Auto(a)scuola

Il Comune di Modena, con coraggio ha proposto di sperimentare la chiusura alle auto di via Simonazzi, la trafficatissima strada di accesso alle scuole Buon Pastore, Simonazzi e Lanfranco, creando così la prima delle aree ZTL scolastiche previste dal piano mobilità. La decisione si è resa necessaria a causa dei quotidiani ingorghi che si verificano e che pregiudicano la sicurezza (e la gradevolezza) del percorso a chi ecologicamente raggiunge la scuola in bici o a piedi, ingorghi che producono concentrazioni di smog altissime proprio nelle aree di gioco dei ragazzi, nei cortili delle scuole dove solitamente ci auguriamo che i nostri figli possano correre, sfogarsi e finalmente muoversi liberamente.

Nei giorni di attività scolastica, dalle 8 alle 8:40 e dalle 16 alle 16:40 i genitori sono invitati a lasciare l’auto nelle zone di parcheggio vicine (debitamente segnalate) ed eventualmente con una piacevole passeggiata nel parco Amendola accompagnare o ritirare il proprio figlio da scuola.

E’ una richiesta lecita? Si può fare? Ovviamente no. Pur di continuare a parcheggiare davanti alla porta della scuola, ci sono genitori che arrivano alle 15.45, forse preoccupati che i propri figli possano prender freddo nel percorrere quei pochi 50 metri che li separano dal primo parcheggio utile.

Proprio in questi giorni Fiab in collaborazione con SIP – Società Italiana Pediatria promuove la campagna “Ma che freddo fa? Dai pedala!” per sensibilizzare i bambini, i ragazzi e le loro famiglie a raggiungere la scuola a piedi o in bici, per combattere l’inquinamento ma anche la sedentarietà, spesso alla base dei problemi di salute di molti giovani.

“Ma che freddo fa? Dai pedala!”: La nuova campagna di FIAB e Società Italiana di Pediatria

Il manuale della città del futuro

La Commissione economica per l’Europa delle Nazioni Unite (United Nations Economic Commission for Europe – UNECE) ha lanciato il suo “Manuale sulla mobilità urbana sostenibile e la pianificazione del territorio”. Lo scopo della pubblicazione è supportare le città europee nella pianificazione dei loro territori in modo da facilitare la transizione verso un futuro a basse emissioni di carbonio e verso la mobilità sostenibile.

Il manuale è stato sviluppato nel quadro del Programma paneuropeo per i trasporti, la salute e l’ambiente (THE PEP), un’iniziativa dell’UNECE e dell’Organizzazione mondiale della sanità (World Health Organisation). Obiettivo della pubblicazione è identificare i forti legami tra le diverse aree della pianificazione urbana. Nel manuale molti sono i riferimenti alla bicicletta e alle azioni che possono promuoverne l’utilizzo, anche alternativo alle vetture private, come realizzazione di cicloparcheggi, percorsi ciclabili sicuri, ecc.. Tra i casi studio viene, inoltre, evidenziato come, nei Paesi Bassi, investimenti annuali per la mobilità ciclisitca di 400-600 milioni di euro portano a risparmi di oltre 18 miliardi di euro all’anno solo nel settore della sanità.

3,5 miliardi di persone vivono in città in tutto il mondo, ed è sempre più necessario adottare politiche che tendano ad una mobilità sostenibile integrata con una pianificazione urbana che permetta di evitare gli spostamenti inutili e prediliga mezzi di trasporto non inquinanti.

Ancora una volta la direzione è univoca e manifesta, nuovamente esplicitata dalla dimensione europea, che è la nostra, dalla quale non possiamo prescindere pensando al futuro di Modena, e l’invito è rivolto come sempre agli amministratori locali e ai responsabili tecnici: utilizzate (anche) questa guida per supportare un approccio multidisciplinare alla mobilità urbana!

Handbook on Sustainable Urban Mobility and Spatial Planning
https://www.unece.org/trans/publications/trends-and-economics/2020/handbook-on-sustainable-urban-mobility-and-spatial-planning/doc.html

Tenersi in salute in zona arancione

Dunque anche la nostra regione ha nuovi limiti agli spostamenti che prevedono di non lasciare il proprio Comune, e proprio la prima domenica “arancione” abbiamo scoperto che il Comune di Modena è piuttosto vasto. Il nostro giro in bici ci ha impegnato oltre 3 ore, ed abbiamo superato i 60 km in un bel mix di stradine secondarie, piste ciclabili, argini di fiume: da Vaciglio a San Damaso, poi a San Donnino, le Paganine, Baggiovara, Marzaglia, Cittanova, poi rientro sul percorso Natura del Secchia fino ai Tre Olmi, Ponte Alto, Lesignana, Ganaceto, Villanova, Albareto, Saliceto Panaro. Insomma, possiamo tranquillizzare gli amici ciclisti: in queste settimane senza palestre e montagne, possiamo comunque mantenere la nostra condizione psicofisica anche dentro il nostro comune, riscoprendo paesaggi e luoghi vicini.

