Pedalare … dal divano di casa

Nessuna uscita su due ruote, le restrizioni al corona virus ci impongono di stare a casa e spesso sul divano. Non possiamo pedalare, ma nessuno ci toglie il diritto di sognare e magari iniziare a pensare al prossimo viaggio in bicicletta, e allora non poniamoci dei limiti e  “sogniamo in grande”, lasciamoci ispirare dai racconti scritti di chi ha pedalato in lungo in largo per il mondo; come nel libro di Francesco Gusmeri “Prendo la bici e parto in Australia”, ediciclo-editore: …cosa porta un ragazzo di trentasei anni a mollare tutto per fare un viaggio “contro”? A partire in sella alla propria bici dalla sonnolenta provincia lombarda alla volta dell’Australia, meta temuta e amata?

Il viaggio di Gusmeri rappresenta una cesura netta tra il nostro modo di vivere usuale (una casa, un lavoro, il solito tran tran) e il piantare la tenda nel bush Australiano o nelle steppe dell’Asia; consiste in una rottura con il rassicurante ambiente familiare per entrare nella solitudine del viaggiatore in dialogo con se stesso; racconta la ribellione contro l’appiattimento e l’omologazione sociale e culturale del nostro Paese.

Dopo aver lavorato e risparmiato per cinque anni, l’autore di questo viaggio ha dato sostanza e seguito a uno di quei sogni che perlopiù rimangono nei nostri cassetti senza mai realizzarsi.

Alla fine della linea tracciata sulle carte geografiche dai copertoni della mountain bike di Gusmeri forse non c’è la felicità tanto sognata, magari torna anzi la voglia di tornare a casa. Il problema è che dopo qualche tempo, quando si è fatto un viaggio del genere si avrà di nuovo voglia di scappare. “Quelli che viaggiano finiscono per diventare un po’ spiantati” scrive l’autore.

Ciclopedonale Mazzoni: c’è un’altra soluzione

Il Consiglio Comunale di Modena ha appena approvato all’unanimità una mozione del Movimento 5 Stelle, del luglio 2019, per la realizzazione di un sottopasso o sovrappasso ciclabile vicino al cavalcavia Mazzoni. Si tratta di una proposta già contenuta nel PUMS per rispondere agli abitanti della zona nord, che da sempre chiedono un collegamento ciclabile sicuro alla città. Seguiranno studi e progetti che dovranno affrontare due problemi che, fin dagli anni ’80, hanno fatto arenare simili proposte: un cavalcavia costruito tra le due guerre e la presenza del canale Naviglio.

Il cavalcavia storico impedisce l’ancoraggio di una ciclabile a sbalzo e la fascia di rispetto della linea elettrica della ferrovia aumenta sensibilmente il dislivello da superare, mentre la rete dei canali rende complesso e molto costoso realizzare un sottopasso. Forse varrebbe la pena di considerare anche un’altra proposta che parte da ciò che il Comune ha più volte scritto e dichiarato nel PUMS: “mettere al centro le persone per offrire accessibilità e qualità della vita, sostenibilità e fattibilità economica, equità sociale e salute, incoraggiando la mobilità sostenibile con soluzioni efficaci ed economiche”.

La FIAB, che da oltre 10 anni compie il rilevamento semestrale dei ciclisti, può testimoniare che la stragrande maggioranza delle auto che scendono dal cavalcavia in Piazza Natale Bruni, non vanno verso il centro, ma svoltano verso viale Crispi o verso Viale Caduti in Guerra; si tratta cioè di automobilisti che usano questo cavalcavia al posto di quelli di Via Cialdini e di Ciro Menotti, impedendo ai ciclisti ed ai pedoni un collegamento breve con la città e rallentando inutilmente il transito dei mezzi pubblici diretti alle stazioni dei treni e delle autocorriere.

Per tutti questi motivi, in coerenza con le direttive del PUMS e del buon senso, riteniamo che sia giunto il momento di abbandonare soluzioni difficili e costose e di riservare questo cavalcavia ai mezzi pubblici, ai pedoni ed ai ciclisti. Non è solo una soluzione più ragionevole e fattibile, ma alleggerisce sensibilmente la pressione e l’inquinamento di zone centrali densamente abitate, dando una risposta efficace alle richieste dei cittadini.

