilassata per coprire i dieci chilometri tra il Duomo di Modena e l’abbazia di Nonantola, gioielli del Romanico europeo.

Si chiede quindi non una pista ciclabile qualunque, ma una ampia e sicura sul modello delle ciclo-tangenziali olandesi: sarebbe il primo esempio in Italia e garantirebbe un sollievo dallo stress per i pendolari, una possibilità si scampagnata in più per i modenesi, un’attrattiva per i cicloturisti, che portano un indotto tra i 110 e i 350 mila euro l’anno per ogni chilometro di pista ciclabile. Senza contare l’impatto sulla riduzione del traffico e dell’inquinamento.

Gli insegnamenti della grandinata

La forte grandinata della scorsa settimana ha lasciato segni evidenti del suo passaggio: alberi caduti, rami spezzati, automobili e infissi danneggiati, foglie sparse dappertutto.

Si sono subito liberate le strade dagli alberi e dai rami caduti al suolo, occupando spesso i marciapiedi ed è ripresa la circolazione stradale su un tappeto di foglie. La sera stessa si potevano vedere distintamente le scie lasciate dalle automobili, come dopo una nevicata.

Tutti hanno potuto constatare che spazi utilizzati dai veicoli sono decisamente inferiore alle attuali corsie stradali, che molti modenesi parcheggiano per pigrizia in strada anche se posseggono l’autorimessa e che la pulizia è stata rapida ed efficiente sulle strade, ma scarsa o assente sulle piste ciclabili e sui marciapiedi.

Questi tre indizi ci dovrebbero indurre a eliminare gli spazi in esubero lasciati alle auto per darli ai pedoni, alle biciclette ed ai mezzi pubblici, riservare prioritariamente lo spazio pubblico per le persone e non per le loro auto, dare priorità negli interventi di manutenzione e gestione delle aree pubbliche ai pedoni, ai ciclisti e ai mezzi pubblici.

Come afferma il meteorologo Luca Lombroso “vi sono seri motivi, che inducono a ritenere che l’evento grandinigeno di sabato a Modena sia stato accentuato dai cambiamenti climatici” e aggiunge “nessuno è troppo piccolo per fare la differenza, e tutti siamo parte della soluzione, solo insieme possiamo vincere questa sfida dell’umanità, cambiando direzione e avviando insieme il mondo alla decarbonizzazione.

Questa responsabilità diffusa è ancora maggiore per chi governa le nostre città se vuole seriamente perseguire un diversa mobilità sostenibile per l’ambiente e per i cittadini.

Ciclabili e passi carrai: lo sapevi che…?

Chi esce da un passo carraio deve dare la precedenza a chi circola sulla strada. Ma … la ciclabile è una strada?

I ciclisti hanno pieno diritto di precedenza lungo la pista ad essi riservata fino a quando essa termina e incrociano una strada. Tuttavia, specialmente nei centri urbani, lungo il percorso incrociano spesso i passi carrabili, una delle intersezioni più insidiose e pericolose, anche perché ha scarsa visibilità.

Il Codice definisce i passi carrabili come «accesso ad un’area laterale idonea allo stazionamento di uno o più veicoli» (art. 3 -37). Essi devono «essere individuati con l’apposito segnale, previa autorizzazione dell’ente proprietario» (art. 22-comma 3).

Nel caso di incrocio, i veicoli uscenti dai carrabili devono dare precedenza a quelli che transitano sulle ciclabili: « Negli sbocchi su strada da luoghi non soggetti a pubblico passaggio i conducenti hanno l’obbligo di arrestarsi e dare la precedenza a chi circola sulla strada» (art. 145-com- ma 6). Occorre però chiarire che, a tutti gli effetti, la ciclabile essendo percorso di pubblico passaggio è assimilabile alla strada.

