Codice della Strada: una riforma sbagliata e pericolosa per la sicurezza

LE ASSOCIAZIONI CONTRO IL “CODICE DELLA STRAGE”, APPROVATO IN SENATO SENZA ACCOGLIERE NESSUNA ISTANZA DEI FAMILIARI DELLE VITTIME
“RIFORMA SBAGLIATA E PERICOLOSA PER LA SICUREZZA. NON IN NOSTRO NOME!”
Nelle prime 48 ore oltre 9.000 firme raccolte dalla petizione contro il “Codice della Strage”

La tanto sbandierata riforma del Codice della Strada del ministro Salvini è stata infine approvata in Senato. Tutte le principali associazioni italiane dei familiari delle vittime sulla strada, insieme alle associazioni ambientaliste e per la mobilità sostenibile e alle organizzazioni sindacali (in tutto 30, v. elenco in fondo), negli scorsi giorni e mesi sono scese più volte in piazza contro una riforma giudicata unanimemente sbagliata e pericolosa, poiché riduce regole e allenta controlli per auto e camion, mentre sottrae spazi sicuri per pedonalità e ciclabilità, attacca la mobilità sostenibile e toglie autonomia alle città, peggiorando nettamente la sicurezza per tutti gli utenti della strada. La riforma fa il paio con la Legge di bilancio 2025, che taglia ben 154 milioni di investimenti facendo cassa sulla sicurezza stradale e la mobilità sostenibile.

“Al contrario di quanto continua a raccontare il Ministro Salvini, questa riforma non è la soluzione alla violenza stradale, ma anzi aggraverà questo problema drammatico in Italia – dichiarano le 30 associazioni della piattaforma “Stop al codice della strage” – Le nuove norme infatti sono tutte incentrate sulla repressione a incidenti già avvenuti, non intervengono davvero in via preventiva sui fattori principali cioè velocità e distrazione, anzi allentano le regole per i veicoli a motore e restringono quelle di tutela degli utenti più vulnerabili della strada. E’ un doppio sfregio ai familiari delle vittime sulla strada, tre giorni dopo la Giornata mondiale in loro ricordo – proseguono -. Dopo mesi di discussioni il testo è rimasto uguale, tutti gli emendamenti sono stati respinti e nessuna delle nostre istanze è stata accolta, infrangendosi contro un muro di gomma. Il Governo ed esponenti della maggioranza, inoltre, hanno spesso affermato che questa riforma è stata voluta dalle associazioni dei parenti: niente di più falso, questa legge non è in nostro nome né in quello delle migliaia di vittime sulle strade d’Italia!”.

Le associazioni questa mattina hanno inscenato un flash mob di protesta a Roma in piazza Vidoni vicino al Senato e ieri hanno lanciato una petizione on-line sul nuovo sito https://www.codicedellastrage.it/, che in neanche 48 ore ha già raggiunto 9.000 firme, per chiedere al Governo e al Parlamento adesso di sedersi insieme a riscrivere il nuovo intero Codice della strada, in attuazione della delega contenuta nella legge.

Se da una parte le dichiarazioni di Ministro e maggioranza parlamentare indignano, dall’altra è l’intero impianto della riforma a preoccupare: massima tutela per i veicoli a motore, i cui guidatori secondo i dati Istat causano il 94% degli incidenti e il 98% dei morti, e restrizione delle misure in favore di pedoni, ciclisti, bambini e persone anziane, che sono la maggior parte delle vittime nelle città. È una riforma pericolosa: ad esempio, limita gli autovelox invece che la velocità, che è la prima causa delle collisioni con morti o feriti gravi; vieta controlli automatici sulla guida distratta al cellulare, che è fra i primi fattori di incidentalità; introduce una sola multa per più infrazioni, incentivando la violazione delle regole. È una riforma dannosa: rende più difficile creare o proteggere aree pedonali, piste e corsie ciclabili, zone a traffico limitato e a basse emissioni, fondamentali per la tutela dell’incolumità e della salute delle persone nelle città; e limita l’azione dei Comuni sottoponendoli a decreti ministeriali.

