Ercole Giammarco, Andare in bici: le ragioni del pedalare, Garzanti 2014
“A scuola il piccolino (l’ultimo dei tre) lo accompagno in bici. Mi piace pedalare con la sua testolina davanti a me… E mentre pedalo sento l’odore dei capelli di mio figlio, quello che hanno le teste di tutti i bambini, e penso quanta nostalgia avrò di quell’odore fra qualche anno, quando quel frugoletto si sarà trasformato in un ragazzone tutto muscoli e brufoli…
Davanti al cancello della scuola il solito spettacolo: auto in seconda fila, mamme assediate tra un vigile che sta per multarle e l’automobilista imbufalito che hanno appena imbottigliato con la loro sosta…
Porto la bici a mano oltre il portone, bacio mio figlio augurandogli una buona giornata e vado a prendere un caffè nel baracchino davanti alla scuola. Senza cercare un posto dove parcheggiare l’auto. Perché non ho un auto da parcheggiare.
E bevendo il mio terzo caffè penso che, almeno in questo, sono davvero più furbo di tanti altri. Merito della mia bici: la guardo, appoggiata a un albero, a due passi da me, e sento di volerle quasi bene.”
Comincia così, con un tocco leggero da narratore, un libro che in realtà unisce alla piacevolezza della lettura molti consigli pratici su come scegliere la bicicletta, come sopravvivere in città su due ruote, come evitare di farsela rubare, come fare manutenzione…
L’ultima pagina è una sorta di manifesto in 10 punti:
Chi pedala cambia il mondo dolcemente.
Chi pedala rispetta ciò che ha intorno.
Chi pedala sta bene.
Chi pedala ha equilibrio. Impara a misurare le forze, perché accelerare costa fatica.
Chi pedala conosce meglio il luogo dove vive.
Chi pedala risparmia e fa risparmiare la collettività.
Chi pedala crea lavoro.
Chi pedala migliora il proprio carattere.
Chi pedala non lascia niente dietro di sé e guarda avanti.
Chi pedala ha bisogno di poco.
E per finire, chi pedala dovrebbe rispettare le regole del traffico e della convivenza civile. Se non lo fa sbaglia.