Seguendo invece le numerose proposte di sottopasso o di sovrappasso ciclabile sono già passati 40 anni, ben più di quanto ha richiesto la lunga costruzione del cavalca ferrovia, deliberato dal Consiglio Comunale nel 1909 e ultimato nel 1939

Per Chiara

L’ultimo dei suoi giri in bici è stato il Cammino della Plata, da Siviglia a Santiago de Compostela, partenza settembre 2019.

Per lei, ciclista dalle buone gambe, una sfida non solo fisica, ma anche psicologica: da anni ammalata, le cure sembravano darle qualche speranza, ma naturalmente era provata. Eppure è arrivata fino in fondo, con grinta e fierezza e – al ritorno da quel viaggio – ne parlava come di una esperienza molto faticosa ma anche piena di bellezza.

Raccontava che – arrivata con la sua bici sulla piazza, davanti al santuario – aveva vissuto e sentito anche negli altri compagni di viaggio – un’esperienza di pura gioia. Aveva respirato gioia.

Perché lei era così: senza mezze misure, in tutte le cose della sua vita. Una donna dalle forti passioni.

Per la sua famiglia innanzitutto, per le due figlie Francesca e Giovanna e per i nipoti  Matilde e Tommaso, di cui non perdeva occasione di raccontare le piccole e grandi imprese e per i quali combatteva modelli distorti di società.

Per la letteratura, che aveva insegnato al Muratori. Per lei Dante e Leopardi non erano solo materie da insegnare ma maestri di vita, e lo sa bene chi ha condiviso con lei il viaggio in bici a Recanati; non solo pedali, ma anche poesie e racconti.

Per la musica, Mozart soprattutto, che ascoltava “quando sentiva in testa le vespe che ronzavano”. Anche negli ultimi tempi, bastava mettere su un CD di Mozart e pian piano il ronzio cessava. E poi il coro gospel, anche quello vissuto con la voce e l’anima.

Per il mare. Aveva scoperto negli ultimi anni la bellezza della barca a vela e naturalmente – quando pioveva e tirava vento – preferiva star fuori, per sentire tutta la potenza del mare.

Ultimamente, sempre più stanca, si riposava spesso sul divano, e questa è delle ultime immagini che conservo di lei: una grande sala, piena di luce, a distanza di sicurezza Chiara dolcemente allungata sul divano, così diversa da tutti noi “leoni in gabbia” che scalpitiamo per andare a fare una gita, con una lentezza di gesti in qualche modo coerente con il tempo che stiamo vivendo. Diceva: “per chi sa di averne poco, questo tempo lento non è una condanna, ma un dono. Per assaporare ogni piccola cosa. Un dolce addio a questo mondo fisico con tutta la sua bellezza di cui ci è stato dato di fare esperienza”.

Così si andava da lei non per compatire, ma per cercare pace.

Ciao Chiara!

 

Le libertà individuali

FIAB Modena da fine febbraio ha annullato in via precauzionale tutte le gite e le riunioni. Poi le condizioni sono peggiorate e le Autorità sono state costrette a vietare persino le passeggiate ed i giri in bicicletta.

Alcuni nostri soci non comprendono il senso di queste limitazioni, pensando che queste singole attività all’aperto siano meno rischiose che spostarsi coi mezzi pubblici o lavorare 8 ore al chiuso assieme ad altri. C’è chi sottolinea che un po’ di attività fisica può migliorare l’umore e le difese immunitarie.

Comprendiamo queste singole esigenze, ma siamo convinti che le limitazioni imposte siano fondate e vadano attentamente rispettate. Siamo una associazione di “promozione sociale” ed abbiamo il dovere di diffondere il senso civico nella comunità in cui viviamo. Se questo piccolo sacrificio può contribuire a tutelare la salute collettiva, stiamo a casa, perché l’interesse collettivo è sempre più importante dell’interesse del singolo.

E’ proprio in questi momenti difficili che appare pretestuosa la contrapposizione tra pubblico e privato ed emergono sia il primato dell’interesse pubblico che il bisogno di servizi pubblici efficienti.

Per questo ci piacerebbe che, finita questa emergenza, le Amministrazioni pubbliche ritrovassero il gusto per il bene della comunità, ripensando anche l’attuale sistema della mobilità.

Se chi ora fa jogging o va in bicicletta nei parchi può passare per individualista, come possiamo considerare una buona parte di quel 45% di modenesi che in “tempo di pace” e senza una vera necessità, si permette di usare quotidianamente l’auto per fare meno di 2,5Km?