In questo modo, la riforma ostacola la prevenzione aumentando anziché abbassare il conflitto e la violenza stradali, che già paghiamo con più di 3.000 morti e 200.000 feriti ogni anno. Riporta l’Italia indietro di 40 anni su mobilità sostenibile e sicurezza stradale, riducendo il livello di tutela della vita umana sulla strada, a danno di tutti, con qualsiasi mezzo di trasporto si muovano. Ci allontana ancora di più dal resto dell’Europa, dove già siamo al 19° posto su 27 per tasso di mortalità, andando in direzione opposta alle riforme grazie a cui gli altri Paesi lo hanno invece ridotto con successo.

“Governo e Senato, con questa riforma del codice, hanno votato sulla pelle delle persone: la sicurezza stradale ha un’altra direzione”, così concludono le associazioni.

Aderiscono alla mobilitazione nazionale:

Associazioni dei familiari delle vittime sulla strada
AIFVS – Associazione Italiana Familiari e Vittime della Strada, AFVS – Associazione Familiari e Vittime della Strada Ets, AVISL – Associazione Vittime Incidenti Stradali e Malasanità, Fondazione Michele Scarponi, Associazione Lorenzo Guarnieri, Associazione Gabriele Borgogni, Associazione Rose bianche sull’asfalto, Associazione Alba Luci sulla buona strada, Associazione Manuel Biagiola, Associazione Marco Pietrobuono Onlus, Rete Vivinstrada, Fondazione Matteo Ciappi, Associazione Massimo Massimi, Associazione Andrea Nardini, Associazione Sonia Tosi, Fondazione Claudio Ciai, Associazione Dorothy Dream, Associazione Davide Marasco, Comitato Vivere meglio la città in memoria di Lucia Pozzi, Gruppo “Non correre, accorri!”

Associazioni ambientaliste e della mobilità sostenibile
Legambiente, FIAB-Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta, Salvaiciclisti, Movimento Diritti dei Pedoni, Kyoto Club, Clean Cities Campaign, Centro Antartide, AMODO

Organizzazioni sindacali
SPI-Cgil, UIL Pensionati

Richiesta di impegno ai candidati Presidente della Regione Emilia-Romagna

Con una lettera aperta ai candidati Presidente della Regione Emilia-Romagna, il Coordinamento FIAB dell’Emilia-Romagna, sentite le 13 associazioni locali della Regione che alla unanimità condividono questo documento, chiede al candidato Presidente della Regione Emilia-Romagna, qualora venga eletto, di:

  1. Provvedere al riesame della rete ciclabile regionale presente nel PRIT 2025 in collaborazione con le FIAB locali della Regione tramite il Coordinatore ER, già membro del tavolo tecnico della mobilità. Si sollecita, inoltre, una programmazione di questo tavolo che ad oggi è stato convocato pochissime volte.
  2. Prevedere la “figura” di Ente Gestore delle ciclovie regionali che si occupi della manutenzione ordinaria e straordinaria lungo tutta la tratta, indipendentemente dai Comuni attraversati
  3. Riorganizzare l’Osservatorio della Sicurezza Stradale, definendo ruolo, funzioni e obiettivi. Partendo dal concetto di democrazia dello spazio pubblico e del diritto dei cittadini alla mobilità. Il concetto autocentrico risulta dominante e non idoneo per una corretta gestione dell’osservatorio. A oggi questo osservatorio ha poca utilità e si riduce spesso a dispensatore di opinioni prive di supporto tecnico scientifico.
  4. Sensibilizzare e/o individuare il responsabile APT per le problematiche della ciclabilità sostenibile, e non solo per la ciclabilità sportiva.
  5. Istituire l’ufficio progettazione mobilità ciclabile. Oggi la Regione non dispone di un ufficio e di personale specifico dedicato. Tutto passa attraverso il Servizio che si occupa di tutte le infrastrutture riguardanti la mobilità sia stradale, che ferroviaria, ecc. Di norma la ciclabilità regionale è delegata alle Province e/o alla Città Metropolitana di Bologna le quali per il tipo di competenza attribuite loro dalla normativa vengono ad essere sovraccaricate e tendono a non affrontare sufficientemente la mobilità sostenibile.
  6. Implementare il trasporto bici sui treni sia con maggiori posti offerti, sia sul costo del biglietto, allineando la Regione ER alle principali Regioni italiane che incoraggiano l’utilizzo del servizio con la gratuità del biglietto per la bicicletta (attualmente 3,50 Eur/gg)
  7. Proseguire sul modello “città 30” di Bologna che se, pur non esportabile completamente verso altre realtà, costituisce un validissimo esempio a cui adattare esperienze analoghe come dimostrato nel corso di ripetuti eventi formativi e statisticamente comprovato come efficacia nella riduzione degli incidenti, soprattutto nei confronti dell’utenza debole (pedoni e ciclisti)

