Sui pedali della libertà

L’americana Susan B. Anthony, avvocato per i diritti civili e simbolo del movimento per l’emancipazione femminile, dichiarò nel 1896: «L’uso della bicicletta è stato fondamentale per l’emancipazione della donna più di qualunque altra cosa al mondo. Dà alle donne la sensazione di libertà e di completa autonomia. Gioisco ogni volta che vedo in giro una donna pedalare … immagine senza ostacoli della libera femminilità.»

È diventata un simbolo di questa libera femminilità la ciclista Afghana Masomah Ali Zada, che ha gareggiato sulla due ruote nella cronometro alle olimpiadi di Tokyo, nella squadra dei Rifugiati. Nel suo paese natale, da cui è fuggita nel 2016, mentre pedalava è stata bersagliata di pietre, ortaggi e insulti e ora che i Talebani hanno preso Kabul le andrebbe molto peggio. Bici uguale libertà (di muoversi in autonomia prima di tutto), e laddove alle donne questa libertà è negata anche l’uso della bici è proibilto o considerato sconveniente, come mostra il celebre lungometraggio saudita “La bicicletta verde”.

Molte donne straniere che arrivano in Italia. anche quelle più emancipate, che hanno pure la patente, non hanno mai usato una bici e questo le limita molto negli spostamenti della vita quotidiana (la spesa, accompagnare i figli a scuola).

Per questo da anni le volontarie di Fiab Modena tengono corsi (il prossimo in partenza a settembre) in cui insegnano loro a pedalare, a fronteggiare i pericoli della strada e a conoscere i segnali stradali. La motivazione delle principianti è altissima, come la loro soddisfazione a fine corso: è una gioia poter quasi volare, l’aria sul viso, sui pedali della libertà.

Corrieri in cargobike

La tendenza già consolidata a fare acquisti online è stata accentuata dalla pandemia Covid e ha fatto esplodere le consegne a domicilio. Nelle città, il traffico e la ricerca del parcheggio sono un problema per i furgoni dei corrieri, che a loro volta costituiscono un elemento di disturbo anche dal punto di vista estetico: basta pensare a quanti se ne vedono in un mattino qualunque in sosta per consegne in via Emilia centro e nelle laterali.

Secondo l’Università di Westminster, una soluzione c’è e ha due ruote: sono le bici cargo elettriche, che sono più agili nel traffico, più convenienti dal punto di vista economico, meno inquinanti e meno visivamente impattanti. In uno studio pubblicato nelle scorse settimane i ricercatori hanno usato i dati GPS della compagnia di cargobike elettriche PedalMe, che opera in un raggio di nove miglia dal centro di Londra. Nei 100 giorni scelti a caso nel corso di un anno, le bici cargo sono risultate più efficienti dei furgoni del 60%, con 10 pacchi consegnati all’ora contro 6: questo perché non risentono delle congestioni, possono prendere scorciatoie e arrivano fin sotto casa del cliente.

Le bici inoltre hanno emissioni di CO2 inferiori del 90% rispetto ai furgoni diesel e del 35% rispetto ai furgoni elettrici: le consegne effettuate da PedalMe nel periodo considerato hanno risparmiato circa quattro tonnellate di CO2. Con costi ridottissimi se si pensa che 150 bici cargo elettriche possono essere ricaricate con la stessa energia che serve per ricaricare la batteria di un SUV.

Un’opportunità interessante da valutare anche per i corrieri nostrani, che per una volta combina economia ed ecologia.

In ricordo di Ivo

Stralcio del diario di viaggio del giro in bicicletta del maggio 2009 nel Peloponneso (Ivo Alberti)

Questo era Ivo,
Aveva fatto una scommessa con se stesso, ci diceva, e l’aveva vinta. Ce lo abbiamo ancora davanti agli occhi mentre si riposa sopra un muretto a secco o mentre corre insieme agli altri ragazzi del gruppo, imitando gli atleti olimpici nell’antica città greca di Olimpia. Era stata una bellissima, faticosa vacanza.