Ma la migliore attività che possiamo consigliare è quella di abbandonare stili di vita sedentari, ed usare la bici tutti i giorni come mezzo di trasporto, per andare al lavoro o per le piccole commissioni ed acquisti, aiutando tra l’altro l’artigianato ed il commercio locale che tanto stanno soffrendo.

Infatti, usare la bici tutti i giorni ha dei risvolti interessanti anche sulla salute e non solo sulla congestione del traffico e l’inquinamento. In 16 studi in tutto il mondo su uomini e donne tra i 30-55 anni, operai e impiegati che sono passati da essere sedentari a mediamente attivi si è rilevato un miglioramento su tutti i fattori di rischio per diabete, cancro, ipertensione, nonché un miglioramento della capacità aerobica, della forza muscolare e diminuzione rapporto peso/altezza. Parliamo di persone che non facevano altra attività sportiva, ma si a cui è stato chiesto semplicemente di recarsi al lavoro in bicicletta.

Chi ha già fatto questa scelta può raccontarlo: anche pochi km al giorno non solo rispondono ad un bisogno primario come il movimento all’aperto, ma migliorano l’autostima e l’umore ed anche la produttività sul lavoro. In più è un mezzo che permette naturalmente il distanziamento fisico imposto dal COVID. Allora perché non provare?

Via Tagliazucchi anche ai ciclisti

Il Comune di Modena ha finalmente migliorato l’accesso dei ciclisti al centro storico da via Tagliazucchi, che serve il popoloso quartiere dei Musicisti.

Era una delle numerose proposte di FIAB per facilitare l’approdo al centro dei cittadini in bicicletta, senza intasarlo di auto, presentato già nel 2015 all’allora assessore Giacobazzi. Ma allora, forse “fraintendendo” la nostra richiesta, il Comune aveva riaperto al traffico automobilistico il percorso esterno alla ZTL fino a viale Fontanelli e aveva tolto i portabiciclette davanti alla biblioteca Delfini per aggiungere parcheggio delle auto.

Questa volta il nuovo assessore ci ha ascoltato ed ha realizzato una corsia ciclabile sul lato nord, mentre a sud ha consentito il transito delle biciclette nella corsia preferenziale degli autobus. Sono stati così messi in sicurezza i ciclisti che da sempre fanno questo percorso per andare a scuola e al lavoro che, secondo il nostro rilevamento semestrale, variano da 100 e a 150 nell’ora di punta del mattino.

Tutto bene? Magari!

“Prima o poi ci scappa l’incidente” commenta un sindacalista degli autisti, “un ciclista che si immette da una laterale in contromano rischia un incidente frontale” aggiunge un esercente della zona, quasi che, se la stessa manovra la facesse un’auto, fosse differente.

La corsia preferenziale è interrotta da due semafori ravvicinati, ha una sola fermata ed è percorsa da una sola linea urbana con una frequenza massima di 10’ nelle ore di punta. Quale velocità può fare un autobus e di quale pericolosa promiscuità si può parlare visto che anche i taxi hanno a disposizione una così ampia corsia?

Nei fatti nulla è cambiato rispetto al passato, salvo che ora i ciclisti non sono più “abusivi”, ma possono fare lo stesso percorso di sempre in piena regola. E’ ciò che purtroppo non avviene in molte altre strade del centro storico che i ciclisti sono costretti a percorrere al contrario per non compiere inutili giri viziosi.

Non siamo psicologi ma abbiamo l’impressione che si continui pensare ai ciclisti non come normali cittadini in bicicletta, ma come “irregolari della strada” e che come tali, non conoscano le regole, vadano appena tollerati senza avere pari diritti sulla strada.

FIAB sull’apertura della ZTL al “take away”

Comprendiamo benissimo la finalità dell’iniziativa che punta a aprire la ZTL per l’asporto, e siamo certi che sia stata pensata per dare una risposta immediata in un momento difficile, ma pensiamo che sia una risposta sbagliata ad un problema reale.