Le Zone 30: regole per un buon funzionamento

La “Città 30” è un approccio che va ben oltre l’installazione di cartelli di limitazione di velocità, ma che vede nella condivisione dello spazio urbano la chiave avere città più vivibili e sicure. Ma a Modena ad oggi siamo solo ancora nella situazione di “zone 30” diffuse a macchia di leopardo, a volte invisibili.

Ma a quali condizioni una zona 30 è funzionale e rispettata dalla più ampia maggioranza dei cittadini? In quelle meglio progettate, senza troppi segnali, gli elementi architettonici dovrebbero indurci ad un rallentamento, rendendo naturale adeguare i nostri comportamenti a quelli degli altri utenti della strada.

Ad esempio, in questi giorni abbiamo letto di un incidente a Modena in una zona 30 in vicinanza di una scuola, dove l’automobilista ha invaso un marciapiede, distrutto qualche cassonetto, fino a terminare la corsa contro un furgoncino. Oltre al segnale stradale, la strada era dritta, larga quasi 4 metri per senso di marcia, e non erano presenti altre forme di limitazione della velocità: solo il caso ha voluto che non ci siano state conseguenze più gravi.

Proprio perché una zona 30 è ancora una eccezione in città, l’automobilista deve avere subito netta la sensazione di entrare in casa altrui: è il benvenuto ma deve usare le buone maniere. Per farlo si usano elementi di traffic calming già dall’ingresso dove un “portale” fatto anche solo da fioriere o da grandi pannelli laterali ci avvisa del cambio di ambiente. E poi una diversa pavimentazione e rialzi negli incroci, dove i marciapiedi vanno allargati per rendere i pedoni più visibili e l’angolo di sterzo più marcato, e rettilinei spezzati con restringimenti, sensi unici alternati, chicane o parcheggi in linea sfalsati sui due lati della strada per creare un effetto ottico che induce a rallentare.

Poi in ogni “zona 30” che si rispetti, i marciapiedi diventano ad uso esclusivo dei pedoni, mentre biciclette e monopattini tornano ad essere mezzi che devono stare in strada dove tutti i mezzi devono rispettare la semplice regola di dare la precedenza a chiunque venga da destra.

Se andiamo a vedere le “zone 30” modenesi facciamo fatica a riconoscere tutti questi accorgimenti: passi per quelle anni ‘90 (alcune delle quali ben fatte tra l’altro), ma deludono anche quelle nuove come il Cialdini, Torrenova, o Vaciglio. Eppure, anche a Modena sono previsti, sia nel PUMS che nel programma elettorale premiato dai cittadini, i principi della “slow city”: se non avremo una “città 30” ci aspettiamo almeno che tutte le “zone 30” lo siano anche nei fatti.

Ancora numeri in calo per i ciclisti a Modena

Lo scorso 24 settembre i volontari di FIAB Modena hanno rilevato 3127 cittadini transitare in bicicletta in 14 punti nevralgici della viabilità cittadina. La rilevazione avviene da oltre un decennio sempre negli stessi punti, nella stessa ora (7.30-8.45) del terzo martedì di settembre per avere una serie di dati confrontabili.

I nostri numeri ci raccontano che rispetto a settembre 2023 abbiamo avuto un calo complessivo di oltre 400 passaggi (-12,4%), simile a quello già registrato tra il 2022 e 2023, un trend che ci porta a rilevare meno passaggi anche del biennio Covid e che sembra certificare una sensibile disaffezione a questo mezzo di spostamento.

E se negli anni precedenti al Covid eravamo in una fase di crescita che ha portato al massimo di 4270 transiti nel 2019, il risultato odierno è il peggiore degli ultimi 8 anni ed inferiore del 15,6% anche rispetto al lontano 2017. Questi numeri sono tanto più preoccupanti dopo quasi cinque anni di vigenza del PUMS, nel quale sono previste una serie di misure per incrementare l’uso della bicicletta da un iniziale 12% fino ad arrivare ad un 20% a fine piano nel 2030.

