BONUS BICI: a che punto siamo?

Col via libera del 6 agosto, come annunciato dal Ministro dell’Ambiente Costa, si sarebbe potuto nei giorni di Ferragosto, appena trascorsi, scaricare l’app del Minambiente  per richiedere il Bonus Bici: fino al 60% del valore di acquisto e per un massimo di 500 euro, se in possesso di SPID e fattura di acquisto o “scontrino parlante”, con indicato il Codice Fiscale dell’acquirente/avente diritto all’incentivo”. Ebbene dell’applicazione non c’è traccia.

Da indiscrezioni sembra che l’erogazione del bonus biciclette non avverrà più con una apposita app, ma attraverso la compilazione di un modulo che, probabilmente, sarà disponibile online a partire dalla prima settimana di settembre. Il rimborso dovrebbe avvenire attraverso un bonifico sul conto corrente entro quindici giorni dalla domanda, sull’IBAN che dovrà essere riportato sul modulo; dovranno essere anche indicati i dati riportati sulla fattura o scontrino parlante che provino l’acquisto di una bicicletta (a pedalata muscolare o assistita) o monopattini, hoverboard, segway, o ancora servizi di mobilità condivisa a uso individuale esclusi quelli mediante autovetture, avvenuto dal 4 maggio di quest’anno in poi.

Non è chiaro se la stessa modalità sarà valida per chi volesse, invece, acquistare uno dei mezzi, o servizi, per i quali è previsto il bonus, successivamente all’uscita della modulistica, dato che dovrebbe essere rilasciato una sorta di “buono” spendibile presso negozi convenzionati; su questo vi aggiorneremo.

Per ora sappiamo che il Ministro Costa ha ribadito che i soldi ci sono e da parte del governo c’è la disponibilità economica per rimborsare tutti gli aventi diritto, per gli acquisti fatti a partire dal 4 maggio fino al 31 dicembre 2020.

Lettera aperta al Sindaco sulla Mobilità per la ripresa scolastica

A 20 giorni dalla riapertura delle scuole FIAB MODENA sollecita  il Sindaco Muzzarelli per ricevere un aggiornamento sulla predisposizione della rete di mobilità ciclistica d’emergenza, votata in consiglio comunale in luglio 2020, e più volte proposta dall’Associazione dei ciclisti all’amministrazione come una delle soluzioni utili a risolvere l’accesso alle scuole di studenti ed insegnanti alla ripresa scolastica di settembre.

La realizzazione di una rete ciclabile d’emergenza (RME), che utilizza le “corsie ciclabili” per potenziare i collegamenti della rete di “piste ciclabili” esistenti favorirebbe gli accessi in sicurezza alle scuole, e dovrebbe essere abbinata a un contestuale abbassamento della velocità di transito delle auto a 30Km/h su quelle stesse strade.

La “pista ciclabile” in genere occupa uno spazio proprio, ricavato anche su un tratto di marciapiede, è ben separata dalla strada; la “corsia ciclabile” è invece una striscia di carreggiata, posta sul lato destro e divisa dalla strada da una striscia discontinua bianca ed è realizzabile in tempi molto più brevi e costi estremamente più contenuti.

FIAB MODENA ha proposto già da Aprile 2020 a tutte le amministrazioni della provincia di dotarsi di corsie ciclabili per potenziare i collegamenti con le frazioni ed i comuni vicini (ad esempio la ciclabile d’emergenza fra Modena e Nonantola che avrebbe potuto essere utilizzata come alternativa all’auto o al trasporto pubblico da almeno 600 studenti che tutti i giorni si spostano per raggiungere gli istituti scolastici a Modena) e favorire gli accessi alle scuole con la bicicletta anziché con l’auto privata, per contrastare l’aumento esponenziale degli spostamenti in auto registrato con l’emergenza sanitaria e contribuire a risolvere il problema della carenza di autobus.