 

Da allora, in un modo o nell’altro, quando poteva, era con noi: partecipava alle attività associative della Fiab, alle biciclettate cittadine, alla rilevazione dei flussi ciclistici, lo incontravamo ogni tanto lungo la ciclabile per Vignola e facevamo delle lunghe chiacchierate.

Allegro, tenace, spiritoso, ironico, pieno di energia. Ti ricorderemo così.

Ciclismo a ostacoli

La medaglia d’oro olimpica di Ganna, Consonni, Milan e Lamon nel ciclismo su pista è stata straordinaria: 4 km percorsi in 3 minuti 42 secondi e 32 centesimi, con una media di 64.856 km/h, una velocità quasi impensabile per una due ruote. Un nuovo record mondiale ancora più stupefacente per il team italiano considerando quanto poco questo sport sia sostenuto nel nostro Paese: in Italia c’è un solo velodromo coperto, quello di Montichiari nel bresciano, che da novembre tra l’altro sarà chiuso per lavori per 4 mesi.

Mancano le infrastrutture per chi pedala a ritmi olimpionici, ma non va meglio a chi quei 4 km li pedalerebbe volentieri, pian pianino, per andare a scuola o al lavoro, se potesse farlo in comodità e sicurezza senza rischiare di essere investito. In Italia un ciclista viene ucciso in strada ogni 3 giorni, soprattutto in corrispondenza di attraversamenti o incroci: il pendolarismo in bici insomma è una roba da temerari.

Come se non bastasse, per transitare sui percorsi ciclabili nostrani sono richieste anche ai ciclisti di tutti i giorni doti sportive considerevoli, perchè tra paletti, transenne, gradini, interruzioni, strettoie e caditoie, è spesso una pedalata ad ostacoli. Ecco, se il ciclismo ad ostacoli diventasse un nuovo sport olimpico, saremmo già ben allenati.

Uno dei meme che hanno circolato più diffusamente sulla vittoria azzurra recitava: “I primi quattro ciclisti italiani che hanno imparato a viaggiare in fila indiana hanno vinto la medaglia d’oro”. Per forza, vien da rispondere: hanno potuto pedalare per ben 4 km su un tracciato sicuro, ininterrotto e ben pavimentato!

Via Panni in panne

Nei giorni scorsi Claudio Borsari, Andrea Cavani, Giulio Orsini, Silvia Sitton, Federico Zanfi, in qualità di professionisti e studiosi impegnati a vario titolo in progetti che riguardano la città, si sono interrogati sulla complicata questione della intersezione tra la linea ferroviaria Modena-Sassuolo e via Panni.

Abbiamo letto con interesse la loro lettera indirizzata al Sindaco ed all’Assessore competente: certamente l’introduzione di una variante tecnologica ai sistemi di segnalamento con un ripensamento del tracciato e delle funzioni della attuale ferrovia Modena-Sassuolo fa risaltare quanto siano perlomeno ridondanti le soluzioni proposte dall’Amministrazione. Da questo punto di vista aderiamo e sottoscriviamo l’appello, al quale ci permettiamo di aggiungere il tema di un trasporto pubblico a salvaguardia e sviluppo dell’intermodalità treno+bici, ad oggi garantita quasi solo sul trasporto ferroviario.

Pensiamo che nella discussione con l’Amministrazione, AMO e FER sia necessario partire da quanto sia totalmente non più sostenibile la quantità di veicoli privati che quotidianamente sia la città che il territorio della provincia debbano sopportare.