Purtroppo, non si può dire che in questi anni sia cambiato molto nelle abitudini dei modenesi, visto che le percentuali di spostamento con auto privata rimangono sostanzialmente invariate intorno al 70%. Secondo FIAB è il segnale che le politiche attuate per la mobilità ciclistica non sono ancora incisive e convincenti: d’altronde il tema della qualità e delle manutenzioni degli spazi dedicati alla pedonalità e ciclabilità, è stato tra i punti più critici emersi anche nei recenti incontri del percorso partecipativo “Sei la mia città”.

FIAB continuerà a ripetere il rilevamento semestrale con le sue possibilità, ma attende di avere dati più organici dalla preannunciata introduzione di più moderne e sistematiche tecnologie di conteggio, strumenti che non debbono mancare in una moderna smart-city che intende raggiungere entro il 2030 gli obiettivi che ha stabilito con il Piano della Mobilità Sostenibile.

Infatti, più che i metri di piste ciclabili realizzate, l’unico modo di valutare se il piano stia funzionando è quello di capire se sono aumentati i cittadini che si sono convinti a cambiare abitudini grazie all’efficacia delle azioni e delle politiche messe in atto.

Avere questi numeri è importante per confermare la bontà delle scelte fatte o, al contrario, indurre a riflessioni per apportare le necessarie correzioni. Per questo, in una annunciata volontà politica di maggior partecipazione delle persone alle scelte urbanistiche, FIAB auspica anche una più aperta condivisione e pubblica consultazione dei dati a disposizione dell’Amministrazione.

La sicurezza di chi va in bici

Le piste ciclopedonali non tutelano la sicurezza di chi pedala, e nemmeno quella di chi cammina: confinando in uno spazio spesso estremamente limitato chi si muove in maniera attiva, creano situazioni di conflitto in cui pedoni e biciclette si ostacolano a vicenda.

Ciò che le piste ciclopedonali ottengono quindi è di scoraggiare chi le usa: ci si sente più tranquilli prendendo l’auto. E’ per questo che secondo il Codice della Strada andrebbero limitate a brevi tratti, mentre nella pratica a Modena e provincia sono la modalità normale di pianificazione dei percorsi di mobilità attiva.

Un percorso ciclabile che si interrompe (con segnale di fine pista ciclabile, e il solo attraversamento pedonale) ogni volta che si incrocia una strada secondaria (o un accesso privato), non tutela la sicurezza di chi pedala. Secondo alcune interpretazioni, imporrebbe a chi è in bici di smontare di sella per attraversare, una manovra che non è agevole né sicura soprattutto per bambini e anziani (che dovrebbero essere maggiormente tutelati). Di certo, si interrompe la continuità del percorso, facendo l’opposto di quanto indicato dalle linee guida regionali 2017, e si trasmette un senso di minaccia costante, “Fermati che qui passano le auto”. Ciò che si ottiene quindi è di rendere così scomoda la percorrenza a chi pedala, da scoraggiarlo: meglio prendere l’auto.

Una transenna messa di traverso su un percorso ciclopedonale in corrispondenza di una intersezione con una strada secondaria, con l’obiettivo di portare chi pedala a rallentare o a smontare addirittura dalla bici, non tutela la sicurezza di chi pedala: ne ostacola il percorso, costringe anziani e bambini a manovre disagevoli e rovescia le responsabilità, poiché secondo il Codice della Strada dovrebbe essere chi si immette con un veicolo dalla strada secondaria a rallentare e dare precedenza, non viceversa.

E’ un circolo vizioso: nella pianificazione si prediligono certe interpretazioni del Codice della Strada pensando magari che vadano “a tutela della sicurezza” di chi pedala, quando invece è vero il contrario. Con la conseguenza che l’uso della bici risulta disagevole e pericoloso, quindi sempre meno persone sceglieranno di spostarsi in bici e sarà sempre più facile giustificare la carenza o l’inadeguatezza delle infrastrutture dicendo che “manca la cultura della bicicletta”.

E’ solo puntando sulla creazione di infrastrutture ciclabili sicure, adeguate per tutti (anche bambini e anziani) e invitanti che i ciclisti aumentano. Non ci sono scorciatoie.