Per prima cosa è il messaggio ai cittadini ad essere sbagliato: soprattutto in tempi di COVID i piccoli spostamenti devono essere incentivati a piedi o in bici, non in auto. E l’esperienza comune ci dice che l’asporto di una pizza, due lasagne o un kebab nella grande parte dei casi viene fatto a poche centinaia di metri da casa, con un peso da spostare che non giustifica l’uso di un’auto.

Poi pensiamo che sia una misura in gran parte inutile, perché ci sono già centinaia di riders disponibili a consegnare in bicicletta dal centro storico verso ogni quartiere di Modena.

Ma soprattutto è controproducente per gli stessi operatori economici del centro storico, perché non è vero che l’accesso delle auto favorisca gli affari in centro storico. Si è dimostrato esattamente il contrario in tutto il mondo, perché non dovrebbe valere per Modena?

Ne è la riprova il fatto che proprio in questi giorni i commercianti di via Canalino accolgono con piacere la riqualificazione della via e pensano di chiederne la pedonalizzazione, perché ritengono in questo modo di poter anche raddoppiare le vendite.

Infatti per ogni cittadino modenese in più in centro in auto, avremo centinaia di modenesi a cui sarà negato il piacere di godersi sotto Natale gli acquisti in tutta tranquillità e senza l’assillo del traffico.

Per non parlare poi di quando ci ritroveremo a commentare gli inevitabili parcheggi fantasiosi di cittadini che, in situazione di centro affollato, non troveranno posto vicino al loro locale.

Per cui chiediamo all’ Amministrazione di valutare con attenzione tutti i pro ed i contro di questa scelta, perché ci sembra che comporti più svantaggi che utilità.

A chi servono i paletti?

Porre ulteriori ostacoli sullo spazio pubblico è una scelta estrema perché condiziona e ne riduce l’uso. Non a caso il Codice della strada non prevede paletti e già all’art.1 precisa che l’obiettivo di chi gestisce le strade deve essere quello “di migliorare il livello di qualità della vita dei cittadini anche attraverso una razionale utilizzazione del territorio e di migliorare la fluidità della circolazione. Subito dopo definisce “strada” l’area ad uso pubblico destinata alla circolazione dei pedoni, dei veicoli e degli animali.

L’Assessora Filippi dichiara che la recente semina di paletti in città serve alla sicurezza di pedoni e ciclisti e che a Modena Est vi era una “promiscuità pericolosa per gli utenti più deboli; per questo abbiamo deciso di interrompere questa convivenza ed i paletti erano l’unica soluzione possibile”.

Stupisce che un assessore alla mobilità sostenibile non cerchi di favorire la convivenza di utenti diversi nello spazio pubblico, ma forse questa scelta deriva anche dall’esigenza di:

  • ridurre l’adeguamento e la manutenzione costante della segnaletica verticale ed orizzontale,
  • assicurare al Comune l’autotutela amministrativa in caso incidente o di contenzioso,
  • ridurre i compiti di controllo da parte della Polizia Locale.

Del resto in questi mesi, sempre per autotutelarsi della scarsa manutenzione delle pavimentazioni di ciclabili e marciapiedi, sono stati installati cartelli di “strada deformata o dissestata anche per pedoni e ciclisti”.

Nel frattempo si posano nuove strutture inutili e pericolose per tutti, che vengono spesso divelte da conducenti distratti, da macchine operative e spazzaneve. Lo testimoniano le cattive condizioni in cui versano molti cartelli stradali e numerosi portabiciclette.

Per Modena Est si potrebbero trovare altre soluzioni, come ad esempio l’ipotizzare una strada urbana promiscua che il Codice definisce F-bis, “destinata prevalentemente alla percorrenza pedonale e ciclabile e caratterizzata da una sicurezza intrinseca a tutela dell’utenza debole della strada”.
Ma vi potrebbero essere anche altre soluzioni più soft, da ricercare con il contributo dei residenti e delle associazioni come la FIAB, che rappresenta chi “pedala ogni giorno”.

La guerra dei paletti

Il vespaio lo ha creato il doppio filare di paletti di Modena Est. Ma il vero problema inizia 50 metri prima, dove da decenni vegeta un paletto ormai arrugginito all’imbocco del vicino sottopasso ciclabile.

Per togliere ogni ipocrisia, quel paletto, e tutte le migliaia di altri inutili ostacoli ciclabili, sono stati messi non con lo scopo di proteggere i ciclisti dalle auto, ma al contrario per proteggere le auto dai ciclisti.