Può sembrare un paragone azzardato, ma l’auto è un mezzo privato che sosta e viaggia su spazio pubblico e non nascondiamoci che il suo uso smodato abbia impatti enormi sul bene e la salute pubblica:

  • l’inquinamento atmosferico danneggia pesantemente la salute di tutti e soprattutto dei più deboli, non a caso in questi tragici giorni alcuni ricercatori collegano anche la qualità dell’aria alla diffusione del virus;
  • la maggiore incidentalità provoca danni fisici spesso irreparabili ad altri cittadini:
  • il parcheggio occupa spazio pubblico sottraendolo agli altri cittadini e alle attività sociali;
  • questo traffico inutile limita e rallenta lo spostamento di tutti e impedisce l’autonomia dei soggetti più deboli, come i minori e gli anziani;
  • il maggior rumore peggiora la vivibilità urbana e disturba gli abitanti;
  • la maggiore usura delle strade assorbe risorse pubbliche, che potrebbero finanziare altri servizi più utili alla collettività.

Chi si muove in auto senza reali necessità ha un comportamento simile a coloro che vanno al pronto soccorso senza averne realmente bisogno: stressano e sfruttano risorse comuni in maniera iniqua e insostenibile.

Chi ha la responsabilità dell’interesse collettivo non potrà più esimersi dal porre limiti all’uso dell’auto privata, riducendo i parcheggi pubblici e rivedendo le politiche tariffarie, riorganizzando gli spazi cittadini a favore dei mezzi pubblici, pedoni e ciclisti, limitando le velocità. Dovrà smettere di investire tutte le risorse pubbliche in autostrade, rotatorie, tangenziali, complanari e parcheggi multipiano, che potrà invece destinare ad un modello di mobilità che garantisca il diritto di tutte le categorie dei cittadini di potersi muovere e vivere nella loro città pienamente in sicurezza e con un ambiente più sano.

Quando torneremo alla normalità sarà tutto diverso, e ci piacerebbe ritrovare i nostri amministratori convinti che l’uso smodato dell’auto privata, sia un comportamento sociale riprovevole, almeno al pari al jogging al tempo del coronavirus. Vorrebbe dire che il bene pubblico avrà finalmente ripreso un valore superiore all’interesse del singolo.

L’aria ai tempi del Coronavirus

La situazione drammatica che stiamo vivendo a causa del Covid-19 e le giuste restrizioni per il contenimento del contagio, ci portano a soffermarci, come associazione ambientale, sull’argomento: inquinamento dell’aria. Ci stiamo chiedendo: il drastico cambiamento delle nostre abitudini quotidiane, in particolare la riduzione degli spostamenti motorizzati, ha determinato la riduzione degli inquinanti nell’aria che respiriamo?

Paradossalmente, mai come in questo momento di emergenza, gli scienziati hanno la possibilità di analizzare il problema in modo complesso comparando i dati scientifici prima e dopo le restrizioni legate agli spostamenti, ma anche alla chiusura parziale delle attività industriali e all’utilizzo o meno dei riscaldamenti. Ancora non si hanno certezze poiché è necessario monitorare i dati nel medio-lungo termine, soprattutto perché il fattore meteorologico è anch’esso determinante.

Il 13 marzo, l’Agenzia Spaziale Europea (ESA) ha divulgato dei dati, nei quali è evidente come in Italia – dal primo gennaio 2020 all’ 11 marzo 2020- nell’area padana, sia avvenuta una riduzione dell’inquinamento, in particolare nelle emissioni di biossido di Azoto (NO2), uno dei principali prodotti del traffico cittadino e delle attività industriali. D’altra parte Arpae Emilia Romagna specifica che le concentrazioni di NO2 variano fortemente in presenza di perturbazioni atmosferiche, e proprio in Emilia Romagna si sono verificate precipitazioni e vento molto forte.

Quindi la concomitanza delle restrizioni del traffico per Covid-19 e il forte vento per adesso non possono portare all’equazione “blocco traffico = meno inquinamento”. Fermo restando che una diminuzione complessiva di NO2 è certa, attendiamo il monitoraggio delle prossime settimane: sarebbe un peccato non sfruttare questa “occasione” per definire scientificamente, senza più smentite di parte, quali sono le criticità da affrontare una volta finita l’emergenza.

