I danni del pensiero semplice: la gestione residuale della mobilità ciclabile/3

Riproponiamo una serie di articoli pubblicati sulla nostra rivista Infobici nel 2010, ma che ci sembrano ancora molto attuali (*).

La sicurezza delle persone, nella circolazione stradale, rientra tra le finalità primarie perseguite dallo Stato. Le norme ed i provvedimenti (devono): ridurre i costi economici, sociali ed ambientali che deriva dal traffico veicolare, migliorare il livello di qualità della vita dei cittadini, migliorare la fluidità della circolazione.

Questo non è il manifesto della FIAB ma il 1° articolo del Codice della Strada. Chi gestisce la mobilità urbana dovrebbe quindi privilegiare i mezzi più sostenibili, meno ingombranti e inquinanti, offrendo al cittadino la possibilità di scegliere tra andare a piedi, in bici, in autobus o in auto, a seconda degli spostamenti che deve fare. Ma per poter scegliere bisogna che tutte le modalità siano equamente confortevoli, sicure e convenienti.

Il pensiero semplice, che spesso guida le scelte degli uomini “del fare”, parte invece dalla convinzione che a piedi, in bici e coi mezzi pubblici si muovano le persone che non si devono preoccupare dei tempi di percorrenza: gli anziani ed i meno abbienti oppure tutti gli altri solo nel tempo libero. Per la loro sicurezza è quindi necessario realizzare una viabilità separata, protetti da barriere, paletti o transenne, oppure portati in alto o in basso per non attraversare il traffico auto. Provate la gimcana per bici (non si può chiamare pista) che unisce Saliceta San Giuliano a Baggiovara e che contiene buona parte delle soluzioni da pensiero semplice.

Mentre nei documenti ufficiali si afferma che le priorità sono chiare: 1° trasporto pubblico in sede propria, 2° estensione delle ciclabili, e solo 3° il potenziamento della viabilità dove vi sono gravi punti di congestione (Piano Urbano Mobilità Modena 2005), poi nella realtà non si fanno investimenti coerenti. Per Modena, ad esempio, si dovrebbero spendere per pedoni ed i ciclisti più del 13% degli investimenti dedicati alla mobilità, e dovrebbero essere presi provvedimenti che facilitino prioritariamente la loro circolazione. Invece si sprecano circa 3 milioni di euro all’anno per 30 anni per realizzare e mantenere il parcheggio del Novi Sad.

Il pensiero semplice non persegue l’armonizzazione della mobilità attraverso l’abbassamento delle velocità assolute, il freno all’uso dell’auto e l’incentivo verso gli altri mezzi e non riesce a comprendere che la qualità della vita e la fluidità del traffico urbano passa da un riequilibrio con scelte coraggiose per la tutela dei bisogni reali dei cittadini.

(*Infobici Ottobre 2010)

I danni del pensiero semplice: la gestione superficiale della mobilità/2

Riproponiamo una serie di articoli pubblicati sulla nostra rivista Infobici nel 2010, ma che ci sembrano ancora molto attuali (*).

Nello scorso articolo abbiamo visto i principali danni che il pensiero semplice provoca alla sicurezza e alla qualità della vita delle nostre città. Ma altrettanto gravi sono i danni generati dalla gestione superficiale della mobilità, che mira più alla segregazione ed alla separazione, che all’integrazione e alla convivenza dei mezzi di trasporto.

Con una visione che potremmo definire “idraulica” del traffico, si pensa che gli automobilisti seguano le stesse regole dei fluidi, dimenticando che anche i comportamenti di guida sono fortemente influenzati dalla forma degli spazi urbani. Nascono così ricette per “smaltire” il traffico, inconsciamente assimilato ai rifiuti, che generano strade extraurbane in città, con lunghi rettilinei e corsie larghe tre metri e mezzo.