L’elefante della immobilità

“Allargare le strade per ridurre la congestione è come allargare la cintura per ridurre l’obesità”: così negli anni ’50, l’urbanista americano Lewis Mumford anticipava quello che sarebbe stato il circolo vizioso che per decenni ha visto costruire sempre nuove infrastrutture per risolvere i problemi della fluidità del traffico.

70 anni dopo dalle nostre parti sono ancora all’ordine del giorno le notizie che vedono la provincia modenese paralizzata da un traffico insostenibile, in questo momento a causa di alcuni cantieri: d’altronde è difficile raccordare nuove strade od allargare le vecchie senza impattare sulla viabilità quotidiana, tanto che anche senza cantieri basta solo un incidente in autostrada per bloccare mezza città.

È un problema di difficile soluzione con percentuali di traffico motorizzato privato intorno al 70% degli spostamenti: nemmeno Los Angeles ha mai risolto il problema della congestione pur avendo realizzato motorways da 24 corsie e svincoli sovrapposti su tre livelli.
Purtroppo, le leggi della fisica sono spietate: non c’è infrastruttura che negli orari di punta permetta di trasportare una sola persona (in media in Italia le auto viaggiano con 1,2 persone) occupando 15mq da fermo ed almeno il triplo in movimento.

Ed allora come affrontare questo elefante che sembra non dimagrire mai? Oltre a lavorare sui tempi di lavoro e sullo smartworking per diminuire gli spostamenti e spalmarli su un arco temporale più ampio, l’unica alternativa è incentivare le persone ad usare modalità molto meno fameliche di spazio come i mezzi pubblici e la bicicletta, ben sapendo che la comodità e la flessibilità dell’auto spesso sono ineguagliabili ed insostituibili.

Ed allora si deve partire dal bersaglio grosso, quello degli spostamenti pianificabili, sempre uguali e ripetitivi che molti di noi fanno spesso proprio nelle ore di punta, quelle in cui sarebbe ancora più importante avere meno auto in strada a favore di chi non può abbandonare l’auto.

Ecco perché le direttrici casa-scuola e casa-lavoro devono essere le prime ad avere una alternativa credibile ed efficiente al mezzo privato: villaggi industriali, centri direzionali, plessi scolastici delle scuole dovrebbero essere per primi ben connessi e serviti da una rete di trasporto pubblico e ciclabile.

Il dimagrimento della mobilità è un tema enorme, che non ha panacee immediate ma che deve essere affrontato partendo dalle soluzioni più efficaci ed assimilabili dal maggior numero di cittadini possibile. L’alternativa è continuare a spendere soldi in infrastrutture che sposteranno solo il problema 5 anni o 5 km più in là.

Pan-Secchino, un Pan-Sec piccolino

In occasione della 1° edizione di “Pan-Sec –  in Gravel tra il Panaro e il Secchia“, FIAB Modena organizza due brevi percorsi che partendo da Modena si ripropongono di far assaggiare a tutti i cittadini l’esperienza di pedalare sugli argini di Secchia e Panaro .

Infatti la “Pan-Sec” è un percorso impegnativo di oltre 400 km e 7000mt di dislivello su ciclabili, sterrati e strade poco trafficate immersi in un contesto paesaggistico ricco di stimoli culturali, storici, naturalistici e gustosi.

Per chi partecipa all’evento principale il ritrovo è al Foro Boario di Modena giovedì mattina 3 ottobre con partenza libera dalle 8 alle 12 del mattino, mentre il traguardo finale è previsto 4 giorni dopo al Bensone design shop nel centro storico di Modena a due passi dal Duomo con la Ghirlandina e piazza Grande, patrimonio Unesco ( Info e iscrizioni qui >> )

In concomitanza con la giornata di partenza e con quella di chiusura della Pan-Sec abbiamo pensato di organizzare due pedalate minori – i Pan-Secchini 🙂 –  per raggiungere rispettivamente il Panaro ed il Secchia.