Corona Virus e stili di vita

L’emergenza coronavirus ha fermato e rallentato molte delle attività di tutti noi e non poteva essere altrimenti anche per le attività di FIAB. Siamo fiduciosi in un esito positivo di questa emergenza, ma i tempi sono ovviamente la variabile che non riusciamo proprio a prevedere e controllare. Vi chiediamo però di seguirci con attenzione perchè le iniziative programmate vengono modificate di volta in volta seguendo le indicazioni delle autorità sanitarie e civili. Tutte le informazioni sono sul nostro sito modenainbici.it

Tuttavia crediamo sia utile per tutti e tutte fare riflessioni sul nostro stile di vita. Sappiamo che ci rivolgiamo già a persone che, proprio grazie all’uso della bicicletta, da tempo stanno affrontando con impegno personale un nuovo modo di vivere le città e anche le vacanze e il tempo libero, ma oggi più che mai abbiamo bisogno che ognuno di noi diventi un ambasciatore/ambasciatrice nei confronti dei propri amici ed amiche o conoscenti affinché si faccia tutti una profonda riflessione su come viviamo la nostra quotidianità di cui la mobilità ne è una parte importante.

Abbiamo bisogno di essere tanti e sempre di più ad “urlare” l’urgenza di affrontare tematiche ambientali che devono essere il fulcro di un nuovo modello di sviluppo: se c’è un elemento positivo di questa vicenda è il netto miglioramento della qualità dell’aria. Abbiamo bisogno quindi del vostro sostegno che ci permette di continuare a promuovere la mobilità ciclistica come un elemento di forte innovazione nelle politiche per una moderna mobilità quotidiana, più sana, efficiente e rispettosa degli spazi pubblici e dell’ambiente.

Mobilità sostenibile: qualcosa si muove?

La seduta del consiglio comunale del 13 febbraio è stata riservata alla discussione di diversi OdG sulla mobilità sostenibile; si tratta di un fatto a cui FIAB Modena attribuisce particolare importanza.

Gli OdG sono stati presentati, cosa abbastanza inusuale, quasi tutti da esponenti della maggioranza, con Diego Lenzini e Lucia Connola in prima fila, e le votazioni finali si sono tenute il 27 febbraio con un risultato sorprendente: il voto favorevole della maggioranza e dei 5stelle e l’astensione del centro destra; insomma, il tema della mobilità sostenibile non è più di parte, ma seppur con sfaccettature diverse, sembra diventare un comune sentire.

Ma di cosa si è parlato nelle due sedute? Quattro i temi: uno su Gigetto, il secondo sulla mobilità ciclabile, il terzo sui furti di biciclette, il quarto (presentato dalla Lega) sulla valorizzazione della “Strada del sole” (Eurovelo7). Sono argomenti che Fiab Modena, spesso inascoltata, sta tenacemente portando avanti da anni. Ci sentiamo quindi pienamente coinvolti a darne una valutazione.

1) Linea Modena Sassuolo: “ … condividere con tutte le amministrazioni interessate per sostenere davanti alla Regione e a TPER la necessità di un’analisi approfondita su come rendere la linea davvero funzionale; a inserire nel Pums soluzioni coerenti con questo obiettivo; a valutare l’avvio di uno studio di fattibilità per il prolungamento della linea; a prevedere un incremento della frequenza e delle fermate…

FIAB Modena: l’obiettivo di costruire una infrastruttura che serva ai pendolari di mezza provincia è un obiettivo strategico. Certo che da un PUMS dove il TPL è trattato in poche pagine senza dire nulla sulle risorse che intende allocare, siamo arrivati ad un piano di fattibilità del valore di 80.000 euro (pochino) senza nessuna indicazione precisa circa a che fattibilità si intenda verificare e senza un ventaglio di proposte anche alternative o integrative fra loro. Non sappiamo quante risorse nei prossimi 5 -10 anni si vogliono dedicare sia al trasporto urbano che a quello interurbano, e non c’è nessun indicatore di prospettiva e vincolante su quanto fra 5 o 10 anni debba essere il trasporto privato e quello pubblico. Crediamo necessario ridiscutere da capo il PUMS anche con le sue relazioni con il trasporto provinciale. Perché ad oggi le uniche risorse certe nel PUMS sono quelle dedicate al trasporto privato.
Piccola chiosa: se non avessimo sprecato 20 anni ed una montagna di soldi per fare una Modena Sassuolo autostradale, oggi potevamo aprire i cantieri del nuovo Gigetto, invece di una inutile e dannosa seconda camionabile verso il comprensorio ceramico. Avremmo ottenuto l’effetto tra l’altro di ridurre i transiti auto nelle ore di punta sull’attuale Modena Sassuolo, unici momenti in cui questa è davvero sovraccarica.