 

20 per cento

20%: questa è la percentuale obiettivo di mobilità ciclistica del PUMS Modenese per il 2030. Si parte, secondo il Comune, dal 12% attuale. Ce la faremo con un piano che, secondo noi, prevede “per le auto infrastrutture e denari certi, per la mobilità sostenibile solo ipotesi vaghe da verificare” ?Difficile, se gli investimenti devono essere trovati tutti gli anni tra le pieghe del bilancio.

Eppure i dati che arrivano dall’estero dovrebbero far pensare: l’ Irlanda destinerà il 10% del bilancio del Ministero dei Trasporti alla ciclabilità fino al 2035 per recuperare il gap con altri paesi come l’ Olanda, che mantenendo una media del 7% di investimenti in 40 anni è riuscita a portare la bici ad essere in molte città il mezzo di spostamento maggioritario.

Dati che inducono ad una facile conclusione: gli investimenti in mobilità ciclistica rendono di più di quello che costano (cioè il 20% dei nostri tragitti può essere generato da percentuali di investimenti molto inferiori), mentre la mobilità automobilistica drena risorse pubbliche in percentuale ben oltre il numero di persone che riesce a spostare.

In un mondo razionale al quel 20% di cittadini che vorremmo vedere spostarsi in bicicletta, andrebbe destinata una percentuale certa ed adeguata di risorse economiche, priorità ed attenzioni progettuali. Non solo perché non inquina, non ingombra, non fa rumore e non imbruttisce le città, ma perché contribuisce a limitare l’enorme voragine di soldi pubblici necessari a mantenere e sviluppare una mobilità incentrata sull’automobile privata.

La persona che pedala

Gli olandesi non saranno simpatici, ma sono un popolo pragmatico che attrae gli utili delle case automobilistiche e lascia a noi i debiti per comprare le auto che poi intaseranno le nostre città.  Per loro invece scelgono modelli di mobilità sostenibile ed attiva, ottenendo cittadini meno indebitati e più sani, vivibilità e commercio locale sempre vivo. Chiamateli stupidi.

Questo processo di demotorizzazione iniziato negli anni 70, è stato supportato anche da strategie comunicative come quella di avere due termini per distinguere i “fietser” (letteralmente “la persona in bicicletta” – cioè il cittadino che sceglie di muoversi quotidianamente in bicicletta per utilità), dal ciclista sportivo (“wielrenner”).

In Italia invece quando di parla di fare investimenti per i “ciclisti”, vengono subito in mente i grupponi a 40 all’ora della domenica che si infilano tutine aderenti in lycra ed inforcano costose bici in carbonio, ed allora via con la trafila dei soldi buttati per chi occupa spazio stradale a chi deve lavorare.

Bisognerebbe iniziare da qui, spiegando che ogni soldo speso, ogni metro di strada dedicato alla ciclabilità, è una risorsa dedicata allo studente, al pensionato da Piazza Grande, la badante con le sporte, il notaio del centro o l’operaio della Maserati. Cioè potenzialmente ognuno di noi.

Allora apparirà più sensato spendere maggiori quote delle nostre tasse a risolvere i problemi dei “fietser”, piuttosto di chi pretende di spostare 20 quintali ed occupare 20mq per fare spesso meno di 2 km.

Via le ciclabili dai marciapiedi. La strada è di tutti

Volevamo scrivere un articolo sulle nuove “bike lane” che tutta Italia sta adottando, ma quando abbiamo letto un post di Andrea Colombo, ex assessore bolognese alla mobilità e papà del Biciplan, abbiamo deciso che era tutto li, scritto come meglio non si può.

“E’ revocata la pista ciclabile a doppio senso di marcia su marciapiede istituita con ordinanza n. 168384/2005. E’ istituita, per ciascun lato, una corsia ciclabile ubicata sul margine destro della carreggiata: che emozione leggere in un atto ufficiale del Comune di Bologna quella che è probabilmente la prima eliminazione di ciclabile su marciapiede anni ’90-2000 e sostituzione con corsie ciclabili sulla strada!”