Perché nella testa di chi governa e progetta le nostre città da decenni si pensa che le auto debbano procedere prioritariamente per la loro strada senza interruzioni, e gli altri utenti debbano attendere. Non importa se la continuità della pista viene interrotta, o se il pedone a bordo strada sulle strisce deve attendere un automobilista di buona volontà per passare.

In tutto il mondo per convincere le persone ad abbandonare l’auto in città, si lavora sulla riconoscibilità, rapidità e continuità delle infrastrutture ciclabili, che devono diventare competitive per tempi di spostamenti con i tragitti motorizzati.

Per la sicurezza invece si investe sulla visibilità e priorità ciclabile nelle intersezioni, sulla riduzione della larghezza delle carreggiate stradali, e sulla limitazione della velocità delle auto a 30 km/h.

Fare ciclabili spezzate, senza priorità, o mettere paletti significa invece rovesciare l’onere ed addossare la responsabilità della sicurezza in capo a chi deve essere protetto, e non a chi, guidando un mezzo da 10 o 20 quintali, ha l’obbligo normativo ma soprattutto il dovere morale di fare di tutto per non arrecare danno agli utenti che incrocia. Anche a costo (insopportabile, ce ne rendiamo conto) di arrivare 5 minuti dopo.

Al lavoro in bici

È on line l’avviso pubblico per partecipare al progetto “Bike to work Modena”, l’iniziativa volta a incentivare spostamenti casa-lavoro sostenibili attraverso l’erogazione di buoni mobilità. Il bando è consultabile sul sito istituzionale del Comune di Modena (www.comune.modena.it). La possibilità di iscrizione terminerà alle ore 23 di giovedì 22 ottobre, salvo proroghe decise dall’Amministrazione, la richiesta potrà essere presentata direttamente sulla piattaforma www.biketoworkmodena.it, inserendo i propri dati, compilando i questionari e prenotando il test sanitario.

Con il Bike to work, infatti, chi va al lavoro in bicicletta, con un monopattino o una bici elettrici potrà “guadagnare” 15 centesimi di euro in buoni mobilità per ogni chilometro percorso e sulla base delle emissioni di Co2 risparmiate, associata ad una analisi dei benefici sanitari che ne derivano.

L’iniziativa ha l’obiettivo di promuovere modalità di trasporto che inducano alla progressiva riduzione dell’utilizzo del mezzo privato motorizzato a favore di modalità di trasporto orientate alla salvaguardia dell’ambiente e al miglioramento della salute, della sicurezza e del benessere della popolazione. Nell’arco dei due anni del progetto si prevede di erogare complessivamente 12 mila buoni mobilità a complessivi 1000 beneficiari (500 ogni anno) per un totale di circa 280 mila euro.

Possono partecipare all’avviso tutti i lavoratori maggiorenni che vivono e lavorano a Modena, che vivono in città e hanno sede lavorativa in altri Comuni e che vivono in altri Comuni ma hanno sede lavorativa a Modena. I partecipanti matureranno i buoni per 12 mesi per i soli chilometri percorsi sul territorio comunale, con un minimo trimestrale di 30 chilometri. I buoni saranno erogati trimestralmente con bonifico fino a un massimo di 30 euro al mese.

Mobilità – Dubbi tecnici. E che c’entra il Covid ?

In risposta all’articolo “Mobilità – Dubbi tecnici. E che c’entra il Covid ? PRENDE FORMA CON QUALCHE PERPLESSITA’ LA CICLABILITA’ GRAFICA” pubblicato sul settimanale Voce di Carpi del 15/10/2020

La finalità della Rete di Mobilità di Emergenza, all’estero e in Italia è di far muovere il più possibile i cittadini su due ruote attraverso la realizzazione di percorsi ciclabili che sfruttino i vantaggi dell’urbanismo tattico: velocità di realizzazione, costi ridotti, flessibilità, possibilità di sperimentare con successive implementazioni.

L’RME, non è un insieme di piste ciclabili/ciclopedonali ma un nuovo modo di pensare gli spazi urbani: l’RME è dare spazio alle persone, restituire i marciapiedi ai pedoni e le strade alle biciclette in condivisione con le automobili (diversi anni fa le biciclette non erano ghettizzate su ciclabili/ciclopedonali ma viaggiavano in strada assieme alle auto).