Queste le nostre proposte:

  1. Pan-Secchino 1 – Il Panaro: Giovedì 3 ottobre ore 9.00 saremo con un nostro stand al Foro Boario alla partenza della Pan-Sec e percorreremo insieme i primi km di sterrato, quelli che portano sul Panaro passando da Bomporto, San Donnino e Vaciglio, per rientrare a Modena dopo 55km. Info ed iscrizioni qui >>
  2. Pan-Secchino 2 – Il Secchia: Domenica 6 ottobre invece partiamo da Piazza Grande alle ore 14.00 per andare a scoprire il Secchia: qui il percorso di soli 18km sarà ancora più semplice ed adatto anche alle famiglie e prevede di raggiungere il Ponte della Barchetta di Campogalliano, per poi rientrare sugli argini e congiungerci con i partecipanti della Pan-Sec al Bensone in centro a Modena verso le 17.30 per un brindisi finale. Info ed iscrizioni qui >>

Vi aspettiamo ad assaggiare il mondo della ghiaia!

A ciascuno il suo (nome): non incidenti ma violenza stradale

Si è appena chiusa la Settimana Europea della Mobilità, sette giorni ricchissimi di eventi e iniziative per un uso responsabile dello spazio pubblico (e le strade sono spazio pubblico per eccellenza!) e per città più a misura di persona.

Il clima di ottimismo si è però subito incrinato, perlomeno in Italia, con la pubblicazione del rapporto dell’Associazione Sostenitori e Amici della Polizia Stradale sulle vittime della strada tra i pedoni: in sintesi, “numero decessi sulle strade nel 2023 uguale al 2022 ma aumentano i feriti e gli investimenti complessivi.

Peggiorano i dati dei morti nelle grandi città. Ogni ora in Italia avvengono due investimenti di pedoni. Strisce pedonali sempre più insicure: 175 morti nello spazio che dovrebbe essere il più sicuro.” Cifre sconfortanti: eppure c’è chi li chiama ancora “incidenti”, come se fossero eventi sfortunati, che dipendono da circostanze che non possiamo controllare, inevitabili.

Invece le morti in strada hanno cause precise (l’eccesso di velocità e la distrazione alla guida in primis) e precise responsabilità! Chiamarli incidenti non fa altro che incoraggiare quello che è stato chiamato “disimpegno morale”: allontana la responsabilità da chi è al volante di un mezzo più pesante, ingombrante e potenzialmente pericoloso e che dovrebbe esercitare quindi maggiore cautela. Non esiste “asfalto scivoloso per la pioggia” o “sole abbagliante” che tenga: sta a chi conduce il veicolo adattare la guida alle condizioni della strada e dell’ambiente. Non esistono “strade killer, auto impazzite, dossi maledetti”: sono solo giustificazioni che assolvono e offrono un alibi a tutti gli automobilisti – la “colpa” è sempre di qualcun o qualcos’altro.

Non si tratta di incidenti dunque ma di violenza stradale: ogni volta che sorpassiamo con la riga continua, ogni volta che chiudiamo un occhio sui limiti di velocità, ogni volta che ci dimentichiamo di rallentare in prossimità di un attraversamento pedonale, che superiamo un ciclista a 15 cm dal manubrio (invece che mantenendo 1,5 m di distanza raccomandata). E’ violenza anche quando non ha conseguenze, perché diventa una abitudine al sopruso. E’ violenza anche se pensiamo “ma cosa vuoi che succeda!”.

In Italia la violenza stradale è la prima causa di morte al di sotto dei 40 anni e ogni anno ci costa, oltre a 3000 vite, quasi 30 miliardi di euro (2 punti di PIL). E’ la guerra più feroce a cui abbia partecipato il nostro paese nell’ultimo secolo.

Settimana Europea della Mobilità, un calendario fitto di iniziative

E’ cominciata il 16 settembre la Settimana Europea della Mobilità (SEM), la più importante campagna di sensibilizzazione della Commissione europea sulla mobilità urbana sostenibile.

“La condivisione dello spazio pubblico” è il tema di quest’anno: lo spazio pubblico è una risorsa preziosa e limitata soprattutto all’interno dei centri urbani. Strade e piazze sono luoghi di movimento, ma anche di interazione e relazioni: il loro utilizzo responsabile è vitale per garantire benessere fisico, mentale e sociale, in accordo con la definizione di salute riconosciuta dall’OMS, così come per lo sviluppo di una mobilità che renda più salubre l’ambiente in cui viviamo e più sicuri i nostri spostamenti.