“A Bologna si apre finalmente una nuova era della ciclabilità urbana, in cui la strada, in quanto luogo pubblico, diventa davvero di tutti e non più solo dei veicoli a motore, lo spazio per le biciclette viene ricavato con il coraggio di toglierne un po’ a chi ne ha di più, cioè alle auto, e non a chi già ne ha poco, cioè i pedoni, e si mette fine all’ingiusto conflitto tra utenti a piedi e su due ruote, che non era colpa loro ma delle vecchie soluzioni progettuali”.

“Ci sono voluti anni per arrivare a una maturazione della cultura politica e tecnica sulla mobilità, ma ora comincia a realizzarsi il nuovo disegno del Biciplan, per una redistribuzione più democratica ed efficiente dello spazio pubblico, dalle macchine alle persone”.

Anche a Modena giovedì scorso la giunta ha finalmente fatto il primo passo approvando il “Piano mobilità di emergenza 2020”. Il comunicato ufficiale inizia così: “per riconnettere rapidamente pezzi di città, i nuovi percorsi CICLOPEDONALI saranno ricavati in gran parte sulle carreggiate stradali”. Speriamo che sia un refuso perché le corsie dedicate alle bici in carreggiata servono proprio, come ha spiegato Andrea Colombo, per separare il traffico ciclabile da quello pedonale e non per riproporre spazi conflittuali tra utenze deboli, figli di quella cultura e tecnica della mobilità ormai obsoleta. A settembre vedremo i risultati.

FIAB: Modena, positivo avere un piano di emergenza. Valuteremo i fatti.

FIAB (Federazione Ambiente e Bicicletta di Modena e Carpi) ha inviato, già da metà aprile, in particolare alle comuni di Modena e Carpi, alcune proposte concrete per sollecitare le amministrazioni ad adottare misure efficaci e sostenibili, perchè in epoca post lockdown chi era abituato a servirsi di treni e autobus è in difficoltà per le restrizioni che riducono i posti disponibili e per la paura legata al rischio di essere contagiato.

In particolare da settembre, quando riapriranno le scuole, c’è il concreto rischio che si verifichi un uso assai maggiore dell’auto privata e si deve lavorare affinché ciò non accada favorendo l’uso di mezzi alternativi, come la bicicletta appunto, che per tempi di percorrenza costi ed efficienza risulta assolutamente concorrenziale e conveniente nelle nostre città dalle dimensioni contenute e pianeggianti.

Si parla delle cosiddette RME, reti di mobilità, sostenibile, d’emergenza. Dopo Carpi che ha già adottato e presentato un piano di cui inizieranno a breve i lavori, è la volta della nostra città che, con un comunicato del comune in data odierna, ha annunciato iniziative per favorire la mobilità sostenibile. Si tratta di proposte “d’emergenza” con esempi concreti che ricalcano in parte anche le nostre proposte. Andranno inserite nel tessuto cittadino con l’ottica di renderle quantomeno propedeutiche ad un futuro di mobilità moderno e sostenibile.

Abbiamo spesso criticato la nostra amministrazione, ma sempre in uno spirito propositivo e con intento di stimolare una visione più rivolta al futuro. Accogliamo certo con piacere e favore le novità annunciate, nella speranza che i molti verbi coniugati al condizionale diventino poi un indicativo.

Che sia la volta (e la svolta) buona che la nostra amministrazione prenda coscienza e coraggio del fatto che non si può progettare una città solo dal punto di vista delle automobili?

Carpi tra le città leader della mobilità sostenibile

Ad aprile abbiamo inoltrato a tutti i sindaci dei 47 comuni modenesi un “Piano di azione per la mobilità urbana post Covid” elaborato da BIKEITALIA che contiene suggerimenti tecnici utili per impostare da subito una “Rete di Mobilità di Emergenza”, ed in più alle città di Modena e Carpi abbiamo inviato una proposta con un piano di azioni specifiche. Tali linee guida sono in già in adozione da altri comuni in Italia (anche vicini come Reggio, Bologna, Brescia) così come in Europa e nel mondo intero, poiché tutti sono preoccupati dai rischi impliciti ad un ritorno di una mobilità delle persone e delle merci che non potrà (e non dovrà!) essere come quella pre Covid19.