Sicuramente queste misure oggi chiamate Rete di Mobilità d’Emergenza si potevano attuare anche prima, ma il Covid ha reso evidente ai politici il desiderio dei cittadini di vivere la città e di poter occupare gli spazi pubblici: i marciapiedi, le ciclabili e le strade. Vi ricordate, nel periodo di lockdown, il nostro desiderio di passeggiare, di stare all’aria aperta, di vivere gli spazi comuni e le strade a volte quasi deserte.
Inoltre il problema dell’affollamento del trasporto pubblico è reale soprattutto per gli studenti negli orari scolastici… il rischio di contagio utilizzando la bicicletta, piuttosto che l’autobus, si riduce e con l’RME i percorsi per i ciclisti aumentano e sono più sicuri.

Queste misure RME: corsie ciclabili, case avanzate, zone 30km/h con precedenza bici sulle auto, sono più sicure di ciclabili e ciclopedonali, perché la bici in strada è visibile alle automobili negli incroci e nei passi carrabili (ricordiamoci che la sicurezza dei ciclisti è anche la sicurezza degli automobilisti). Queste misure costano pochissimo perché sono realizzate solo con la segnaletica… quindi perché non farle? Perché chiediamo ciclabili costosissime sia in fase di realizzazione che di manutenzione? Perché vogliamo sempre qualcosa di diverso? Le ciclabili/ciclopedonali come realizzate fino ad ora non hanno funzionato, i ciclisti non sono aumentati, quindi perché non sperimentare, non provare a fare qualcosa di diverso e innovativo ?

Fiab da tempo crede nella condivisione degli spazi urbani per restituire spazi ai cittadini. Il Comune di Carpi con l’RME stà andando in questa direzione, e Fiab Modena-Carpi con grande soddisfazione plaude gli amministratori di Carpi che hanno il coraggio di provare a cambiare, sperimentare cercando di dare strada ai cittadini in particolare a quelli più deboli.

Piero Busso
Fiab Modena sezione di Carpi

Paletti per chi?

Nella nostra città è ripresa rapidamente la posa di paletti sui percorsi pedonali e ciclabili, dopo un lieve rallentamento e qualche assai rara eliminazione. Si sono registrati nuovi casi al cavalcavia di Ciro Menotti e in viale Corassori, ma a Modena Est si è diffusa una vera e propria epidemia.

Il Comune, in un lungo tratto di sotto strada, condiviso da decenni da pedoni, ciclisti, auto in sosta e residenti: ha piantato una selva di paletti “in duplice filar”, una specie di slalom speciale con due porte ad ogni passo carraio.

I paletti non sono previsti dal Codice della Strada e sono comparsi a Modena negli anni ’60 per proteggere le prime piste ciclabili dalle auto.
Ma è passato oltre mezzo secolo e forse varrebbe la pena che il Comune impegnasse i soldi per rimuovere la segnaletica incongrua, riparare le pavimentazioni dissestate, segnare con le righe gialle le piste e rinnovare l’illuminazione insufficiente.

E’ accertato che, per migliorare la sicurezza di pedoni e ciclisti, sia necessario intervenire sugli attraversamenti e sugli incroci, ridurre l’eccessiva velocità degli automobilisti ed aumentare l’attenzione di chi guida, che sono le prime cause degli incidenti stradali.

Invece si continua a trascurare la vigilanza sugli ostacoli presenti sui marciapiedi e sulle piste ciclabili, che sono diventati ricettacoli di armadietti, distributori di mercanzia varia e cavalletti di attività commerciali, sedie, tavolini. In presenza di cantieri, si spostano i pedoni e ciclisti da una parte all’altra della strada, ma mai le auto in sosta.

Alla scarsa vigilanza, il Comune aggiunge anche interventi che rallentano e ostacolano direttamente pedoni e ciclisti. Come nel caso dell’incrocio di via Santa Caterina con Ciro Menotti dove, invece di rallentare le auto, si sono deviati e allontanati dall’incrocio i percorsi pedonali e ciclabili, rendendo così meno visibile chi attraversa.

Ci verrà detto sicuramente che è “per la sicurezza”, ma di chi?

Si ha l’impressione che i paletti servano più a “proteggere” il Comune, che a facilitare i pedoni ed i ciclisti costretti a schivarli.
Come animali negli zoo, i pedoni e ciclisti si sacrificano, si “impalano” e si mettono in gabbia per il “loro bene” e la loro sicurezza.
Il Comune dovrebbe invece decidersi a facilitare concretamente chi si sposta a piedi ed in bicicletta con scelte più serie e coerenti con quanto dichiara. Ci sono ormai tutte le norme, le tecniche ed i soldi per poterlo fare: manca solo la voglia e la convinzione necessaria.

Ed intanto calano i cittadini che vanno in bicicletta.