In questo quadro la promozione della bicicletta diventa la chiave di volta per guidare il cambiamento verso città più vivibili. Più si sceglie la bici, più le nostre strade diventano a misura di persona, sicure e accessibili per tutti: lo dimostrano, tra l’altro, alcune delle iniziative messe in campo a Modena, come l’affiancamento dei ragazzi delle classi prime dell’Istituto Venturi in un itinerario sui percorsi ciclabili della città, e “3 ruote per l’amicizia”, che al parco Novi Sad in occasione della giornata UISP il 22 settembre illustrerà il progetto, basato sulla possibilità di accompagnare in giro su bici speciali chi per le ragioni più diverse non è in grado di pedalare in autonomia. La due ruote è un mezzo alla portata davvero di tutti, dalle bici con le rotelle oppure a “spinta” per i bimbi ai tricicli per chi è avanti con gli anni e non ha più l’equilibrio di una volta, alle famiglie con bimbi piccoli grazie alle cargo bike: il 22 settembre in Piazza Roma sarà possibile anche provare le bici cargo della neonata Cargoteca, che le offre su prenotazione in prestito gratuito. Scegliere la bicicletta come mezzo di trasporto significa scegliere di cambiare in meglio il nostro modo di muoverci e di vivere lo spazio pubblico: più efficiente, sano, veloce, economico e sostenibile. Provare per credere, Fiab ha lanciato una sfida: fare a meno dell’auto per una settimana, una soltanto, per scoprire la libertà, il benessere fisico e mentale e perché no anche i vantaggi economici del pedalare. Chi si sente insicuro, può chiedere liberamente l’affiancamento di un volontario Fiab per il tragitto che deve percorrere.

Maggiori informazioni e il calendario completo delle iniziative Fiab Modena e Carpi per la Settimana Europea della Mobilità sono disponibili al link https://www.modenainbici.it/calendario/

Al lavoro in bici? Ci andiamo insieme.

Anche quest’anno FIAB è in prima linea per portare in tutta Italia centinaia di iniziative nella Settimana Europea della Mobilità (16-22 settembre) e coinvolgere un numero sempre maggiore di persone, Enti, Aziende e Associazioni a porre attenzione al tema della Mobilità Sostenibile.
Per l’edizione 2024 la Commissione Europea ha scelto quattro aree tematiche e di intervento:
1) vivere lo spazio pubblico in modo diverso
2) riqualifichiamo insieme lo spazio urbano
3) strade scolastiche: creare uno spazio sicuro per gli spostamenti attivi
4) pianificazione e progettazione di strade più sicure

Il filo rosso è la “condivisione dello spazio pubblico” che può dirsi davvero di tutti quando è pensato ed organizzato per tutte le esigenze di mobilità, a partire dalla pedonalità e ciclabilità. Anche a Modena cercheremo di far vivere in modo diverso le strade proponendo diverse attività (elenco completo www.modenainbici.it): ci sono quelle classiche come l’accompagnamento di 14 classi prime dell’istituto Venturi nella loro prima pedalata cittadina, l’organizzazione di eventi con associazioni amiche come il GAFA per l’ Alzhaimer a Carpi o “3 ruote per l’amicizia” a Modena. Ma assicuriamo la nostra presenza anche nelle iniziative dei Comuni in tutta la provincia, come a Castelnuovo, a San Possidonio o a Mirandola dove ci sarà l’inaugurazione dell’Infopoint della Ciclovia del Sole.

Saremo poi al Centro Commerciale “i Portali” in una prima edizione del Bike2Work per i loro dipendenti. Ed in tema di Bike2Work da segnalare il lancio del progetto “Al lavoro in bici? Ci Andiamo Insieme”: l’idea nasce dalla constatazione che tanti cittadini vorrebbero provare ad andare in bici al lavoro, ma si fermano già alle prime difficoltà come scegliere la strada giusta ed evitare i pericoli del traffico.

Convinti che cambiare la modalità anche solo di un singolo viaggio sia importante, FIAB prova così a dare una risposta puntuale: il cittadino ci indica il punto di origine e quello di destinazione del tragitto, il giorno e l’orario che gli interessa e noi lo contatteremo per l’accompagnamento e gli accordi del caso. Il progetto è ora nella sua fase sperimentale, in base alle disponibilità dei nostri soci ed è gratuito.

Per chiedere un accompagnamento è necessario compilare il modulo alla pagina https://www.modenainbici.it/ci-andiamo-insieme/
L’invito è rivolto anche alle aziende e ai mobility manager che vogliono sensibilizzare i propri dipendenti. Allora, ci andiamo insieme?