2) Mobilità ciclabile:… prevedere piste ciclabili a elevato scorrimento sulle direttrici strategiche del Pums. Sistemi alternativi per garantire la sicurezza dei ciclisti anche penalizzando, se necessario, la mobilità veicolare e prevedendo eventualmente il doppio rosso ai semafori. Prevedere piste ciclabili sulla sede stradale ogni volta che la larghezza della carreggiata lo consente, stabilendo nel Pums un crono programma per la loro realizzazione prioritaria; di proseguire l’opera di ricucitura dei vari tratti di ciclabili impegnando immediatamente adeguate risorse per la manutenzione dei punti più dissestati; di scorporare i percorsi pedonali da quelli ciclabili e di realizzare nuovi depositi protetti.

FIAB Modena: le ciclabili sulle direttrici strategiche servono per le strade principali, mancano completamente i riferimenti a Modena città a 30 km/h strumento “economico” ed efficace non solo per la viabilità di tutti, ma anche per la qualità della vita nei nostri quartieri residenziali. I singoli proponimenti sono encomiabili, ma la mobilità ciclistica si svilupperà davvero solo quando la velocità dei mezzi privati sarà compatibile con gli altri mezzi di trasporto sostenibili. Così potremo passare da “piste ciclabili ogni volta che la larghezza della strada lo permetta” a “corsie ciclabili ogni qualvolta la velocità delle auto lo permetta”. La ricucitura delle attuali ciclabili non è più sufficiente, perché sono quasi tutte bidirezionali, promiscue ciclopedonali. In questa ottica, sarà fondamentale che gli uffici tecnici non cadano più negli errori progettuali del passato quando si è disegnato e costruito in barba a tutte le buone pressi della mobilità ciclistica.

3) Prevenzione dei furti in bici:… rafforzare le campagne di comunicazione per marchiare le bici, comprare solo mezzi di provenienza lecita e presentare sempre denuncia in caso di furto; ampliare l’iniziativa delle aste delle bici usate a basso costo; chiedere nuovi incentivi per sostenere l’acquisto di dispositivi GPS da installare sulle bici; aumentare i depositi protetti per bici negli spazi pubblici e le rastrelliere a partire dal centro storico

FIAB Modena: Esiste un registro privato legato alla targatura delle bici. Non esiste però alcun registro pubblico istituzionale. La maggior diffusione di depositi protetti, magari in centro storico, l’assoluta inadeguatezza delle classiche rastrelliere basse montate davanti ad uffici pubblici e supermercati, in realtà poco adatte a parcheggiare le biciclette ed a cui è impossibile legare le bici in maniera efficace. Sostituirli con porta bici adeguati e magari aumentarne il numero anche nei quartieri residenziali ove ci siano esercizi commerciali e servizi. L’importanza di denunciare i furti e l’adozione di autocertificazioni dell’usato come si fa da anni, per esempio, con le attrezzature fotografiche. L’importanza di dotarsi di antifurto di qualità ed imparare ad usarli.

4) Valorizzazione della “Strada del sole” (EuroVelo7): “… sollecita a realizzare una segnaletica coordinata che renda il percorso visibile e riconoscibile; di fare in modo che la pista sia il più possibile scorrevole e sicura, tenendo conto delle progettazioni europee più avanzate; di mettere a punto una comunicazione efficace sui servizi offerti dalla città di Modena ai cicloturisti.

FIAB Modena: Il cicloturismo è una risorsa importante ed in espansione per i prossimi anni. In passato la provincia ha mappato e tabellato tutta l’Eurovelo7 in provincia di Modena, da Concordia a Modena e Vignola, fino ad uscire in provincia di Bologna a Vergato (infatti trovate le indicazioni EV7 dappertutto in città). Peccato che, nonostante le nostre sollecitazioni, nessuno abbia pensato a sfruttare questo grande lavoro, e farne un pacchetto turistico, e che nel frattempo i cugini bolognesi siano riusciti a farsi finanziare la Verona – Bologna, che diventerà il corridoio principale di Eurovelo7 (nonostante sia ancora quasi tutto da fare – e comunque sono stati aperti i cantieri). Quindi la segnaletica va sicuramente potenziata, ma più di tutto bisogna che il sistema turistico modenese punti fortemente ad infrastrutturare di servizi il nostro tracciato e venderlo come pacchetto alternativo, e secondo noi (per luoghi ed esperienze) altrettanto appetibile rispetto a quello bolognese. Perché il turista sceglie in base ai servizi ed alle bellezze da vedere, ed in questo campo non siamo secondi a nessuno.