FIAB Modena

5 anni persi

Le ciclabili ci sono, mancano solo i ciclisti: è un rebus comune a molte amministrazioni, ma per capire i motivi basta guardare a ciò che è stato fatto a Modena nelle ultime due legislature. L’ultima ha ereditato dalla precedente:

  1. il ponte ciclopedonale sulla tangenziale, per anni non collegato a nessuna ciclabile – bello, usato però da pochi esigui cittadini
  2. la ciclabile di via giardini, stretta, promiscua, spezzata su due lati della strada – progetto nato vecchio e sbagliato, che abbiamo provato a ridefinire senza successo.
  3. la ciclabile via Emilia est, non ancora terminata dopo 5 anni, che a termine prevederà 11 tratti diversi di piste per larghezza, pavimentazione, segnaletica, cambi di lato della strada – una babele così inospitale che non abbiamo nemmeno provato a migliorarla.

Proprio per rispondere a questo modo disorganico di procedere, senza standard di qualità e senza una visione complessiva della mobilità sostenibile, 5 anni fa avevamo stilato, insieme ad altre 10 associazioni, un decalogo sottoposto a tutte le forze politiche. Prevedeva tra l’altro:

  • Moderazione del traffico a 30 Km orari in tutti i quartieri residenziali con forte riduzione delle auto in sosta, e riduzione della larghezza delle carreggiate
  • Realizzazione di percorsi ciclabili su tutte le radiali urbane
  • Adeguamento degli incroci e degli attraversamenti per dare continuità e sicurezza ai percorsi pedonali e ciclabili (cosa che si poteva cominciare a fare subito)
  • Obbligo nel Regolamento Urbanistico di un deposito protetto per biciclette nelle grandi strutture e nei centri aggregatori
  • Potenziamento del trasporto pubblico con l’incremento delle corsie preferenziali e riduzione dello spazio occupato dalle auto in sosta
  • Messa in sicurezza dei percorsi casa-scuola
  • Riorganizzazione dello spazio pubblico con riduzione di quello assegnato alla mobilità privata
  • senso unico eccetto bici nelle strade del centro ove possibile (cosa che si dovrebbe cominciare a fare SUBITO)

A parte Pellacani (Forza Italia), 5 anni fa ogni partito aveva approvato i contenuti del decalogo. Chi sarebbe poi diventato sindaco, Giancarlo Muzzarelli, nel faccia a faccia giornalistico con lo sfidante al ballottaggio aveva promesso di estendere le zone 30, completare la rete ciclabile, mettere in sicurezza i percorsi casa scuola, il ridimensionamento delle sedi stradali a favore di ciclabili e marciapiedi, discussione immediata del progetto per Gigetto, senso unico eccetto bici nelle strade del centro ove fosse possibile.

In seguito alla sua elezione, visto che sappiamo bene che questi sono temi divisivi e impopolari, avevamo garantito il nostro supporto al Sindaco nel caso si fosse impegnato in almeno uno dei punti del decalogo, ben coscienti che realizzarli tutti sarebbe stata una utopia. Ricordiamo ancora le parole del nostro ex presidente: “siamo un po’ stanchi di fare proposte e non vederne mai realizzate neanche una. Non dico che siano tutte condivisibili, ma almeno su una avremo ragione?”

Purtroppo, i fatti di questi 5 anni fotografano un altro zero assoluto: nessuna vera zona 30 nuova, nessun doppio senso ciclabile, nessuna ciclabile sulle radianti, (quasi) nessuna messa in sicurezza di incroci e nessun percorso casa scuola. Gigetto è ancora “il trenino del cuccio”, le carreggiate sono sempre larghe uguali, la segnaletica sulle ciclabili è spesso contraddittoria e sbagliata, nei centri commerciali e luoghi di aggregazione si continuano a mettere vecchi ed insicuri scolapiatti invece che depositi protetti (fa eccezione solo quello a Porta Nord).

Se vogliamo trovare i simboli di questa incoerenza, possiamo ricordare queste vicende:

  1. Il sottopasso BenFra, scollegato dalla rete ciclabile, lungo, nascosto, mezzo ciclopedonale, mezzo ciclabile, con 3 curve cieche – un collage di superficialità progettato da chi non è mai andato in bici
  2. Porta Nord, una ampia zona a vocazione pedonale dove sono state disegnate piste promiscue ciclo-pedonali, con intersezioni solo pedonali tra le piste … in mezzo ad un mare di auto parcheggiate fino a 5 metri dall’ingresso della stazione.
  3. viale Barozzi, che è passata da autostrada a 3 corsie cittadina … ad autostrada a 2 corsie, nessun rallentamento del traffico – con una pista bidirezionale larga 2 metri – nemmeno il minimo di legge previsto – neanche uno spazio di sicurezza per l’apertura improvvisa della portiera lato passeggero
  4. Piazzale Sant’Agostino, a soli 300 metri e a quasi 10 anni dalla realizzazione del Novi Park che avrebbe dovuto determinarne la restituzione alla cittadinanza, è ancora incredibilmente un parcheggio che deturpa una delle principali piazze di Modena, ingresso al salotto della città, tra i Musei ed il nuovo polo culturale del S.Agostino.

Basta dire che ancora nelle scorse settimane è stata approvata una nuova infrastruttura ciclo-pedonale promiscua ai Torrazzi, di quelle che la normativa vieta se non nei parchi e dove non c’è spazio per altre soluzioni. Tutto questo inibisce molti cittadini ad usare la bici, e quindi induce l’opinione pubblica a pensare che i soldi spesi in ciclabilità siano sprecati, e ad opporsi a nuovi interventi. Sinceramente, nel 2019 preferiamo non vedere realizzare nulla se la qualità e la filosofia del costruito deve essere a livelli di 50 anni fa.

Tanto è stato insignificante e dannoso quel poco che è stato fatto, che alle elezioni dello scorso mese abbiamo deciso di non sottoporre ai candidati sindaci le nostre richieste per una mobilità sostenibile, per evitare così una inutile adesione di tutti, o quasi tutti, salvo dimenticarsene subito dopo.

Infatti, come al solito, i partiti che in questi anni si sono occupati solo della mobilità delle auto e delle merci, sostenendo ed approvando la realizzazione di altre autostrade bretelle e tangenziali con l’impiego di ingenti risorse pubbliche, o che hanno parlato solo della “mobilità” degli immigrati, sono diventati improvvisamente ambientalisti e sostenitori della pedonalità diffusa.

Ora il Sindaco ha ricevuto un ampio mandato, ha in giunta un assessore alla mobilità che conosce le nostre proposte, ha davanti un quinquennio ma i problemi sono ancora tutti sul tavolo e le difficoltà di portare avanti una nuova mobilità non sono diminuite. Anzi, si sono radicate nuove resistenze e le nuove chimere della mobilità automobilistica elettrica e delle guida autonoma tendono a raccogliere sponsor importanti ed influenti. Temiamo che risorse ed attenzioni prioritarie verranno dedicate a questi argomenti, che purtroppo non risolveranno problemi di traffico, parcheggio congestione e degrado cittadino, riproponendo di fatto un modello di mobilità auto centrico ormai messo in discussione in tutti i paesi avanzati.

Fuori dall’agone elettorale torniamo a dare la nostra diponibilità “critica” ancora una volta al Sindaco ed alla sua giunta, a sostenerlo se vuole fare queste battaglie: il PUMS appena approvato prova a dare risposte a tutte le questioni rimaste sotto il tappeto in 20 anni di inconcludenza e negligenza, di cui gli ultimi davvero in controtendenza rispetto alle migliori prassi. Speriamo che la prossima giunta le affronti nei primi 2 anni, perché dopo sappiamo che ci si preparerà ad altre elezioni e quindi non si farà nulla per paura di scontentare chicchessia.

Il nostro supporto ci sarà solo quando:

  • Si vorrà una città davvero più sicura per giovani ed anziani e più accogliente per tutti,
  • Si proporranno “salotti” e spazi vivibili in ogni quartiere, e non solo nel centro storico
  • Si vorrà contrastare l’abuso del mezzo privato
  • Si vorrà contrastare l’occupazione sistematica ed illegale di spazio pubblico sui marciapiedi, negli incroci, nelle piste ciclabili, davanti alle scuole;
  • Si vorrà riorganizzare un trasporto merci cittadino, che adesso vede camioncini da 35 quintali consegnare la spesa ad un anziano, o un telefonino ordinato su uno shop online cinese.

Si tratta, insomma, di dare risposte a tutte quelle persone che ogni venerdì manifestano per l’ambiente. Se non ora, quando?