Pari sollecitazioni sono arrivate pubblicamente su Modena anche da numerose Associazioni, dall’Agenzia per la Mobilità, da studiosi, ingeneri e singoli cittadini. Passati due mesi, non avendo avuto alcun riscontro ci stavamo interrogando su questo insolito silenzio, quando da Carpi il Sindaco e il suo Assessore ai Lavori Pubblici molto preparato sulla mobilità sostenibile, ci hanno sorpreso con misure fortemente ispirate alle nostre proposte. Siamo rimasti, lo ammettiamo, positivamente e fortemente impressionati: mai in oltre 15 anni di presenza ed attività costante sul territorio provinciale nessuna amministrazione era mai andata al di là di una sottoscrizione pre-elettorale delle nostre proposte, rimaste sempre ovviamente nei cassetti.

Invece quello che è stato proposto alla cittadinanza di Carpi non è un semplice piano di ciclabili, che da sole non risolvono nulla, ma un cambio di impostazione, di paradigma che il Sindaco Bellelli ha voluto mettere in chiaro nella prefazione: “le biciclette sono un tassello fondamentale della mobilità moderna e non possono più coesistere con i pedoni sui marciapiedi ciclo pedonali, ma devono tornare al centro della strada con gli stessi diritti (e noi aggiungiamo doveri) delle auto” . Di più: ha preannunciato la costruzione di “case avanzate” per le bici negli incroci principali, la predisposizione di strade a 30Km/h dove non sarà necessario fare corsie ciclabili, poiché le biciclette avranno la precedenza sulle auto. “Gli automobilisti devono sapere che sono i benvenuti nella nostra città, ma quando ci entrano devono rallentare per rispettare gli utenti più vulnerabili”.

Per noi la presentazione poteva anche chiudersi qui, perché se è chiaro che l’obiettivo è quello di avere una città più sicura, accogliente e vivibile, non interessa più (solo) quanti saranno i km ciclabili, quali i loro percorsi, quale tecnica infrastrutturale sarà usata. Avere individuato le giuste priorità rende di per sé corretto il percorso intrapreso.

In realtà tutti questi aspetti ci sono nel piano della Mobilità: si è partiti da individuare i poli attrattori (lavoro, scuola, centri commerciali), si è analizzata la mappa della incidentalità, sono state scelte come preferenziali le corsie monodirezionali da entrambi i lati della strada, e dove la larghezza della carreggiata non lo può consentire si introducono strade a 30 km/h. Si sono dati tempi brevi (entro settembre) per concludere tutto: il che fa ben sperare che a mesi i carpigiani potranno avere una opzione in più per la loro mobilità che sarà sicura e confortevole, finalmente in reale competizione qualitativa con l’automobile privata per i tragitti quotidiani tipici.

Probabilmente non mancheranno le critiche e le criticità perché non è facile realizzare tutto alla perfezione: forse le persone che a parole vogliono il cambiamento alla fine non avranno voglia di cambiare le loro abitudini, pronte ad alzare la voce alla prima intersezione sbagliata, al primo incidente tra monopattino e pedone, scordandosi poi ovviamente le ore perse nel traffico, il rumore, l’inquinamento, i morti e feriti provocati dal precedente modello di mobilità auto-centrico.

Per questo, oltre ai complimenti ed al sostegno che avranno dal direttivo FIAB Modena e dai nostri soci presenti su tutta la Provincia di Modena, al Sindaco Alberto Bellelli, all’ Assessore Marco Truzzi, oltre agli assessori Riccardo Righi e Mariella Lugli che stanno condividendo i progetti di mobilità sostenibile, ci sentiamo di dare due suggerimenti:

Il primo: è necessario pensare ed attuare un piano di comunicazione anche con cartellonistica stradale pubblicitaria (creando magari un marchio, un brand, uno slogan della mobilità sostenibile a Carpi) e spiegare meglio ai cittadini come comportarsi in una città a Km30, i diritti e doveri di tutti gli attori del traffico ( dagli automobilisti privati, agli studenti in monopattino, ai furgoncini per le consegne, all’anziano che vuole andare in piazza Martiri per passare la mattinata in compagnia).