Come ben sappiamo, abbiamo un rapporto di 640 auto per 1000 abitanti ma se si escludono i cittadini sotto i 18 anni e quelli sopra gli 80 probabilmente siamo bel al di sopra di ogni media nazionale o europea senza contare che nel biennio 2016-2018 il tasso di motorizzazione è aumentato dell’1,6%. Gli effetti negativi di tale abnorme motorizzazione (addirittura in aumento) sono a tutti noti, ma nella pianificazione del trasporto pubblico, sia esso su gomma o su ferro non entrano mai, come nel caso sovrappasso/sottopasso, minimamente in considerazione. E ci meraviglia che tali opere siano considerate prioritarie se non cantierabili già entro la fine dell’anno come asserito recentemente dal Sindaco. Che dimostra che, come abbiamo sempre sostenuto, nel PUMS l’unica cosa certa sono tempi e denari per le infrastrutture automobilistiche. Ad esempio, la soluzione di un passaggio sicuro per i ciclisti sul cavalcavia Mazzoni, che aspetta una risposta da oltre 30 anni, può attendere tranquillamente un altro decennio.

Invece di pensare sempre a come fluidificare il traffico con sovra e sottopassi, rotonde, svincoli, complanari e tangenziali che semplicemente spostano il problema all’incrocio ed al lustro successivo, sarebbe ora di iniziare a scoraggiasse l’uso dell’auto privata in favore del trasporto pubblico e del trasporto non motorizzato: forse non ci sarebbe bisogno di questa ulteriore cesura del territorio, viste le attuale frequenze del Gigetto, con molte meno auto in attesa ai passaggi a livello su Via Panni e Via Morane.

Sorprende che tali opere siano talmente urgenti da non aspettare nemmeno le conclusioni dello studio di fattibilità commissionato di recente da AMO che dovrebbe essere pronto entro il prossimo Novembre. Quindi o il progetto commissionato è già stato consegnato, è noto ai committenti e quindi anche al Sindaco, oppure si è deciso che si debbano fare a prescindere senza un progetto sul futuro di questa iconica ferrovia che potrebbe avere un ruolo ben più incisivo nella mobilità complessiva della Provincia di Modena. In quest’ultimo caso ci si chiede allora perché spendere soldi su uno studio di fattibilità quando tutto è deciso in altra sede.

La cultura nei parcheggi

Immaginiamo di entrare in centro storico da largo S, Agostino, insieme ad un amico d’oltralpe in visita.
– Quello a destra è il Palazzo dei Musei. Dentro ci sono le raccolte dei musei civici, la pinacoteca estense, la gipsoteca dello scultore Graziosi, il lapidario, una biblioteca e gli uffici del famoso Festival della Filosofia. Il palazzone di fronte è l’ex ospedale, è in ristrutturazione. Lì sorgerà AGO, un polo della cultura a Modena e…

– Oh, schön! Interezante … ma perke voi tenere luogo di kultura importante dentro un parkeggio? Perke voi non uzare piazza per riposo, inkontro, con… come zi dice… pankette?

-Panchine, dici?

– Ya, pankine … e alberi? Kvesto modo dopo è ankora più shön!

– Mah, c’era l’ospedale, ci voleva il parcheggio per i medici… però le toglieranno un giorno le auto, ci sono già le sperimentazioni… ma non è micca tot acsè, non è tutto così! Vieni, guarda: questo è largo San Barnaba, la chiesa è un gioiellino barocco e…

– Niente zagrato? Anke kvesta in mezzo a parkeggio?

– Sai i residenti, il posto auto… Dai ti porto in piazza Grande!

– Oh, kvesto kattedrale, Duomo come dite voi, è wunderbar! MERAVIGLIOSO! E torre, come kiamare torre? Ghirlandina, ya. Einmalig, unica! Ma è 11 di mattino, perke camion parkeggiati davanti patrimonio UNESCO? Nicht schön.

– È per le consegne…

– Korrieri non fare konzegne in zentro historico con kargo bike? Nein? E kvesta biblioteca, “Delfini”: anke c’è makine davanti, haha, prezto finire che voi fare parkeggi anke intorno a skuole, haha…

– Ehm…veramente quelli ci sono già…

– Nicht gut, grande pekato mettere kultura nei parkeggi.

– Già, grande pekato…

Green deal?