Quindi la Fiab di Modena plaude sicuramente all’approvazione degli OdG, che vanno tutti nella giusta direzione, ma nel contempo si impegna a mantenere un’ alta vigilanza sugli impegni presi; molte, troppe volte, già in passato, sono stati approvati orientamenti di questo genere senza che vi fosse poi fatto seguito.

Non condividiamo l’affermazione dell’assessore Filippi che gli OdG rappresentino una “sostanziale condivisione sulla direzione da intraprendere, che è la stessa che abbiamo tracciato nel Pums”. Riteniamo, al contrario, che essi rappresentino una sostanziale discontinuità col PUMS e siano maggiormente in linea con le osservazioni da noi presentate.

In un precedente comunicato avevamo sottolineato come non vedevamo nessuno che ci presentasse il PUMS come uno strumento per combattere una guerra all’abuso dell’auto in città. Alcune affermazioni ci fanno sperare. Per prima Paola Aime (Verdi), “abbiamo sempre pensiamo che tra i nostri bisogni ci sia usare l’auto e andare veloci. Oggi cominciamo a pensare ad una situazione in cui è l’auto l’intralcio”. Per il Pd, Diego Lenzini ha ribadito che oggi le esigenze sono cambiate “e le nostre ciclabili devono adeguarsi, diventando più veloci e competitive con l’auto privata”. Per Lucia Connola (Pd) gli obiettivi di riduzione dell’inquinamento richiedono di “ragionare in modo completamente diverso sulla mobilità, puntando sulla multimodalità del trasporto pubblico per ottenere una mobilità più sostenibile e smart”. È un risultato che richiede anche un cambiamento nei comportamenti e per questo, secondo la consigliera, è fondamentale la sensibilizzazione dei cittadini.

Adesso aspettiamo a vedere se in giunta i segnali sono arrivati. La nostra disponibilità a sostenerli non mancherà.

Le città in balia di Amazon

La vita delle nostre città è stata caratterizzata per secoli da migliaia di piccoli commercianti ed artigiani, che ne hanno costituito la principale nervatura di coesione sociale, ed esempi ammirati e copiati di comunità belle, vivaci e creative.

Poi nel primo dopoguerra l’onda della motorizzazione di massa ha imbruttito e reso invivibili i nostri centri, ed è stata la premessa fondamentale per la nascita anche in Italia di un modello di commercio basato sui centri commerciali situati nelle periferie cittadine. Da quel momento decenni di discussioni tra chi sostiene che senza auto i centri chiudono, e chi (come noi) invece sostiene che le auto sono il vero motivo per cui i centri muoiono. Lo hanno capito benissimo quelli della grande distribuzione, tanto che l’evoluzione dei mall sono stati gli outlet: falsi centri storici in cartongesso senz’auto, ma all’uscita dell’autostrada. Una magnifica sintesi dal loro punto di vista.

Ora per tutti è arrivato il nuovo tsunami: il commercio online. Una nuova forma di comodità, che non solo ci promette facilità di parcheggio e un buon assortimento di merci, ma ci porta gratuitamente a casa tutto quello che è acquistabile al mondo.

Un fenomeno con gravi controindicazioni, che da un lato desertifica il commercio delle nostre città, e dall’altro le riempie di migliaia di mezzi che realizzano l’ultimo miglio del processo di vendita, sfruttando padroncini e corrieri spesso attrezzati con mezzi grossi, a volte vetusti ed inquinanti.

Disarmante la descrizione fatta in recenti trasmissioni come Petrolio su Rai1, in cui un corriere 29enne racconta “… in 12 ore devo consegnare 130 pacchi: l’algoritmo di Amazon prevede 3 minuti a consegna e quindi siamo costretti a non rispettare il codice della strada. Succede sempre, è pericoloso soprattutto per chi ci sta intorno, noi siamo delle palle di fucile che giriamo per le città senza guardare stop, semafori, precedenze, nulla. Questo è un grave problema di sicurezza pubblica.”