Il secondo: trovare risorse per installare un paio di totem conta-ciclisti. Può sembrare ininfluente, ma le prime critiche saranno improntate all’inutilità delle realizzazioni (non ci va nessuno in bicicletta!), ma a fronte del conteggio dei passaggi non ci sono argomenti da bar o social che tengano. Noi sappiamo che inforcare una bici invece che l’auto è un piccolo gesto (a volte per qualcuno anche un sacrificio) che però spesso non viene riconosciuto: vedere invece che per l’amministrazione quei cittadini quei pedoni e ciclisti “contano” come tutti gli altri utenti motorizzati è un grande segno di gratitudine, appunto un cambio di paradigma.

Carpi quindi come Parigi, Berlino, Bruxelles, Bogotà, Londra, Vienna, ma anche Roma, Milano, Torino, Firenze, e Bologna prova a ripartire con una nuova normalità: finalmente una amministrazione che anche alle nostre latitudini prova a riempire di contenuti ed azioni concrete l’auspicio di un mondo migliore rispetto a quello messo a nudo dalla pandemia.

Ripartenza delle gite sociali

Il Consiglio Nazionale FIAB ritiene che ci siano tutte le condizioni per ripartire in sicurezza con le escursioni sociali.

Per questo anche il direttivo di FIAB Modena ha deciso di riprendere le escursioni sociali, ma con una nuova parola d’ordine: responsabilità individuale e collettiva. Quindi verificheremo, escursione per escursione se esistono le condizioni per confermarla, modificarla o cancellarla, selezionando con cura l’itinerario da percorrere, privilegiando percorsi semplici e, meglio ancora, lontano da posti affollati ed in mezzo alla natura.

Cercheremo di evitare gruppi grandi, che creano inevitabilmente situazioni di assembramento. Pedaleremo in gruppi di massimo 10-15 persone, e quindi è possibile che il numero dei partecipanti venga limitato già all’atto delle prenotazioni, od in alcuni casi potremo scaglionare gli orari di partenza creando più gruppi di 10-15 persone.

Comunque la partecipazione è subordinata all’iscrizione (anche via messaggio whatsapp) al referente della gita, ed alla accettazione del regolamento gite, integrato con le norme di comportamento COVID-19:

  1. Come da art.1 DPCM 17/05/2020 è vietata la partecipazione alla gita in caso di temperatura corporea superiore ai 37,5°, se si hanno sintomi influenzali o se si è avuto, nei 15 giorni precedenti, contatti con persone affette da sindrome covid-19. Ciascun partecipante, all’atto della registrazione, dichiara di non ricadere consapevolmente in una delle categorie sopra menzionate;
  2. Ogni partecipante dovrà avere al seguito la seguente dotazione:
    • mascherina chirurgica monouso certificata CE o altro dispositivo lavabile di analoga valenza, certificato CE, in quantità adeguata alla durata della gita, tenendo conto di un suo possibile deterioramento;
    • Gel disinfettante a base alcolica certificato CE, non autoprodotto;
    • guanti monouso in nitrile (da utilizzare solo in casi di necessità), in quantità adeguata alla durata dell’escursione;
    • sacchetto per il corretto smaltimento dei dispositivi usati.
  3. La mascherina VA INDOSSATA nei momenti di arrivo e registrazione, nel momento di incrocio sul percorso con altri ciclisti e/o pedoni, quando ci si avvicina alla guida e/o ad altri partecipanti e in generale quando non è possibile mantenere le distanze di sicurezza.
    NON VA INDOSSATA ma tenuta a portata di mano durante la marcia.
  4. I partecipanti dovranno mantenere una distanza minima fra loro di almeno 1 m durante le soste e almeno 2 m durante la marcia (fatta eccezione per nuclei conviventi);
  5. E’ vietato lo scambio di materiale e/o cibo fra i partecipanti;
  6. I partecipanti sono invitati ad igienizzarsi frequentemente le mani;
  7. Per il pagamento in loco della quota di partecipazione chiediamo ai partecipanti di presentarsi con la cifra contata, da depositare in apposito contenitore, in modo da non avere la necessità di scambio di denaro diretto con la guida.

