Tutto inizia con un viaggio in bicicletta sul Cammino di Santiago e con due ragazze, Gaia e Chiara, accomunate dalla stessa passione per il viaggio lento. Da allora sono passati dieci anni e le due ragazze hanno continuato a viaggiare, percorrendo la via Francigena, l’Olanda, l’Irlanda. A volte si sono separate e Gaia ha proseguito da sola, come quando è andata in America o in Cina.
Quando hanno deciso di raggiungere Gerusalemme si sono ritrovate di nuovo unite, ed è maturato così il desiderio di raccogliere testimonianze di donne incontrate durante il loro andare. La svolta arriva nel 2014, quando Gaia scopre la tragedia di Porto Palo, avvenuta nella notte tra Natale e Santo Stefano di 18 anni prima: una imbarcazione con a bordo circa 300 migranti, provenienti dal Pakistan, dallo Sri Lanka e dall’India, affonda al largo del piccolo porto siciliano. Una tragedia passata sotto silenzio, avvolta nel mistero, finché il velo viene squarciato grazie alla testimonianza di un pescatore e la verità viene a galla. Il libro, scritto dal giornalista Giovanni Maria Bellu, dal titolo emblematico “I fantasmi di Porto Palo” ne racconta tutte le varie sfumature, i silenzi, le omissioni. Sappiamo che da quel lontano 1996 altri terribili naufragi si sono succeduti in un crescendo senza fine (ricordiamo, tra gli altri, quello al largo di Lampedusa dell’ottobre del 2013 e quello più recente dell’aprile di quest’anno. il cui numero di vittime solo a pronunciarlo fa venire i brividi) in un triste, tragico copione al quale rifiutiamo ancora oggi di assuefarci.
Di tutte queste persone, donne, uomini, bambini, non è rimasto nulla, non una tomba su cui piangere, i corpi sepolti per sempre nel grande blu. L’unica realtà rimasta, questa sì, palpabile e concreta, è l’indifferenza dei più.
Ma Gaia non vuole rimanere indifferente, così decide, nell’agosto del 2014, insieme alla associazione “Viandando” di intraprendere un viaggio in bicicletta lungo l’Italia meridionale, percorrendo 1200 chilometri da San Severo in Puglia fino a Porto Palo di Capo Passero, in Sicilia.
Il “Rambling for migrants”, questo il nome del progetto, al quale ha aderito anche l’associazione “Libera contro le mafie” è stato un viaggio della memoria e della conoscenza, durante il quale si è potuto concretizzare l’incontro con comunità di immigrati che hanno vissuto il dramma dell’esodo e che per questo sono testimoni diretti dei flussi dei migranti e rifugiati. L’idea voleva essere altresì una “chiamata di correo” per i paesi dell’Unione, con una raccolta di firme per una petizione volta a spingere i Paesi Europei a farsi carico del recupero della nave F145 affondata nel lontano 1996 insieme al suo carico di vite umane.
Leggiamo dal sito di “Viandando” (www.viandando.eu) che Gaia è tornata dal viaggio carica di speranza e che un nuovo progetto sul tema dei migranti è stato lanciato, un carico di chilometri da percorrere in bicicletta in collettiva, per richiamare l’attenzione delle autorità ad un diverso modo di affrontare il tema migrazione, perché il diritto di sognare una vita migliore è un diritto universale, da sempre.
Rubrica a cura di Luana Marangoni