Ed è proprio quello che vediamo tutti i giorni: il corriere arriva, lascia il furgone acceso in mezzo alla strada con le 4 frecce, scende consegna e riparte. Tutto senza guardare se copre la visibilità dell’ incrocio, se sta sulle strisce pedonali, o se chiude il transito ai mezzi pubblici. Perché se dovesse rispettare le regole, cercare un posteggio regolare libero, o mettere il parchimetro 15 minuti, addio 130 consegne al giorno. Ed addio consegne gratuite.

Noi consumatori dovremmo capire che la consegna gratuita di una cover da 3 euro, la paghiamo abbondantemente come costo sociale di inquinamento, traffico, insicurezza stradale e chiusura degli esercizi commerciali. Un fenomeno che a sua volta produce mancato presidio del territorio e maggiore delinquenza ed insicurezza in città.

Non è possibile continuare così: il fenomeno è destinato a crescere, e l’inerzia su queste infrazioni non è solo una questione di sicurezza stradale, ma è di fatto l’accettazione di una concorrenza sleale di grandi realtà internazionali verso i piccoli esercizi, che poi sono quelli che pagano le tasse a Piazza Grande (e non in Irlanda).

 

La giungla degli attraversamenti stradali

I ciclisti modenesi come tutti hanno fretta di raggiungere il posto di lavoro, ma sono quotidianamente costretti a districarsi tra infrastrutture inadeguate ed incoerenti; obbligati ad andare su e giù dai marciapiedi, dai passi carrai, a passare tra transenne ed ostacoli di ogni tipo, e magari sulle frequenti ciclopedonali a convivere con utenti con necessità diverse, come bimbi che vanno a scuola, pedoni che portano cani al guinzaglio, sportivi che fanno jogging con la cuffia.

A questi ostacoli sul loro percorso non possiamo aggiungere anche la discontinuità tra i vari spezzoni ciclabili, rappresentata da passaggi pedonali nei quali sono obbligati a scendere dalla bicicletta anche quando non vi sono situazioni di pericolo. È indispensabile che almeno la segnaletica orizzontale e verticale dei passaggi tra ciclabili sia resa omogenea, con i “quadrotti” a terra negli attraversamenti ed il segnale verticale di “precedenza ai ciclisti”, in modo che siano ben riconoscibili sia dai mezzi motorizzati che dai ciclisti stessi. Sarebbe già un bel punto di partenza, a costo quasi zero, per migliorare la sicurezza stradale.

In ogni caso consigliamo al volenteroso ciclista urbano, di muoversi con particolare attenzione nella giungla degli attraversamenti stradali: pur se sussistono le condizioni per rimanere in sella, si deve incrociare lo sguardo con l’automobilista accertandosi di essere stati avvistati e che stia rallentando, fare attenzione ad altri veicoli che possono sopraggiungere da dietro, adeguare la velocità supponendo comunque che l’auto sopraggiungente non rispetti la precedenza, e tenersi sempre pronti per ogni manovra di emergenza eventualmente necessaria, con le due mani sul manubrio ed il cellulare in tasca.

Sulle strisce non si va in bici ma l’auto non ha la precedenza

FIAB Modena in risposta all’articolo del 20 febbraio 2020 sulla Gazzetta di Modena dal titolo “sulle strisce non si va in bici ma l’auto non ha la precedenza” per rilevare alcune inesattezze e precisare le nostre posizioni in merito.

Spett. Redazione

essendo un argomento spinoso ed in apparenza controverso con cui ci troviamo a confrontarci spesso, sia come direttivo di FIAB Modena che come FIAB nazionale, ci sentiamo in dovere di provare a fare un po’ di chiarezza sull’argomento.

Ci riferiamo all’articolo del 20 febbraio 2020, sulla Gazzetta di Modena dal titolo “SULLE STRISCE NON SI VA IN BICI MA L’AUTO NON HA LA PRECEDENZA” in cui rileviamo, a nostro avviso, alcune inesattezze.

Infatti né il CdS né il Regolamento di esecuzione e di attuazione del CdS riportano in nessun articolo che il ciclista debba sempre attraversare le strisce pedonali conducendo il veicolo a mano.

Anche il citato art. 182/CdS cap. 4 che recita: “i ciclisti devono condurre il veicolo a mano quando, per le condizioni della circolazione, siano di intralcio o di pericolo per i pedoni”; ne deriva ad esempio che quando sulle strisce pedonali non vi siano pedoni, e quindi non possano sussistere condizioni di intralcio o pericolo per i medesimi, la suddetta disposizione non possa essere applicata.