E così nei piani della Commissione Europea dal 2035 saranno vietate le vendite di auto endotermiche. Le reazioni stizzite delle case costruttrici non si sono fatte attendere. Più curiosa quella del Ministro alla transizione ecologica, più preoccupato per il futuro dell’ automotive che non per quello del pianeta.

In realtà secondo noi ai piani alti automobilistici hanno stappato le bottiglie di champagne, perché si prospettano decenni in cui dovremo tutti cambiare l’auto senza nessuna garanzia che cambieremo il fallimentare modello di mobilità.

Se l’auto elettrica ha indubbi vantaggi sul piano del rumore e dell’inquinamento locale (su quello globale la discussione è ampia), nulla risolve in termini di occupazione dello spazio pubblico, traffico, peso ed usura delle strade, costi di gestione, incidentalità, e relative conseguenze sociali.

Infatti se davvero il Sindaco Muzzarelli pensa che Modena nel 2040 dovrebbe avere “un’attenzione alla dimensione del piano terra dove ripensare e aumentare le relazioni tra le persone”, deve ammettere che è stata proprio una politica completamente asservita alle necessità della motorizzazione privata, e dei relativi modelli di sviluppo, a desertificare le economie e le relazioni sociali del “piano terra”.

La ricetta è semplice: meno auto (la metà ed elettriche), meno servizi (parcheggi e strade) per le auto private, infrastrutture di livello europeo per trasporti pubblici e mobilità attiva. Una città che torni a pensare alla mobilità come un bene necessario, economico ed alla portata di tutti, moderno e semplice (Mobility As A Service) senza obbligare tutte le famiglie a possedere due o più auto. Anche se elettriche.

Portabiciclette da auto: guida all’acquisto

Il mercato dei portabiciclette da portellone ha avuto di recente due grandi novità concorrenziali:

la prima novità deriva dalle dimensioni degli abitacoli delle auto, che in molti casi consentono di caricare due biciclette all’interno smontando soltanto la ruota anteriore. Se si viaggia in coppia con sole due bici al seguito, l’acquisto di un pianale di legno e di semplici ganci di fissaggio della forcella anteriore consentono di caricare le bici al riparo dai furti e dalle intemperie con una spesa minima;

la seconda novità deriva dal superamento della normativa che obbligava all’omologazione dei ganci di traino dei veicoli. Dal mese di febbraio 2021 installare un gancio di traino sulla propria auto è più semplice ed economico rispetto al passato, l’acquisto di un portabiciclette da fissare sul gancio di traino rimane una soluzione più costosa rispetto al portabici da portellone ma porta due vantaggi: il portellone si apre anche con le bici montate (perchè su alcuni modelli il portabici riesce a traslare verso l’esterno) e le bici vengono caricate più in basso rispetto al portabici da portellone perchè non c’è l’esigenza di lasciare visibili luci e targa (sono ripetuti dal portabici da gancio).

La solidità del fissaggio del portabici al gancio di traino consente di trasportare tranquillamente biciclette a pedalata assistita (controllare sempre il peso delle bici e la portata del portabici acquistato.

Per terminare la panoramica citiamo il portabici da tetto, che si è evoluto con alcuni modelli che prevedono il fissaggio a ventosa sul tetto del veicolo regalando grande leggerezza e compattezza a questo accessorio senza eliminarne tuttavia i difetti (bici esposta alle intemperie, difficoltà di caricamento così in alto, necessità di ricordarsi costantemente di non entrare con l’auto in passaggi bassi).

Il corretto utilizzo del portabici da portellone passa attraverso il rispetto delle portate descritte nella scheda tecnica.
Un elemento spesso trascurato è l’obbligo di posizionamento di un cartello per carichi sporgenti anche quando il portabici viene lasciato montato sulla vettura in movimento, sebbene senza biciclette: è sufficiente una sporgenza minima dal paraurti posteriore per far scattare l’obbligo dell’utilizzo del cartello.