Così, invece di rendere più fluido e più sicuro il traffico, si aumentano le velocità di punta dei veicoli e si permette la sosta abusiva sui lati delle strade. Salvo, poi, montare i dossi rallentatori per abbassare l’intollerabile numero di incidenti che, generalmente, sono maggiori di quelli che si verificano nel centro storico, pieno di strade contorte e di incroci senza visibilità.

Il pensiero semplice confonde la percezione della sicurezza con la sicurezza reale, dimenticando che dove ci si sente sicuri si aumenta la velocità e si rischia la propria e l’altrui vita. In una visione disattenta si riducono i marciapiedi al minimo consentito, invece che limitare le corsie stradali allo spazio strettamente necessario. In cerca di consenso, si dimentica che la normativa per la costruzione delle strade recita espressamente: “nelle strade residenziali prevale l’esigenza di adattare lo spazio strada, ai volumi costruiti ed alle necessità dei pedoni” e “in queste il progettista dovrà provvedere opportuni accorgimenti, sia costruttivi che di segnaletica, per il contenimento delle velocità praticate”.

È sconfortante vedere che la nostra città, che per secoli ha realizzato portici e piazze negli spazi centrali più preziosi, favorendo la crescita del senso civico, ora spreca territorio e risorse per far correre ed immagazzinare le automobili. Una gestione attenta richiederebbe invece una migliore integrazione tra le modalità di spostamento, per offrire ai cittadini scelte più consapevoli, centrate sulla sicurezza e sulla convivenza civile. (-continua)

(* Infobici – Luglio 2010)

I danni del pensiero semplice: il riflesso dello spazio pubblico e della mobilità sulla qualità della vita/1

Riproponiamo una serie di articoli pubblicati sulla nostra rivista Infobici nel 2010, ma che ci sembrano ancora molto attuali.(*)

Da alcuni anni il tema della sicurezza domina le campagne elettorali. Per combattere il senso di insicurezza, la politica propone in genere due rimedi: più agenti e più telecamere negli spazi pubblici. E poi ronde, con agenti mandati per le strade come placebo populista, costretti a trascurare le vere attività di contrasto alla criminalità.

Gli abitanti delle città vivono la loro giornata in luoghi specializzati: dormono in quartieri residenziali deserti durante il giorno, mangiano vicino al luogo deputato al lavoro, comprano nei grandi centri commerciali, sudano nelle palestre e si svagano nei cinema multisala.

Così la città, sempre più illuminata dai lampioni, perde gli occhi del controllo sociale. Scompaiono tutte le funzioni tipiche della strada, quali sostare, incontrarsi, sorseggiare una bibita, passeggiare e guardare le vetrine. In nome di una supposta sicurezza si perde gran parte della vita sociale che si è sempre sviluppata nella strada. Si perde il rapporto pubblico che unisce persone, tra le quali non esiste una conoscenza intima o privata. Quel tipo di conoscenza che in una città supporta la fiducia reciproca, che nasce col tempo da una infinità di piccoli contatti, sguardi e saluti che si incrociano sui marciapiedi. È la fiducia che non si può organizzare dall’alto e che costituisce la risorsa nei momenti di bisogno individuale o collettivo e che non implica alcun impegno privato.

È questa conoscenza pubblica si sviluppa solo tra cittadini che si muovono a piedi, in bicicletta o con i mezzi pubblici, mentre diventa impossibile il rapporto tra persone in auto, spinte più all’aggressività che al contatto. Non a caso i contatti tra automobilisti sono sinonimi di liti o incidenti stradali.

Tuttavia, l’urbanistica progetta nuove strade fiancheggiate da recinzioni e da spazi verdi di contorno. Sono quelle barriere che limitano la libertà, prima di tutto dei residenti. La vita sociale si restringe alle amicizie intime ed ai contatti di lavoro.