…a fare la spesa andiamo in bici!

“L’emergenza Covid-19 sta portando profondi ripensamenti, anche nel modo di sentire e vivere la città e gli spazi urbani nel quotidiano – sostiene Alessandro Tursi, Presidente di FIAB. – Le nostre città devono tornare a essere patrimonio delle persone, dove negozi e botteghe rappresentano l’anima di un contesto vivo e autentico. Sono proprio i ciclisti urbani, sempre più numerosi, i clienti ideali, poiché preferiscono fare acquisti ogni giorno nei negozi vicino a casa, soprattutto se questi offrono varietà e qualità di prodotti”.

FIAB, insieme a Confesercenti e CNA, lancia la campagna SPESA QUOTIDIANA? PRIMA LA BICI!: un invito a scegliere di spostarsi sulle due ruote anche per gli acquisti di tutti i giorni nei negozi di prossimità e riscoprire il commercio di vicinato. La Presidente di Confesercenti dichiara: “La rete dei negozi e delle attività urbane offre il contesto ideale per incentivare lo shopping in bicicletta. Una modalità di consumo intelligente ed ecologica, che può diventare un elemento chiave nella lotta all’inquinamento e nel recupero del tessuto di botteghe e negozi”.

E ancora il presidente nazionale di Cna, sottolinea come il Covid-9 abbia evidenziato “l’importanza e la necessità della riscoperta di un modo diverso di relazione, di acquisto e di consumo”. I rappresentanti di categoria insistono nella direzione giusta, e le politiche bike-friendly propongono azioni concrete che favoriscono esercenti ed artigiani. È un chiaro appello congiunto agli amministratori locali che spesso miopi non sanno accogliere le evidenti richieste di associazioni e liberi cittadini; e ci continueremo a chiedere: dove sono le adeguate piste ciclabili, le zone 30, i parcheggi bici sul suolo pubblico stradale per raggiungere più velocemente e in sicurezza, botteghe, luoghi di lavoro e poli scolastici?

Ciclisti e pedoni – un conflitto non risolto

A Modena prosegue la campagna della Polizia locale all’insegna di “è vietato circolare in bici sui marciapiedi e c’è l’obbligo di servirsi della pista ciclabile

E’ una campagna importante, come sempre quando si parla di sicurezza e soprattutto se è rivolta all’utenza debole della strada: per questo motivo vorremmo portare il nostro contributo.

A Modena la rete ciclabile è composta sia da piste ciclabili – percorsi dedicati esclusivamente alle bici – che da ciclopedonali – spazi a bordo strada condivisi da pedoni, carrozzine, cani, monopattini, ciclisti, cargobike etc – .

Vista la conflittualità di questi percorsi, la normativa dal 1999 stabilisce che in città “i ciclopedonali possono essere realizzati solo in particolari situazioni, in assenza di centri attrattori, con scarsa presenza di pedoni e, se non esistono alternative, per brevi tratti. Comunque devono avere una larghezza superiore a 3,00 metri.

Il Comune ha dichiarato che i ciclopedonali a Modena costituiscono 42% del totale dei percorsi. Di questi solo pochi superano i 3 metri di larghezza e una parte non supera nemmeno i 2 metri.

A nostro parere, per la sicurezza, i ciclisti non devono utilizzare i marciapiedi ma, con l’attuale rete di ciclopedonali, vengono costretti a spostarsi in spazi ridotti e promiscui, assieme a pedoni, cani, carrozzine, monopattini. Gli stessi spazi che sono occupati anche da centraline telefoniche, distributori di sigarette, caprette di bar ristoranti ed edicole, cestini, cartelli stradali e pericolosi paletti.

Il transito appare ancora più conflittuale e difficile nei ciclopedonali di via Amendola, via Della Pace o via Gobetti che, per lunghi tratti, non superano i 2 metri di larghezza, non rispettano alcuna norma di legge e sono pericolosi sia per i pedoni, che per i ciclisti.

Non a caso il Codice della Strada obbliga i ciclisti ad usare solo le piste ciclabili e non i ciclopedonali.