Le recenti riflessioni di Lapam Confartigianato sulla mobilità ciclistica a Modena, si prestano a diverse considerazioni

Se si superano i titoli esaltanti dell’articolo, che presentano Modena come 3° per rete ciclabile e tra le prime per imprese del settore, si scopre una quadro decisamente desolante.

Infatti, nonostante il generale momento favorevole per la bicicletta e la diffusione delle piste ciclabili nei comuni della provincia, gli utilizzatori abituali non sono in crescita, come dimostrano i rilievi che FIAB svolge da oltre 15 anni, mentre aumentano fortemente gli incidenti che vedono coinvolti ciclisti con feriti e morti.

Forse le cause di questo ridotto uso andrebbero proprio ricercate sullo scarso livello di sicurezza stradale e in una viabilità con segnaletica obsoleta e incongrua per i ciclisti, come dichiara lo stesso comune di Modena. Molti incroci e semafori sono organizzati senza riguardo ai pedoni e ai ciclisti che trovano scarsa continuità negli itinerari. Inoltre, pesano la scarsa sicurezza di ritrovare il proprio mezzo parcheggiato, la difficoltà a trovare porta biciclette sicuri e, infine, la tortuosità dei percorsi necessari per raggiungere il centro in bicicletta senza infrangere il Codice.

I chilometri di piste sono solo un indicatore; fare le piste dove non servono o dove non disturbano le auto è solo spendere male i soldi pubblici. Per diffondere l’uso della bicicletta per raggiungere i luoghi di studio, di lavoro e di svago bisogna abbassare la velocità dei mezzi a motore che è la causa prima degli incidenti stradali e garantire continuità, comodità e sicurezza ai percorsi pedonali e ciclabili anche a costo di rendere meno facile e meno comodo andare in auto.

C’è rumore e rumore

In questa settimana siamo stati colpiti da tre casi di lamentele di cittadini a causa del rumore: a Baggiovara i residenti sono sul piede di guerra contro i nuovi campi da padel della Polisportiva, e mentre i cittadini che abitano nelle vicinanze della ferrovia Modena Sassuolo lamentano che i freni del nuovo Pop sono insopportabili, a Carpi i residenti del centro storico hanno applaudito alla decisione del Comune di chiudere alla mezzanotte l’attività dei dehors all’aperto.

Proprio perché il giusto livello di silenzio è un parametro importante della qualità di vita e della civile convivenza, siamo andati a vedere cosa genera inquinamento acustico nella nostra città.

A leggere la Relazione della mappatura acustica del Comune di Modena realizzata nel 2018 da Arpae “se consideriamo le soglie da non superare raccomandate a livello internazionale, fissate in un valore di 65 dB di giorno e 55 dB di notte, le persone esposte sono pari rispettivamente a circa il 24% e il 28% della popolazione residente. La sorgente sonora prevalente a Modena è costituita dal traffico veicolare, responsabile per il 92% dell’esposizione della popolazione a livelli superiori a 55 dB e per il 87% dell’esposizione a livelli superiori a 50 dB.”

Il traffico è quindi responsabile giorno e notte per il 90% circa del rumore fuori soglia: una evidenza che non aveva bisogno di uno studio perché sappiamo benissimo quante persone che vivono in strade trafficate sono costrette a chiudere le finestre per poter respirare, parlare, vivere.

C’è un evidente squilibrio tra le singole proteste che emergono e la realtà dei fatti: è il risultato di decenni di rumore di fondo automobilistico a cui ci siamo ormai assuefatti. Modelli di città autocentriche hanno creato disastri sociali nelle relazioni sociali ed economiche, nonché evidenze di inquinamento acustico, ambientali e volumetrico ormai incontrovertibili.

Permettere a tutti di muoversi e parcheggiare in auto sempre e comunque non è ragionevole: a quando una politica che affermi pubblicamente questa scomoda verità invece di rincorrere la salvaguardia di pochi parcheggi in ogni dove?