Certamente non si può attribuire l’attuale senso di insicurezza alle sole scelte urbanistiche, ma è altrettanto certo che strade anonime producano gente anonima ed insicura. Se si ristrutturano e si costruiscono pezzi di città privi di quei caratteri minimi che permettano alle persone estranee di convivere e di avere qualche cosa in comune, costringeremo gli abitanti all’insicurezza permanente. (-continua)

(*) Infobici – Aprile/2010

Calendario Attività 2025

Abbiamo definito il calendario delle attività per 2025: gli aggiornamenti in tempo reale sulle attività confermate e quelle cancellate saranno sempre pubblicate sulla pagina www.modenainbici.it/calendario

Per partecipare alle escursioni è necessario contattare i referenti, essere in buone condizioni fisiche ed avere una bicicletta efficiente, leggere e approvare il regolamento gite.

CICLOVACANZE: le gite di più giorni sono riservate ai soli soci Fiab che contribuiranno all’organizzazione, alle spese di viaggio e di assicurazione.

Alle CICLOESCURSIONI DI UNA GIORNATA: possono partecipare soci e non soci Fiab, sempre contribuendo alle spese organizzative e di assicurazione (2 € per i soci, 5 € per i non-soci).

E20 CICLICI: Itinerari intorno a Carpi di circa 20 Km, si pedala insieme dalle 18:20 alle 20 a non più dei 20 Km/h. (assicurazione 2 € per i soci, 3 € per i non-soci)

20&30: Giri ad anello ad una velocità di non più di 20 km/h e di circa 30 km. Partenze da Mirandola e dai comuni dell’area nord (assicurazione 2 € per i soci, 3 € per i non-soci)

MODENA SLOW-BIKE Conosci Modena in bici a meno di 20 km e ad andamento lento. Percorsi dentro e intorno a Modena, adatti a tutti e saranno interessati da punti naturalistici e/o culturali. Adatti a chi si vuole guardare intorno e chiacchierare piacevolmente con i compagni di pedalata. Saranno di mezza giornata. (assicurazione 2 € per i soci, 3 € per i non-soci)

NOTTURNE Appuntamenti estivi in notturna, con la bici per sgranchirci le gambe al fresco (assicurazione 2 € per i soci, 5 € per i non-soci)

MTB: Escursioni in MTB, anche in collaborazione coi soci del CAI di Castelfranco (assicurazione 2 € per i soci, 5 € per i non-soci).

FIAB IN CICLOFFICINA: Serate di incontro in collaborazione con la Ciclofficina Popolare Rimessa in Movimento di Modena, presso la loro sede in Viale Monte Kosica.

CORSO DI MECCANICA E DI CICLOTURISMO: Fiab organizza corsi per imparare a fare le riparazioni bici più comuni e preparare un ciclo viaggio.

PROMOZIONE AL BIKE TO WORK: Fiab collabora con le amministrazioni pubbliche e con le aziende che incentivano i lavoratori che raggiungono il posto di lavoro in biciletta.

BICICLETTANDO: Progetti di educazione alla mobilità sostenibile, soprattutto nelle scuole elementari e medie. Laboratori di ciclomeccanica per studenti.

DONNE IN BICI: Corso per donne che vogliono imparare ad andare in bici. Il corso si terrà a Modena nel mese di marzo/aprile, in altre sedi in altre date.

RIUNIONE CONSIGLIO DIRETTIVO: Il primo e il terzo martedì del mese, ore 21 presso Casa delle Culture, Via Wiligelmo, 80 a Modena (o in video conferenza). Tutti i soci sono invitati a partecipare.

Come socio FIAB hai diritto a partecipare a tutte le ciclo-escursioni che le associazioni affiliate organizzano in tutta Italia e a tutte le vacanze in bicicletta all’estero BICIVIAGGI FIAB. Consulta il sito www.andiamoinbici.it

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Dai laboratori partecipati una richiesta chiara di mobilità

Un’ ampia partecipazione ha contraddistinto i laboratori “Sei la mia città”, un percorso che l’Amministrazione modenese ha avviato per raccogliere contributi per migliorare la qualità delle aree urbane pubbliche.