Ancora più chiaro è il Regolamento del CdS che all’art. 377 – circolazione dei velocipedi – cap. 2 recita: “Nel caso di attraversamento di carreggiate a traffico particolarmente intenso e, in generale, dove le circostanze lo richiedano, i ciclisti sono tenuti ad attraversare tenendo il veicolo a mano”; ne deriva che se il traffico non è particolarmente intenso e se le circostanze non lo richiedono i ciclisti possono tranquillamente rimanere in sella.

In merito a quanto sopra si è espressa anche la Cassazione Penale, sez. IV, con sentenza n. 27611/2014 che, dopo aver riportato quanto disposto dall’art. 182, comma 4 cod. strada e 377 reg. esec. cod. strada, così conclude “Se ne può al contrario desumere che, in assenza delle dette condizioni (quindi traffico particolarmente intenso e circostanze che lo richiedano), ai ciclisti sia perfettamente consentito di attraversare la carreggiata anche in sella al proprio velocipede”.

Ma altre norme del CdS e del relativo Regolamento contribuiscono a rendere ingarbugliata e poco chiara la questione.

Ad esempio l’art. 41 del CdS detta norme e comportamenti relativamente anche alle lanterne semaforiche, comprese, al capo 1.g, quelle specifiche per velocipedi (semafori con le luci a forma di bicicletta colorata); il capo 15 dello stesso articolo recita: “In assenza di lanterne semaforiche per i velocipedi, i ciclisti sulle intersezioni semaforizzate devono assumere il comportamento dei pedoni”. Molti hanno interpretato tale disposizione nel senso che i ciclisti debbano, nel caso suddetto, andare a piedi come i pedoni; invece il senso della disposizione è che i ciclisti devono fermarsi o attraversare quando c’è via libera per i pedoni (da apposito dedicato semaforo o da semaforo generico), senza necessariamente scendere dalla bicicletta (vedasi risposta dell’Ing. Francesco Mazziotta, Direttore della II Divisione della Direzione Generale per la Sicurezza Stradale, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, alla Richiesta di parere del 01/08/2012 prot. 4444, in merito all’art. 41 del CdS, facilmente reperibile online).

In definitiva pare indubbio che, in assenza della presenza delle circostanze citate dagli art. 182 /CdS e 377/Reg. CdS, il ciclista possa attraversare le strisce pedonali in sella alla propria bicicletta.

I ciclisti Modenesi, che come tutti hanno fretta di raggiungere il posto di lavoro, sono già costretti a districarsi tra infrastrutture inadeguate ed incoerenti in cui sono costretti ad andare su e giù dai marciapiedi, dai passi carrai, a passare tra transenne ed ostacoli di ogni tipo, e magari sulle frequenti ciclopedonali a convivere con utenti con necessità diverse, come bimbi che vanno a scuola, pedoni che portano cani al guinzaglio, sportivi che fanno jogging con la cuffia.

A questi ostacoli sul loro percorso non possiamo aggiungere anche la discontinuità tra i vari spezzoni ciclabili, rappresentata da passaggi pedonali nei quali sono obbligati a scendere dalla bicicletta anche quando non vi sono situazioni di pericolo. E’ illogico ed figlio di una antiquata concezione novecentesca di una mobilità a “priorità automobilistica” che è il vero deterrente all’uso della bici come mezzo di spostamento quotidiano. Per cui chiediamo che almeno la segnaletica orizzontale e verticale dei passaggi tra ciclabili sia resa omogenea, con i “quadrotti” a terra negli attraversamenti ed il segnale verticale di “precedenza ai ciclisti”, in modo che siano ben riconoscibili sia dai mezzi motorizzati che dai ciclisti stessi. Sarebbe già un bel punto di partenza, a costo quasi zero, per migliorare la sicurezza stradale.

In ogni caso consigliamo al volenteroso ciclista urbano, di muoversi con particolare attenzione nella giungla degli attraversamenti stradali: pur se sussistono le condizioni per rimanere in sella, si deve incrociare lo sguardo con l’automobilista accertandosi di essere stati avvistati e che stia rallentando, fare attenzione ad altri veicoli che possono sopraggiungere da dietro, adeguare la velocità supponendo comunque che l’auto sopraggiungente non rispetti la precedenza, e tenersi sempre pronti per ogni manovra di emergenza eventualmente necessaria, con le due mani sul manubrio ed il cellulare in tasca.