È stato molto istruttivo ascoltare i bisogni dei singoli cittadini: tante proposte per il verde, dotazioni sportive all’aperto, nuovi spazi di aggregazione, strade scolastiche e tutto incardinato in una sistematica richiesta di collegare le funzioni pubbliche della città con una infrastruttura moderna di mobilità pedonale e ciclabile, finalmente alla portata delle esigenze dei cittadini di tutte le fasce di età, condizione fisica e sociale.

Per FIAB, che da sempre ha posto il tema della scarsa qualità degli spazi per chi si muove senza motore, è rincuorante sapere che esiste una ampia fascia di cittadini che avverte la necessità di un cambio di destinazione d’uso dello spazio stradale. Perché a sentire solo le lamentele sui giornali o sui social, sembra sempre che marciapiedi e ciclabili siano una spesa inutile o peggio dannosa per la fluidità della mobilità automobilistica.

Queste consultazioni segnalano che già da tempo c’è una prateria di bisogni urbani di almeno due generazioni di cittadini insoddisfatti. Cittadini che vogliono una città diversa, che non si trasformi in un semplice “omile”, termine con il quale Danilo Dolci indicava la degenerazione della città che si verifica quando le persone non stanno davvero insieme ma semplicemente si ammassano in un uno stesso luogo, e si perde lo spazio pubblico, la democrazia, la gentilezza, la civiltà, la bellezza, la forza dei legami interpersonali.

A questo scopo, riequilibrare gli spazi e le modalità di spostamento non è sufficiente, ma è una svolta necessaria che passa dal coinvolgimento delle persone sulle scelte in attuazione di piani come il PUMS ed il PUG, nonché del programma di governo che ha vinto ampiamente le recenti elezioni: per questo ci aspettiamo coerenza, urgenza e soprattutto investimenti e progettualità adeguate ai bisogni espressi.

Purtroppo, anche l’ultima finanziaria prevede una serie di tagli al capitolo «mobilità sostenibile e sicurezza stradale», tra i quali spiccano 47 milioni in meno per le ciclabili urbane: in questo quadro bisognerà fare delle scelte su dove indirizzare le risorse disponibili per la mobilità, e non c’è dubbio che in queste giornate i modenesi abbiano chiesto un’azione urgente e decisa in favore di ciclabili e marciapiedi.

Codice della Strada: una riforma sbagliata e pericolosa per la sicurezza

LE ASSOCIAZIONI CONTRO IL “CODICE DELLA STRAGE”, APPROVATO IN SENATO SENZA ACCOGLIERE NESSUNA ISTANZA DEI FAMILIARI DELLE VITTIME
“RIFORMA SBAGLIATA E PERICOLOSA PER LA SICUREZZA. NON IN NOSTRO NOME!”
Nelle prime 48 ore oltre 9.000 firme raccolte dalla petizione contro il “Codice della Strage”

La tanto sbandierata riforma del Codice della Strada del ministro Salvini è stata infine approvata in Senato. Tutte le principali associazioni italiane dei familiari delle vittime sulla strada, insieme alle associazioni ambientaliste e per la mobilità sostenibile e alle organizzazioni sindacali (in tutto 30, v. elenco in fondo), negli scorsi giorni e mesi sono scese più volte in piazza contro una riforma giudicata unanimemente sbagliata e pericolosa, poiché riduce regole e allenta controlli per auto e camion, mentre sottrae spazi sicuri per pedonalità e ciclabilità, attacca la mobilità sostenibile e toglie autonomia alle città, peggiorando nettamente la sicurezza per tutti gli utenti della strada. La riforma fa il paio con la Legge di bilancio 2025, che taglia ben 154 milioni di investimenti facendo cassa sulla sicurezza stradale e la mobilità sostenibile.

“Al contrario di quanto continua a raccontare il Ministro Salvini, questa riforma non è la soluzione alla violenza stradale, ma anzi aggraverà questo problema drammatico in Italia – dichiarano le 30 associazioni della piattaforma “Stop al codice della strage” – Le nuove norme infatti sono tutte incentrate sulla repressione a incidenti già avvenuti, non intervengono davvero in via preventiva sui fattori principali cioè velocità e distrazione, anzi allentano le regole per i veicoli a motore e restringono quelle di tutela degli utenti più vulnerabili della strada. E’ un doppio sfregio ai familiari delle vittime sulla strada, tre giorni dopo la Giornata mondiale in loro ricordo – proseguono -. Dopo mesi di discussioni il testo è rimasto uguale, tutti gli emendamenti sono stati respinti e nessuna delle nostre istanze è stata accolta, infrangendosi contro un muro di gomma. Il Governo ed esponenti della maggioranza, inoltre, hanno spesso affermato che questa riforma è stata voluta dalle associazioni dei parenti: niente di più falso, questa legge non è in nostro nome né in quello delle migliaia di vittime sulle strade d’Italia!”.

Le associazioni questa mattina hanno inscenato un flash mob di protesta a Roma in piazza Vidoni vicino al Senato e ieri hanno lanciato una petizione on-line sul nuovo sito https://www.codicedellastrage.it/, che in neanche 48 ore ha già raggiunto 9.000 firme, per chiedere al Governo e al Parlamento adesso di sedersi insieme a riscrivere il nuovo intero Codice della strada, in attuazione della delega contenuta nella legge.

Se da una parte le dichiarazioni di Ministro e maggioranza parlamentare indignano, dall’altra è l’intero impianto della riforma a preoccupare: massima tutela per i veicoli a motore, i cui guidatori secondo i dati Istat causano il 94% degli incidenti e il 98% dei morti, e restrizione delle misure in favore di pedoni, ciclisti, bambini e persone anziane, che sono la maggior parte delle vittime nelle città. È una riforma pericolosa: ad esempio, limita gli autovelox invece che la velocità, che è la prima causa delle collisioni con morti o feriti gravi; vieta controlli automatici sulla guida distratta al cellulare, che è fra i primi fattori di incidentalità; introduce una sola multa per più infrazioni, incentivando la violazione delle regole. È una riforma dannosa: rende più difficile creare o proteggere aree pedonali, piste e corsie ciclabili, zone a traffico limitato e a basse emissioni, fondamentali per la tutela dell’incolumità e della salute delle persone nelle città; e limita l’azione dei Comuni sottoponendoli a decreti ministeriali.

In questo modo, la riforma ostacola la prevenzione aumentando anziché abbassare il conflitto e la violenza stradali, che già paghiamo con più di 3.000 morti e 200.000 feriti ogni anno. Riporta l’Italia indietro di 40 anni su mobilità sostenibile e sicurezza stradale, riducendo il livello di tutela della vita umana sulla strada, a danno di tutti, con qualsiasi mezzo di trasporto si muovano. Ci allontana ancora di più dal resto dell’Europa, dove già siamo al 19° posto su 27 per tasso di mortalità, andando in direzione opposta alle riforme grazie a cui gli altri Paesi lo hanno invece ridotto con successo.

“Governo e Senato, con questa riforma del codice, hanno votato sulla pelle delle persone: la sicurezza stradale ha un’altra direzione”, così concludono le associazioni.

Aderiscono alla mobilitazione nazionale:

Associazioni dei familiari delle vittime sulla strada
AIFVS – Associazione Italiana Familiari e Vittime della Strada, AFVS – Associazione Familiari e Vittime della Strada Ets, AVISL – Associazione Vittime Incidenti Stradali e Malasanità, Fondazione Michele Scarponi, Associazione Lorenzo Guarnieri, Associazione Gabriele Borgogni, Associazione Rose bianche sull’asfalto, Associazione Alba Luci sulla buona strada, Associazione Manuel Biagiola, Associazione Marco Pietrobuono Onlus, Rete Vivinstrada, Fondazione Matteo Ciappi, Associazione Massimo Massimi, Associazione Andrea Nardini, Associazione Sonia Tosi, Fondazione Claudio Ciai, Associazione Dorothy Dream, Associazione Davide Marasco, Comitato Vivere meglio la città in memoria di Lucia Pozzi, Gruppo “Non correre, accorri!”

Associazioni ambientaliste e della mobilità sostenibile
Legambiente, FIAB-Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta, Salvaiciclisti, Movimento Diritti dei Pedoni, Kyoto Club, Clean Cities Campaign, Centro Antartide, AMODO

Organizzazioni sindacali
SPI-Cgil, UIL Pensionati

Richiesta di impegno ai candidati Presidente della Regione Emilia-Romagna

Con una lettera aperta ai candidati Presidente della Regione Emilia-Romagna, il Coordinamento FIAB dell’Emilia-Romagna, sentite le 13 associazioni locali della Regione che alla unanimità condividono questo documento, chiede al candidato Presidente della Regione Emilia-Romagna, qualora venga eletto, di:

  1. Provvedere al riesame della rete ciclabile regionale presente nel PRIT 2025 in collaborazione con le FIAB locali della Regione tramite il Coordinatore ER, già membro del tavolo tecnico della mobilità. Si sollecita, inoltre, una programmazione di questo tavolo che ad oggi è stato convocato pochissime volte.
  2. Prevedere la “figura” di Ente Gestore delle ciclovie regionali che si occupi della manutenzione ordinaria e straordinaria lungo tutta la tratta, indipendentemente dai Comuni attraversati
  3. Riorganizzare l’Osservatorio della Sicurezza Stradale, definendo ruolo, funzioni e obiettivi. Partendo dal concetto di democrazia dello spazio pubblico e del diritto dei cittadini alla mobilità. Il concetto autocentrico risulta dominante e non idoneo per una corretta gestione dell’osservatorio. A oggi questo osservatorio ha poca utilità e si riduce spesso a dispensatore di opinioni prive di supporto tecnico scientifico.
  4. Sensibilizzare e/o individuare il responsabile APT per le problematiche della ciclabilità sostenibile, e non solo per la ciclabilità sportiva.
  5. Istituire l’ufficio progettazione mobilità ciclabile. Oggi la Regione non dispone di un ufficio e di personale specifico dedicato. Tutto passa attraverso il Servizio che si occupa di tutte le infrastrutture riguardanti la mobilità sia stradale, che ferroviaria, ecc. Di norma la ciclabilità regionale è delegata alle Province e/o alla Città Metropolitana di Bologna le quali per il tipo di competenza attribuite loro dalla normativa vengono ad essere sovraccaricate e tendono a non affrontare sufficientemente la mobilità sostenibile.
  6. Implementare il trasporto bici sui treni sia con maggiori posti offerti, sia sul costo del biglietto, allineando la Regione ER alle principali Regioni italiane che incoraggiano l’utilizzo del servizio con la gratuità del biglietto per la bicicletta (attualmente 3,50 Eur/gg)
  7. Proseguire sul modello “città 30” di Bologna che se, pur non esportabile completamente verso altre realtà, costituisce un validissimo esempio a cui adattare esperienze analoghe come dimostrato nel corso di ripetuti eventi formativi e statisticamente comprovato come efficacia nella riduzione degli incidenti, soprattutto nei confronti dell’utenza debole (pedoni e ciclisti)

Le Zone 30: regole per un buon funzionamento

La “Città 30” è un approccio che va ben oltre l’installazione di cartelli di limitazione di velocità, ma che vede nella condivisione dello spazio urbano la chiave avere città più vivibili e sicure. Ma a Modena ad oggi siamo solo ancora nella situazione di “zone 30” diffuse a macchia di leopardo, a volte invisibili.

Ma a quali condizioni una zona 30 è funzionale e rispettata dalla più ampia maggioranza dei cittadini? In quelle meglio progettate, senza troppi segnali, gli elementi architettonici dovrebbero indurci ad un rallentamento, rendendo naturale adeguare i nostri comportamenti a quelli degli altri utenti della strada.

Ad esempio, in questi giorni abbiamo letto di un incidente a Modena in una zona 30 in vicinanza di una scuola, dove l’automobilista ha invaso un marciapiede, distrutto qualche cassonetto, fino a terminare la corsa contro un furgoncino. Oltre al segnale stradale, la strada era dritta, larga quasi 4 metri per senso di marcia, e non erano presenti altre forme di limitazione della velocità: solo il caso ha voluto che non ci siano state conseguenze più gravi.

Proprio perché una zona 30 è ancora una eccezione in città, l’automobilista deve avere subito netta la sensazione di entrare in casa altrui: è il benvenuto ma deve usare le buone maniere. Per farlo si usano elementi di traffic calming già dall’ingresso dove un “portale” fatto anche solo da fioriere o da grandi pannelli laterali ci avvisa del cambio di ambiente. E poi una diversa pavimentazione e rialzi negli incroci, dove i marciapiedi vanno allargati per rendere i pedoni più visibili e l’angolo di sterzo più marcato, e rettilinei spezzati con restringimenti, sensi unici alternati, chicane o parcheggi in linea sfalsati sui due lati della strada per creare un effetto ottico che induce a rallentare.

Poi in ogni “zona 30” che si rispetti, i marciapiedi diventano ad uso esclusivo dei pedoni, mentre biciclette e monopattini tornano ad essere mezzi che devono stare in strada dove tutti i mezzi devono rispettare la semplice regola di dare la precedenza a chiunque venga da destra.

Se andiamo a vedere le “zone 30” modenesi facciamo fatica a riconoscere tutti questi accorgimenti: passi per quelle anni ‘90 (alcune delle quali ben fatte tra l’altro), ma deludono anche quelle nuove come il Cialdini, Torrenova, o Vaciglio. Eppure, anche a Modena sono previsti, sia nel PUMS che nel programma elettorale premiato dai cittadini, i principi della “slow city”: se non avremo una “città 30” ci aspettiamo almeno che tutte le “zone 30” lo siano anche nei fatti.

Ancora numeri in calo per i ciclisti a Modena

Lo scorso 24 settembre i volontari di FIAB Modena hanno rilevato 3127 cittadini transitare in bicicletta in 14 punti nevralgici della viabilità cittadina. La rilevazione avviene da oltre un decennio sempre negli stessi punti, nella stessa ora (7.30-8.45) del terzo martedì di settembre per avere una serie di dati confrontabili.

I nostri numeri ci raccontano che rispetto a settembre 2023 abbiamo avuto un calo complessivo di oltre 400 passaggi (-12,4%), simile a quello già registrato tra il 2022 e 2023, un trend che ci porta a rilevare meno passaggi anche del biennio Covid e che sembra certificare una sensibile disaffezione a questo mezzo di spostamento.

E se negli anni precedenti al Covid eravamo in una fase di crescita che ha portato al massimo di 4270 transiti nel 2019, il risultato odierno è il peggiore degli ultimi 8 anni ed inferiore del 15,6% anche rispetto al lontano 2017. Questi numeri sono tanto più preoccupanti dopo quasi cinque anni di vigenza del PUMS, nel quale sono previste una serie di misure per incrementare l’uso della bicicletta da un iniziale 12% fino ad arrivare ad un 20% a fine piano nel 2030.

Purtroppo, non si può dire che in questi anni sia cambiato molto nelle abitudini dei modenesi, visto che le percentuali di spostamento con auto privata rimangono sostanzialmente invariate intorno al 70%. Secondo FIAB è il segnale che le politiche attuate per la mobilità ciclistica non sono ancora incisive e convincenti: d’altronde il tema della qualità e delle manutenzioni degli spazi dedicati alla pedonalità e ciclabilità, è stato tra i punti più critici emersi anche nei recenti incontri del percorso partecipativo “Sei la mia città”.

FIAB continuerà a ripetere il rilevamento semestrale con le sue possibilità, ma attende di avere dati più organici dalla preannunciata introduzione di più moderne e sistematiche tecnologie di conteggio, strumenti che non debbono mancare in una moderna smart-city che intende raggiungere entro il 2030 gli obiettivi che ha stabilito con il Piano della Mobilità Sostenibile.

Infatti, più che i metri di piste ciclabili realizzate, l’unico modo di valutare se il piano stia funzionando è quello di capire se sono aumentati i cittadini che si sono convinti a cambiare abitudini grazie all’efficacia delle azioni e delle politiche messe in atto.

Avere questi numeri è importante per confermare la bontà delle scelte fatte o, al contrario, indurre a riflessioni per apportare le necessarie correzioni. Per questo, in una annunciata volontà politica di maggior partecipazione delle persone alle scelte urbanistiche, FIAB auspica anche una più aperta condivisione e pubblica consultazione dei dati a disposizione dell’Amministrazione.

La sicurezza di chi va in bici

Le piste ciclopedonali non tutelano la sicurezza di chi pedala, e nemmeno quella di chi cammina: confinando in uno spazio spesso estremamente limitato chi si muove in maniera attiva, creano situazioni di conflitto in cui pedoni e biciclette si ostacolano a vicenda.

Ciò che le piste ciclopedonali ottengono quindi è di scoraggiare chi le usa: ci si sente più tranquilli prendendo l’auto. E’ per questo che secondo il Codice della Strada andrebbero limitate a brevi tratti, mentre nella pratica a Modena e provincia sono la modalità normale di pianificazione dei percorsi di mobilità attiva.

Un percorso ciclabile che si interrompe (con segnale di fine pista ciclabile, e il solo attraversamento pedonale) ogni volta che si incrocia una strada secondaria (o un accesso privato), non tutela la sicurezza di chi pedala. Secondo alcune interpretazioni, imporrebbe a chi è in bici di smontare di sella per attraversare, una manovra che non è agevole né sicura soprattutto per bambini e anziani (che dovrebbero essere maggiormente tutelati). Di certo, si interrompe la continuità del percorso, facendo l’opposto di quanto indicato dalle linee guida regionali 2017, e si trasmette un senso di minaccia costante, “Fermati che qui passano le auto”. Ciò che si ottiene quindi è di rendere così scomoda la percorrenza a chi pedala, da scoraggiarlo: meglio prendere l’auto.

Una transenna messa di traverso su un percorso ciclopedonale in corrispondenza di una intersezione con una strada secondaria, con l’obiettivo di portare chi pedala a rallentare o a smontare addirittura dalla bici, non tutela la sicurezza di chi pedala: ne ostacola il percorso, costringe anziani e bambini a manovre disagevoli e rovescia le responsabilità, poiché secondo il Codice della Strada dovrebbe essere chi si immette con un veicolo dalla strada secondaria a rallentare e dare precedenza, non viceversa.

E’ un circolo vizioso: nella pianificazione si prediligono certe interpretazioni del Codice della Strada pensando magari che vadano “a tutela della sicurezza” di chi pedala, quando invece è vero il contrario. Con la conseguenza che l’uso della bici risulta disagevole e pericoloso, quindi sempre meno persone sceglieranno di spostarsi in bici e sarà sempre più facile giustificare la carenza o l’inadeguatezza delle infrastrutture dicendo che “manca la cultura della bicicletta”.

E’ solo puntando sulla creazione di infrastrutture ciclabili sicure, adeguate per tutti (anche bambini e anziani) e invitanti che i ciclisti aumentano. Non ci sono scorciatoie.